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Art. 1218 c.c.
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12 Aprile 2022

La natura contrattuale della responsabilità del curatore fallimentare, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concodato preventivo

Le azioni esperibili nei confronti dei commissari e dei liquidatori giudiziali di una procedura di concordato preventivo sono le stesse previste per il curatore fallimentare. Infatti, ai sensi dell’art. 182 l.fall., qualora il concordato consista nella cessione dei beni e non sia diversamente disposto, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. La stessa norma rimanda alle norme applicabili al curatore fallimentare e, in particolare, richiama gli artt. 37 e 38 l.fall. in tema di revoca e responsabilità.

L’azione volta al riconoscimento della responsabilità del curatore fallimentare ex art. 38 l.fall. ha natura contrattuale, in considerazione della natura del rapporto (equiparabile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico dell’organo concorsuale. Infatti, la responsabilità nella quale incorre il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. In altri termini, la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti.

30 Novembre 2021

Principi sostanziali e processuali in materia di responsabilità di amministratori e sindaci

Il potere-dovere di controllo dei sindaci non è limitato alla sola verifica del rispetto della legge e dello statuto, ma si estende alla valutazione dei principi di corretta amministrazione, compresa la verifica che il procedimento decisionale che ha determinato l’organo amministrativo nella scelta di gestione sia completo e corredato di tutte le informazioni del caso concernenti i potenziali rischi nel contesto della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. Inoltre, il dovere di vigilanza e controllo dei sindaci, pur non potendo travalicare sulla opportunità e la convenienza delle scelte gestionali, il cui apprezzamento è riservato agli amministratori, si estende alla legittimità sostanziale dell’attività sociale.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.

Affinché si configuri la violazione del dovere di vigilanza da parte dell’organo di controllo, non è necessaria l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, eventualmente anche mediante la denuncia al tribunale di cui all’art. 2409 c.c.

Il vincolo solidale ex art. 2055 c.c. tra sindaci e amministratori trova il proprio presupposto nell’unicità dell’evento dannoso, ancorché determinato dall’azione/omissione di più soggetti e indipendentemente dalla colpa (intesa come apporto causale) di ciascun partecipe, la quale rileva unicamente nei rapporti interni per l’eventuale regresso. Infatti, il diverso rilievo causale di quanti (sindaci ed amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno, inteso come insufficienza patrimoniale della società, assume rilievo nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso) e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato.

Per dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto che abbia eterodiretto altre società, abusando del proprio potere direzionale e di controllo, non è sufficiente la prova della sussistenza di un operare concertato e finalizzato, né della circostanza che i componenti di una stessa famiglia si siano alternati nei ruoli gestori in più società, connotazioni di per sé non anomale in un contesto di gruppo societario di fatto.

È improduttiva di effetti giuridici, perché tardiva, la costituzione in giudizio del convenuto che, a seguito di interruzione del processo e successiva riassunzione, si sia costituito con il deposito della comparsa conclusionale: con la rimessione della causa al collegio ex art. 190 c.p.c. solo le parti già ritualmente costituite possono interloquire con gli scritti conclusivi e non sono ammissibili ulteriori attività processuali; ne consegue che, espletate le attività ex art. 190 c.p.c., la parte contumace non può più costituirsi in giudizio e l’eventuale costituzione nei termini assegnati per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche va dichiarata inammissibile, con conseguente preclusione dell’esame dell’atto eventualmente depositato.

18 Novembre 2021

Responsabilità per mala gestio dell’amministratore verso la cooperativa edilizia, compenso dell’amministratore che sia già militare

In tema di responsabilità per mala gestio dell’amministratore verso la cooperativa, a fronte della contestazione ex art. 2392 c.c. del mancato pagamento di imposte dovute dalla cooperativa edilizia, incombe sull’amministratore l’onere di provare l’esatto adempimento alle obbligazioni di corretta gestione societaria, dimostrando l’effettiva sussistenza di ragioni causali sottese al mancato pagamento delle imposte tali da escludere una valutazione in termini di mala gestio dell’omesso adempimento alle obbligazioni fiscali e tributarie. In mancanza, va riconosciuta la responsabilità dell’amministratore e l’entità del risarcimento deve essere limitata all’effettiva e diretta efficienza causale del suo inadempimento: non avendo il comportamento dell’amministratore inciso sulla debenza o meno dell’imposta, il danno da mancato pagamento non coincide con l’importo delle imposte non versate, ma esclusivamente con gli aggravi, costituiti dalle sanzioni e dagli interessi irrogati alla cooperativa a seguito dell’accertamento fiscale compiuto dagli enti competenti.

Non ha diritto ad essere remunerato per l’attività svolta in qualità di presidente del CdA di una cooperativa esercente attività commerciale il militare che, in violazione degli artt. 894 d.lgs. 66/2010 e 12 L. 599/1954, non abbia previamente ottenuto specifica autorizzazione dall’amministrazione di appartenenza ad esercitare tale attività extraprofessionale.

28 Settembre 2021

L’esclusione del socio inadempiente alle obbligazioni assunte nei confronti della società cooperative

A fronte di disposizioni statutarie che attribuiscono espressamente all’organo amministrativo il potere di escludere il socio che non abbia adempiuto alle obbligazioni assunte nei confronti della società cooperativa, o si sia reso moroso nel versamento delle somme dovute, deve ritenersi legittima, ex art. 2533, c. 1, c.c., la delibera di C.d.A. di esclusione del socio di società cooperativa che, dopo essersi visto assegnare un immobile di proprietà della società, non ha corrisposto il prezzo pattuito per il definitivo trasferimento della proprietà dell’immobile. La legittimità della delibera di esclusione determina la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti tra il socio e la cooperativa ex art. 2533, c. 4, c.c., ivi compresi quelli derivanti dalla suddetta assegnazione “immobiliare”, con conseguente obbligo di rilascio dell’immobile assegnato da parte del socio escluso.

6 Settembre 2021

Assenza della nota integrativa e adeguata informazione dei soci

L’incompletezza del procedimento informativo derivante dal mancato deposito della bozza di bilancio e dei documenti integrativi, così come prescritto dall’art. 2429, terzo comma, c.c., costituisce un vizio che rende annullabile la delibera di approvazione del bilancio medesimo. Pur volendo aderire all’orientamento giurisprudenziale che parifica il deposito dei documenti richiesti dalla legge al loro invio a mezzo email, se l’amministratore unico ha inviato ai soci esclusivamente lo stato patrimoniale ed il conto economico, senza la nota integrativa, gli stessi non possono ritenersi adeguatamente informati ai fini della deliberazione da adottare, costituendo la stessa parte integrante del bilancio ai sensi dell’art. 2423 c.c.

Contratto di acquisizione di partecipazioni sociali: sopravvenienze passive e obbligo di indennizzo

In tema di contratto di acquisizione di partecipazioni sociali, è legittima la pretesa di indennizzo da parte dell’acquirente nei confronti dei venditori, qualora nel contratto di acquisizione le parti abbiano convenuto un obbligo di manleva, ai sensi del quale i venditori si sono impegnati ad indennizzare l’acquirente in relazione a sopravvenienze passive della società oggetto di acquisizione maturate successivamente alla data di trasferimento delle partecipazioni, ma per condotte riferibili ad un periodo antecedente.

A tal proposito, al verificarsi di tale evento, è conforme ai principi di buona fede e correttezza contrattuale la richiesta avanzata dall’acquirente ai venditori di indicare eventuali ragioni idonee a contestare la pretesa del terzo e, quindi, ad evitare la possibile formazione di una sopravvenienza passiva (e la conseguente attivazione di tale garanzia).

24 Giugno 2021

Azione sociale di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: natura della responsabilità ed onere della prova

Le condotte distrattive e di mala gestio degli ex amministratori della società fallita sono sussumibili in primis in fattispecie di responsabilità sociale – di natura contrattuale – per il danno arrecato al patrimonio sociale, e pertanto ai sensi degli artt. 146 l.fall e 2476 c.c. (e 2393 c.c.), con consequenziale onere a carico dei convenuti – a fronte della circostanziata allegazione di inadempimento e ai fini dell’art. 2697 c.c. – di provare l’esatto adempimento degli obblighi sugli stessi gravanti.

22 Giugno 2021

Onere della prova nell’azione sociale di responsabilità esercitata dal curatore

Nel contesto di un’azione sociale di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. e in applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale, compete al fallimento semplicemente allegare in modo compiuto i fatti distrattivi imputati all’amministratore, costituenti l’inadempimento dell’obbligo gestorio relativo alla conservazione del patrimonio sociale in ragione dell’impiego del patrimonio medesimo nel perseguimento dei fini sociali, nonché allegare e provare il danno derivante dagli stessi ed il nesso causale tra condotta inadempiente e danno medesimo. Incombe sull’amministratore convenuto la prova ex art. 1218 c.c. di avere adempiuto esattamente e correttamente ai propri obblighi gestori.

28 Maggio 2021

I limiti al compenso dell’organo amministrativo di società partecipate e il concorso di responsabilità del socio ex art. 2476 c.c.

A decorrere dal 1° gennaio 2015, il compenso dell’amministratore di società a partecipazione pubblica soggiace al limite dell’80% del compenso erogato nel 2013, da intendersi come il costo effettivamente sostenuto dalla società, indipendentemente da qualsivoglia distinzione circa il numero delle mensilità concretamente erogate in tale annualità (nel caso di specie, la società aveva erogato un compenso nel 2013 per due sole mensilità).

Ai fini della configurabilità della peculiare ipotesi di responsabilità prevista dall’art. 2476, VII c., c.c. a carico del socio che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato l’atto di gestione dannoso per la società, occorre che vi sia stato un concorso di responsabilità del socio e dell’amministratore, e che in giudizio emergano, quantomeno in via incidentale, i profili che depongano per la responsabilità di quest’ultimo.