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5 Gennaio 2023

Distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia (garantievertrag)

Una mera clausola di pagamento a prima richiesta non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita. Per poter configurare un negozio come contratto autonomo di garanzia, è necessario che dal contratto emerga la volontà dei contraenti di rendere autonoma la garanzia, imponendo al garante non solo di pagare immediatamente, ma anche di non sollevare in modo assoluto – anche in un secondo momento – eccezioni. Sebbene l’inserimento dell’inciso “a semplice richiesta” possa, in astratto, essere un indice della volontà delle parti di elidere il nesso di accessorietà tipico della fideiussione, al fine di operare una più corretta qualificazione giuridica dell’impegno assunto dal garante è necessario esaminare l’intero contesto delle pattuizioni contrattuali. In tal senso, quindi assumono rilevanza le ulteriori clausole previste nella fideiussione.

È incompatibile con un contratto autonomo una garanzia che non predetermini in maniera precisa l’oggetto della prestazione del garante, ma lo individui in relazione al debito del debitore principale (limitatamente all’importo massimo garantito), che può variare nel tempo: l’autonomia dell’obbligazione di garanzia rispetto all’obbligazione del garantito, che vale ad escludere la sua accessorietà e la possibilità di proporre le eccezioni del debitore principale, richiede la sussistenza di un contratto (anziché un atto unilaterale di prestazione di garanzia) e la predeterminazione della somma di denaro che il garante in via autonoma si obbliga a corrispondere, in via sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. Tale contenuto, che risponde al requisito di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.), richiesto a pena di nullità (art. 1418, co. 2, c.c.), non si rinviene esattamente nella fideiussione omnibus che indica solo l’importo massimo garantito e che comporta, da parte del garante, l’impossibilità di conoscere preventivamente la prestazione che si obbliga ad effettuare a semplice richiesta. Una garanzia personale che indica un importo massimo garantito – e la prestazione alla quale sarà tenuto il garante non ha alcun carattere di autonomia rispetto all’obbligazione principale, dalla quale dipende il quantum garantito – può qualificarsi solo come fideiussione per obbligazioni future.

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3 della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. Dunque, le polizze fideiussorie sono nulle limitatamente alle clausole riproduttive dello schema ABI in violazione della normativa antitrust, non estendendosi all’intero contratto di garanzia che conserva la propria validità e causa concreta.

In ordine al profilo probatorio deve ritenersi che, in tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287/90, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca di Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della L. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Invece, in assenza di alcun provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM), che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art. 2, co. 2, lettera a) della L. n.287/1990, relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione a valere come prova c.d. privilegiata, l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita, all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione, grava interamente sulla parte che chiede l’accertamento della nullità della fideiussione, per asserita violazione della normativa antitrust.

18 Dicembre 2019

L’efficacia probatoria privilegiata del provvedimento dell’AGCM

Nel processo civile, il provvedimento definitivo dell’AGCM riveste efficacia probatoria privilegiata rispetto all’accertamento della ritenuta violazione antitrust. Agli ordinari criteri di riparto soggiace invece la prova degli altri elementi costitutivi dell’illecito anticoncorrenziale. In particolare, il nesso di causalità non può essere desunto da una mera evidenza statistica: la frequenza dell’evento in un campione rappresentativo riveste un ruolo indiziario, da valutare unitamente alle altre risultanze del compendio probatorio.

15 Marzo 2018

Responsabilità per illecito antitrust: prescrizione e azione di seguito

Appartengo alla giurisdizione del Giudice ordinario ed in particolare alla sezione specializzata in materia d’Impresa quelle domande di risarcimento del danno cagionato dalla violazione della normativa antitrust dell’unione Europea e di quella nazionale, nonché quelle domande di risarcimento di natura contrattuale attinenti alla pretesa violazione di norme imperative e degli obblighi di buona fede e di protezione dell’altro contraente. [ LEGGI TUTTO ]

16 Febbraio 2018

Valore probatorio delle sanzioni antitrust nel giudizio civile

Nell’ambito del giudizio civile instauratosi successivamente all’irrogazione di una sanzione da parte dell’AGCM per violazione della disciplina a tutela delle concorrenza (fattispecie di abuso di posizione dominante) la delibera assunta dall’AGCM, nonché le decisioni di conferma o riforma dei giudici amministrativi, costituiscono, in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano e agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata. Tale efficacia probatoria deve intendersi limitata all’accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come abuso di posizione dominante, senza dunque estendersi altresì anche all’accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.).

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