2 Agosto 2021

Concessionaria di autoveicoli e risarcimento del danno derivante dall’uso illecito del marchio altrui

Il danno da violazione dei diritti di proprietà industriale e da concorrenza sleale non è in re ipsa, ma deve essere allegato e comprovato in modo specifico da chi ne chiede la liquidazione in proprio favore. Le domande di risarcimento del danno devono essere respinte quando non vi è la prova del danno subito a causa dell’illecito uso del marchio altrui da parte di una società concorrente nell’esercizio della sua attività, né tali conseguenze sono ricollegabili all’attività di concorrenza sleale posta in essere da quest’ultima (nella specie il Tribunale, accolta la domanda di accertamento di contraffazione, ha respinto quella di risarcimento del danno per mancanza di elementi probatori a sostegno).

27 Luglio 2021

Contraffazione del marchio di una catena di supermercati e concorrenza sleale

La concorrenza sleale per appropriazione di pregi, che richiede un comportamento attivo e specifico, ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente. [nel caso di specie viene riconosciuta solo un’ipotesi di concorrenza sleale per imitazione servile del segno, ai sensi dell’art.2598 n. 1 c.c., considerata la sussistenza del rapporto concorrenziale tra le due imprese]

20 Luglio 2021

L’imitazione di forme funzionali nel giudizio di accertamento della contraffazione e del compimento di atti anticoncorrenziali

Nella cosiddetta concorrenza parassitaria, l’imitazione può considerarsi illecita soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), là dove per “breve” deve intendersi quell’arco di tempo per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari (di incassi, di pubblicità, di avviamento) dal lancio della novità, ovvero fino a quando essa è considerata tale dai clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto. Ciò in quanto la creatività è tutelata nel nostro ordinamento solo per un tempo determinato, fino a quando l’iniziativa può considerarsi originale, sicché quando l’originalità si sia esaurita, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o di commerciare sia divenuto patrimonio ormai comune di conoscenze e di esperienze di quanti operano nel settore, l’imitazione non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda. [Nel caso in esame, l’imitazione non confusoria dei prodotti dell’impresa concorrente conseguente alla scadenza della privativa e, più in generale, incentrata su caratteristiche determinate dalla funzione tecnica dei prodotti, in assenza di prove di atti imitativi sistematici di iniziative eterogenee, ivi comprese quelle di carattere organizzativo e pubblicitario, porta ad escludere che la ricorrente possa dirsi responsabile di concorrenza parassitaria.]

30 Giugno 2021

Concorrenza potenziale, concorrenza verticale e storno di dipendenti

In tema di concorrenza sleale tra due o più imprenditori, presupposto indefettibile dell’illecito è la comunanza di clientela, la cui sussistenza va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi esaminare se l’attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale.

La nozione di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c. va desunta dalla ratio della norma, che impone, alle imprese operanti nel mercato, regole di correttezza e di lealtà, in modo che nessuna si possa avvantaggiare, nella diffusione e collocazione dei propri prodotti o servizi, con l’adozione di metodi contrari all’etica delle relazioni commerciali; ne consegue che si trovano in situazione di concorrenza tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operino quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinate a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni.

In tema di concorrenza sleale per storno di dipendenti il giudice deve solo verificare, a prescindere dall’animus del concorrente ritenuto sleale, se lo stesso si appropri di risorse del concorrente con modalità che mettano potenzialmente a rischio la continuità aziendale dell’imprenditore nella sua capacità competitiva, ovvero provochino alterazioni che superano la soglia di quanto possa essere ragionevolmente previsto (e, dunque, che possa essere assorbito ed eliso attraverso un’adeguata organizzazione dell’impresa, impedendo dunque un effetto shock sull’ordinaria attività di offerta di beni o di servizi).

23 Giugno 2021

Contraffazione del marchio usato nel settore moda e concorrenza sleale per confusione

Il rischio di confusione, va valutato tenendo conto dell’impressione complessiva prodotta in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti presenti nei segni in comparazione, segni caratterizzati dalla elevata somiglianza differenziandosi solo per elementi di scarsissimo rilievo e non distintivi. La valutazione va condotta in riferimento all’impressione di insieme che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e sincronico.
Rileva inoltre nella valutazione globale di cui trattasi l’interdipendenza tra i cd fattori rilevanti ed in particolare tra segno e prodotto nel senso che, rileva oltre che la somiglianza tra i marchi, anche la somiglianza tra i prodotti cosicché, un tenue grado di somiglianza tra i segni può essere compensato da un rilevante grado di somiglianza tra i prodotti, in modo da concludere per la sussistenza del pericolo confusorio.
[Nel caso in esame alla elevata somiglianza dei segni si accompagna addirittura la identità, in parte qua, della tipologia dei prodotti venduti nel negozio contraddistinto dalla insegna, con quelli tutelati , dal marchio italiano e dal marchio europeo registrazione n. 001978105.]

17 Giugno 2021

Violazione di patto di non concorrenza e tutela cautelare

Sussiste un rapporto di concorrenza tra due imprese che operino nel medesimo settore, anche se le stesse si collocano a livelli diversi della produzione interagendo la prima con una clientela composta di imprenditori e la seconda con i consumatori finali. Possono trovarsi in situazione di concorrenza anche imprese i cui prodotti e servizi concernono la stessa categoria di consumatori ma che operano in una diversa fase della produzione o del commercio destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di un determinato bene.

A fronte dell’inadempimento dordini inibitori (quale quello di non svolgere attività in concorrenza) solo una misura di “coercizione indiretta” come quella introdotta dall’art 614 bis cpc offre una tutela effettiva al creditore, che si vede riconoscere una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva. I parametri di riferimento che il giudice deve utilizzare  per la determinazione della somma di cui al primo comma della norma citata sono: il valore della controversia, la natura della prestazione , il danno quantificato o prevedibile e ogni altra circostanza utile. 

Distribuzione non autorizzata di copie di quotidiani e concorrenza sleale

In tema di concorrenza sleale, il rapporto di concorrenza tra due o più imprenditori, derivante dal contemporaneo esercizio di una medesima attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, comporta che la comunanza di clientela non è data dall’identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall’insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti, uguali ovvero affini o succedanei a quelli posti in commercio dall’imprenditore che lamenta la concorrenza sleale, che sono in grado di soddisfare quel bisogno.

La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui (art. 2598, n. 2, c.c.) non consiste nell’adozione di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa – che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile – ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.

La concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente, mediante l’imitazione non tanto dei prodotti, quanto piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, in un contesto temporale prossimo alla ideazione dell’opera, in quanto effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), vale a dire prima che questa diventi patrimonio comune di tutti gli operatori del settore.

L’ipotesi prevista dall’art. 2598, n. 3, cod. civ. – consistente nell’avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo «non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda» – si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici previsti dai precedenti nn. 1 e 2 della medesima disposizione e costituisce un’ipotesi autonoma di possibili casi alternativi, per i quali è necessaria la prova in concreto dell’idoneità degli atti ad arrecare pregiudizio al concorrente (v. ad es. Cass. civ. Sez. I Sent., 04/12/2014, n. 25652).

La messa in commercio dell’opera giornalistica, se, da un lato, può comportare l’esaurimento del diritto alla sua successiva circolazione, dall’altro, non determina un effetto estintivo con riferimento alla facoltà di sfruttamento anche pubblicitario dell’opera stessa che rimane in capo al suo autore o, comunque, al suo titolare.

7 Aprile 2021

Sottrazione di informazioni riservate e concorrenza sleale

Ai fini della configurazione di un comportamento illecito di concorrenza sleale, è necessario che si sia in presenza di un complesso organizzato e strutturato di dati cognitivi, seppur non secretati e protetti, che superino la capacità mnemonica e l’esperienza del singolo normale individuo e che, arricchendo la conoscenza del concorrente, siano capaci di fornirgli un vantaggio competitivo, che trascenda la capacità e le esperienze del lavoratore acquisito.