hai cercato per: Marianna Geraci
8 Dicembre 2021

Mancata iscrizione dell’atto di cessione di quote sociali per indisponibilità dell’amministratore unico della società

Deve essere accolta la domanda con cui l’attore – che ha ceduto il 50% delle proprie quote di partecipazione ad una S.r.l. ad altro soggetto tramite scrittura privata autenticata – chiede di ordinare al Conservatore del Registro delle Imprese l’iscrizione di tale cessione, previa esecuzione di tutte quelle formalità a ciò necessarie ma alle quali cui non era stato possibile provvedere a causa dell’indisponibilità e della mancata collaborazione in tal senso da parte dell’amministratore unico della S.r.l.

Deve invece ritenersi infondata ogni considerazione sul carattere fraudolento della cessione (su cui la convenuta S.r.l., nel caso di specie, ha fondato la propria domanda riconvenzionale), non solo in quanto materia estranea alla controversia – che verte in tema di mancata iscrizione di un atto di cessione di quote sociali e non di cancellazioni di iscrizioni eseguite in assenza delle condizioni di legge - ma anche in ragione della tardiva introduzione di una prospettazione difensiva del tutto nuova nel giudizio.

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Integrale compensazione delle spese di lite in caso di sopravvenuta carenza di legittimazione attiva

E' corretto disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti in ragione del carattere sopravvenuto della dirimente perdita della legittimazione attiva dell’attrice quanto alla domanda ex art. 2394 c.c. Tale valutazione, infatti, è da ritenersi coerente con il disposto dell’art. 92, comma 2, c.p.c. - come modificato dal D.L. n. 132/2014 - e con la pronuncia n. 77/2018 della Corte Costituzionale, con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il citato art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano - oltre alle ipotesi normativamente previste di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata e di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti - “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”, nel caso in esame consistenti proprio nella sopravvenuta perdita della legittimazione attiva della parte attrice. [ Continua ]
25 Ottobre 2021

Ripetizione dell’indebito e ritrasferimento di partecipazioni sociali oggetto di patto fiduciario

La ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 e ss. c.c. richiede, quali requisiti, la traditio da parte del solvens e l’assenza - originaria e sopravvenuta – di una valida giustificazione dell’attribuzione. In assenza della datio da parte dell’attore al convenuto in esecuzione delle pronunce di primo e secondo grado, medio tempore caducate a seguito della mancata riassunzione del giudizio conseguente alla cassazione della corte di legittimità, è da ritenersi mancante il presupposto dell’indebito oggettivo, non potendo diversamente il trasferimento trovare giustificazione in condotte del tutto autonome come quella, verificatasi nel caso di specie, di re-intestazione delle quote litigiose - oggetto di pronunce di primo e di secondo grado - attraverso la semplice annotazione a libro soci.

Anche qualora, ai fini dell’ottenimento del rimedio restitutorio, si invochi l’esistenza di un patto fiduciario vincolante tra le parti, deve rammentarsi che il pactum fiduciae ed il relativo obbligo restitutorio possono essere azionati dal fiduciante dal momento in cui l'obbligazione è esigibile e, dunque, dalla scadenza del termine se l’accordo lo prevede, ovvero, in mancanza, dal momento in cui il fiduciario manifesta la propria volontà di non adempiere all’obbligazione restitutoria e che, nel caso in esame, è stato individuato nella notifica dell’atto introduttivo del giudizio de quo.

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8 Dicembre 2021

Ordinata liquidazione del patrimonio sociale e responsabilità del liquidatore

Un creditore può dedurre una responsabilità ex artt. 2489 (e 2495 co. 2) c.c. dell’organo liquidatorio nel caso in cui sia stato soddisfatto in percentuale inferiore a quella di altri creditori di pari grado, con conseguente danno equivalente (non all’ammontare stesso del credito, bensì) all’importo che egli avrebbe avuto diritto di ricevere ove il liquidatore avesse correttamente applicato i principi ai quali è tenuto, per legge, ad attenersi.

A questo proposito, il liquidatore di una società di capitali ha infatti l'inderogabile dovere di procedere ad un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale (a) pagando i debiti secondo il principio della par condicio creditorum ma nel dovuto rispetto dei diritti di precedenza dei creditori aventi una causa di prelazione e, quindi, (b) graduando, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, l’insieme dei debiti sociali, il cui pagamento deve avvenire dando precedenza a quelli garantiti da cause di prelazione.

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17 Ottobre 2021

Impugnazione della delibera assembleare approvativa del bilancio sociale: criteri per il vaglio di fondatezza sul rispetto delle regole preposte alla redazione del bilancio da parte degli amministratori

La deduzione di nullità di una delibera di approvazione di bilancio costituisce il riflesso – sulla manifestazione della volontà assembleare imputata alla società – dell’illiceità del suo oggetto. Tale illiceità deriva a sua volta dalla violazione delle regole poste a presidio della chiarezza, della veridicità e della correttezza della situazione patrimoniale e finanziaria della società nonché del risultato economico dell’esercizio e riflesse nel documento di bilancio approvato.

Pertanto, il vaglio di fondatezza di un’impugnazione di bilancio, quando non basata anche su vizi di convocazione, costituzione e funzionamento dell’assemblea, si risolve necessariamente in quello del rispetto, da parte degli amministratori, delle regole preposte alla redazione della bozza di bilancio. In particolare, tale delibazione, oltre a fondarsi su valutazioni di natura tecnico-contabile (per le quali, come è noto, il Tribunale richiede generalmente l’ausilio di esperti indipendenti di provata fama), tiene conto: a) del principio per cui il bilancio di una società di capitale deve essere comprensibile e chiaro non al quivis de populo bensì a qualunque soggetto dotato della preparazione tecnico-contabile e giuridica necessaria e sufficiente a comprenderne il contenuto; b) del principio per cui esso deve contenere tutte le sole informazioni richieste dalle disposizioni di legge, ulteriormente ridotte – nei casi di bilanci redatti in forma abbreviata – a quelle di cui all’art. 2345-bis c.c. (co. 2 e ss.); c) del principio per cui non ogni anche minimo difetto di veridicità, correttezza e chiarezza del bilancio è tale da ridondare nella nullità, anche solo parziale, della delibera di approvazione, ma solo quelli che alterino in modo significativo la rappresentazione patrimoniale ed economica in cui il bilancio consiste o menomino in modo apprezzabile la chiarezza e completezza dell’informazione che esso è chiamato a rendere ai soci e ai terzi.

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Attività economica e attività di godimento: differenze ai fini della configurabilità di una struttura societaria di natura commerciale

Per scopo sociale, ai sensi dell'art. 2247 c.c., deve necessariamente intendersi l'esercizio in comune di un'attività economica, ossia un'attività produttiva, creatrice di ricchezza finalizzata alla formazione, all'esito del processo produttivo, di beni e servizi per lo scambio, mediante offerta sul mercato, ovvero allo scambio di beni o servizi prodotti da altri. Tale ultimo requisito non ricorre nel caso in cui un'attività consista nel semplice godimento, da parte dei soci, di un complesso immobiliare il cui diritto di proprietà è intestato alla società, configurandosi in ipotesi del genere una comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di una o più cose e che, ai sensi dell'art. 2248 c.c., è disciplinata dagli articoli riguardanti la comproprietà, con l'esclusione della configurabilità di una società di qualsiasi tipo. Inoltre, la mera intestazione della proprietà dei beni in capo alla società non rappresenta alcuna attività e, anche qualora i soci abbiano inteso utilizzare personalmente i beni intestati alla società, l'attività di godimento di tali beni rappresenta un'attività intrinsecamente inidonea a produrre un qualche lucro e non si presta neppure ad essere definita come attività esercitata in comune. Alla luce di tali principi, non è possibile ritenere che la S.n.c. costituita al solo scopo di consentire ai soci il godimento delle porzioni di un terreno, abbia natura di società commerciale/produttiva. Peraltro, dalla difformità tra l'accordo trasfuso nell'atto costitutivo della società in questione e quanto voluto dalle parti conseguono, da un lato, l'inesistenza della S.n.c. per simulazione del contratto sociale e, dall'altro, l'applicazione ex tunc delle norme dettate in tema di comunione, essendo tra le parti intercorso esclusivamente un rapporto di comunione (di godimento del citato terreno). [ Continua ]
21 Febbraio 2022

Mancata individuazione del termine per l’avveramento della condizione: intervento del Giudice in via suppletiva

Nei casi in cui le parti non abbiano provveduto ad individuare il termine ultimo entro il quale verificare l’avveramento della condizione, spetta al Giudice intervenire in via suppletiva stabilendo se, alla luce delle caratteristiche e delle peculiarità della vicenda di volta in volta in esame, sia già o meno trascorso un termine congruo e ragionevole tale da poter ritenere definitivamente mancato l’avveramento della condizione. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, la carenza dell’indicazione di un termine entro il quale la condizione sospensiva o risolutiva debba verificarsi o mancare non comporta necessariamente un vincolo a tempo indeterminato delle parti, ben potendosi il termine desumere implicitamente dalle esigenze di tutela degli opposti interessi delle parti; con la conseguenza che, quando il rapporto giuridico sia sospensivamente condizionato al verificarsi di un evento del quale non sia indicato il termine entro il quale possa utilmente avverarsi, il contratto deve considerarsi inefficace per il mancato avveramento della condizione – senza che decorra l’esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice – dal momento in cui sia decorso un lasso di tempo congruo entro il quale la condizione avrebbe dovuto avverarsi. [ Continua ]

Nullità del lodo arbitrale per difetto di motivazione

Il difetto di motivazione rende nullo il lodo arbitrale solo se la motivazione è del tutto assente o non consente l'individuazione della ratio decidendi, che risulta incomprensibile. Come già osservato dalla giurisprudenza, infatti, il vizio è ravvisabile soltanto nell'ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l'individuazione della "ratio" della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un "iter" argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, tale da risolversi in una non-motivazione (così Cass. 12321/18). [ Continua ]
20 Febbraio 2022

Acquisto di quote di una società in difficoltà finanziaria e causa “in concreto” del negozio

La causa “in concreto” – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato – conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili all’altra. Non può quindi accogliersi la domanda con cui l’opponente chiede di dichiarare la nullità dell’atto di cessione di quote sociali per mancanza di causa concreta, da individuarsi nella realizzazione di un lucro impossibile nel caso di specie stante la messa in liquidazione della società ed il deposito di una domanda di pre-concordato con finalità liquidatorie. Infatti, una tale prospettazione difensiva - in base alla quale quale l’acquisto di quote viene effettuato sempre a scopo di lucro - si pone di fatto in contrasto con la tesi invocata, in quanto individua la causa del negozio in termini astratti e non concreti. [ Continua ]

Controdichiarazione delle parti e simulazione dell’atto di cessione di quote societarie

Nella simulazione la c.d. controdichiarazione costituisce scrittura idonea a dimostrare la parte dissimulata dell'accordo tra le parti in quanto, non costituendo un atto di riconoscimento o di accertamento scritto, avente carattere negoziale, non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, potendo quindi non solo essere contestuale alla redazione dell'atto simulato, ma anche essere successiva e provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione (così Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 24973/2015 e Trib. Milano, sent. n. 12654/2016) Pertanto, nel caso di specie - in cui, in pari data all'atto pubblico di cessione della quota di partecipazione di una s.r.l., è stata redatta dalle parti una controdichiarazione con cui la cessionaria si riconosceva proprietaria fiduciaria della quota con conseguente obbligo al trasferimento della stessa a richiesta della controparte - deve riconoscersi, in accoglimento della domanda attorea, la fondatezza della simulazione. [ Continua ]