Differenze tra responsabilità nei confronti dei creditori e da danno diretto
Le azioni di responsabilità ex artt. 2476, co. 6, e 2476, co. 7, c.c. sono connotate da distinti presupposti. L’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. (così come l’analoga azione verso l’amministratore di s.p.a. ex art. 2394 c.c.) si fonda sull’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, tale da ingenerare un danno che colpisce direttamente il patrimonio della società e solo in via mediata il ceto creditorio (c.d. danno riflesso), e ciò nella misura in cui a causa della inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio la riduzione del patrimonio determinata causalmente da detta mala gestio abbia a sua volta comportato la insufficienza del patrimonio alla soddisfazione delle ragioni creditorie. Nel caso di sopravvenuto fallimento, la legittimazione per l’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. dei creditori sociali spetta ex art. 146 l.fall. solo ed esclusivamente al curatore fallimentare, di tal che la sopravvenienza in corso di causa della dichiarazione di fallimento comporta la perdita della legittimazione attiva in capo ai singoli creditori e la improcedibilità della relativa domanda. Residua invece la legittimazione attiva del terzo (e dunque anche del creditore sociale) con riferimento alla azione per danno diretto ex art. 2476, co. 7, c.c.
La responsabilità da danno diretto degli amministratori di s.r.l. ex art. 2476, co. 7, c.c. (o ex art. 2395 c.c. in caso di amministratore di s.p.a.) verso i terzi che abbiano stipulato un contratto con la società non discende automaticamente ex se né da detta loro qualità, né dall’inadempimento ad obblighi discendenti dal contratto. Invero, se la società è inadempiente per non aver rispettato gli obblighi discendenti dal contratto (quale l’obbligo di pagare il corrispettivo), di questi danni risponde la società e soltanto la società: ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica tra la società e gli amministratori che per essa agiscono, sicché l’atto dell’amministratore non è atto compiuto per conto della società, ma atto “della” società, necessitando dunque per potersi configurare la responsabilità dell’amministratore un quid pluris.
La responsabilità personale dell’amministratore verso il terzo contraente ex art. 2476, co. 7, c.c. è una responsabilità per danno diretto e non dunque responsabilità per un danno integrato dalla insoddisfazione della pretesa creditoria discendente dalla insufficienza patrimoniale determinata dalla mala gestio. Necessitano pertanto non solo la allegazione e prova di condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi integrante mala gestio, ma altresì la allegazione di fatti che consentano di far ritenere che detta mala gestio abbia determinato un danno diretto al creditore, cioè un danno incidente direttamente sulla sua sfera patrimoniale e non, dunque, meramente derivato dalla perdita della garanzia patrimoniale generica integrata dalla riduzione del patrimonio sociale idoneo a soddisfare il suo credito (rientrando invece quest’ultimo danno nel perimetro del danno riflesso azionabile ex art. 2476, co. 6, c.c.). Ancora, necessita la allegazione del nesso di causalità tale per cui il danno sia non solo diretto, ma altresì legato da nesso di causalità immediata con la mala gestio, e cioè sia conseguenza immediata e diretta della suddetta condotta illecita secondo i principi generali (v. art. 1223 c.c. richiamato quanto alla responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c.).
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. e la relativa disciplina della prescrizione
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma – quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali –, implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti. Ne discende che la mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, lungi dal determinare la sua nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni. Tale principio è riferibile sia alle s.p.a., che alle s.r.l.
L’autonomia delle azioni ha ricadute in punto di disciplina della prescrizione e del riparto dell’onere della prova. Il termine di prescrizione per entrambe le azioni, quella sociale di natura contrattuale e quella verso i creditori sociali, è di 5 anni ex art. 2949, rispettivamente co. 1 e 2, c.c. L’art. 2941, n. 7, c.c. stabilisce la sospensione della prescrizione tra le persone giuridiche, la s.r.l., e l’amministratore finché è in carica. La norma si riferisce, come risulta espressamente dal suo tenore letterale, al pari dell’art 2393, co. 4, c.c., alla sola azione di responsabilità sociale, cioè a quella che può esercitare la società verso il suo ex amministratore.
L’azione di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali che abbiano compromesso l’integrità del patrimonio sociale, anche violando il disposto dell’art 2486, co. 1, c.c., può essere proposta dai creditori e dal solo curatore fallimentare ai sensi dell’art 146 l.f. dopo l’apertura della procedura, sul presupposto che il patrimonio sia divenuto insufficiente al soddisfacimento dei crediti, situazione che ricorre quando la società presenta un attivo che, raffrontato ai debiti, non consente il loro integrale soddisfacimento. Il termine di prescrizione di questa azione decorre quindi quando l’attivo si sia palesato esternamente alla società e in modo oggettivamente percepibile dai creditori come inidoneo a soddisfare i crediti sociali; in ragion dell’onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria di una diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale con deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.
Ai sensi dell’art. 2486, co. 1, c.c., al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento della consegna di cui all’art. 2487 bis c.c., gli amministratori conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale; per configurare la responsabilità verso i creditori occorre accertare che l’amministratore non solo non ha provveduto a constatare la causa di scioglimento e a proporre la liquidazione, ma che ha proseguito l’attività di impresa non con finalità meramente conservative, perché è questa condotta che può determinare un aggravio del dissesto in cui già la società si trova e di tale aggravio del dissesto può ritenersi responsabile l’amministratore.
Legittimazione processuale del fallito
La legittimazione processuale in capo al fallito sussiste solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico, se l’intervento è previsto dalla legge, nonché nei giudizi di natura tributaria qualora possano derivare, da questi, fatti oggetto di imputazione penale, ovvero in caso di inerzia assoluta del curatore fallimentare (nel caso di specie, è stata esclusa la legittimazione processuale del fallito all’azione revocatoria volta ad assicurare gli esiti di un giudizio relativo a fattispecie di responsabilità civile, i cui diritti ai sensi dell’art. 42 l.f. erano stati già esercitati dal curatore, che con autorizzazione del giudice delegato ha inteso non coltivare il giudizio connesso, ritenendolo non utile per la massa ed assumendosi la responsabilità dell’atto).
Carenza di legittimazione processuale del curatore fallimentare e inammissibilità della domanda da lui proposta
La mancata osservanza del provvedimento assunto dal giudice – sia pure nei termini lessicali di invito – di rimediare al difetto autorizzativo del curatore fallimentare integrando in una successiva udienza il contenuto dell’autorizzazione rilasciatagli dal giudice delegato per l’azione di responsabilità ex art. 146 l.f. nei confronti degli amministratori, consuma il potere della parte attrice di sanare il difetto, dovendo l’ordinanza del giudice istruttore essere interpretata quale assegnazione del termine perentorio previsto dall’art. 182 co. 2° c.p.c.
Legittimazione del curatore fallimentare nell’azione di responsabilità contro gli amministratori di Srl
Deve considerarsi infondata l’eccezione relativa alla carenza di legittimazione attiva, in capo alla curatela del fallimento, ad esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori di una s.r.l. esperibile dai creditori sociali.
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento contro l’amministratore di società a responsabilità limitata
In tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, che sia fallita, deve ritenersi pacifica la legittimazione attiva del curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, poiché, ai sensi dell’art. 146 L.F., così come riformulato dall’art. 130 del d.lgs. n. 5/2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro gli amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori della società. [ LEGGI TUTTO ]
Azione di responsabilità degli amministratori di s.r.l. esercitata dal curatore fallimentare e giudicato penale, prova dell’indebita sottrazione di denaro dalle casse sociali, clausole statutarie sui compensi degli amministratori e conflitto d’interessi
Qualora il curatore fallimentare non abbia trasferito in sede penale l’azione di responsabilità ex artt. 2476 e 2475-ter c.c. e 146, co. 2, lett. a, l.fall. avverso gli amministratori della società fallita, il giudicato di cui alla sentenza definitiva [ LEGGI TUTTO ]
Azione di responsabilità ex art. 146 l.f.: applicabilità alle s.r.l., responsabilità verso i creditori sociali, giudice competente e clausola arbitrale
L’art. 146 l.f., anche nella nuova formulazione, continua a legittimare l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori da parte del curatore fallimentare anche per le S.r.l. fallite. Infatti, il riferimento all’art. 2476, comma settimo, c.c., [ LEGGI TUTTO ]
Azione sociale di responsabilità esercitata dalla società e dai creditori: legittimazione del curatore, prescrizione ed elementi costitutivi.
Nonostante il nuovo testo dell’art. 146 l.f. non richiami più gli artt. 2393 e 2394 c.c., l’azione esercitata dal curatore fallimentare assorbe e riunisce tanto l’azione sociale di responsabilità, di natura contrattuale, quanto l’azione dei creditori sociali, di natura extracontrattuale [ LEGGI TUTTO ]
In tema di esercizio delle azioni di responsabilità dopo l’apertura del fallimento di una s.r.l.
A seguito dell’apertura del fallimento l’azione sociale di responsabilità di cui all’art. 2476 co. 3 c.c. e l’azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. (applicabile analogicamente alle s.r.l.) spettano esclusivamente al curatore. Rimane invece in capo al socio o al terzo [ LEGGI TUTTO ]