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Art. 825 c.p.c.
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12 Luglio 2023

Principi in tema di arbitrato irrituale

In base al disposto dell’art. 808 ter, comma 1, c.p.c. deve ritenersi che la convenzione di arbitrato irrituale si connota come un contratto che determina la nascita in capo alle parti contraenti di una situazione complessa, di carattere strumentale, finalizzata alla tutela dei diritti, mediante il quale si pone in essere un mandato, senza necessità di rappresentanza, conferito congiuntamente da una pluralità di parti a uno o più arbitri e preordinato alla stipula di un accordo contrattuale.

L’arbitrato irrituale può anche estendersi dal limite della mera cristallizzazione di una situazione già in essere proprio di un negozio di accertamento, fino a comportare anche addizioni ed integrazioni alla fattispecie giuridica compromessa. L’arbitrato irrituale può quindi configurarsi come un mandato congiunto a comporre la controversia venutasi a configurare, mediante un negozio compositivo, da porre in essere nel termine stabilito dalle parti, pena l’estinzione del mandato per sua scadenza ex art. 1722, n. 1, c.c.

Ne consegue che la scelta dell’arbitrato irrituale comporta, per espressa previsione dell’art. 808 ter, comma 1, c.p.c., una deroga all’art. 824 bis c.p.c. e, conseguentemente, al successivo art. 825 c.p.c., palesandosi con essa l’intenzione pattizia di escludere quell’efficacia di sentenza divenuta ex lege propria del dictum degli arbitri rituali, suscettibile di essere reso esecutivo e trascrivibile.

Pertanto, l’applicazione delle regole proprie del “lodo-sentenza” è, quindi, inequivocabilmente esclusa per il “lodo-contratto”, con la conseguenza che la possibilità di attuare i diritti discendenti dall’arbitrato irrituale è rimessa esclusivamente al comportamento delle parti, potendo, quindi, in caso di sua mancata attuazione, insorgere una nuova controversia sull’esecuzione della determinazione arbitrale rimasta inadempiuta.

Differenze tra arbitrato rituale e irrituale

La distinzione tra lodo rituale e irrituale si sostanzia nel diverso regime processuale dei due lodi, ferma restando per entrambi la comune natura ed efficacia sostanziale di tipo negoziale: ossia nell’attribuzione al lodo rituale degli effetti processuali propri della sentenza e nell’esclusione per il lodo irrituale della possibilità di conseguire effetti esecutivi ai sensi dell’art. 825 c.p.c. e della impugnabilità innanzi alla corte d’appello in unico grado, per nullità, revocazione e opposizione di terzo, con un regime impugnatorio incompatibile con quello risultante dagli artt. 827 ss. c.p.c.

Mentre l’eccezione di compromesso riferita a una clausola di arbitrato rituale attiene alla competenza, in quanto all’attività degli arbitri rituali deve essere riconosciuta natura giurisdizionale e sostitutiva del giudice ordinario, alla stregua della disciplina introdotta nell’ordinamento dal d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, l’eccezione riferita ad una clausola di arbitrato irrituale attiene al merito, in quanto la pronuncia arbitrale ha natura negoziale e il compromesso si configura come patto di rinuncia all’azione giudiziaria e alla giurisdizione dello Stato con conseguente inapplicabilità delle norme dettate per l’arbitrato rituale, ivi compreso l’art. 819 ter c.p.c. L’eccezione con la quale si deduca l’esistenza, o si discuta dell’ampiezza, di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale non pone una questione di competenza dell’autorità giudiziaria, come nel diverso caso di clausola compromissoria per arbitrato rituale, ma contesta la proponibilità della domanda per avere i contraenti scelto la risoluzione negoziale della controversia rinunziando alla tutela giurisdizionale e la relativa decisione si connota come pronuncia su questione preliminare di merito, in quanto attinente alla validità o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria.

Il carattere rituale di un lodo statutariamente definito “irrituale”

Qualora davanti al medesimo ufficio giudiziario pendano più cause connesse per pregiudizialità, il giudice della causa pregiudicata non può sospenderla ex art. 295 c.p.c., ma deve rimetterla al presidente del tribunale ai sensi dell’art. 274 c.p.c., perché questi valuti l’opportunità di assegnarla al giudice della causa pregiudicante, a nulla rilevando che i due giudizi siano soggetti a riti diversi, soccorrendo, in tal caso, la regola dettata dall’art. 40 c.p.c.

In caso di domanda di nullità del lodo, la qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale costituisce un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto tutelato, non potendo quindi qualificarsi come domanda o eccezione “nuova”, in quanto non si tratta di questione attinente alla competenza ma di una questione preliminare di merito.

Ai fini della qualificazione di un lodo come rituale o irrituale, nel caso in cui procedimento seguito sia del tutto assimilabile ad un giudizio contenzioso, (e cioè nell’ipotesi in cui, ad esempio, l’arbitro autorizzi lo scambio di memorie e di repliche, nomini un ctu, fissi l’udienza di precisazione delle conclusioni, disattenda un’eccezione di prescrizione e rigetti una domanda riconvenzionale), il lodo deve essere considerato rituale a prescindere da qualsiasi indicazione contenuta nello statuto sociale.

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