hai cercato per tag: azione-di-responsabilita-contro-socio-s-r-l - 8 risultati
7 Marzo 2023

Sulla responsabilità solidale del socio di s.r.l. ex art. 2476, co. 8, c.c.

Perché il socio di s.r.l. sia responsabile solidalmente con l’amministratore ex art. 2476, co. 8, c.c. occorre che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato atti dannosi per la società, per i soci o per i terzi. Le espressioni “decidere” e “autorizzare” assumono valore in considerazione della specifica disciplina normativa riferita dal codice civile alle s.r.l. e tale responsabilità sussiste anche nell’ipotesi in cui, in assenza di un conferimento formale al socio di potere gestorio, questi abbia di fatto “concorso” nell’operazione intrapresa dall’amministratore ovvero il socio abbia espresso la propria approvazione in termini autorizzativi, quindi ex ante.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2476, co. 8, c.c. e formalizzato dall’uso del termine “intenzionalmente”, esso introduce, in sostanza, un limite alla responsabilità dei soci: occorre, infatti, che si provi il dolo degli stessi, i quali dovrebbero aver previsto e voluto l’atto (deciso o autorizzato) dannoso per la società. Pertanto, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale del socio è richiesta una specifica connotazione soggettiva dell’agire del socio stesso, il quale potrà essere coinvolto nella responsabilità degli amministratori solo con riferimento ad atti gestori dannosi decisi o autorizzati nella piena consapevolezza delle caratteristiche dell’atto e delle possibili conseguenze, non essendo invece sufficiente la mera volontà di intervenire nella gestione della società. In tal senso, l’esercizio del diritto di voto del socio in assemblea – ivi compresa quella di approvazione del bilancio – costituisce prerogativa della qualità del socio che non appare censurabile di per sé ai fini della responsabilità di cui all’art. 2476, co. 8, c.c., in assenza di ulteriori elementi di allegazione o prova in ordine all’ingerenza nell’attività gestoria [in applicazione di tale principio, è stato considerato non censurabile ai sensi dell’art. 2476, co. 8, c.c. la condotta del socio che si sia limitato ad esprimere il proprio voto favorevole all’approvazione dei progetti di bilancio che, di anno in anno, davano atto dell’avvenuta restituzione dei finanziamenti elargiti dai soci alla società in violazione della regola di postergazione].

Non è possibile considerare annullabile, o nullo, il rimborso del finanziamento al socio postergato ai sensi dell’art. 2467 c.c., opponendovisi la natura del pagamento che costituisce un atto o un fatto giuridico e non un negozio, nonché la natura del credito postergato ex art. 2467 c.c. che, pur essendo un credito temporaneamente inesigibile, è un credito effettivo ed esistente e come tale il suo pagamento ne determina l’estinzione.

15 Luglio 2022

Estinzione della s.r.l. e responsabilità di soci e liquidatori nei confronti dei creditori insoddisfatti

Ferma restando l’estinzione immediata della società indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti non ancora definiti ad essa facenti capo ex art. 2495, co. 1, c.c., eventuali passività lamentate dai creditori non possono che farsi valere nei confronti di soli due soggetti: i soci, fino alla concorrenza delle somme riscosse nel bilancio finale di liquidazione, e i liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa (o dolo) di questi. In particolare, la responsabilità dei primi va commisurata alle caratteristiche dell’organizzazione societaria estinta e, per il caso delle s.r.l., così come durante la vita del soggetto sociale il patrimonio è stato posto come limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali verso terzi (art. 2462, co. 1, c.c.), estinta la società allora i soci potranno rispondere verso i creditori insoddisfatti nei limiti di quanto da ciascuno ricevuto in base al bilancio finale di liquidazione (e con la distribuzione di acconti di liquidazione), costituendo tali somme nient’altro che il patrimonio residuo della medesima società. Laddove la società venga cancellata senza distribuzione di attivo la limitazione di responsabilità degli (ex) soci non è idonea a creare di per sé pregiudizio ai creditori poiché esito finale dell’evidente incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare.

Quanto alla domanda proponibile nei confronti del liquidatore ex art. 2495, co. 3, c.c., soggetto potenzialmente illimitatamente responsabile, trattandosi di azione aquiliana, grava sul creditore rimasto insoddisfatto l’onere di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si sia svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum. In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore è tenuto a dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti.

La responsabilità di cui agli artt. 2394 e 2476, co. 6, c.c. ha natura extracontrattuale ed è determinata dalla condotta dell’amministratore funzionale a una riduzione del patrimonio sociale, tale da cagionarne la perdita della tipica funzione di garanzia generica ex art. 2740 c.c., con conseguente diritto dei creditori sociali ad ottenere, quale risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. L’azione esperibile, in presenza di tali presupposti, è altresì da considerarsi diretta ed autonoma rispetto quella parimenti proponibile dalla società stessa – anche per motivi di ratio sistematica, vista l’espressa previsione del successivo periodo del medesimo comma che la rinuncia all’azione da parte della società, non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali – e soggetta al termine quinquennale di prescrizione, decorrente non già dalla commissione dei fatti integrativi le responsabilità summenzionata, bensì dal momento, evidentemente successivo, della manifestazione dell’evento dannoso, ossia dall’oggettiva percepibilità da parte dei creditori dell’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le proprie ragioni, rispetto alla quale assume sicura rilevanza il bilancio di esercizio, vista la sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati.

30 Marzo 2022

Responsabilità dell’amministratore per danno diretto e responsabilità solidale del socio di s.r.l.

La norma di cui all’art. 2476, co. 7, c.c., nel prevedere il diritto al risarcimento dei danni spettante ai singoli soci che si assumano direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori, regola, al pari di quella di cui all’art. 2395 c.c., una specie della fattispecie generale di responsabilità extracontrattuale prevista dall’art. 2043 c.c. e dell’obbligo ivi fatto al danneggiante di risarcire i danni causati contra ius a terzi con atti e fatti non iure dati. Ciò in quanto mentre il rapporto che si forma tra la società di capitali e l’amministratore ha la sua fonte in un atto di nomina e di accettazione che instaura tra le parti un vero e proprio contratto avente ad oggetto la diligente gestione – secondo statuto e legge – della società, tale per cui il dovere dell’organo amministrativo di conservare e investire al meglio il patrimonio sociale ha natura contrattuale e il suo inadempimento – anche sotto il profilo degli oneri processuali di prova – è regolati dagli artt. 1218 e 1176 c.c., per quanto concerne il rapporto tra il socio e la società il diaframma della persona giuridica è tale da rendere i soci, nei rapporti con l’amministratore, terzi sia pur qualificati privi di un diretto e vincolante rapporto obbligatorio con il gestore del patrimonio sociale. Ne consegue che, ove i soci alleghino che determinati atti gestori abbiano inferto un danno diretto alla propria sfera giuridico-patrimoniale, incombe pienamente loro la prova piena della condotta illecita – anche sotto il suo profilo soggettivo di colpevolezza – nonché del danno e del nesso di causalità, pure diretta, tra i due termini della fattispecie risarcitoria.

L’azione individuale di responsabilità in materia societaria esige che il comportamento doloso o colposo dell’amministratore, posto in essere tanto nell’esercizio dell’ufficio, quanto al di fuori delle incombenze ad esso correlate, abbia determinato un danno che incida direttamente sul patrimonio del socio o del terzo. È, invece, irrilevante che il danno sia stato arrecato dagli amministratori nell’esercizio del loro ufficio o al di fuori di tali incombenze, ovvero che tale danno sia ricollegabile ad un inadempimento della società, né, infine, che l’atto lesivo sia stato eventualmente compiuto dagli amministratori nell’interesse della società e a suo vantaggio. Infatti, dalla formulazione dell’art. 2395 c.c. emerge chiaramente come l’unico dato significativo ai fini della sua applicazione sia costituito dall’incidenza del danno. La sussistenza di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente si pongono come elementi tanto necessari, quanto sufficienti al riguardo.

La responsabilità solidale del socio di s.r.l. di cui all’art 2476 co 8 c.c. prevede tre presupposti per il riconoscimento della responsabilità: l’alterità soggettiva del socio rispetto agli amministratori, il compimento da parte dell’amministratore di un atto dannoso e la qualità di socio del soggetto che decide od autorizza (intenzionalmente) il compimento dell’atto dannoso.

La responsabilità viene in rilievo non già per una semplice assenza di controllo e neppure, in ipotesi di effettiva esistenza dell’atto dannoso, per la mera riconducibilità di tale atto al socio, ma solo in caso di intenzionale decisione o autorizzazione, da parte del socio, di quegli specifici atti dannosi da intendersi quale piena coscienza di compiere quell’atto decisionale o autorizzatorio potenzialmente dannoso e perciò deve indicare la riferibilità psicologica dell’atto al socio. Per tale ragione, la responsabilità del socio è solidale con quella degli amministratori. Il socio per integrare la fattispecie di cui all’art. 2476, co. 8, c.c. deve aver compiuto atti o comportamenti tali da supportare intenzionalmente l’azione illegittima e dannosa poi posta in essere dagli amministratori: è sufficiente che vi sia la consapevolezza, frutto di conoscenza o di esigibile conoscibilità, da parte del socio dell’antigiuridicità dell’atto e che, nonostante ciò, costui partecipi alla fase decisionale finalizzata al successivo compimento di quell’atto da parte dell’amministratore. L’intenzionalità, in questa prospettiva, è costituita dalla piena coscienza di compiere quell’atto decisionale o autorizzatorio potenzialmente dannoso e, in definitiva, dalla riferibilità psicologica dell’atto al socio.

28 Gennaio 2020

Responsabilità solidale del socio di s.r.l. e irrilevanza del momento del rimborso dei finanziamenti soci

Ai fini della configurabilità della responsabilità solidale con gli amministratori del socio di s.r.l., l’art. 2476, co. 8, c.c. richiede la prova della intenzionalità nella decisione o nella autorizzazione dello specifico atto dannoso, ovvero qualcosa di più della mera conoscenza o conoscibilità dell’atto fonte di danno. Ciò implica una diretta (dolosa) partecipazione, non solo consapevole ma anche attiva, ovvero una vera e propria ingerenza da parte del socio (anche per un singolo atto) nel potere gestorio, altrimenti prerogativa esclusiva dell’organo amministrativo.

L’art. 2467 c.c. individua i finanziamenti dei soci, postergati nel rimborso, in quelli concessi in un momento di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto. Non rileva il momento del rimborso, fuori dal caso previsto dal primo comma della norma citata [vecchio testo] (ossia che se avvenuto nell’anno anteriore al fallimento deve essere restituito). La citata disposizione, infatti, regola i finanziamenti furono stanziati in un momento in cui sarebbe stato coerente, piuttosto, aspettarsi un conferimento di capitale di rischio.

18 Maggio 2019

In tema di responsabilità dei soci in solido con gli amministratori di s.r.l. ex art. 2476 c.c.

Per atti che determinano la responsabilità dei soci in solido con gli amministratori ex art. 2476 c.c.
vanno intesi sia quelli decisori o autorizzativi formalmente adottati dai soci nelle forme previste
dagli artt. 2468, co. 3, e 2479 c.c., o addirittura in sede assembleare (art. 2479-bis c.c.), sia gli atti o
comportamenti, non adottati nelle forme sopra indicate, ma idonei a supportare l’azione illegittima e
dannosa posta in essere dagli amministratori. In tal senso, dunque, vanno riconosciute come tali tutte le manifestazioni di volontà espresse dai soci anche in forme non istituzionali, ma comunque capaci di fornire impulso all’attività gestoria, rilevando a tal proposito l’influenza effettiva spiegata dai soci sugli amministratori. Viene in tal modo consacrata una responsabilità del socio determinata da una palese ingerenza, anche soltanto occasionale e circoscritta al singolo atto avallato esplicitamente o a cui ha dato impulso, escludendone di converso la ricorrenza della qualifica tout court di amministratore di fatto con responsabilità per l’intera gestione.

La norma ex art. 2476, co. 7, c.c. prevede, con espressione inequivocabile e volutamente rafforzativa, che le condotte decisorie o autorizzatorie, per essere fonte di responsabilità del socio in solido con gli amministratori, debbano essere compiute “intenzionalmente”, esprimendo la volontà di supportare un’operazione illecita, echeggiando la categoria penalistica del dolo intenzionale. In tema di prova, al fine di riconoscere la responsabilità solidale, occorre accertare l’esistenza di una compiuta prova circa il ruolo svolto dal socio nel contesto della singola operazione economica e della sua effettiva intenzionale ingerenza nella gestione dell’organo amministrativo.

29 Aprile 2015

Azione di responsabilità nei confronti del socio e dell’ amministratore di s.r.l.

Non risponde ai sensi dell’ art. 2476 cod. civ. il socio che ha fatto confluire sul conto corrente della società i corrispettivi derivanti da una sua personale attività d’impresa, estranea all’oggetto sociale, corrispettivi che poi egli provvedeva a prelevare e destinare a sé stesso. Si deve, infatti, escludere [ LEGGI TUTTO ]