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28 Luglio 2022

Responsabilità dell’amministratore e del liquidatore. Il danno da pagamento preferenziale

L’irregolare e disordinata tenuta della contabilità integra una violazione dei doveri dell’amministratore (art. 2219 c.c.), sebbene risulti solo potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. Tuttavia, eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite, ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c.; in tali ipotesi, salvi altri effetti ricollegabili all’inadempimento, il danno risarcibile è rappresentato non necessariamente dalla misura dell’inadempimento all’obbligo formale, quanto piuttosto dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quegli inadempimenti si sono occultate o che grazie ad essi sono state consentite.

Se il curatore è legittimato ad esercitare in sede penale l’azione civile per il risarcimento del danno da bancarotta preferenziale (art. 216, co. 3, l.fall.), allora egli è anche legittimato ad esercitare in sede civile la stessa azione (art. 185 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c.), nonché ad esperire, sempre in sede civile, azione per il danno derivante dall’illecito costituito dalla condotta corrispondente a quella penalmente rilevante – il pagamento preferenziale – la quale è connotata da elementi di disvalore (la violazione del divieto di effettuare pagamenti preferenziali, che deriva da norma inderogabile: art. 2741 c.c.) più che sufficienti per fondare l’illecito civile e la responsabilità degli amministratori che violano quella regola, essendo invece irrilevanti gli elementi che integrano in modo specifico la fattispecie penalmente rilevante (animus favendi: scopo di favorire taluno dei creditori). In particolare, gli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (art. 2394, co. 1, c.c.), la cui violazione genera responsabilità degli amministratori verso i creditori, vanno considerati ed interpretati in relazione alla funzione di garanzia che il patrimonio sociale svolge verso i creditori stessi, specie proprio quando il patrimonio risulta insufficiente per il soddisfacimento dei loro crediti (art. 2394, co. 2, c.c.). Tra tali obblighi, è da annoverare certamente quello del rispetto della par condicio creditorum (art. 2741 c.c.), con la conseguenza che il pagamento preferenziale, essendo lesivo di quell’integrità patrimoniale, risulta potenziale fonte di danno per i creditori sociali. Tale potenzialità si realizza al momento dell’apertura formale del concorso dei creditori, con l’inizio della procedura concorsuale. Il danno che connota tanto il delitto quanto l’illecito civile è dunque danno alla par condicio creditorum, perciò alla massa dei creditori e non ad uno od alcuno di essi in particolare, e si configura come danno da mancata falcidia del credito pagato per intero ovvero da maggiore falcidia dei crediti ammessi, essendo dunque pari alla differenza tra quanto il creditore ha acquisito a titolo di pagamento e quanto avrebbe acquisito in moneta fallimentare, tale essendo l’ammontare della somma che, in mancanza di pagamento, sarebbe stata ripartita, secondo le relative regole, tra tutti gli altri creditori. Ed allora, se il pagamento preferenziale costituisce, da parte degli amministratori, una violazione di legge che arreca danno alla massa dei creditori, per un verso esso genera responsabilità degli amministratori ex artt. 1173, 1218 (o 2043) e 2394 c.c. e, per altro verso, risulta senz’altro applicabile il disposto dell’art. 146 l.f., che concede azione al curatore anche in questo caso.

L’atto illecito eventualmente compiuto dall’amministratore in violazione dei doveri inerenti la carica ricoperta non comporta l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2043 c.c. Essendo l’atto distrattivo perpetrato nell’esercizio delle funzioni gestorie, rimane sottoposto alle norme che regolano il rapporto giuridico tra la società e il proprio amministratore, con la conseguenza che esso seguirà il regime di prescrizione previsto dall’art. 2393, co. 4, c.c., applicabile in via analogica anche per gli amministratori e liquidatori di s.r.l., per l’azione sociale di responsabilità e dall’art. 2941, n. 7, c.c.

Ai sensi dell’art. 2489, co. 2, c.c., i liquidatori hanno l’obbligo di agire professionalmente e diligentemente nell’adempimento delle proprie funzioni e sono responsabili per i danni eventualmente cagionati a causa della violazione di tali obblighi. La diligenza dovuta dal liquidatore è qualificata, adeguata al ruolo ricoperto, caratterizzata da una preventiva informazione del liquidatore circa tutti gli elementi utili a ricostruire il quadro societario al momento del suo subentro in carica, che gli consenta di meditare sulle operazioni più utili alla liquidazione e di intraprendere le azioni opportune senza mettere a rischio il patrimonio sociale esistente per propria negligenza, imperizia, ignoranza. La diligenza e la professionalità del liquidatore si estrinsecano, pertanto, nell’accertare la reale situazione patrimoniale della società dopo aver analizzato le effettive attività e passività sociali, approfondendo in maniera critica le risultanze dei libri sociali e dei registri contabili loro consegnati dagli amministratori, unitamente ad un rendiconto sulla gestione relativa al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato, come prescritto dall’art. 2487 bis, co. 3, c.c. in ordine al passaggio di consegne.

15 Ottobre 2021

Il danno cagionato dagli amministratori con pagamenti preferenziali e la irregolare tenuta delle scritture contabili

Se i pagamenti preferenziali sono certamente dannosi per la massa dei creditori e il curatore del fallimento è l’unico soggetto legittimato ad agire per il relativo risarcimento, tale danno non può essere indentificato nell’intero importo versato, volto comunque a estinguere una passività societaria. Il danno andrà piuttosto quantificato in via equitativa in relazione all’entità della falcidia fallimentare e all’art. 185 c.p., anche alla luce di eventuali vantaggi dell’autore dei pagamenti, che per esempio abbia estinto debiti societari assistiti da proprie garanzie personali.

Se, alla luce del principio di insindacabilità del merito gestorio, non ogni atto dannoso per il patrimonio sociale è idoneo a fondare la responsabilità dell’amministratore che lo abbia compiuto, non tutte le violazioni di obblighi derivanti dalla carica comportano necessariamente una lesione del patrimonio sociale e, dunque, l’individuazione di un danno risarcibile. Non tutti i comportamenti illeciti degli amministratori danno luogo infatti a responsabilità risarcitoria, ma solo quelli che abbiano causato un danno al patrimonio sociale rendendolo incapiente, danno che deve essere legato da un nesso eziologico ai suddetti illeciti. L’irregolare e anche disordinata tenuta della contabilità integra una violazione dei doveri dell’amministratore, solo potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite, ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4, c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge; ma in tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato, all’evidenza, non già dalla misura del falso, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi si sono occultate o che, grazie a quei falsi, sono state consentite. Tali condotte dunque devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.