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Tribunale di Torino


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6 Maggio 2022

I criteri per l’individuazione dell’amministratore di fatto

Le norme di legge che disciplinano l’attività degli amministratori di una società di capitali, dettate al fine di consentire un corretto svolgimento dell’amministrazione dell’ente, sono applicabili non soltanto alle persone fisiche immesse, nelle forme stabilite dalla legge, mediante atto negoziale di preposizione gestoria nelle funzioni di amministrazione, ma anche a coloro che si siano di fatto ingeriti nella gestione della società in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea, sia essa irregolare o implicita. Ne consegue che i responsabili delle violazioni di dette norme vanno individuati, anche nell’ambito del diritto privato, non sulla base della loro qualificazione formale, bensì con riguardo al contenuto delle funzioni concretamente esercitate; con l’ulteriore, necessaria, precisazione che l’individuazione della figura del cosiddetto “amministratore di fatto” presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione (e non anche meramente esecutive) della società e che tale attività abbia carattere sistematico e non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale. Al fine di far emergere il soggetto che effettivamente esercita le funzioni gestorie e di individuare, quindi, l’amministratore di fatto è possibile far riferimento a elementi quali: (i) assenza di una efficace investitura assembleare; (ii) attività esercitata (non occasionalmente ma) continuativamente; (iii) funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto; (iv) autonomia decisionale (non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa non subordinata) rispetto agli amministratori di diritto.

3 Maggio 2022

Risoluzione per inadempimento del contratto di cessione di partecipazioni societarie di s.r.l.

Presupposto della risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. è che l’inadempimento sia di non scarsa importanza. Per valutare la rilevanza dell’inadempimento occorre indagare sull’entità dello squilibrio ingeneratosi tra i contraenti (e valutare se sia tale da compromettere irrimediabilmente l’equilibrio sinallagmatico del rapporto obbligatorio intercorrente tra le parti). Tale valutazione deve esser condotta tenendo conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale.  Dal punto di vista oggettivo, la gravità dell’inadempimento non deve essere commisurata soltanto all’entità del danno, che potrebbe in astratto anche mancare, quanto al concreto interesse all’esatta e tempestiva prestazione che la parte inadempiente avrebbe dovuto rendere. Ne deriva che sono atte a fondare un giudizio di gravità dell’inadempimento solo le violazioni concernenti le obbligazioni contrattuali aventi carattere essenziale. Dal punto di visto soggettivo, il giudice dovrà procedere ad una valutazione sinergica del comportamento delle parti, attraverso un’indagine globale ed unitaria dell’intero loro agire, anche con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell’inadempimento, perché l’unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta di ciascun contraente ma esige un apprezzamento complessivo. Alla luce di quanto sopra esposto, costituisce pertanto grave inadempimento tale da giustificare la risoluzione del contratto il mancato pagamento di una notevolissima parte del prezzo pattuito come corrispettivo della cessione di partecipazioni societarie.

2 Maggio 2022

Sulla clausola statutaria di esclusione del socio per inadempimento

L’autonomia negoziale riconosciuta dall’art. 2533 c.c. per l’introduzione di ipotesi di esclusione del socio deve manifestarsi nella previsione di ipotesi tassative, sufficientemente determinate e facilmente individuabili, al fine precipuo di evitare il rischio concreto di riservare una discrezionalità eccessiva all’organo incaricato dell’adozione dei provvedimenti di esclusione dalla compagine sociale.

La clausola statutaria di esclusione del socio per inadempimento integra, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, un’ipotesi di risoluzione per inadempimento e deve pertanto considerarsi legittima soltanto laddove l’inadempimento non rivesta scarsa importanza, nel senso che sia tale da impedire o rendere più gravoso il perseguimento del fine sociale e sia, comunque, imputabile ad un comportamento doloso o colposo del socio, a nulla rilevando l’eventualità di un danno effettivamente arrecato alla società.

La gravità dell’inadempimento deve essere valutata con riferimento alla qualità del socio, di tal che non rilevano le violazioni di obblighi di natura personale, salvo espressa previsione statutaria in tal senso.

Al fine dell’esclusione di un socio di una società cooperativa per inadempimento, configurano requisiti necessari la colposità del detto inadempimento e la gravità del medesimo, da riscontrarsi in relazione al pregiudizio arrecato al perseguimento dello scopo sociale.

2 Maggio 2022

Società professionistiche affiliate alla FIP e responsabilità solidale degli amministratori

L’art. 142, comma 2, del Regolamento Organico (Reg. Org.) della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), il quale prevede che “in caso di scioglimento, di revoca della affiliazione o di mancato rinnovo della affiliazione, delle obbligazioni assunte dalla Società verso la FIP e i suoi Organi, le Società e i terzi affiliati o tesserati rispondono altresì in solido tra loro il Presidente o Legale Rappresentante della Società e i membri del Consiglio Direttivo”, si applica esclusivamente alle società affiliate FIP che operano nel settore dilettantistico, ma non alle società operanti nel settore professionistico.

In caso di scioglimento e di messa in liquidazione delle società affiliate FIP che operano nel settore professionistico si applicano invece, come testualmente previsto dall’art. 142, comma 3, Reg. Org. FIP, le norme del codice civile in materia. Ai sensi dell’art. 127, comma 3, Reg. Org. FIP, le società affiliate FIP che operano nel settore professionistico devono necessariamente essere organizzate nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata; pertanto, non risultano configurabili, per le società professionistiche, eccezioni rispetto al regime ordinario di natura civilistica di separazione fra patrimonio societario e patrimonio personale degli amministratori. Infatti, un regolamento di una federazione sportiva di per sé non può comportare una deroga alle norme fondanti la responsabilità civilistica delle società di capitali e dei suoi amministratori, senza che il singolo abbia espresso un impegno chiaro ed esplicito all’assunzione di determinate e specifiche obbligazioni che comportino una responsabilità ulteriore, di maggior ampiezza, rispetto a quanto previsto e prescritto dallo statuto normativo delle società di capitali.

2 Maggio 2022

Presupposti di legittimità della delibera di esclusione di un socio di società cooperativa

L’esclusione del socio dalla cooperativa consiste nello scioglimento particolare del vincolo sociale per decisione unilaterale della società ed è consentita soltanto in peculiari circostanze e, in via di principio, unicamente in presenza di un inadempimento del socio, ovvero quando la sua partecipazione sia incompatibile, inutile o dannosa con il perseguimento del fine sociale. Nelle società cooperative, il fondamento dell’esclusione è legato alle finalità mutualistiche della società.

L’esclusione di un socio da una società cooperativa può essere disposta, ai sensi dell’art. 2533, co. 1, n. 1, c.c. nei casi previsti dall’atto costitutivo. Ai soci è quindi consentito prevedere, statutariamente, ulteriori fattispecie di estromissione oltre quelle previste nel medesimo art. 2533 c.c. Le cause di origine convenzionale, peraltro, devono essere indicate in modo tassativo e non generico al fine di evitare la concentrazione, in subiecta materia, di un’eccessiva discrezionalità in capo all’organo amministrativo. Così, la clausola statutaria che dispone l’esclusione del socio il quale, in qualunque modo, arrechi danno materiale o morale alla cooperativa e fomenti in seno ad essa dissidi e disordini è nulla, per contrasto con l’art. 1346 c.c. È ammessa la previsione in forma sintetica delle clausole relative all’estromissione dei soci solo nell’ipotesi in cui sia riferita a fatti comunque determinati, quali attività concorrenziali o ripetuta assenza alla riunioni assembleari. Qualora i motivi di esclusione siano indicati in categorie sintetiche sarà il giudice, eventualmente adito in sede di opposizione, a dover valutare la coincidenza tra l’evento contestato e la categoria ipotizzata, apprezzando la rilevanza dell’interesse sociale ritenuto leso. Sono invalide le clausole che, per la loro assoluta genericità, impediscono in concreto di verificare la sussistenza in concreto degli addebiti anche al fine di scongiurare una discrezionalità dell’organo amministrativo tanto ampia da sconfinare nell’arbitrarietà.

Il medesimo art. 2533, co. 1, n. 2, c.c. individua una causa generica di esclusione consistente nelle “gravi inadempienze”, vale a dire nell’inadempimento, appunto grave, del socio agli obblighi derivanti dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico. Detta fattispecie integra un’ipotesi di risoluzione per inadempimento e deve pertanto considerarsi legittima soltanto laddove il mancato adempimento non rivesta scarsa importanza, nel senso che sia tale da impedire o rendere più gravoso il perseguimento del fine sociale e sia comunque imputabile a un comportamento doloso o colposo del socio, a nulla rilevando l’eventualità di un danno effettivamente arrecato alla società. La gravità dell’inadempimento deve essere valutata avendo riguardo alla qualità del socio, di tal che non rilevano le violazioni di obblighi di natura personale, salvo espressa previsione statutaria in tal senso. Ai fini dell’esclusione di un socio da una società cooperativa per inadempimento configurano requisiti necessari sia la colposità del detto inadempimento sia la gravità del medesimo, da riscontrarsi in relazione al pregiudizio arrecato al perseguimento dello scopo sociale. Fra i comportamenti idonei a giustificare l’esclusione del socio di una cooperativa di capitali, con particolare riguardo alla figura del socius rixosus, può assumere rilevanza l’esercizio dei diritti sociali, qualora volutamente ostruzionistica e ostile verso la società. Tale non è invece il diritto di proporre querela a tutela del proprio onore e reputazione, siccome esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, inidoneo a incidere sul vincolo fiduciario tra socio e cooperativa.

Per giudicare in merito alla legittimità dell’esclusione del socio deve verificarsi non solo l’effettiva ricorrenza della causa di esclusione sottesa al provvedimento di estromissione impugnato e la sua riconducibilità fra quelle previste dalla legge ovvero dallo statuto, ma anche la congruità della motivazione adottata a sostegno della ritenuta gravità, restando preclusa soltanto l’indagine sull’opportunità del provvedimento. Occore compiere un’analisi volta ad accertare la sussitenza dei fatti contestati e la corrispondenza tra gli stessi e i casi in cui la legge o l’atto costitutivo consentono l’estromissione, compresa la valutazione in merito alla gravità dell’inadempimento e all’incidenza della condotta del socio escludendo sul rapporto sociale, a nulla rilevando le intenzioni del socio escluso.

28 Aprile 2022

Onere probatorio del creditore nell’azione di adempimento e calcolo degli interessi legali

Il creditore, sia che agisca per l’adempimento, sia che agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno, è tenuto a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento.

Rispetto al debito di valuta sono dovuti gli interessi di mora al saggio legale dalla scadenza al saldo, mentre non è dovuta rivalutazione in quanto non si tratta di debito di valore e non è stato allegato e provato il maggior danno patito dal creditore in conseguenza del ritardato adempimento alle obbligazioni di pagamento. Si precisa che dalla data della proposizione della domanda giudiziale gli interessi legali devono essere calcolati con il saggio pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, ai sensi dell’art. 1284, 4° comma, c.c.

28 Aprile 2022

Esclusione del socio da società cooperativa, domanda di rilascio e di pagamenti dei canoni

Le domande di rilascio, di pagamento dei canoni e di pagamento dell’indennità per occupazione sine titulo di un alloggio sociale proposte nei confronti del socio di cooperativa assegnatario dell’immobile ed escluso dalla società per morosità nel pagamento dei canoni sono di competenza della sezione specializzata in materia di imprese, in quanto presuppongono il previo accertamento della legittimità dell’esclusione del socio con correlata decadenza dall’assegnazione dell’alloggio sociale.

22 Aprile 2022

Cessione di quote societarie: contratto preliminare e simulazione del prezzo

Il contratto preliminare, riguardante la cessione di quote societarie, con il quale le parti deroghino pro futuro al prezzo contenuto nel definitivo riveste natura di contratto dissimulato. Tale volontà deve desumersi dal tenore letterale della scrittura, inerendo essa ad un elemento essenziale del contratto che debba risultare per iscritto e operando, conseguentemente, la limitazione della prova testimoniale di cui all’art. 2722 c.c.

Il debitore convenuto è tenuto a dimostrare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi del titolo che sia contenuto in un contratto dissimulato, dovendo il creditore che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento solamente dimostrare l’esistenza dello stesso.

La mancata comparizione della parte regolarmente convocata all’incontro di mediazione davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa ma, comunque, concorre alla valutazione del materiale probatorio già acquisito.

19 Aprile 2022

Inadempimento della scrittura privata concernente la suddivisione dei marchi, risarcimento dei danni ex art. 125 c.p.i. e relativo onere probatorio

L’art. 125 c.p.i. non costituisce una deroga in senso stretto alla regola ordinaria sul risarcimento dei danni e al relativo onere probatorio, ma rappresenta una semplificazione probatoria che pur presuppone un indizio della sussistenza dei danni arrecati, attuali o potenziali, cosicché la liquidazione non può essere effettuata sulla base di un’astratta presunzione e, in applicazione degli art. 1223 e seg. c.c., non si può dunque prescindere dalla prova di un adeguato rapporto di causalità tra l’atto illecito e i danni sofferti ed allegati, secondo i criteri ordinari probatori. Ciò vale anche per la giusta royalty, poiché la successione letterale e logica tra le norme dei primi due commi esprime l’intento del legislatore di non sganciare il criterio risarcitorio del “giusto prezzo del consenso” dalla norma generale di cui al primo comma, che richiama, appunto, i principi generali dettati dagli artt. 1223 ss., c.c.. La restituzione degli utili, disciplinata nell’art. 125 c. 3 c.p.i., può essere chiesta dal titolare del diritto di privativa senza che sia necessario allegare e provare, in primo luogo, che agli utili realizzati dal contraffattore, sia corrisposto un mancato guadagno da parte sua; in secondo luogo, che l’autore della violazione abbia agito con colpa o con dolo. La restituzione degli utili costituisce una vera e propria domanda che deve essere proposta entro la soglia fissata dalla legge processuale per le preclusioni assertive, quindi quantomeno entro il termine della prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.