hai cercato per: Annamasi
Annamasi

Annamasi

Dottoranda di ricerca in diritto commerciale e dell'economia, presso l'Università di Roma "La Sapienza"

Delibera negativa e abuso o eccesso di potere

Deve ritenersi senz'altro ammissibile l'impugnazione della delibera a contenuto negativo. Ove il giudice accolga l'impugnazione, dovrà emettere una sentenza che assicuri la c.d. tutela reale in presenza della relativa domanda, con accertamento della diversa deliberazione, frutto di una volontà non viziata. Ai sensi dell'art. 2479 ter, comma 2, rileva il solo conflitto tra l'interesse della società e quello perseguito dal socio, il cui voto è stato determinante per l'adozione della delibera, e non la situazione di conflitto tra i vari soci che possono avere degli interessi diversi e che devono essere liberi di esprimere il proprio voto a vantaggio della propria posizione personale. Il conflitto di interessi, in particolare, è un vizio rilevante per l'annullamento di una delibera assembleare solo qualora la scelta del voto sia stata adottata per conseguire interessi extrasociali e, quindi, in danno della società. L'abuso o eccesso di potere è causa di annullamento o di invalidità delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non trovi alcuna giustificazione nell'interesse della società e costituisca una deviazione dell'atto dallo scopo economico-pratico del contratto per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico rispetto a quello sociale ovvero quando costituisca il portato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli. L'attore, in questo caso, ha l'onere di allegare i c.d. sintomi di illiceità della delibera e di dimostrare che i comportamenti del socio di maggioranza siano rispondenti ad un esercizio fraudolento del diritto di voto ovvero nella compressione degli altrui diritti in assenza di apprezzabile interesse del votante, non potendo essere considerata abusiva la mera valutazione discrezionale – da parte del medesimo socio di maggioranza – dei propri interessi. [ Continua ]

Efficacia del recesso in caso di delibera legittimante il medesimo sottoposta a condizione

Il credito al rimborso di un finanziamento erogato da un socio diviene esigibile a fronte dell'estinzione del rapporto sociale. Nel caso di estinzione del rapporto a titolo di recesso, esso presuppone l'efficacia del recesso che, in caso di delibera sottoposta a condizione risolutiva, è parimenti subordinato, in via derivata, alla stessa condizione, non potendosi ammettere un recesso giustificato da modifiche statutarie e di status mai avvenute. Parimenti, le ipotesi di inefficacia previste dall’art. 2437-bis CC riguardino il recesso comunicato in conseguenza di delibere valide ed efficaci. In caso di avveramento dell'anzidetta condizione, deve, dunque, escludersi l'efficacia del recesso e l'esigibilità del credito alla restituzione del finanziamento. [ Continua ]
30 Maggio 2025

Quota di s.r.l. in comproprietà: tra revoca del rappresentante ed esercizio dei diritti sociali

In caso di quota di s.r.l. in comproprietà, l'esercizio dei diritti sociali compete, ai sensi dell'art. 2468, 5 comma c.c., al rappresentante comune che agisce come mandatario. In particolare, dalla sua investitura derivano due rapporti, l'uno interno, tra comproprietari e rappresentante e l'altro, esterno, tra rappresentante e società, con l'applicazione dei principi generali in tema di mandato. Ne deriva che la violazione, da parte del rappresentante, delle istruzioni impartitegli dal rappresentato sarà, da un lato, inopponibile alla società, ma, dall'altro, può essere fonte di responsabilità sulla base del rapporto di mandato. La disposizione dell'art. 2468, 5 comma c.c., contempla un'ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario questo del principio di indivisibilità della quota e dell'azione di cui all'art. 2437 c.c. che, nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comune, la unitarietà nell'esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall'altro, di garantire certezza e stabilità alle delibere assunte, correttamente approvate. Ne discende la mancanza di legittimazione all'impugnativa di una delibera assembleare in capo al singolo socio in fattispecie di comproprietà, pro-indiviso, di quote di partecipazione al capitale di s.r.l.   [ Continua ]

Ripartizione di acconti sul risultato di liquidazione: responsabilità del liquidatore e del socio

Indipendentemente da una preventiva delibera assembleare in senso lato autorizzativa, sussiste la responsabilità del liquidatore che, in spregio all'art. 2491 c.c., provvede, a fronte dell'indisponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori sociali, alla ripartizione tra i soci di acconti sul risultato della liquidazione sotto forma di distribuzione di utili che, quand'anche attinenti all'esercizio antecedente alla messa in liquidazione della società, costituiscono una parte dell'attivo che avrebbe determinato il risultato della liquidazione e  ne rappresentano un acconto. Il disposto dell’art. 2495 c.c. nella parte in cui afferma che "dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione" deve essere inteso come comprensivo delle somme che i soci hanno ricevuto a titolo di acconto, proprio perché l’acconto è solo l’anticipazione di quanto (eventualmente) dovuto in base al bilancio finale; e indipendentemente dal fatto che le somme siano state erogate dal liquidatore di sua iniziativa o, come nel caso in esame, in esecuzione di una delibera assembleare. Una volta sorte le condizioni che ai sensi dell'art. 2467 c.c. rendono un credito postergato, il medesimo mantiene questo suo carattere fino a quando la situazione di sottocapitalizzazione non è superata dal conseguimento di quei vantaggi economici che l’operazione, in funzione della quale è stato elargito il finanziamento sociale, mirava a ottenere. All'uopo non può dedursi l’avvenuto superamento delle condizioni della postergazione dal fatto che la maggior parte dei debiti sociali è rappresentata proprio da quelli verso i soci. Infatti, le condizioni determinanti la postergazione vanno valutate in rapporto all’insieme dei debiti, non solo a quelli verso creditori “esterni”, perché, una volta pagati questi, i debiti verso i soci dovranno essere estinti secondo le regole interne – in particolare, quella del rimborso proporzionale a tutti – e non premiando un socio a discapito degli altri. [ Continua ]
18 Aprile 2025

Revoca e esclusione dell’amministratore socio d’opera

La giusta causa di revoca dell'amministratore di società di persone sussiste nel caso di situazioni sopravvenute (provocate o meno dall'amministratore stesso) che minino il pactum fiduciae, elidendo l'affidamento inizialmente riposto sull'idoneità dell'organo di gestione  o nel caso di violazioni di obblighi di lealtà, correttezza e di diligenza da parte dell'amministratore, che incidano negativamente sul carattere fiduciario del rapporto o rendano impossibile l'assolvimento del mandato, anche se in considerazione di circostanze obiettive ed estranee alla persona del revocato. Ad ogni modo, non deve necessariamente trattarsi di un grave inadempimento, fermo restando l’esigenza di situazioni sopravvenute che minino irrimediabilmente il rapporto fiduciario che deve intercorrere tra amministratore e società amministrata, non consentendone neppure in via provvisoria l’esecuzione. Nel rifiuto del socio di prestare consenso alla modifica dell'atto costitutivo non può ravvisarsi un grave inadempimento degli obblighi sociali che legittimi l'esclusione del socio. Nella locuzione di “amministratore nominato con contratto sociale” di cui all’art. 2259 c.c. può farsi rientrare anche il socio amministratore nominato con l’atto, pur successivo a quello di originaria costituzione della società, con cui egli è entrato a far parte della compagine sociale. Anche in tale caso, infatti, tale atto realizza nei confronti del nuovo socio amministratore un contratto sociale, necessitando l’integrazione della compagine sociale dell’accettazione da parte di tutti i soci. La revoca della facoltà di amministrare non risulta assimilabile alla nozione di sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita ex art. 2286, 2 comma c.c.. La revoca dell’amministratore e l’esclusione del socio costituiscono situazioni distinte, legate a presupposti non necessariamente coincidenti. Quanto all’ipotesi di esclusione del socio per sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita, essa necessita la ricorrenza di cause oggettive che precludano in modo definitivo la prestazione d’opera. [ Continua ]
6 Settembre 2024

Esclusione del socio da una società cooperativa a proprietà indivisa

Lo scopo di una cooperativa a proprietà indivisa, la cui normativa di riferimento si rinviene nella l. n. 179/1992, è quello di ottenere, nell'ambito dell'oggetto sociale e tramite la gestione in forma associativa, a condizioni possibilmente migliori rispetto a quelle raggiungibili sul mercato, il soddisfacimento dei propri bisogni abitativi mediante l'assegnazione in godimento di unità immobiliari e il presupposto è quello di acquisizione dello status di socio. In una cooperativa a proprietà indivisa, il mancato rispetto degli obblighi di cui allo statuto, come richiamati nel verbale di assegnazione dell'alloggio in godimento, legittima la delibera di esclusione del socio e comporta la decadenza dall'assegnazione in godimento dell'immobile sociale, essendo il presupposto per l'assegnazione lo status di socio della cooperativa. [ Continua ]

Delibera sostitutiva di delibera invalida: effetti

La ratio dell'art. 2377 c.c. è quella di far salve le situazioni di fatto ed i diritti acquisiti medio tempore in forza di una deliberazione invalida, poi sostituita ed emendata da una valida; la norma in esame non trova invece applicazione laddove la società si sia limitata a revocare la precedente deliberazione impugnata e ad adottarne un'altra di tenore non coincidente; invero l'assemblea, nella sua autonomia, può revocare una precedente deliberazione, purché non ne siano coinvolti diritti di terzi o diritti ormai acquisiti dai soci, e adottarne una nuova, con la conseguenza che nessun effetto è più prodotto dalla deliberazione revocata ma solo da quella nuova, a partire dalla sua adozione. In tale seconda ipotesi, quando, cioè, nessun diritto è stato acquisito da soci o terzi in forza della delibera invalida, questa, una volta sostituita da altra, è tamquam non esset e il suo annullamento non può rispondere ad alcun interesse apprezzabile – a meno che anche la delibera sostitutiva sia viziata, ma, in tal caso, occorre che la domanda di annullamento o dichiarazione di nullità sia principalmente diretta contro questa seconda deliberazione, perché solo a seguito del suo accoglimento potrebbe tornare attuale, insieme con la delibera originaria, l’interesse a coltivarne l’impugnazione. [ Continua ]