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Francesco Calosso

Avvocato

Nato a Torino, il 9 luglio 1994. Laureato in giurisprudenza nel corso dell’anno 2019 presso l'Università degli Studi di Torino, con tesi in diritto bancario. Attualmente svolgo la professione di avvocato, iscritto presso il Foro di Torino, collaborando con lo Studio Legale Associato Fenoglio Callegari.

18 Settembre 2023

Eccezione di arbitrato ed operatività della clausola compromissoria nel giudizio monitorio

L’operatività di una clausola compromissoria, rilevabile su eccezione della parte interessata, non impedisce l’emissione di un decreto ingiuntivo. Infatti, sebbene vi sia una convenzione di arbitrato, il creditore è pienamente legittimato a promuovere il procedimento monitorio e il giudice non può rigettare il ricorso sul rilievo della convenzione di arbitrato, in quanto l’eccezione di compromesso, al pari dell’eccezione di incompetenza territoriale, è un’eccezione in senso stretto, dunque non rilevabile d’ufficio, e nella fase sommaria del procedimento monitorio non vi è ancora una controversia caratterizzata dal contraddittorio tra le parti e quindi deferibile alla cognizione degli arbitri. Per contro, nel successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’exceptio compromissi deve essere sollevata, a pena di decadenza, con il primo atto del debitore convenuto sostanziale: si instaura un ordinario procedimento di cognizione, che implica necessariamente il deferimento della controversia alla cognizione del collegio arbitrale, con conseguente declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo emesso dal giudice ordinario incompetente. La presenza di una clausola compromissoria, difatti, non esclude la competenza del giudice ordinario a emettere il decreto ingiuntivo, ma impone a costui, in caso di opposizione fondata sull’esistenza di detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio arbitrale Per tali ragioni, il procedimento monitorio è del tutto legittimo, ma il decreto ingiuntivo, anche laddove fondato nel merito, ha vita effimera. La sopravvivenza nel successivo giudizio arbitrale degli effetti della domanda promossa dinanzi al tribunale incompetente viene poi assicurata dalla traslatio iudicii disciplinata dall’art. 819 ter c.p.c L’interpretazione secondo cui, pur in presenza di una convenzione di arbitrato, il creditore è legittimato a promuovere la domanda monitoria e il giudice è tenuto a emettere il relativo decreto appare difficilmente compatibile con la soccombenza quale presupposto della condanna alle spese, a fronte di un’attività processuale legittimamente svolta dal creditore opposto nella fase monitoria. Si ritiene, pertanto, che sussistano “le altri gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, co. 2, c.p.c., come risultante dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte Costituzionale, che giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio. [ Continua ]
23 Giugno 2023

Sulla prova del versamento del contributo ambientale Conai: il principio di vicinanza della prova

Il principio di riferibilità o di vicinanza della prova pone in ogni caso l’onere della prova a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento e che è, quindi, in possesso degli elementi utili per paralizzare la pretesa del creditore, sia questa diretta all’adempimento, alla risoluzione o al risarcimento del danno, fornendo la prova del fatto estintivo del diritto azionato, costituito dall’adempimento. In caso di mancata acquisizione delle schede extracontabili che il cedente deve redigere e produrre, la dicitura apposta sulla fattura emessa dal cedente “contributo ambientale Conai assolto” o equivalenti deve essere interpretata nel senso di ritenere il contributo assolto dal cessionario e non dal cedente. [ Continua ]
23 Giugno 2023

Sostituzione della delibera assembleare invalida di s.r.l.

È applicabile anche alle deliberazioni della s.r.l. la disposizione di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., richiamata dall’art 2479 ter, co. 4, c.c.; la norma dispone che l’annullamento della prima deliberazione adottata non può essere pronunciato se la stessa sia stata sostituita da altra, presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo. La sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge sussiste se la nuova deliberazione ha un identico contenuto, cioè provvede sui medesimi argomenti della deliberazione impugnata, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità.
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11 Aprile 2023

Responsabilità dell’amministratore e del liquidatore. Il danno da pagamento preferenziale

L’irregolare e disordinata tenuta della contabilità integra una violazione dei doveri dell’amministratore (art. 2219 c.c.), sebbene risulti solo potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. Tuttavia, eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite, ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c.; in tali ipotesi, salvi altri effetti ricollegabili all’inadempimento, il danno risarcibile è rappresentato non necessariamente dalla misura dell’inadempimento all’obbligo formale, quanto piuttosto dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quegli inadempimenti si sono occultate o che grazie ad essi sono state consentite. Se il curatore è legittimato ad esercitare in sede penale l’azione civile per il risarcimento del danno da bancarotta preferenziale (art. 216, co. 3, l.fall.), allora egli è anche legittimato ad esercitare in sede civile la stessa azione (art. 185 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c.), nonché ad esperire, sempre in sede civile, azione per il danno derivante dall’illecito costituito dalla condotta corrispondente a quella penalmente rilevante – il pagamento preferenziale – la quale è connotata da elementi di disvalore (la violazione del divieto di effettuare pagamenti preferenziali, che deriva da norma inderogabile: art. 2741 c.c.) più che sufficienti per fondare l’illecito civile e la responsabilità degli amministratori che violano quella regola, essendo invece irrilevanti gli elementi che integrano in modo specifico la fattispecie penalmente rilevante (animus favendi: scopo di favorire taluno dei creditori). In particolare, gli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (art. 2394, co. 1, c.c.), la cui violazione genera responsabilità degli amministratori verso i creditori, vanno considerati ed interpretati in relazione alla funzione di garanzia che il patrimonio sociale svolge verso i creditori stessi, specie proprio quando il patrimonio risulta insufficiente per il soddisfacimento dei loro crediti (art. 2394, co. 2, c.c.). Tra tali obblighi, è da annoverare certamente quello del rispetto della par condicio creditorum (art. 2741 c.c.), con la conseguenza che il pagamento preferenziale, essendo lesivo di quell’integrità patrimoniale, risulta potenziale fonte di danno per i creditori sociali. Tale potenzialità si realizza al momento dell’apertura formale del concorso dei creditori, con l’inizio della procedura concorsuale. Il danno che connota tanto il delitto quanto l’illecito civile è dunque danno alla par condicio creditorum, perciò alla massa dei creditori e non ad uno od alcuno di essi in particolare, e si configura come danno da mancata falcidia del credito pagato per intero ovvero da maggiore falcidia dei crediti ammessi, essendo dunque pari alla differenza tra quanto il creditore ha acquisito a titolo di pagamento e quanto avrebbe acquisito in moneta fallimentare, tale essendo l’ammontare della somma che, in mancanza di pagamento, sarebbe stata ripartita, secondo le relative regole, tra tutti gli altri creditori. Ed allora, se il pagamento preferenziale costituisce, da parte degli amministratori, una violazione di legge che arreca danno alla massa dei creditori, per un verso esso genera responsabilità degli amministratori ex artt. 1173, 1218 (o 2043) e 2394 c.c. e, per altro verso, risulta senz’altro applicabile il disposto dell’art. 146 l.f., che concede azione al curatore anche in questo caso. L’atto illecito eventualmente compiuto dall’amministratore in violazione dei doveri inerenti la carica ricoperta non comporta l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2043 c.c. Essendo l’atto distrattivo perpetrato nell’esercizio delle funzioni gestorie, rimane sottoposto alle norme che regolano il rapporto giuridico tra la società e il proprio amministratore, con la conseguenza che esso seguirà il regime di prescrizione previsto dall’art. 2393, co. 4, c.c., applicabile in via analogica anche per gli amministratori e liquidatori di s.r.l., per l’azione sociale di responsabilità e dall’art. 2941, n. 7, c.c. Ai sensi dell’art. 2489, co. 2, c.c., i liquidatori hanno l’obbligo di agire professionalmente e diligentemente nell’adempimento delle proprie funzioni e sono responsabili per i danni eventualmente cagionati a causa della violazione di tali obblighi. La diligenza dovuta dal liquidatore è qualificata, adeguata al ruolo ricoperto, caratterizzata da una preventiva informazione del liquidatore circa tutti gli elementi utili a ricostruire il quadro societario al momento del suo subentro in carica, che gli consenta di meditare sulle operazioni più utili alla liquidazione e di intraprendere le azioni opportune senza mettere a rischio il patrimonio sociale esistente per propria negligenza, imperizia, ignoranza. La diligenza e la professionalità del liquidatore si estrinsecano, pertanto, nell’accertare la reale situazione patrimoniale della società dopo aver analizzato le effettive attività e passività sociali, approfondendo in maniera critica le risultanze dei libri sociali e dei registri contabili loro consegnati dagli amministratori, unitamente ad un rendiconto sulla gestione relativa al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato, come prescritto dall’art. 2487 bis, co. 3, c.c. in ordine al passaggio di consegne. [ Continua ]
7 Maggio 2023

Azione di responsabilità dei creditori verso l’amministratore unico e liquidatore per erosione del patrimonio sociale

Il danno subito dal creditore come pregiudizio indiretto, connesso alla progressiva erosione e dispersione delle risorse del patrimonio sociale destinate a garanzia generica dei creditori sociali, è incompatibile con la fattispecie dell’azione di responsabilità prevista dall’art. 2476, co. 6 [ora co. 7], c.c., corrispondente a quella dettata per le s.p.a. dall’art. 2395 c.c. come azione individuale del socio e del terzo, che presuppone che il creditore lamenti, in conseguenza della condotta dell’amministratore, un danno diretto alla propria sfera giuridica non mediato dal pregiudizio al patrimonio sociale. Il termine quinquennale di prescrizione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali previsto all’art. 2949 c.c. inizia a decorrere, ai sensi dell’art. 2935 c.c., da quando la situazione di insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti si sia obiettivamente manifestata all’esterno così da consentire ai creditori sociali l’esercizio del diritto al ristoro del danno. Il momento di obiettiva emersione dell’insufficienza patrimoniale è quello in cui l’incapienza, consistente nell’eccedenza delle passività sulle attività, che non necessariamente coincide con la perdita integrale del capitale sociale o con lo stato di insolvenza, diviene percepibile all’esterno per effetto di fatti e circostanze sintomatiche pubblicamente note. La responsabilità di cui all’art. 2394 c.c., che attribuisce ai creditori danneggiati dall’impossibilità di soddisfare il loro credito verso la società debitrice per effetto dell’incapienza del patrimonio sociale di ottenere il risarcimento del danno ove causalmente connesso all’inosservanza da parte dell’amministratore degli obblighi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, è una specifica ipotesi di responsabilità aquiliana che pone a carico dell’attore l’onere di provare in giudizio tutti i fatti costitutivi dell’illecito addebitato all’amministratore convenuto ivi compreso il nesso causale tra le condotte illegittime dell’amministratore e il pregiudizio subito. [ Continua ]
21 Giugno 2023

Responsabilità dell’amministratore per il compimento di operazioni irragionevoli

L’amministratore della società ha il compito di gestire l’impresa compiendo tutte le operazioni necessarie per il conseguimento dell’oggetto sociale secondo i doveri imposti dalla legge, dall’atto costitutivo e dello statuto. L’obbligo di diligenza professionale posto dall’art. 2392 c.c. e dall’art 2476 c.c. impone all’amministratore di gestire il patrimonio sociale ed indirizzare l’attività economica nel modo più idoneo agli interessi della società. In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità del merito delle sue scelte di gestione (c.d. business judgment rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere. La natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società comporta che quest’ultima ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni, l’illiceità delle condotte ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. [ Continua ]
23 Maggio 2023

Contratto di cessione di quote sociali e opposizione a decreto ingiuntivo. Carenza di legittimazione passiva della società

In tema di ricorso monitorio avente ad oggetto la domanda di pagamento del prezzo convenuto tra due soci per la cessione delle quote sociali di una società in accomandita semplice, la società è priva della legittimazione passiva, non essendo possibile immaginare che la società target sia debitrice del prezzo di cessione verso il socio che ha ceduto la propria partecipazione ad un terzo, né che sia lei a dover pagare il prezzo di vendita dei beni appartenenti al suo patrimonio. [ Continua ]
4 Giugno 2023

Azione di responsabilità del fallimento nei confronti dell’ente pubblico socio unico, dell’amministratore e del revisore

Il codice della crisi di impresa sembra riproporre la questione della configurabilità della responsabilità da direzione e coordinamento, ai sensi dell’art. 2497 c.c., in capo ad un ente pubblico territoriale, che, pur privo di interesse imprenditoriale proprio, persegua l’interesse generale all’erogazione del servizio pubblico avvalendosi dello strumento della partecipazione in una società di diritto comune, risolta dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 19, co. 6, d.l. 78/2009, laddove esclude, all’art. 2, lett. h), e all’art. 13, d.l. 118/2021, in vigore dal 25 agosto 2021, lo Stato e gli enti pubblici territoriali dal novero dei soggetti destinatari della norma di responsabilità dettata dall’art. 2497 c.c. nell’ambito della disciplina della crisi del gruppo di imprese e torna ad evidenziare la complessità della posizione del socio ente pubblico territoriale, tenuto a perseguire, anche nell’attività di direzione e coordinamento delle società partecipate, l’interesse pubblico primario che può, però, non essere in sintonia con l’interesse imprenditoriale del gruppo e delle singole società. [ Continua ]