hai cercato articoli in
Art. 2378 c.c.
256 risultati
27 Gennaio 2025

Cause di esclusione del socio di S.r.l. ed impugnazione delle relative delibere assembleari

L’esclusione del socio è possibile solo in caso di renitenza al versamento della quota di capitale da lui dovuta e all’esito del relativo procedimento (articolo 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta, ma in quest’ultimo caso, data la necessità di permettere ai soci di evitare la “sanzione” conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, si richiede la previa individuazione delle ipotesi che potrebbero integrare una giusta causa di cessazione del vincolo sociale. La clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio, proprio per questa esigenza di consentire la verifica puntuale della ricorrenza della causa di esclusione nel caso concreto, deve quindi descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla.

27 Gennaio 2025

Esclusione del socio e specificità della previsione statutaria

L’esclusione del socio è possibile solo in caso di inadempimento al versamento della quota di capitale da lui dovuta e all’esito del relativo procedimento (art. 2466 c.c.), salvo che lo statuto preveda specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa, dettagliando le condotte sanzionabili. La clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio, proprio per questa esigenza di consentire la verifica puntuale della ricorrenza della causa di esclusione nel caso concreto, deve quindi descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla. Per giusta causa di esclusione deve intendersi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.

20 Gennaio 2025

Delibera già eseguita e limiti operativi della tutela cautelare di cui all’art. 2378 c.c.

Lo strumento processuale di cui all’art. 2378, 3° e 4° comma, cc ha ad oggetto una tutela cautelare tipica, volta a paralizzare l’esecuzione della deliberazione impugnata, e costituisce un rimedio che per sua natura è distinto da quello, successivo, avente ad oggetto la caducazione della delibera stessa. La ratio della cautela prevista dall’art. 2378 cc è dunque quella di impedire che la delibera produca ulteriori effetti pregiudizievoli nell’attesa del giudizio di merito, e di assicurare che l’eventuale accoglimento della domanda non venga reso inutile dagli eventi che possono continuare a prodursi anche dopo l’impugnazione.

La tutela cautelare di cui all’art. 2378 cc trova applicazione non solo alle delibere che non sono ancora state eseguite, ma anche alle deliberazioni la cui esecuzione, pur avvenuta, continui ad esplicare effetti giuridici sull’organizzazione societaria, e quindi alle deliberazioni – quali la nomina dell’organo amministrativo o l’approvazione del bilancio – che, pur non abbisognevoli in senso proprio di atti esecutivi, o già iscritte presso il Registro delle Imprese con piena efficacia ed opponibilità nei confronti dei terzi, siano tuttavia suscettibili di esplicare i loro effetti pregiudizievoli per tutto il tempo in cui la situazione dalle stesse creata è destinata a perdurare. Tale impostazione si riferisce tuttavia alle deliberazioni per le quali non possa dirsi concretata una irreversibilità degli effetti, cioè le delibere suscettibili di dispiegare efficacia in modo continuativo. L’esaurimento degli effetti della deliberazione impugnata costituisce dunque il limite oltre il quale il provvedimento di sospensione non è più ammissibile, poiché l’adozione del provvedimento cautelare successivamente a tale momento non inciderebbe sugli effetti della deliberazione impugnata, ma ne integrerebbe una rimozione anticipata, che può discendere solo dalla pronuncia di merito, dalla quale possono derivare gli ulteriori effetti ripristinatori di cui all’art. 2377 cc, comma 7, e, eventualmente, anche gli effetti a cascata aventi ad oggetto la caducazione gli atti giuridici o negoziali posti in essere in esecuzione della deliberazione impugnata, ossia di effetti propri della sentenza costitutiva ex art. 2908 cc, che non possono discendere dalla sola sospensione cautelare della deliberazione.

Qualora la deliberazione abbia prodotto i suoi effetti, non è escluso il ricorso ad ulteriori rimedi cautelari, volti a paralizzare non tanto l’efficacia della deliberazione, ma gli effetti materiali dei negozi giuridici che costituiscono atti esecutivi della deliberazione e che potrebbero essere travolti dall’efficacia ripristinatoria della pronuncia di merito, non ravvisandosi dunque una concreta compressione del diritto di difesa costituzionalmente orientato ex art. 24 Cost , che viene appunto garantito dalla possibilità di aggredire gi atti esecutivi della delibera stessa utilizzando gli strumenti all’uopo riconosciuti dall’ordinamento processuale (quali, a titolo meramente esemplificativo, il sequestro giudiziario o la tutela cautelare ex art. 700 cpc).

7 Gennaio 2025

Invalidità della delibera di scioglimento della società per abuso della maggioranza

Il fondamento positivo della fattispecie concretante l’abuso della maggioranza sta nelle clausole generali di correttezza e buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto; il canone della buona fede rileva come limite esterno all’esercizio del diritto di voto nel senso che il socio può liberamente esercitare le sue scelte per il soddisfacimento dei suoi interessi individuali con il limite dell’altrui potenziale danno accompagnato da un esercizio di voto fraudolento ovvero ingiustificato.
La stessa disciplina legale del fenomeno societario consente a che la maggioranza dei soci ponga fine all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione e, in applicazione del principio di buona fede in senso oggettivo al quale deve essere improntata anche l’esecuzione del contratto di società, il socio di maggioranza può esercitare liberamente e legittimamente il diritto di voto per il perseguimento di un proprio interesse fino al limite esterno dell’altrui potenziale danno. L’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è, quindi, causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione (nel caso di specie si deduce il diritto di partecipare alla gestione della società) e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza “uti singuli”.
Va tenuto presente che la società non è portatrice di un interesse alla prosecuzione della sua attività di impresa e che rientra tra gli interessi dedotti nel contratto di società anche quello di scioglimento anticipato ex art 2484 n. 6) c.c., quindi può individuarsi in questa fattispecie l’ipotesi dell’abuso se la decisione è stata assunta con lo scopo e l’intendo esclusivo di danneggiare il socio di minoranza.
Ciò posto, risulta evidente come resti preclusa ogni possibilità di valutazione dei motivi che abbiano indotto la maggioranza alla votazione della delibera di scioglimento anticipato della società, essendo insindacabili le esigenze personali, individuali del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione, se si esclude quell’esercizio “ingiustificato” ovvero “fraudolento” del potere di voto ad opera dei soci maggioritari posto come limite esterno al voto.

23 Dicembre 2024

Abuso del socio di maggioranza in società in liquidazione

La decisione di ripianare le perdite di una società in liquidazione e ricostituire il capitale sociale, imponendo al socio di minoranza di scegliere tra un esborso di denaro in una società non più produttiva di utili e l’abbandono della stessa, può configurare un abuso del diritto da parte del socio di maggioranza; ciò si verifica in particolare quando tale decisione è basata su una situazione patrimoniale non veritiera e volta a danneggiare il socio di minoranza, costringendolo a uscire dalla compagine sociale.

L’interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento ex art. 2944 cc è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, dell’inequivocità, della esternazione e della recettizietà. Il riconoscimento del diritto non può fondarsi su atti interni alla società come la contabilità, in quanto il bilancio non è fornito di quel carattere specificatorio necessario per integrare una manifestazione di consapevolezza idonea alla ricognizione del singolo debito.

31 Ottobre 2024

Delibere consiliari delle società di mutuo soccorso

Alle delibere dell’organo amministrativo delle società di mutuo soccorso sono applicabili le disposizioni dettate per i consigli di amministrazione delle società cooperative, che ad esse sono strutturalmente assimilabili.

22 Ottobre 2024

Nulla la delibera del consiglio di amministrazione che disponga lo scioglimento dell’organo amministrativo

Il legislatore prevede un sistema chiuso di cause di cessazione dalla carica di amministratore, sul quale l’autonomia statutaria può intervenire limitatamente.

La rinunzia alla carica di amministratore ha pacificamente natura di dichiarazione unilaterale recettizia e personale e non può formare oggetto di una deliberazione che, al contrario, costituisce espressione di un organo collegiale.

La delibera che, abbia ad oggetto l’“autoscioglimento” del Consiglio di Amministrazione votata dalla maggioranza dei suoi membri deve ritenersi contraria al sistema previsto dal legislatore finalizzato a garantire l’operatività costante dell’organo a cui è affidata in via esclusiva la gestione della società e a cui spetta di compiere le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale; essa è pertanto invalida.

19 Agosto 2024

Conferimento dell’azienda in una subholding e competenza consiliare

Il concetto di “esecuzione” richiamato dall’art. 2378 c.c. non si riferisce soltanto ad una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, ma ad una più ampia condizione di efficacia della deliberazione, così che è possibile disporre la sospensione della deliberazione se la sua esecuzione materiale risulti compiuta, purché essa continui a produrre perdurante efficacia rispetto all’organizzazione sociale in via non già di riflesso, ma di diretta incidenza sul funzionamento degli organi dell’ente. Non è suscettibile di sospensione, perchè priva di effetti diretti nell’organizzazione, nei rapporti tra soci o verso i terzi (spiegando solo rilevanza puramente esterna), la delibera consiliare con cui sia stata deliberata all’unanimità dei consiglieri la costituzione di una nuova società subholding mediante conferimento delle azioni rappresentanti il 100% del capitale sociale.

La misura cautelare sospensiva dell’esecuzione di una delibera assembleare non può anticipare gli effetti della sentenza di annullamento, che si producono solo con il passaggio in giudicato della stessa, ma può impedire che, dal momento della sua pronuncia, l’atto impugnato possa produrre ulteriori effetti di fatto o di diritto non più eliminabili ex post.

Impugnazione delle delibere assembleari: profili processuali

Nei giudizi di impugnazione avverso delibere assembleari, legittimata passiva è esclusivamente la società, alla quale è soggettivamente imputata la manifestazione di volontà espressa dall’assemblea dei soci, mentre i soci non impugnanti devono sottostare agli effetti della sentenza di annullamento della delibera. L’azione di impugnazione della delibera di una società di capitali può essere proposta nei confronti della sola società e non già nei confronti degli altri soci non impugnanti che hanno votato favorevolmente, i quali possono tuttavia dispiegare intervento adesivo delle ragioni della società.

Il concetto di sospensione dell’esecuzione della deliberazione, di cui all’art. 2378 c.c., richiamato dall’art. 2479 c.c., deve essere interpretato come riferito alla sospensione dell’efficacia della delibera, dovendosi pertanto intendere che possano essere oggetto di sospensione cautelare anche le deliberazioni che siano già state eseguire, ma i cui effetti si protraggano nel tempo, pregiudicano i diritti dei soci assenti o dissenzienti.

Gli effetti caducatori o ripristinatori della sentenza di annullamento della deliberazione assembleare, di natura costitutiva, si producono solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza stessa.

29 Giugno 2024

Abuso di maggioranza e conflitto di interessi nell’aumento del capitale mediante compensazione

Il conflitto di interessi implica una vera e propria incompatibilità fra l’interesse concreto della società e quello del socio, messo in gioco nell’esercizio del voto e non può ritenersi sussistente per il solo fatto che la maggioranza abbia dato corso a un aumento di capitale con “minimo sforzo economico” mediante compensazione con i crediti vantati dai soci stessi per i finanziamenti precedentemente effettuati in favore della società.

Rispetto all’abuso di maggioranza, va ricordato che il socio è pienamente libero di votare le delibere secondo la valutazione del suo proprio interesse, con il solo limite di non esercitare il voto secondo mala fede, ciò che avviene quando il voto è esercitato con il solo scopo di danneggiare gli altri soci, senza che vi sia alcun legittimo interesse proprio. In tale contesto, l’interesse della società, spesso di difficile individuazione, rimane sullo sfondo: ma nella materia dell’aumento di capitale plurimi indici normativi favorevoli agli aumenti (anche della disciplina transitoria del periodo Covid) spingono a considerare l’aumento di capitale tendenzialmente come fatto che risponde sempre all’interesse della società.

Se anche l’aumento è ottenuto mediante liberazione da debiti, senza iniezione di capitale, ciò è sempre di vantaggio della società, che vede anche aumentare il patrimonio netto. Quando si tratta di convertire in capitale delle pregresse effettive iniezioni di liquidità dei soci, non si fa che dare risposta a quella esigenza, normativamente tutelata anche mediante la disciplina della postergazione, secondo la quale le necessità della società vanno sovvenute dai soci mediante aumento di capitale.

L’art. 2467 c.c., stabilendo che siano postergati i finanziamenti soci che siano fatti quando sarebbe invece opportuno un conferimento, non stabilisce una regola sterile e meramente punitiva per il socio, ma sottende la regola dell’obbligo del socio di aumentare il capitale, quando ciò è necessario, se vuole che il programma societario proceda.