Eccezione di arbitrato ed operatività della clausola compromissoria nel giudizio monitorio
L’operatività di una clausola compromissoria, rilevabile su eccezione della parte interessata, non impedisce l’emissione di un decreto ingiuntivo. Infatti, sebbene vi sia una convenzione di arbitrato, il creditore è pienamente legittimato a promuovere il procedimento monitorio e il giudice non può rigettare il ricorso sul rilievo della convenzione di arbitrato, in quanto l’eccezione di compromesso, al pari dell’eccezione di incompetenza territoriale, è un’eccezione in senso stretto, dunque non rilevabile d’ufficio, e nella fase sommaria del procedimento monitorio non vi è ancora una controversia caratterizzata dal contraddittorio tra le parti e quindi deferibile alla cognizione degli arbitri.
Per contro, nel successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’exceptio compromissi deve essere sollevata, a pena di decadenza, con il primo atto del debitore convenuto sostanziale: si instaura un ordinario procedimento di cognizione, che implica necessariamente il deferimento della controversia alla cognizione del collegio arbitrale, con conseguente declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo emesso dal giudice ordinario incompetente. La presenza di una clausola compromissoria, difatti, non esclude la competenza del giudice ordinario a emettere il decreto ingiuntivo, ma impone a costui, in caso di opposizione fondata sull’esistenza di detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio arbitrale
Per tali ragioni, il procedimento monitorio è del tutto legittimo, ma il decreto ingiuntivo, anche laddove fondato nel merito, ha vita effimera. La sopravvivenza nel successivo giudizio arbitrale degli effetti della domanda promossa dinanzi al tribunale incompetente viene poi assicurata dalla traslatio iudicii disciplinata dall’art. 819 ter c.p.c
L’interpretazione secondo cui, pur in presenza di una convenzione di arbitrato, il creditore è legittimato a promuovere la domanda monitoria e il giudice è tenuto a emettere il relativo decreto appare difficilmente compatibile con la soccombenza quale presupposto della condanna alle spese, a fronte di un’attività processuale legittimamente svolta dal creditore opposto nella fase monitoria. Si ritiene, pertanto, che sussistano “le altri gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, co. 2, c.p.c., come risultante dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte Costituzionale, che giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio.
Non può essere fatta valere in sede di opposizione a decreto ingiuntivo la nullità del lodo arbitrale per difetto di competenza dell’arbitro qualora tale difetto non sia stato fatto valere in sede di giudizio di impugnazione del lodo.
Non può trovare accoglimento l’eccezione di nullità di lodo arbitrale, sollevata in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo da parte del socio di società cooperativa, nel caso in cui quest’ultimo non abbia fatto valere tale eccezione in sede di giudizio di impugnazione del lodo arbitrale.
Opponibilità della clausola compromissoria all’amministratore e rinuncia all’azione di responsabilità da parte della società
Con l’accettazione della carica, gli amministratori aderiscono alle regole previste nello statuto e instaurano con la società un rapporto di natura prettamente contrattuale, che, in quanto tale, non può subire modifiche unilaterali in quanto successive allo scioglimento del rapporto stesso. Deve quindi ritenersi che l’avvenuta espunzione della clausola compromissoria dallo statuto della società in epoca successiva alle dimissioni dell’ex amministratore convenuto non sia allo stesso opponibile.
Ai sensi dell’art. 816-septies c.p.c., se le parti non provvedono all’anticipazione delle spese nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale. A tal fine non occorre una specifica pronuncia in sede arbitrale. Tra le spese, il cui mancato pagamento comporta lo scioglimento dalla convenzione di arbitrato, possono senz’altro includersi anche gli onorari degli arbitri.
Deve ritenersi valida ed efficace la rinuncia all’azione di responsabilità contro l’amministratore da parte della società che pure abbia un contenuto ampio e omnicomprensivo, riferendosi a ogni tipologia di azione di responsabilità eventualmente esperibile dalla società nei confronti degli ex amministratori e sindaci per “le condotte poste in essere in costanza della carica ricoperta”, si che sussiste chiara determinazione del perimetro delle condotte generatrici di possibile danno, il cui risarcimento è stato fatto oggetto di rinuncia. Inoltre, qualora tale rinuncia faccia salvi i danni prodotti da condotte caratterizzate da colpa grave, l’azione di responsabilità innestata su specifiche condotte di inadempimento poste in essere in violazione dei doveri imposti dagli amministratori dalla legge e dallo statuto, il cui accertamento prescinde dall’indagine su dolo o colpa dei soggetti destinatari dei menzionati doveri, secondo lo schema tipico della responsabilità contrattuale, dovrebbe farsi rientrare in pieno fra quelle oggetto di esplicita rinuncia.
Non è arbitrabile l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione.
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili (cfr. Cass. Civ. ordinanza n. 20674/2016; conf. Cass. Civ. sentenza n. 14665/2019).
Il diritto di ispezione ex art. 2476 c.c.: ampiezza e limiti, anche processuali
Il diritto di ispezione contabile ex art. 2476 c.c. è esercitabile dal socio non amministratore, sotto il profilo temporale, fino a quando venga rivestita la qualità di socio della società. Tale diritto può sempre essere esercitato, nel rispetto dei limiti del principio di buona fede e correttezza, anche solo al fine di valutare l’esercizio del diritto di recesso e, più in generale, per l’esercizio di verifica del regolare svolgimento dell’attività gestoria.
Sotto il profilo processuale, l’eventuale previsione statuaria di una procedura di conciliazione, così come di clausola compromissoria, non osta alla richiesta e alla relativa assunzione di un provvedimento cautelare da parte del giudice ordinario.
Non compromettibilità in arbitri delle controversie relative all’impugnazione di delibere in violazione delle norme sul bilancio
È infondata l’eccezione di incompetenza dell’autorità giudiziaria sollevata dalla società convenuta in relazione alla presenza in statuto di una clausola compromissoria che riserva ad arbitri la risoluzione di controversie tra soci e società nelle ipotesi in cui queste vertano su diritti indisponibili, come quelle aventi ad oggetto la declaratoria di nullità della delibera di approvazione del bilancio per illiceità dell’oggetto derivante dalla violazione nella redazione del documento, delle norme inderogabili di legge. Non sono compromettibili in arbitri le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio di esercizio per violazione delle norme dirette a garantirne la chiarezza e precisione. Le norme che stabiliscono i predetti principi non solo sono norme imperative, ma trascendono l’interesse del singolo, essendo dettate a tutela, oltre che dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente.
La compromettibilità in arbitri dell’azione di responsabilità degli amministratori
In considerazione della natura giurisdizionale dell’arbitrato rituale e della sua funzione sostitutiva della giurisdizione ordinaria, l’eccezione di compromesso rituale ha carattere processuale ed integra una questione di competenza. In ipotesi di devoluzione della controversia ad un arbitro, il giudice, nel negare la propria competenza, si pronuncia con sentenza decidendo sulle relative spese, ai sensi del combinato disposto degli artt. 819 ter e 91 c.p.c.
La compromettibilità in arbitri dell’azione di responsabilità degli amministratori è oggi ammessa dalla giurisprudenza in considerazione del dispositivo del quinto comma dell’art.2476 c.c. che consente che l’azione di responsabilità contro gli amministratori possa essere oggetto di rinuncia o transazione.
Azione di risarcimento dei danni promossa dall’amministratore revocato senza giusta causa e clausola compromissoria
L’estensione oggettiva della clausola statutaria che devolve a un collegio arbitrale la decisione sulle «controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero quelle promosse nei loro confronti che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale», tenuto anche conto della regola ermeneutica di cui all’art.808-quater c.c., depone nel senso che tutte le controversie tra amministratore e società che riguardino le vicende sociali e attengano a diritti disponibili siano assoggettate ad arbitrato. In esse rientrano le domande che riguardano il diritto al risarcimento danni per revoca senza giusta causa dell’amministratore: l’amministratore pur revocato è dunque astretto dal vincolo compromissorio per quelle domande che trovano la loro genesi proprio nel rapporto sociale.
L’eventuale fondatezza dell’eccezione di incompetenza nel merito non paralizza la pronuncia cautelare
Il titolo di competenza a pronunciare provvedimenti cautelari in corso di causa non consiste nella competenza di merito (art. 669-ter c.p.c.) ma nell’attuale pendenza della lite davanti al giudice (art. 669-quater c.p.c.). Pertanto, il giudice cautelare, davanti al quale pende la causa, ha il potere di pronunciare su istanze cautelari, anche se competente a decidere nel merito sia altro giudice ordinario oppure l’arbitro. Un’eventuale eccezione di incompetenza, ancorché ritenuta fondata, non può paralizzare la pronuncia cautelare, dato che la sua ratio consiste nel fornire una risposta urgente a un pericolo di danno imminente.
Prevalenza dell’eccezione di arbitrato sull’eccezione di incompetenza territoriale
La decisione sull’eccezione di arbitrato, implicando una scelta alternativa e reciprocamente escludente fra giustizia arbitrale e giustizia ordinaria, è pregiudiziale rispetto alla questione relativa all’individuazione del giudice statale competente secondo i criteri di cui all’art. 38 c.p.c.