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L’azione individuale del socio e del terzo nel fallimento: natura dell’azione e legittimazione attiva del terzo creditore

In tema di azioni nei confronti dell'amministratore di società, a norma dell'art. 2395 c.c., il terzo (o il socio) è legittimato, anche dopo il fallimento della società, all'esperimento dell'azione (di natura aquiliana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall'amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l'ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l'azione, contrattuale, di cui all'art. 2394 c.c., esperibile, in caso di fallimento della società, dal curatore, ai sensi dell'art. 146 l. fall. (cfr. Cassazione civile, sez. I, 10/04/2014, n. 8458). Sussiste la legittimazione del terzo creditore ai sensi dell'art. 2476 comma 6 c.c. ad ottenere il risarcimento del danno direttamente subito a causa della condotta dolosa o colposa degli amministratori di società dichiarata fallita, non comportando l'intervenuto fallimento della società l’inammissibilità o improcedibilità della domanda. Il cumulo delle azioni di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. esperibili dal curatore fallimentare, ai sensi dell'art. 146 l. fall., non si estende infatti all'azione individuale del socio o del terzo direttamente danneggiato la cui legittimazione permane anche in caso di fallimento. Il disposto dell'art 2395 c.c. si applica anche alla società a responsabilità limitata per effetto del richiamo operato dall'art. 2476 comma 6 c.c. (cfr. Tribunale Torino, Sez. spec. Impresa, 27/03/2015). [ Continua ]

Compravendita di azioni e carenza di giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 7 del Regolamento UE n. 1215/2012

L'art. 7 del Regolamento UE n. 1215/2012 costituisce eccezione al principio generale di cui all'art. 4 co. 1 e deve essere interpretato nel senso che, in mancanza di diverse convenzioni, la persona che abbia il domicilio in uno stato membro, possa essere convenuta in un altro stato membro da individuare, ove si verta in materia di compravendita di beni, con riferimento al "luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio", individuato, a sua volta in modo cogente, nel "luogo, situato in uno stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto". [In tema di compravendita di azioni, nel giudizio avente ad oggetto il pagamento del prezzo pendente tra due società domiciliate in Lussemburgo, il Tribunale ha escluso che, in difetto di pattuizioni, il luogo di consegna dei beni rilevante ai sensi dell'art. 7 let. b) possa identificarsi con il luogo di conclusione del contratto - nel caso di specie, Milano, e quindi l'Italia -, dovendo invece coincidere con il luogo della consegna materiale (cfr. Cass., sez. un., n. 32362/2018). Considerato che, pure in assenza di previsioni, in base al contratto, sulle azioni doveva costituirsi pegno a garanzia del pagamento integrale del prezzo, con consegna delle stesse ad un notaio lussemburghese e, in ogni caso, che, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio - i.e. il pagamento del prezzo -, rilevante ai sensi dell'art. 7 let. a), era il Lussemburgo, avendo le società ivi la propria sede e domicilio, il Tribunale ha negato l'esistenza di un collegamento idoneo a fissare la giurisdizione italiana]. [ Continua ]
2 Ottobre 2021

Azione sociale di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: natura della responsabilità ed onere della prova

Le condotte distrattive e di mala gestio degli ex amministratori della società fallita sono sussumibili in primis in fattispecie di responsabilità sociale - di natura contrattuale - per il danno arrecato al patrimonio sociale, e pertanto ai sensi degli artt. 146 l.fall e 2476 c.c. (e 2393 c.c.), con consequenziale onere a carico dei convenuti - a fronte della circostanziata allegazione di inadempimento e ai fini dell’art. 2697 c.c. – di provare l’esatto adempimento degli obblighi sugli stessi gravanti. [ Continua ]
19 Marzo 2022

Azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: quantificazione e prova del danno risarcibile

Sul tema della quantificazione del danno, nel caso di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori, compete a chi agisce dare la prova della sua esistenza, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, "potendosi configurare un'inversione dell'onere della prova solo quando l'assoluta mancanza, ovvero l'irregolare tenuta delle scritture contabili, rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sè idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio" (così Cass. civ., Sez. I, 04.04.2011, n. 7606). [ Continua ]
5 Febbraio 2022

Compensabilità del debito da aumento di capitale e principio di postergazione dei finanziamenti dei soci

Il principio di postergazione legale esige il rispetto della preferenza dei terzi con la conseguenza che la soddisfazione degli altri creditori si pone come condizione sospensiva del diritto al rimborso, idonea, in particolare, a produrre l’effetto di prorogare ex lege la scadenza del finanziamento sino al momento di suo avveramento e ad impedire, in tal modo, l’esigibilità del credito del socio, la quale deve reputarsi sospesa sino alla soddisfazione degli altri creditori.  Ciò posto, l’inesigibilità del credito derivante dalla postergazione legale impedisce necessariamente l’operatività della compensazione con il debito del medesimo socio derivante dall’aumento di capitale.  L’art. 2467 c.c. è ostativo all’operare tanto della compensazione legale, mancando il requisito della esigibilità di uno dei due crediti, quanto della compensazione volontaria, in quanto l’amministratore della società ha il dovere di opporre la postergazione del finanziamento del socio.   Incombe sulla società convenuta dal socio per la restituzione del finanziamento eccepire e provare in giudizio la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 2467 c.c. [ Continua ]
21 Novembre 2021

Insindacabilità nel merito delle scelte di gestione dell’amministratore e responsabilità dei direttori generali

Il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l'omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità. La valutazione sulla responsabilità dell'amministratore non attiene al merito delle scelte imprenditoriali da lui compiute. La sua responsabilità ben può discendere, però, dal rilievo che le modalità stesse del suo agire denotano la mancata adozione di quelle cautele, o la non osservanza di quei canoni di comportamento, che il dovere di diligente gestione ragionevolmente impone, secondo il metro della normale professionalità, a chi è preposto ad un tal genere di impresa, ed il cui difetto diviene perciò apprezzabile in termini di inesatto adempimento delle obbligazioni su di lui gravanti. La disciplina prevista per la responsabilità degli amministratori si applica ai direttori generali esclusivamente se la posizione apicale di tale soggetto all'interno della società, sia o meno un lavoratore dipendente, sia desumibile da una nominale formale da parte dell'assemblea o anche del consiglio di amministrazione, in base ad apposita previsione statutaria. In particolare, l'art. 2396 c.c. non contiene alcuna definizione di direttore generale legata al contenuto intrinseco delle mansioni, con la conseguenza che la responsabilità di un tale soggetto non può che essere ricollegata alla sua posizione apicale all'interno della società che deve essere necessariamente desunta dal dato formale della nomina da parte dell'assemblea od anche da parte del consiglio di amministrazione, in base ad apposita previsione statutaria, che indichi i compiti demandati. D'altra parte, proprio perchè il legislatore non ha inteso fornire alcuna indicazione sulla mansioni svolte dal direttore generale, con la conseguenza che esse devono ricavarsi dall'atto di nomina, non è configurabile alcuna interpretazione estensiva o analogica che consenta di allargare lo speciale ed eccezionale regime di responsabilità di tale figura ad altre ipotesi, salva la ricorrenza dei diversi presupposti dell'amministratore di fatto.     [ Continua ]