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1 Novembre 2023

Impugnazione della delibera di nomina per mancata accettazione da parte dell’amministratore designato

La delibera di nomina dell’amministratore è atto negoziale proprio dei soci, la cui natura giuridica è riconducibile ad una proposta contrattuale. La successiva manifestazione di volontà del soggetto designato, in senso positivo oppure negativo, è solo un posterius, non in grado di inficiare la validità della decisione dell’assemblea, ciò esclude che l’accettazione della nomina da parte del soggetto individuato o, addirittura, la sua presenza all’assemblea siano elementi necessari ai fini della validità della delibera, essendo a tal fine sufficiente che il voto favorevole dei soci superi il quorum previsto dalla legge o dallo statuto. L'accettazione non è un requisito di efficacia della delibera di nomina, in quanto dichiarazione unilaterale di volontà diretta alla conclusione del contratto di amministrazione produce, invero, i suoi effetti indipendentemente dall’accettazione della controparte contrattuale. L’amministratore nominato, non accettando la nomina assembleare, impedisce semplicemente la conclusione del contratto, ma non priva la manifestazione di volontà dell’assemblea sociale versata nel relativo verbale della sua efficacia. [ Continua ]
1 Novembre 2023

Incompetenza della sezione specializzata imprese in materia di società di persone

Ai sensi dell’art. 3, co. 2, d.lgs. n. 168/2003, la competenza delle sezioni specializzate è limitata alle società di capitali. Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nel caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell’ufficio giudiziario; deve di contro ritenersi che rientri nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario, diverso da quello ove la prima sia istituita. L’adesione all’eccezione di incompetenza territoriale espressa da parte attrice ai sensi dell’art. 38 c.p.c. comporta l’esclusione di ogni potere del tribunale ordinario adito di decidere sulla competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa. [ Continua ]
16 Agosto 2023

Spese di lite e revoca della delibera impugnata

Qualora la delibera assembleare oggetto di impugnazione venga revocata prima della conclusione del giudizio, nel dichiarare cessata la materia del contendere il giudice è comunque chiamato a decidere sulle spese di lite ponendole di norma, ex art. 2377, co. 8, c.c., a carico della società. [ Continua ]
22 Agosto 2023

Inconfigurabilità di un diritto del socio agli utili in assenza di una deliberazione assembleare in tal senso

Ai sensi dell’art. 2433, c. 1, c.c., la deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dall'assemblea che approva il bilancio. La disposizione codicistica demanda all'assemblea, e, dunque, alla maggioranza degli azionisti in sede di approvazione del bilancio, la valutazione in ordine alla distribuibilità degli utili ai soci. Non è, dunque, configurabile un diritto del socio agli utili senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri dell'assemblea, in sede approvativa del bilancio, la facoltà di disporne l'accantonamento o il reimpiego nell'interesse della stessa società, sulla base di una decisione censurabile solo se propria di iniziative della maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione. I soci non vantano nei confronti della società un diritto al dividendo ab origine per il solo fatto di essere titolari di azioni o di quote; esso si costituisce per gradi ed integra una fattispecie a formazione progressiva, perché sorge solo dopo la chiusura dell'esercizio sociale, la registrazione di eventuali utili, l'approvazione del bilancio e infine la decisione dell'assemblea di distribuire o meno i medesimi a favore dei soci. In questa prospettiva, la mancata sussistenza dell'obbligo per l'assemblea di distribuire l'utile ai soci comporta la legittimità della delibera che destini gli utili a riserve facoltative, salvo che l'operazione posta in essere dalla maggioranza sia animata da scopi extrasociali o da intenti emulativi nei confronti della minoranza. In altre parole, la condotta abusiva della maggioranza costituisce il limite alla discrezionalità dell’assemblea in ordine alla decisione di non distribuire gli utili di esercizio: ma, per configurare tale fattispecie, l’attore deve provare un intento vessatorio (o extrasociale) ai danni dei soci di minoranza e la mancanza di ogni ragionevole motivazione ispiratrice della scelta compiuta. [ Continua ]
22 Agosto 2023

Mala fede nell’iscrizione del atto di alienazione della quota sociale

Il regime di circolazione delle quote di partecipazione di società a responsabilità limitata è regolato dall’art. 2470 c.c., che dispone, tra l’altro, che l'atto di trasferimento di una partecipazione, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. Da tale iscrizione, l’atto ha effetto di fronte alla società. Inoltre, la disposizione menzionata ha cura di regolare anche l’ipotesi di conflitto tra più acquirenti della medesima quota: dispone infatti il terzo comma dell’art. 2470 c.c. che, se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore. Gli effetti che l'ordinamento così riconosce all'iscrizione nel registro delle imprese non operano qualora tale iscrizione sia stata eseguita, con evidente mala fede, nelle more del giudizio intrapreso da un terzo acquirente per la verificazione delle sottoscrizioni poste in calce ad una scrittura privata di cessione della medesima quota. [ Continua ]
28 Novembre 2023

Impugnazione delibera di aumento di capitale sociale. Difetto di informativa e abuso di maggioranza

Diversamente dall’ipotesi di convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio, per le altre delibere cui è chiamata a decidere l’assemblea dei soci è richiesto un minus di informazione rappresentato dalla comunicazione –nella convocazione dei soci– dell’ordine del giorno e, quindi, degli argomenti da trattare in sede assembleare. In caso di delibera di aumento del capitale sociale, può ritenersi sussistente una piena e corretta informativa qualora nella convocazione assembleare sia indicato, tra gli argomenti all'ordine del giorno, la proposta di aumento di capitale e in sede assembleare il Presidente esponga le ragioni poste a fondamento di tale proposta. Il sindacato sull’esercizio del potere discrezionale della maggioranza si estrinseca nell’esame di aspetti all’evidenza sintomatici della violazione della buona fede nell’esecuzione del contratto sociale, non potendosi spingere a complesse e retrospettive valutazioni di merito in ordine all’opportunità delle scelte di gestione e programma dell’attività comune sottese alla delibera adottata. Ciò in quanto la discrezionalità della maggioranza trova fondamento nella maggiore entità del rischio che corre nell’esercizio dell’attività imprenditoriale comune, sì che un sindacato sulle sue scelte può aversi soltanto quando sia palese l’utilizzo di un potere lecito per ottenere un fine distorto quale il danneggiamento della posizione del socio o dei soci di minoranza. La diluizione della partecipazione dei soci di minoranza, dunque, costituisce l’effetto naturale del legittimo esercizio del potere discrezionale della maggioranza di deliberare l’aumento di capitale nell’interesse della società e della libera scelta di non sottoscriverlo degli altri soci. Alla base della delibera può sussistere anche un interesse sociale neutro –potendo la decisione non essere necessariamente volta a soddisfare particolari interessi imprenditoriali o strategici della società–, purché non si ponga però in contrasto con l’interesse della società, dovendosi in prima battuta verificare la riconoscibilità di una forma di abuso e quindi di una intenzionale attività fraudolenta della maggioranza a danno dei soci di minoranza. [ Continua ]
24 Aprile 2023

Sul periculum in mora per il sequestro conservativo

Con riferimento al periculum in mora per il sequestro conservativo, è noto che esso può essere individuato, anche alternativamente, sul piano soggettivo o su quello oggettivo. La stessa distinzione del pericolo oggettivo da quello soggettivo impone di escludere, dalla nozione del primo, qualsiasi riferimento a condotte di volontaria dispersione di beni da parte del debitore: le quali, proprio perché tali, possono semmai integrare la seconda fattispecie, ma non concorrono in alcun modo a delineare un rischio oggettivo. La mera entità del patrimonio, nel suo aspetto statico, non è indicativa di per sé del rischio di perdere la garanzia: la locuzione utilizzata dall’art. 671 c.p.c. sottolinea piuttosto l’aspetto dinamico costituito dalla concreta probabilità di una sua imminente diminuzione, volendo la norma evitare che la garanzia rappresentata dal patrimonio – quella che il debitore è in grado di offrire – si riduca. Nessuna norma può assicurare la capacità economica del debitore di adempiere alle sue obbligazioni, mentre è possibile evitare (ed è ciò a cui il sequestro conservativo mira) che la misura entro cui l’adempimento è concretamente possibile si assottigli. Il periculum di cui parla l’art. 671 c.p.c., dunque, non è che il debitore non sia in grado di pagare: è che la sua capacità di farlo diminuisca, per atti volontari di dispersione (periculum soggettivo) o per atti o fatti di terzi, indipendenti dalla volontà del debitore (periculum oggettivo: ravvisabile, per esempio, laddove il patrimonio dello stesso debitore risulti già aggredito da altri creditori, o in procinto di esserlo). Una diversa interpretazione della norma, fondata esclusivamente sulla entità del patrimonio del debitore in relazione al suo debito, si tradurrebbe necessariamente nella sistematica adozione della misura conservativa nei confronti dei soggetti meno abbienti, con salvezza di tutti coloro con grandi disponibilità economiche: criterio che non sembra essere conforme né alla singola norma, né ai principi del nostro ordinamento. [ Continua ]

La responsabilità dell’emittente ex art. 94 t.u.f.

L’art. 94 t.u.f. disciplina l’istituto della immissione sul mercato (c.d. primario) di titoli di nuova emissione; la legge, intendendo tutelare i destinatari dell’offerta di investimento, impone all’emittente particolari obblighi informativi, da adempiersi tramite la pubblicazione di un atto – il prospetto – tipizzato nel contenuto e nella forma, il quale deve contenere informazioni (vere e chiare) sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti. Gli obblighi gravanti sull’emittente – relativi, in particolare, alla pubblicazione del prospetto – riguardano la particolare vicenda del collocamento dei nuovi titoli e sono assistiti, sempre in forza del disposto dell’art. 94 t.u.f., da una azione tipica, dotata di caratteristiche sue proprie, soprattutto per quanto riguarda il regime della prescrizione e l’onere della prova. L’azione tipica di cui all’art. 94 t.u.f. può essere esercitata solo per la fattispecie rappresentata dal collocamento di titoli sul mercato primario; non può essere invece esercitata per fattispecie differenti, quali sono i successivi scambi di quegli stessi titoli che avvengono sul mercato c.d. secondario, ove le condizioni della compravendita non sono più nella disponibilità dell’emittente, ma degli operatori richiedenti e offerenti. Per le sue caratteristiche e la sua funzione, il prospetto può, dunque, essere assimilato a qualunque altra comunicazione sociale e, se falso, può fondare una responsabilità extracontrattuale basata sulla norma generale di cui all’art. 2043 c.c. nel caso in cui risulti soddisfatto l’onere probatorio tipico di tale tipologia di azione. In particolare, il prospetto può venire in rilievo per i suoi effetti decettivi sulla volontà dell’investitore solo con riguardo alla sua decisione di sottoscrivere titoli, ma, per ciò che attiene al danno, rileva solo per gli effetti riflessi che può aver avuto sul mercato ove si è andato formando il prezzo di scambio dei titoli già in circolazione; ai fini del riconoscimento della responsabilità dell’emittente, pertanto, occorrere la dimostrazione dell’incidenza che, sul prezzo di mercato delle azioni scambiate sul mercato secondario, avrebbe avuto una dislocazione più corretta delle informazioni nel prospetto. [ Continua ]

Sulla competenza della Sezione Specializzata per ragioni di connessione

Sussiste la competenza della Sezione Specializzata in materia di imprese nel caso in cui la domanda di  simulazione o nullità del contratto sia esercitata congiuntamente, per ragioni di connessione, alla domanda di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore di società cooperativa. [ Continua ]

Obbligo di consegna della documentazione sociale da parte dell’amministratore cessato dall’incarico

La domanda avanzata con ricorso ex art. 700 c.p.c. dalla società nei confronti dell’ex amministratore di consegna dei libri sociali e contabili, nonché di ogni altro documento contabile o fiscale, non deve essere formulata in modo generico ed esplorativo, essendo onere del ricorrente specificare dettagliatamente la documentazione richiesta e non consegnata. [ Continua ]