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Tribunale di Catanzaro


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17 Gennaio 2023

Legittimazione attiva all’impugnazione e abuso della maggioranza nella deliberazione assembleare di azzeramento e ricostituzione del capitale sociale

La perdita della qualità di socio, nelle ipotesi in cui essa rappresenta corollario diretto dell’adozione della delibera assembleare di azzeramento e di ricostituzione del capitale sociale che l’impugnante assume illegittima, non esclude la legittimazione ad esperire le azioni di annullamento e di nullità in relazione alla medesima deliberazione assembleare (nello stesso senso, nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Palermo, 13 aprile 2016, n. 2378; Trib. Torino, 15 novembre 2013).

L’abuso della maggioranza, suscettibile di integrare una causa di annullabilità della delibera assembleare, ricorre quando la maggioranza vota una deliberazione che, senza soddisfare un legittimo interesse apprezzabile sul piano societario della società stessa o del socio di maggioranza, danneggia il socio di minoranza (cfr. fra le tante, Trib. Milano, 23 aprile 2019, n. 4030; Trib. Milano, 7 giugno 2018; Trib. Roma, 30 aprile 2018, n. 8581). L’elemento di discrimine tra legittima soggezione della minoranza al principio maggioritario ed abuso di detto principio, tale da rendere arbitrario e ingiustificato il voto apparentemente vincolante, è la ricorrenza dell’interesse sociale: ove nel voto espresso dalla maggioranza non si possa individuare alcun interesse sociale, il pregiudizio sopportato dalla minoranza potrà considerarsi arbitrario ed ingiustificato, diversamente dal caso in cui il sacrificio della minoranza sia giustificato dal superiore interesse sociale.

Ai fini della decisione sull’impugnazione della delibera risulta del tutto irrilevante la prospettata violazione di un patto parasociale da parte del socio di maggioranza, in quanto tale patto resta esterno alla società e non può sortire ripercussione alcuna sulla validità di atti societari, quali sono le delibere.

17 Gennaio 2023

Effetti processuali delle dimissioni dell’amministratore nel giudizio cautelare di revoca ex art. 2476, co. 3, c.c.

Nel giudizio cautelare di revoca dell’amministratore unico di s.r.l. promosso dal socio ai sensi dell’art. 2476, co. 3, c.c., le dimissioni dell’amministratore insieme e lo scioglimento della società determinano il venir meno della necessità di una pronuncia giudiziale sulla revoca dell’amministratore, poiché è dalla stessa volontà delle parti che emerge la rinuncia tacita ai diritti litigiosi. La statuizione di cessazione della materia del contendere comporta in ogni caso l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale.

Obbligo di consegna della documentazione sociale da parte dell’amministratore cessato dall’incarico

La domanda avanzata con ricorso ex art. 700 c.p.c. dalla società nei confronti dell’ex amministratore di consegna dei libri sociali e contabili, nonché di ogni altro documento contabile o fiscale, non deve essere formulata in modo generico ed esplorativo, essendo onere del ricorrente specificare dettagliatamente la documentazione richiesta e non consegnata.

28 Dicembre 2022

Risoluzione del contratto di cessione di quote sociali per mancato assolvimento dell’onere probatorio

Spetta alla società convenuta fornire la prova di aver adempiuto nel termine pattuito il pagamento del corrispettivo della cessione delle quote sociali. In caso di tardiva costituzione del contumace, dovendo il convenuto accettare il procedimento nello stato in cui si trova e non potendo produrre in giudizio documentazione tardiva, non è più possibile per il convenuto fornire la prova dell’adempimento, con la conseguenza dell’accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c.

 

20 Dicembre 2022

Diritto di controllo del socio di s.r.l. e relativi limiti

Il diritto di informazione e il diritto alla consultazione dei libri e documenti sociali è riconosciuto dall’art. 2476, co. 2, c.c. a qualunque socio non amministratore, indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso sia titolare. Sussiste il diritto incondizionato del socio non amministratore di esercitare un penetrante sindacato sulla gestione sociale, funzionale alla salvaguardia degli interessi dell’ente rispetto alle condotte degli amministratori.

L’ampiezza della formula usata dal legislatore induce a ritenere che tale diritto possa essere esercitato in qualunque momento dell’esercizio sociale; abbia per oggetto la più ampia gamma di informazioni, tanto in ordine alla gestione passata, quanto alle scelte gestionali intraprese e da intraprendere; possa esplicarsi tramite delega a professionista di fiducia, come esplicitamente indicato nella norma e come richiesto dagli stessi ricorrenti.

Benché si sia in presenza di un diritto soggettivo (o potestativo, secondo alcuni), va ribadito che deve riconoscersi l’esistenza di restrizioni in ordine ai diritti di controllo del socio in omaggio al principio generale di buona fede e di correttezza e che sono pertanto da considerare illegittimi i comportamenti che in concreto risultino rivolti a fini diversi da quelli strettamente informativi. Il socio deve, pertanto, astenersi da un’ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni, di cui il medesimo non abbia effettivamente necessità, al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso, infatti, l’esercizio del diritto non potrebbe ricevere tutela, in quanto mosso da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa l’attività sociale con conseguente legittimità del rifiuto opposto dagli amministratori di fornire informazioni o consultare la documentazione.

13 Dicembre 2022

Limiti al diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l.

Il diritto di informazione ed il diritto alla consultazione dei libri e documenti sociali è riconosciuto a qualunque socio non amministratore, indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso sia titolare.

Costituisce ormai principio acquisito che la nuova disciplina delle società a responsabilità limitata ha attuato una privatizzazione del controllo sull’operato dell’organo amministrativo, sicché deve ritenersi sussistente il diritto incondizionato del socio non amministratore di esercitare un penetrante sindacato sulla gestione sociale, funzionale alla salvaguardia degli interessi dell’ente rispetto alle condotte degli amministratori.

L’ampiezza della formula usata dal legislatore induce a ritenere che tale diritto possa essere esercitato in qualunque momento dell’esercizio sociale; abbia per oggetto la più ampia gamma di informazioni, tanto in ordine alla gestione passata quanto alle scelte gestionali intraprese e da intraprendere; possa esplicarsi tramite delega a professionista di fiducia, come esplicitamente indicato nella norma e come richiesto dagli stessi ricorrenti.

Tuttavia, benché si sia in presenza di un diritto soggettivo (o potestativo, secondo alcuni), la giurisprudenza è ferma nel ribadire che deve riconoscersi l’esistenza di restrizioni in ordine ai diritti di controllo del socio in omaggio al principio generale di buona fede e di correttezza e che sono pertanto da considerare illegittimi i comportamenti che in concreto risultino rivolti a fini diversi da quelli strettamente informativi. Il socio deve, pertanto, astenersi da un’ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni, di cui il socio non abbia effettivamente necessità, al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso, infatti, l’esercizio del diritto non potrebbe ricevere tutela, in quanto mosso da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa l’attività sociale, con conseguente legittimità del rifiuto opposto dagli amministratori di fornire informazioni o consultare la documentazione.

23 Novembre 2022

Inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. di riammissione dell’associato escluso da un’associazione per difetto del requisito di sussidiarietà

Difetta del requisito di sussidiarietà e va dunque dichiarato inammissibile il ricorso proposto secondo le forme di cui all’art. 700 c.p.c. di riammissione dell’associato escluso da un’associazione (nelle more trasformatasi in società cooperativa), stante la presenza dello strumento di tutela tipico offerto dall’art. 23 c.c.

19 Novembre 2022

Onere della prova della sussistenza dei requisiti del sequestro conservativo: fumus boni juris e periculum in mora

Con riguardo ai presupposti del periculum in mora del sequestro conservativo, al fine dell’accoglimento di una domanda di sequestro preventivo, è necessaria la rigorosa prova da parte del ricorrente della sussistenza di entrambi i presupposti soggettivi e oggettivi di insufficienza o possibile depauperamento del patrimonio del debitore.
Non è consentito al giudice disporre il provvedimento cautelare previsto dall’art. 671 c.p.c. in presenza di allegazioni esclusivamente in ordine ad una inadeguatezza della situazione patrimoniale del debitore rispetto al credito per il quale si agisce.
Si ritiene, infatti, che l’eventuale insufficienza del patrimonio del debitore in relazione all’entità della pretesa fatta valere dal creditore non è da sola sufficiente a far sorgere il fondato timore di perdere la garanzia del credito vantato richiedendosi anche che la capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito, in realtà, non costituisce di per sé sola una corretta declinazione del requisito di legge in quanto, in difetto di indizi di dispersione recente o imminente, l’applicazione di tale criterio porterebbe a colpire sempre e comunque debitori scarsamente possidenti o capienti, facendo invece salvi quelli che possano dimostrare di essere titolari di un patrimonio residuo rilevante: il che evidentemente tradirebbe la ratio della norma stessa.
Nel vaglio della domanda di concessione della misura del sequestro conservativo non risultano, pertanto, ammissibili presunzioni iuris tantum ma solo analisi strettamente ancorate alla condotta dei possibili destinatari della misura.

[Considerato, quindi, che, nell’accertamento del periculum in mora, ai sensi dell’art. 671 c.p.c., non ci si può limitare a un mero raffronto economico tra credito e consistenza del patrimonio dell’obbligato al momento dell’istanza cautelare, si evidenzia che, nel caso di specie, la Curatela ricorrente nulla ha dedotto in merito al requisito oggettivo della incapienza patrimoniale dell’amministratore unico che del liquidatore, non ha infatti esposto alcun dato relativo alla reale consistenza e composizione dei patrimoni personali di quest’ultimi, avendo allegato solamente le visure ipotecarie relative ai rispettivi compendi immobiliari, costituiti da svariati beni siti in Diamante e in Grisolia, senza alcun riferimento, ad esempio, a conti correnti bancari, investimenti finanziari o altre partecipazioni sociali etc.]