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Art. 2729 c.c.
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27 Gennaio 2023

Società di fatto e prova della simulazione del contratto di trasferimento di quote

Ricorre la fattispecie della società di fatto, vale a dire quella società il cui contratto non è formato da una manifestazione di volontà espressa, ma da una manifestazione tacita di volontà, quando tra due o più soggetti, in mancanza della formalizzazione dell’accordo, si costituisce il vincolo sociale, manifestato attraverso un comportamento concludente consistente nell’esercizio in comune di un’attività economica al fine di dividerne gli utili e con l’assunzione delle responsabilità inerenti. Quel che caratterizza la società di fatto e la differenzia dalla società irregolare non è, dunque, la mancanza del contratto sociale, ma il modo in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso, infatti, può essere stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e concludenza, evidenzino l’esistenza della società (in tal senso, ex plurimis, Cass., 22 febbraio 2000, n. 1961; Cass., 25 febbraio 2010, n. 4588).

In tema di prova della simulazione di un contratto di trasferimento di quote di partecipazione in una società, il quale non richiede la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, le limitazioni poste, nei rapporti tra le parti contraenti, dall’art. 1417 c.c., riguardano soltanto la prova testimoniale (e, correlativamente, quella per presunzioni), sicché, nel rapporto tra le parti, si potrà invocare la prova per testimoni o per presunzioni, sia quando la prova venga richiesta per dimostrare l’illiceità del contratto dissimulato ex art. 1417 c.c. , sia quando ricorra una delle condizioni prescritte dall’art. 2724 c.c. (principio di prova per iscritto, impossibilità morale o materiale di procurarsi il documento e perdita incolpevole del documento), che costituiscono eccezioni al divieto di prova testimoniale del patto aggiunto o contrario al contenuto del documento simulato, per il quale si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contestuale ex art. 2722 c.c.

27 Gennaio 2023

Società di fatto e prova della simulazione del contratto di trasferimento di quote

Ricorre la fattispecie della società di fatto, vale a dire quella società il cui contratto non è formato da una manifestazione di volontà espressa, ma da una manifestazione tacita di volontà, quando tra due o più soggetti, in mancanza della formalizzazione dell’accordo, si costituisce il vincolo sociale, manifestato attraverso un comportamento concludente consistente nell’esercizio in comune di un’attività economica al fine di dividerne gli utili e con l’assunzione delle responsabilità inerenti. Quel che caratterizza la società di fatto e la differenzia dalla società irregolare non è, dunque, la mancanza del contratto sociale, ma il modo in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso, infatti, può essere stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e concludenza, evidenzino l’esistenza della società (in tal senso, ex plurimis, Cass., 22 febbraio 2000, n. 1961; Cass., 25 febbraio 2010, n. 4588).

In tema di prova della simulazione di un contratto di trasferimento di quote di partecipazione in una società, il quale non richiede la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, le limitazioni poste, nei rapporti tra le parti contraenti, dall’art. 1417 c.c., riguardano soltanto la prova testimoniale (e, correlativamente, quella per presunzioni), sicché, nel rapporto tra le parti, si potrà invocare la prova per testimoni o per presunzioni, sia quando la prova venga richiesta per dimostrare l’illiceità del contratto dissimulato ex art. 1417 c.c. , sia quando ricorra una delle condizioni prescritte dall’art. 2724 c.c. (principio di prova per iscritto, impossibilità morale o materiale di procurarsi il documento e perdita incolpevole del documento), che costituiscono eccezioni al divieto di prova testimoniale del patto aggiunto o contrario al contenuto del documento simulato, per il quale si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contestuale ex art. 2722 c.c.

23 Novembre 2022

La risoluzione del mandato senza rappresentanza per l’acquisto di quote sociali

Il mandato, anche ove conferito in rem propriam, non è ritenuto unanimemente contratto a prestazioni corrispettive e ciò precluderebbe l’azione di risoluzione del contratto. Tuttavia, si può dubitare che la risoluzione sia rimedio esclusivo dei contratti con prestazioni corrispettive, sia perché l’ordinamento ammette espressamente la possibilità di risoluzione di attribuzioni patrimoniali unilaterali, come accade per la disciplina della donazione modale, sia perché la risoluzione può derivare anche dalla mancata attuazione di elementi secondari del rapporto. Sicché il rimedio è applicabile ai contratti a titolo oneroso, nonché ai contratti a titolo gratuito per inadempimento del beneficiario che non esegua gli obblighi di carattere accessorio o strumentale a suo carico, quando tali obblighi abbiano un rilievo determinante (si pensi al contratto di mandato, quando il mandante non provveda a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato). Del resto, diversamente rimarrebbe priva di tutela l’ipotesi di omesso adempimento dell’obbligo di trasferire la quota societaria acquistata per conto del mandante in quanto per la cosa mobile è prevista l’azione reale di rivendicazione e per i mobili registrati o gli immobili il rimedio dell’azione ex art. 2932 c.c. (1706 c.c.). Considerato che la quota societaria non è una cosa mobile e non è possibile l’azione di rivendica, deve essere tutelato il mandante con l’azione giudiziale di risoluzione, non avendo più interesse all’adempimento. La risoluzione può essere pronunciata solo quando l’inadempimento dedotto sia imputabile almeno a colpa della parte inadempiente, essendo unico onere di chi agisce in risoluzione la dimostrazione del titolo e l’allegazione dell’inadempimento di controparte che deve opporre l’adempimento o la non imputabilità dell’inadempimento.

6 Settembre 2022

Danno da omessa, falsa o inesatta informazione al mercato e responsabilità del revisore

L’azione di risarcimento del danno da omessa, falsa o inesatta informazione al mercato costituisce un’azione indipendente dalla qualità di socio e perciò è esperibile non solo da titolari di azioni, ma anche da altri soggetti, titolari di valori mobiliari diversi che non attribuiscono diritti sociali, o da chi, come spesso accade, socio non è più al momento dell’esercizio dell’azione. Il sistema di certificazione rinvenibile nel T.U.F. e nelle norme secondarie ha la sola funzione di garantire, con immediatezza e fuori dal processo, la certezza delle posizioni giuridiche quando siano in gioco diritti propriamente corporativi e inerenti ai rapporti fra il socio e la società. Ne deriva che l’azione in questione non costituisce esercizio di un diritto sociale e, come tale, resta esclusa dall’ambito applicativo dell’articolo 83 quinquies, co. 3, T.U.F. Nel conflitto tra l’investitore preteso danneggiato, il quale ha un preciso interesse a non vedere appesantito eccessivamente il proprio onere di provare la titolarità del diritti soggettivi azionati, e la società emittente, la quale ha l’interesse a poter acclarare con certezza che l’attore sia (o sia stato) effettivamente titolare delle proprie azioni acquistate sul mercato secondario, il punto di equilibrio va individuato nella prova, libera ma rigorosamente ancorata, ove non si tratti di prova diretta, ai criteri di sufficiente grado di gravità, precisione, concordanza prescritti dall’art. 2729 c.c.

L’attività di revisione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 39/2010 comporta verso i singoli risparmiatori e investitori una responsabilità di natura extracontrattuale, essendo ricompresa nell’alveo della responsabilità da informazione non corretta sul mercato, rispondendo ad una necessità di controllo avvertita dall’intera società attraverso la tutela dell’ordinata conduzione del mercato.

Il soggetto che si ritiene danneggiato dalla condotta del revisore deve allegare di essersi determinato ad effettuare l’investimento nella società a ciò indotto dalla relazione del revisore che ha espresso parere favorevole a bilanci non veritieri e da altre informazioni fuorvianti veicolate prima della conclusione dell’operazione; il presunto danneggiato è tenuto a provare la specificità di tali circostanze, nonché l’idoneità di esse a trarlo in inganno. In particolare, il riferimento all’incidenza diretta del danno sul patrimonio del terzo danneggiato, quale tratto distintivo della responsabilità ex art 2395 c.c., importa un esame rigoroso del nesso causale, secondo un principio di causalità ancorato al criterio del “più probabile che non”. Conseguentemente, chi si duole dei dati contabili e di bilancio in quanto confortati dal revisore è tenuto ad allegare e, poi, a dimostrare anche l’idoneità dei medesimi a trarre in inganno la sua fiducia: onde deve fornire la dimostrazione del nesso causale fra l’illecito contabile degli amministratori ed il danno patito in modo diretto e in conseguenza dell’illecito commesso.

30 Aprile 2022

Azione di simulazione della cessione di quote sociali esercitata dall’erede: onere della prova

In tema di domanda per l’accertamento della simulazione relativa di una cessione di quote sociali dissimulante una donazione esperita dall’erede-legittimario si applica il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui il regime probatorio muta a seconda che il legittimario agisca prospettando la lesione della propria legittima e, quindi, a tutela dell’intangibilità della quota di riserva, nel qual caso assume la veste di terzo rispetto alle parti contraenti del negozio e non incorre nelle limitazioni previste dall’art. 1417 c.c. (ed è quindi ammesso a provare la simulazione per testi e presunzioni senza limiti) o, diversamente, agisca quale erede successore del de cuius facendo valere un diritto di questo in funzione della divisione tra coeredi, nel qual caso non può essere considerato terzo, ma parte del negozio, con conseguente inammissibilità della prova testimoniale e della prova per presunzioni. Allorquando, poi, siano proposte sia la domanda di divisione che quella di simulazione, il regime probatorio dev’essere scisso in relazione a ciascuna azione proposta, con riconoscimento della qualità di terzo esclusivamente in relazione alla tutela specifica della posizione del legittimario.

Quando l’attore che agisce in divisione esperisce domanda di simulazione dell’atto di cessione di quote finalizzato ad incrementare l’entità del patrimonio relitto da dividere assume senz’altro la veste di parte ed essendo, quindi, assoggettato ai limiti probatori di cui all’art. 1417 c.c., non è ammesso a dare prova della simulazione ricorrendo a presunzioni, essendo, invece, richieste idonee produzioni documentali, in mancanza delle quali la prova della simulazione della cessione delle quote non può ritenersi raggiunta.

La circostanza che la partecipazione di un socio diventi di minoranza a seguito del trasferimento delle partecipazioni intervenuto tra gli altri soci non costituisce un fatto illecito idoneo a far sorgere un diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., in particolare nelle ipotesi in cui lo statuto non preveda alcun limite alla circolazione delle quote, le quali, pertanto, sono liberamente trasferibili ai sensi dell’art. 2469 c.c.

17 Gennaio 2022

La qualità di socio occulto può essere desunta da elementi probatori, gravi, precisi e concordanti

Se, da un lato, è vero che la mera prestazione di garanzie non possa essere, di per sé, considerata quale chiaro sintomo di una partecipazione de facto alla società garantita, dall’altro, è pur vero che tale incontestata ed incontrovertibile circostanza, ove sia corroborata da altrettanto validi apporti probatori, gravi, precisi e concordanti, può essere valutata dal Giudice, ex art. 2729 c.c., quale indice rivelatore in capo al garante della qualità di socio occulto, e, in ogni caso, dell’opacità dei rapporti intercorsi tra quest’ultimo e l’amministratore di diritto.

1 Dicembre 2021

Azione di responsabilità dell’amministratore di S.r.l. per danno diretto. Efficacia probatoria della sentenza di patteggiamento nel giudizio civile

L’articolo 2476, comma 6 [ora comma 7] c.c. attribuisce al singolo socio o al terzo l’azione individuale di responsabilità extracontrattuale per far valere il diritto al risarcimento del danno direttamente cagionato nella loro sfera giuridica dagli atti dolosi o colposi degli amministratori e grava il danneggiato dell’onere di provare, innanzitutto, il fatto illecito addebitato all’amministratore e, quindi, il pregiudizio che ne è direttamente derivato nel suo patrimonio.

La sentenza penale di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non ha alcuna efficacia probatoria vincolante nel giudizio civile di risarcimento del danno in ordine alla colpevolezza dell’imputato né inverte l’onere della prova ma può costituire, come fatto storico, uno degli elementi di convincimento del giudice, liberamente apprezzabile alla stregua di un indizio da valutarsi insieme ad altri elementi gravi precisi e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c.

[Nel caso di specie, il fatto illecito imputabile all’amministratore è consistito in una truffa perpetrata ai danni dell’attrice, società di locazione finanziaria, in concorso con gli utilizzatori: dopo aver consegnato della documentazione contabile falsa ai fini della valutazione di solvibilità delle future imprese utilizzatrici, l’amministratore faceva acquistare all’attrice beni strumentali rivelatisi inesistenti e quindi mai consegnati alle imprese, con le quali poi divideva i proventi della vendita dei beni. Il danno risarcibile è stato quantificato in misura pari agli importi versati dall’attrice per l’acquisto dei beni, dedotte le esigue somme versate dalle utilizzatrici a titolo di canone di locazione].

29 Settembre 2021

Sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario – rappresentando quest’ultima una fattispecie di interposizione reale di persona –  occorre che il fiduciante dia prova, quanto al fumus boni iuris, dell’esistenza del patto fiduciario e, quanto al periculum in mora, dell’esercizio di diritti dispositivi e/o amministrativi legati alla quota che sterilizzino la tutela reale del fiduciante.

In particolare, con riferimento all’esistenza del patto fiduciario, in mancanza di prova scritta del patto medesimo, l’onere probatorio può intendersi assolto anche mediante il ricorso a una serie di indizi gravi e concordanti di natura preventiva oltre che mediante il ricorso a testimoni e presunzioni, essendo il pactum fiduciae sussumibile allo schema del mandato senza rappresentanza. Con riferimento al periculum in mora occorre provare che il fiduciario stia ponendo in essere atti di gestione della quota che possano anche solo in astratto frustrare le aspettative del socio fiduciante (nel caso di specie, la convocazione di un’assemblea per la nomina di un nuovo amministratore di comodo del fiduciario).

27 Ottobre 2020

Giudicato tributario e domanda di pagamento degli utili maturati e non corrisposti

Non è meritoria di accoglimento la richiesta del socio di vedersi attribuiti gli utili maturati e non corrisposti da una società qualora gli stessi utili siano stati determinati in un processo tributario attraverso un accertamento fiscale basato su elementi indiziari che, pur utilizzabili ex lege nel plesso della giurisdizione tributaria, prescindono dai necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dal Codice civile affinché le presunzioni semplici possano assurgere a strumento di convincimento del giudice.