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Monica Laforgia

Monica Laforgia

Avvocato in Bologna - Studio Legale Associato Demuro Russo

25 Giugno 2025

Azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. nei confronti dell’amministratore: natura e presupposti dell’azione e criteri di quantificazione del danno

L'azione di responsabilità esperita dalla curatela fallimentare ai sensi dell’art. 146 L.F. cumula inscindibilmente i presupposti e gli scopi sia dell'azione sociale di responsabilità ex artt. 2392 e 2393 C.C. – che si ricollegano alla violazione da parte degli amministratori di specifici obblighi di derivazione legale o pattizia che si siano tradotti in pregiudizio per il patrimonio sociale -, che dell'azione spettante ai creditori sociali ex art. 2934 C.C., - tendente alla reintegrazione del patrimonio sociale diminuito dall'inosservanza degli obblighi facenti capo all'amministratore -. Per effetto del fallimento di una società di capitali, le (diverse) fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2392 e 2394 codice civile confluiscono in un'unica azione, dal carattere unitario ed inscindibile, all'esercizio della quale è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento, che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità (contrattuale) di questi verso la società (art. 2392 codice civile), quanto a quelli della responsabilità (extracontrattuale) verso i creditori sociali (art. 2394) ”). A tal uopo detta azione presuppone il concorso di tre indefettibili condizioni: a) la violazione dell’obbligo di adempiere (trattandosi di obbligazione di mezzi e non di risultato), con la necessaria diligenza dovuta dal mandatario, gli obblighi imposti dalla legge e dell’atto costitutivo a tutela della compagine sociale e dei creditori sociali ovvero la violazione di obblighi e doveri generali – id est diligenza, vigilanza, divieto di agire in conflitto d’interessi-; b) l’esistenza di un danno risarcibile; c) l’esistenza di un nesso causale che leghi secondo una valutazione oggettiva e socialmente adeguata di regolarità condizionante il detto danno ad un comportamento negligente posto in essere dagli amministratori. Per quanto attiene il primo dei presupposti ivi indicati, gli obblighi incombenti sugli amministratori a garanzia di una gestione diligente, regolare, corretta e disinteressata della società, possono essere suddivisi in obblighi aventi contenuto specifico (sì come determinati dalla legge o dall’atto costitutivo) ed obblighi a contenuto generico (stante il rinvio all’obbligo incombente sul mandatario di gestire la società secondo criteri di diligenza ed in assenza di conflitto di interessi), entrambi poi trovando una loro peculiare caratterizzazione in relazione all’oggetto ed alle finalità che li connotino (ovvero del se siano relativi a norme poste a garanzia dell’integrità del capitale sociale, del corretto funzionamento degli organi sociali, della trasparenza gestionale, dell’osservanza della normativa sulla documentazione sociale, e segnatamente contabile, dell’osservanza dell’obbligo di fedeltà). Poiché non tutti gli inadempimenti degli amministratori ai doverosi comportamenti su indicati sono fonte di danno, per l'individuazione in tali ipotesi di un danno risarcibile, occorre un ulteriore passaggio logicogiuridico, rappresentato dai successivi comportamenti rivelatisi concretamente pregiudizievoli, consentiti o indotti dalla falsa rappresentazione contabile ovvero dalla situazione di conflitto d'interessi. Esistono, di contro, comportamenti, integranti violazione di specifici obblighi, immediatamente produttivi di un danno chiaramente individuabile, come la distrazione e la sottrazione di beni, l'omissione di adempimenti tributari e previdenziali, importanti a carico della società oneri, altrimenti non dovuti, a titolo di sanzioni e pene pecuniarie. Soltanto nelle ipotesi specifiche da ultimo riferite (delle quali è stata offerta una casistica evidentemente esemplificativa) ricorre una fattispecie dannosa, integrata da condotte d'inadempimento ad obblighi chiaramente individuati causalmente correlate, secondo un vincolo di derivazione diretto ed immediato, a perdite patrimoniali della società: ciò che appunto consente la delimitazione di un'area di risarcibilità del danno. I casi indicati per primi invece – si pensi alle cd. violazioni formali imputabili agli amministratori, in special modo nella redazione del bilancio o nella tenuta della contabilità, - investono di sé il problematico profilo della sussistenza del nesso di causalità tra l'atto di mala gestio e il danno ed, ancora prima l’individuazione della stessa nozione di danno risarcibile. In applicazione degli ordinari canoni probatori che sovraintendono il processo civile, graverà sull’istante Curatela attrice l’onere di provare - giusta l’art. 2697 c.c. - la violazione dei doveri e degli obblighi di derivazione pattizia o legale legati alla assunzione dell’incarico da parte dell’amministratore sia l’esistenza di specifiche e determinate voci di danno eziologicamente riconducibili alla inosservanza dei suddetti obblighi e doveri. Per quanto concerne la quantificazione dei danni, la giurisprudenza consente di ricorrere a criteri presuntivi, e in particolare alla determinazione del danno in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., utilizzando il criterio della differenza dei netti patrimoniali nell’ipotesi in cui non sia possibile ricostruire con certezza le vicende che hanno determinato il dissesto e le singole operazioni dannose. Invero l’applicazione del criterio della differenza dei netti patrimoniali richiede la presenza di due condizioni: (i) la corretta individuazione del primo termine di paragone, ossia il bilancio a partire dal quale la società risulta aver perso il capitale con conseguente obbligo per gli amministratori di convocazione dell’assemblea dei soci ai fini della messa in liquidazione della società medesima. Tale bilancio, per essere comparabile a quello finale e per evitare che all’agente siano imputati danni legati alla mera variazione dei criteri valutativi (di regola da quelli di continuità a quelli liquidatori), deve essere rettificato alla luce dei criteri di redazione di un bilancio di liquidazione (secondo il principio contabile OIC 5). Esso deve essere, quindi, depurato di tutte quelle componenti che si giustificano solo in una prospettiva di continuità aziendale. In alternativa, occorre non applicare i criteri liquidatori alla situazione patrimoniale finale, così che le situazioni patrimoniali durante tutto l’arco temporale considerato siano omogenee. (ii) Quanto al secondo termine di paragone, esso coincide con la realizzazione del comportamento doveroso richiesto dalla legge ovvero con la messa in liquidazione o, se questa manca, con la dichiarazione di fallimento. Successivamente, occorrerà escludere dalla perdita incrementale “pura” eventualmente individuata quelle componenti negative costituite da costi ineliminabili e/o non imputabili che la società avrebbe sostenuto anche nel caso di tempestiva interruzione dell’attività (quindi in fase di liquidazione), qualora gli organi ritenuti responsabili avessero adempiuto ai propri obblighi. L'accertatamento della responsabilità dell'amministratore e la conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni causati alla società fallita e ai creditori sociali nell'ambito della propria attività gestoria, in favore della curatela, genera un debito di valore sicché l'importo liquidato è soggetto a rivalutazione monetaria e sono dovuti gli interessi al tasso legale con decorrenza dalla dichiarazione di fallimento; infatti, la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nella condizione in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa, con la conseguenza che le due misure sono giuridicamente compatibili e che, pertanto, sulla somma risultante dalla rivalutazione debbono essere corrisposti gli interessi, il cui calcolo va effettuato con riferimento ai singoli momenti in relazione ai quali la somma s'incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio. 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25 Aprile 2025

Azione revocatoria ordinaria: il requisito della scientia damni

In tema di azione revocatoria ordinaria degli atti a titolo gratuito (nella specie negozio costitutivo di fondo patrimoniale), il requisito della "scientia damni" richiesto dall'art. 2901, comma 1, n. 1), c.c. si risolve, non già nella consapevolezza dell'insolvenza del debitore, ma nella semplice conoscenza del danno che ragionevolmente può derivare alle ragioni creditorie dal compimento dell'atto. [ Continua ]
22 Aprile 2025

Preliminare di compravendita quote: autonomia contrattuale e avveramento della condizione risolutiva

Nel caso di sopravvenuta inefficacia del contratto per avveramento della condizione risolutiva, l'autonomia contrattuale può derogare all'applicazione, in via generale, delle norme relative all’indebito giusta il combinato disposto degli articoli 1353 e 1360 c.c. [nel caso di specie, il Tribunale ha reputato legittima la previsione, per tale ipotesi, della restituzione del doppio degli importi convenuti a titolo di caparra]. Proposta domanda di ripetizione di indebito, l'attore ha l'onere di provare l'inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dall'attore la dimostrazione dell'inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra solvens e accipiens. [ Continua ]
11 Gennaio 2025

Onere della prova del creditore nell’opposizione alla scissione

Il fondamento dell’opposizione alla scissione è da ravvisare nel rischio che il compimento dell’operazione possa pregiudicare le ragioni dei creditori, rendendo probabile il mancato o ritardato soddisfacimento delle relative pretese. Attesa la natura dell'operazione, non basta al creditore dedurre genericamente una riduzione della garanzia patrimoniale, dovendo piuttosto egli fornire elementi idonei a sostenere l’esistenza di un effettiva probabilità che l’operazione – anche alla luce di una valutazione complessiva delle caratteristiche e degli effetti della stessa su un piano patrimoniale, economico e finanziario – possa arrecare un pregiudizio, non necessariamente attuale ma anche solo potenziale, al soddisfacimento del proprio credito. Tale rischio deve essere valutato considerando che il creditore opponente è creditore della società scindenda, quindi valutando, da un lato, le possibilità di soddisfacimento del credito avendo come riferimento le garanzie economico-patrimoniali che offre tale società prima ed indipendentemente dalla scissione e, dall’altro, le garanzie che offrirebbe, dopo la scissione, la società che rimarrebbe (la scissa) o diverrebbe (la beneficiaria) debitrice.

Ne consegue che colui che si avvale dello strumento dell’opposizione alla scissione deve, pertanto, provare innanzitutto di essere titolare già al momento dell’iscrizione o pubblicazione del progetto di scissione di un credito, anche litigioso o non scaduto né liquido, verso la società scindenda e poi che, dal raffronto tra la consistenza del patrimonio e le prospettive reddituali della società prima dell’operazione e quelle successive emerga la probabile insufficienza delle risorse disponibili a far fronte al complesso dei debiti sociali pregressi.

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20 Giugno 2024

Simulazione del prezzo in un contratto di cessione di partecipazioni

In ossequio alla regola di cui all’art. 1417 c.c., le regole probatorie richiedono alle parti, qualora vogliano sostenere il contenuto simulatorio di un atto, in mancanza di allegazione dell’illeceità del negozio dissimulato, una controdichiarazione scritta che ne accerti la reale natura, non essendo allo scopo sufficienti né prove orali né argomenti di prova presuntivi. I diversi finanziamenti soci effettuati a favore della società fallita non possono giustificare a valle, mediante compensazione, il mancato pagamento di un debito personale tra soci, pur relativo all’acquisizione delle quote sociali. Non vi sono ostacoli giuridici alla scelta delle parti di creare volontariamente un vincolo solidale, purché sussista un nesso di cointeressenza tra le diverse posizioni dei condebitori, tutte funzionali a realizzare il medesimo interesse creditorio: la solidarietà in tali casi sopravviene, in virtù di scelta volontaria, ad un’obbligazione già esistente che non sia solidale. [ Continua ]
20 Agosto 2024

Non sono compromettibili in arbitri le controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili

Il criterio distintivo tra diritti disponibili e indisponibili al fine dell'accertamento della possibilità di devolvere una controversia ad arbitri si fonda sull’incidenza o meno della stessa controversi non solo sui diritti dei soci, ma anche su di quelli di terzi, dovendosi in tal ultimo caso parlare di diritti indisponibili mentre nel primo caso di diritti disponibili. In caso di diritti disponibili l’interesse coinvolto è, pertanto, meramente privatistico, ovvero riferito ai componenti la sola compagine sociale, mentre nel caso di diritti indisponibili l’interesse coinvolto è di tipo pubblico, ovvero coinvolgente anche l’interesse dei terzi estranei alla compagine sociale, anche in ragione di violazione di norme imperative.

Le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono inderogabili in quanto la loro violazione determina una reazione dell’ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti e rende illecita, e quindi nulla, la delibera di approvazione. Ne consegue che non è compromettibile in arbitri la controversia relativa alla validità della delibera di approvazione del bilancio.

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società, le quali sono nulle in relazione all’oggetto (illecito o impossibile) per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, venendo in rilievo norme non solo imperative, ma dettate a tutela, oltre che dell’interesse dei singoli soci, dell’interesse collettivo dei soci e di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, e quindi riguardanti diritti indisponibili. Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della deliberazione di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale di cui all'art. 2447 c.c., per violazione delle norme sulla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2446 c.c., vertendo tale controversia, al pari dell'impugnativa della delibera di approvazione del bilancio per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, su diritti indisponibili, essendo le regole dettate dagli artt. 2446 e 2447 c.c. strumentali alla tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche dei terzi. Legittimazione attiva e interesse ad agire, in quanto condizioni dell’azione, devono essere posseduti da chi agisce in giudizio tanto al momento della proposizione della domanda quanto al momento della decisione. Il potere-dovere del giudice di decidere il merito della controversia dipende infatti, oltre che dalla legittimazione, dalla sussistenza di un interesse concreto e attuale in capo all’attore, in difetto del quale la domanda deve essere dichiarata inammissibile. Il difetto della qualità di socio in capo all'attore al momento della proposizione della domanda, o a quello della decisione della controversia, esclude di regola la sussistenza in lui dell'interesse ad agire per evitare la lesione attuale di un proprio diritto e per conseguire con il giudizio un risultato pratico giuridicamente apprezzabile. Tuttavia, all’ex socio devono essere riconosciuti legittimazione ed interesse ad impugnare la delibera in conseguenza della quale egli ha perso tale qualità. Infatti, la legittimazione viene riconosciuta eccezionalmente all’ex socio nel caso in cui il venir meno della qualità di socio sia diretta conseguenza della deliberazione la cui legittimità egli contesta: poiché in tal caso anche la stessa legittimazione dell'attore ad ulteriormente interferire con l'attività sociale sta o cade a seconda che la deliberazione impugnata risulti o meno legittima, sarebbe allora logicamente incongruo, e si porrebbe insanabilmente in contrasto con i principi enunciati dall'art. 24, co. 1, Cost. l'addurre come causa del difetto di legittimazione proprio quel fatto che l'attore assume essere contra legem e di cui vorrebbe vedere eliminati gli effetti. Il socio ha dritto a una chiara, corretta e veritiera rappresentazione di bilancio anche in caso di perdita del capitale sociale e di azzeramento del valore economico della singola partecipazione. [ Continua ]
18 Aprile 2024

Applicabilità della clausola compromissoria alla controversia sul valore di liquidazione della quota del socio receduto

La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società, sicché il socio, pur receduto, è dunque astretto dal vincolo compromissorio per tutto quanto attiene alle vicende sociali, trattandosi di conflitti che attengono comunque al sodalizio di impresa. La cessazione per qualunque causa del rapporto sociale non comporta l’inapplicabilità nei rapporti tra la società e l’ex socio della clausola arbitrale eventualmente contenuta nello statuto, la quale continua a spiegare i suoi effetti in ordine alle controversie aventi matrice nel contratto sociale, tra le quali devono essere ricompresi i conflitti nascenti dall’esercizio da parte del socio del diritto di recesso. La controversia attinente alla liquidazione della quota del socio receduto, sebbene sorta successivamente alla sua fuoriuscita dalla compagine sociale, ha ad oggetto un credito che ha la sua fonte nel contratto sociale ed è assoggettata all’efficacia della clausola compromissoria: si tratta, infatti, di contesa attinente alla vicenda estintiva del rapporto sociale rispetto al singolo contraente che, considerata nel suo complesso, a prescindere dall’immediata operatività dello scioglimento del vincolo, ricomprende anche la fase della liquidazione del valore della quota del socio receduto, esaurendosi solo con il pagamento della somma dovuta. [ Continua ]
20 Giugno 2024

Sull’invalidità dei contratti conclusi dall’ex amministratore in posizione di conflitto di interessi

Quando il preteso illecito consiste nell’aver tradito l’interesse del rappresentato da parte del rappresentante, avendo quest’ultimo agito infedelmente con la connivenza dell’altro contraente, il motivo dell'illiceità non può dirsi comune a entrambi i paciscendi. In questo caso, il motivo che ha supportato il rappresentante nella stipulazione non può farsi risalire alla parte rappresentata per l’evidente conflitto di interessi; ne consegue che la tutela rispetto a tale vizio è presidiata dall'ipotesi di cui all’art. 1394 c.c. e dal rimedio della annullabilità e non della nullità ex art. 1345 c.c. Anche in materia societaria il conflitto di interesse tra il rappresentante e il rappresentato trova tutela attraverso la categoria dell’annullamento (art. 2475 ter c.c.). Deve distinguersi il negozio in frode alla legge da quello in frode ai terzi. Il primo è quello che persegue una finalità vietata dall’ordinamento in quanto contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico e del buon costume o perché diretta a eludere una norma imperativa ed è nullo. Al contrario, non si rinviene nell’ordinamento una norma che stabilisca in via generale l’invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale. In tale categoria di contratti, rientra la fattispecie di frode posta in essere dal mandatario, il quale aliena beni del mandante contro l'interesse di quest’ultimo, o comunque per ragioni diverse da tale interesse (infedeltà patrimoniale). La nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza dell'oggetto o per incertezza nei fatti costitutivi della domanda, ai sensi dell'art. 164, co. 4, c.p.c. sussiste solo ove tali elementi siano del tutto omessi, oppure risultino assolutamente incerti e comunque inadeguati a tratteggiare l'azione, in quanto l'incertezza non sia marginale o superabile, ma investa l'intero contenuto dell'atto, posto che la lettura dell'art. 163 c.p.c. non può essere meramente formalistica. L’esigenza di adeguata determinazione dell’oggetto del giudizio, indispensabile garanzia dell’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa, è soddisfatta con l’identificazione dei fatti che concorrono a costituire gli elementi costitutivi della responsabilità al fine di consentire alla controparte di approntare tempestivi e completi mezzi difensivi. [ Continua ]
19 Aprile 2024

Imputazione a riserva degli utili e abuso di maggioranza

L’aspettativa alla distribuzione di utili discende dalla natura stessa del contratto di società, in cui l’esercizio in comune di un’attività economica è attuato precisamente allo scopo di dividerne gli utili, ai sensi dall’art. 2247 c.c.; tuttavia, la dichiarazione di abusività della delibera sulla distribuzione degli utili costituisce una extrema ratio nell’ambito del sistema societario, pena la pretermissione del metodo maggioritario, che del primo rappresenta architrave fondante. L’interesse del socio di società di capitali alla distribuzione di utili deve infatti essere contemperato con l’interesse della società, i cui organi sono liberi di decidere in merito alle scelte fondamentali della vita sociale, qual è la destinazione dei profitti rinvenienti dall’attività caratteristica. Il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di società impone di sanzionare con l’annullamento la delibera che sia priva di una qualsiasi utilità per la società e che contestualmente arrechi un danno al socio di minoranza, in assenza di una ragione giustificatrice, segno dell’intento deliberato dei soci di maggioranza di ledere i diritti degli altri soci. [ Continua ]