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24 Maggio 2023

Responsabilità per atto distrattivo, reati societari e termine di prescrizione dell’azione del curatore del fallimento

La registrazione di una somma come credito anziché come liquidità non integra alcuna dispersione dell’attivo e, quindi, non può fondare una domanda di risarcimento, la quale può trovare piuttosto fondamento in un atto distrattivo.

Quello previsto e punito dall’art. 223 L.F. è un reato complesso, dato dalla unione di un reato societario (tra quelli disciplinati dagli art. 2621 e ss. c.c.) e l’elemento del dissesto della società, che si configuri come ulteriore effetto di quel reato; l’elemento soggettivo del reato complesso è, a sua volta, composto dalla colpa della contravvenzione societaria e dal dolo del reato fallimentare, a proposito del quale è sufficiente la consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico, non essendo invece necessaria l’intenzionalità dell’insolvenza. Quello in esame, inoltre, è un reato proprio, che può essere commesso solo da un amministratore (o altro soggetto indicato dalla norma); ma è possibile il concorso di un extraneus con l’autore diretto, ove la sua condotta rechi un apporto apprezzabile al verificarsi dell’evento e sia assistita dalla consapevolezza del depauperamento del patrimonio sociale.

Il disposto dell’art. 2947, comma 3, c.c. si applica ad ambedue le azioni esercitabili dal curatore nei confronti dell’amministratore della società a responsabilità limitata fallita: quella contrattuale spettante alla società e quella extracontrattuale dei creditori.

28 Luglio 2022

Responsabilità dell’amministratore e del liquidatore. Il danno da pagamento preferenziale

L’irregolare e disordinata tenuta della contabilità integra una violazione dei doveri dell’amministratore (art. 2219 c.c.), sebbene risulti solo potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. Tuttavia, eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite, ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c.; in tali ipotesi, salvi altri effetti ricollegabili all’inadempimento, il danno risarcibile è rappresentato non necessariamente dalla misura dell’inadempimento all’obbligo formale, quanto piuttosto dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quegli inadempimenti si sono occultate o che grazie ad essi sono state consentite.

Se il curatore è legittimato ad esercitare in sede penale l’azione civile per il risarcimento del danno da bancarotta preferenziale (art. 216, co. 3, l.fall.), allora egli è anche legittimato ad esercitare in sede civile la stessa azione (art. 185 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c.), nonché ad esperire, sempre in sede civile, azione per il danno derivante dall’illecito costituito dalla condotta corrispondente a quella penalmente rilevante – il pagamento preferenziale – la quale è connotata da elementi di disvalore (la violazione del divieto di effettuare pagamenti preferenziali, che deriva da norma inderogabile: art. 2741 c.c.) più che sufficienti per fondare l’illecito civile e la responsabilità degli amministratori che violano quella regola, essendo invece irrilevanti gli elementi che integrano in modo specifico la fattispecie penalmente rilevante (animus favendi: scopo di favorire taluno dei creditori). In particolare, gli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (art. 2394, co. 1, c.c.), la cui violazione genera responsabilità degli amministratori verso i creditori, vanno considerati ed interpretati in relazione alla funzione di garanzia che il patrimonio sociale svolge verso i creditori stessi, specie proprio quando il patrimonio risulta insufficiente per il soddisfacimento dei loro crediti (art. 2394, co. 2, c.c.). Tra tali obblighi, è da annoverare certamente quello del rispetto della par condicio creditorum (art. 2741 c.c.), con la conseguenza che il pagamento preferenziale, essendo lesivo di quell’integrità patrimoniale, risulta potenziale fonte di danno per i creditori sociali. Tale potenzialità si realizza al momento dell’apertura formale del concorso dei creditori, con l’inizio della procedura concorsuale. Il danno che connota tanto il delitto quanto l’illecito civile è dunque danno alla par condicio creditorum, perciò alla massa dei creditori e non ad uno od alcuno di essi in particolare, e si configura come danno da mancata falcidia del credito pagato per intero ovvero da maggiore falcidia dei crediti ammessi, essendo dunque pari alla differenza tra quanto il creditore ha acquisito a titolo di pagamento e quanto avrebbe acquisito in moneta fallimentare, tale essendo l’ammontare della somma che, in mancanza di pagamento, sarebbe stata ripartita, secondo le relative regole, tra tutti gli altri creditori. Ed allora, se il pagamento preferenziale costituisce, da parte degli amministratori, una violazione di legge che arreca danno alla massa dei creditori, per un verso esso genera responsabilità degli amministratori ex artt. 1173, 1218 (o 2043) e 2394 c.c. e, per altro verso, risulta senz’altro applicabile il disposto dell’art. 146 l.f., che concede azione al curatore anche in questo caso.

L’atto illecito eventualmente compiuto dall’amministratore in violazione dei doveri inerenti la carica ricoperta non comporta l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2043 c.c. Essendo l’atto distrattivo perpetrato nell’esercizio delle funzioni gestorie, rimane sottoposto alle norme che regolano il rapporto giuridico tra la società e il proprio amministratore, con la conseguenza che esso seguirà il regime di prescrizione previsto dall’art. 2393, co. 4, c.c., applicabile in via analogica anche per gli amministratori e liquidatori di s.r.l., per l’azione sociale di responsabilità e dall’art. 2941, n. 7, c.c.

Ai sensi dell’art. 2489, co. 2, c.c., i liquidatori hanno l’obbligo di agire professionalmente e diligentemente nell’adempimento delle proprie funzioni e sono responsabili per i danni eventualmente cagionati a causa della violazione di tali obblighi. La diligenza dovuta dal liquidatore è qualificata, adeguata al ruolo ricoperto, caratterizzata da una preventiva informazione del liquidatore circa tutti gli elementi utili a ricostruire il quadro societario al momento del suo subentro in carica, che gli consenta di meditare sulle operazioni più utili alla liquidazione e di intraprendere le azioni opportune senza mettere a rischio il patrimonio sociale esistente per propria negligenza, imperizia, ignoranza. La diligenza e la professionalità del liquidatore si estrinsecano, pertanto, nell’accertare la reale situazione patrimoniale della società dopo aver analizzato le effettive attività e passività sociali, approfondendo in maniera critica le risultanze dei libri sociali e dei registri contabili loro consegnati dagli amministratori, unitamente ad un rendiconto sulla gestione relativa al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato, come prescritto dall’art. 2487 bis, co. 3, c.c. in ordine al passaggio di consegne.

Illegittima prosecuzione della gestione aziendale

L’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società, da parte dell’amministratore unico ovvero da parte del consiglio di amministrazione, non ha carattere né effetto costitutivo dello stato di scioglimento, ma puramente e semplicemente dichiarativo del medesimo. Conseguentemente, il divieto di intraprendere nuove operazioni sorge per il solo verificarsi della causa di scioglimento, anche prima ed indipendentemente dal fatto che l’assemblea ne prenda o ne abbia preso atto.

Vanno qualificate come nuove operazioni tutti quei rapporti giuridici che, svincolati dalle necessità inerenti alle liquidazioni delle attività sociali, siano costituiti dagli amministratori per il conseguimento di un utile sociale e per finalità diverse da quelle di liquidazione della società.

In applicazione del disposto dell’art. 2486 c.c., integra responsabilità degli amministratori la prosecuzione, dopo che si sia verificata una causa di scioglimento, dell’attività economica della società con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale che abbia determinato effetti pregiudizievoli per la società stessa, i creditori o i terzi.

La mancata convocazione dell’assemblea dei soci e la mancata predisposizione e approvazione del bilancio di esercizio sono sintomatici dell’intenzione di occultare la riferita perdita di esercizio e dell’illegittima prosecuzione della gestione aziendale.

15 Giugno 2021

La responsabilità del liquidatore e del socio di s.r.l.

Secondo l’art. 2489, co. 1, c.c. i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società. Tale norma è stata profondamente modificata dalla riforma del diritto societario (d. lgs. 6/2003), che ha ampliato l’ambito del potere che il previgente art. 2452 c.c. conferiva ai liquidatori. Nel dettaglio, gli “atti necessari” sono stati sostituiti con gli “atti utili” ed è stato eliminato il riferimento al “divieto per i liquidatori di intraprendere nuove operazioni”. In tal guisa è stata conferita ai liquidatori una sfera di discrezionalità legata al compimento di tutti quegli atti che, anche se non strettamente collegati alla liquidazione del patrimonio sociale, sono a ciò (anche solo indirettamente) finalizzati in quanto mezzi idonei ad assicurarne un maggiore o migliore risultato, per ottenere così il maggior attivo possibile e procedere al pagamento dei debiti sociali e alla ripartizione del residuo tra i soci. L’ampio potere discrezionale attribuito ai liquidatori va tuttavia esercitato nel rispetto dell’obbligo prescritto dall’art. 2489, co. 2, c.c. di agire con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico.

L’art. 2489, co. 2, c.c. contiene una previsione generale sulla responsabilità dei liquidatori nelle società di capitali in relazione a quei comportamenti che contrastano con le finalità estintive proprie della liquidazione o che impediscono, per la mancanza della diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico, il raggiungimento dei risultati finali dell’attività economica della società.

Il rinvio generale operato dall’art. 2489, co. 2, c.c. alle norme sulla responsabilità degli amministratori consente l’esercizio nei confronti del liquidatore delle azioni di responsabilità per danni previste dagli artt. 2392 ss. c.c.

Il colpevole ritardo del liquidatore nella presentazione all’assemblea dei soci dei progetti di bilancio per più esercizi rileva in quanto sia cagionato un danno in capo alla società. I bilanci registrano gli accadimenti economici che interessano l’attività di impresa e non li determinano, sì che dalla loro irregolare redazione o da ritardi nella relativa presentazione non può discendere ex se un danno in capo alla società idoneo a dar luogo a responsabilità risarcitoria, potendo ascriversi rilievo solo a quegli atti di mala gestio che abbiano cagionato (ex art. 1223 c.c.) un pregiudizio.

Affinché possa ravvisarsi la responsabilità del socio di s.r.l. in relazione agli atti compiuti dagli amministratori, è necessario che, sotto il profilo oggettivo, questi abbia concorso nell’atto di gestione posto in essere dall’amministratore (decidendolo o, comunque, autorizzandolo, anche al di fuori delle sedi “istituzionali”) e che, sotto il profilo soggettivo, la condotta sia sorretta da “intenzionalità”; questa va interpretata quale consapevolezza dell’antigiuridicità dell’atto e con accettazione, quindi, del rischio che da tale condotta possano derivare danni alla società ai soci ed ai terzi. Ai fini della sussistenza della responsabilità in capo al socio è sufficiente che egli abbia deciso ed autorizzato e quindi abbia concorso al compimento dell’atto nonostante avesse la consapevolezza della sua contrarietà a norme o a principi generali dell’ordinamento giuridico, con l’accettazione che da tale condotta possano derivare danni.

In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità del merito delle sue scelte di gestione (c.d. business judgment rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.

L’azione individuale del socio/terzo e la responsabilità dell’amministratore ex art. 2395 c.c.

I creditori sociali di società posta in fallimento possono agire nei confronti dell’amministratore a norma dell’art. 2395 c.c. anche dopo il fallimento della società, allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della mala gestio, dovendosi, viceversa, proporre l’azione ex art. 2394 c.c. esperibile in caso di fallimento della società dal curatore, ai sensi dell’art. 146 L.F.

L’azione sociale mira al risarcimento del danno al patrimonio sociale, il quale incide indirettamente sul patrimonio dei soci per la diminuzione di valore delle loro azioni o della loro quota sociale; l’azione individuale richiede invece la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio/terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società.

Comunicare informazioni consapevolmente distorte, nonché rappresentazioni artefatte della situazione economico-patrimoniale della società e quindi celare lo stato di grave difficoltà economica e della relativa esposizione debitoria al fine di ottenere un finanziamento con la consapevolezza di non averne i requisiti e di non poterne onorare il pagamento, comporta la responsabilità dell’amministratore, il quale risponde ex art. 2395 c.c. e deve provvedere al risarcimento del danno conseguente.

15 Novembre 2019

Illecita prosecuzione dell’attività e responsabilità dell’amministratore

La curatela, per pacifica giurisprudenza, somma in sé l’azione sociale e quella dei creditori e, quanto alla prima, la prescrizione rimane sospesa sin tanto che gli amministratori sono in carica (art. 2941, comma I, n. 7) c.c.).

Se l’assenza di gestione conservativa da parte dell’amministratore non cagiona alcun dissesto, difetta il presupposto per la venuta ad esistenza di un danno da prosecuzione illegittima dell’impresa.

16 Ottobre 2019

Differenze in termini di onere di allegazione ed onere della prova tra le azioni di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale contro l’amministratore. L’inerzia dell’amministratore nel richiedere il compenso non ammonta a rinuncia allo stesso

Se da un lato l’onere di allegazione nell’azione di responsabilità contrattuale contro l’amministratore ex art. 2392 c.c. è comune a quello nell’azione di responsabilità extracontrattuale  contro l’amministratore ex art. 2043 c.c. (e quindi l’attore deve indicare puntualmente, in modo determinato, la condotta che assume inadempiente e dannosa, la contrarietà all’obbligo di diligenza dell’amministratore o a specifici obblighi di legge o il profilo di colpa o dolo, il danno e il nesso di causalità con la condotta), dall’altro il riparto dell’onere della prova è differente. [ LEGGI TUTTO ]

23 Maggio 2019

Non è risarcibile direttamente in favore del socio il danno sofferto dalla società partecipata per effetto della mala gestio dell’amministratore

L’azione individuale del socio ai sensi degli artt. 2395 e 2476 comma 6 c.c., previste rispettivamente per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata, è azione concessa per il risarcimento dei danni subiti dal socio nella sua sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente per effetto della cattiva gestione. Pertanto, anche laddove emergano elementi volti a suffragare una mala gestio della società da parte dell’amministratore, che abbia arrecato pregiudizio alla società, il socio non è legittimato, uti singulus, a richiedere in proprio il risarcimento del danno sofferto per svalutazione della partecipazione sociale.

In tema di azioni nei confronti dell’amministratore di società, a norma dell’art. 2395 cod.civ., il terzo (o il socio) è legittimato all’esperimento dell’azione (di natura aquiliana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente per effetto della cattiva gestione.

Il danno risarcibile ex art.2395 c.c. è solo quello incidente direttamente sul patrimonio del terzo, del creditore e del socio per effetto del comportamento doloso o colposo dell’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni; non anche il danno che colpisce il patrimonio della società e solo in via mediata e di riflesso, quello del socio o del terzo. In altri termini, mentre nel caso dell’azione individuale il danno deve incidere direttamente sul patrimonio del terzo e del socio, nelle altre ipotesi esso pregiudica immediatamente il patrimonio sociale e solo in via mediata e riflessa incide su quello dei singoli soci o creditori.

27 Marzo 2019

Responsabilità dell’amministratore per prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante la perdita integrale del capitale sociale e quantificazione del danno

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento.

Il comportamento inadempiente posto in essere dall’amministratore con il proseguire l’attività di impresa dalla data in cui si è verificata la perdita integrale del capitale sociale alla data in cui tale attività è effettivamente cessata comporta che egli debba rispondere dei danni che tale condotta ha causato, da valutarsi sulla scorta del criterio della differenza dei netti patrimoniali che la società esponeva alle due differenti date, epurata dalle passività che la società avrebbe comunque maturato, anche se la fase di liquidazione fosse stata tempestivamente intrapresa, in quanto indipendenti dall’effettivo svolgimento dell’attività di impresa.

20 Febbraio 2018

Prosecuzione indebita dell’attività e scorretta redazione del bilancio

Non è esente da responsabilità per mala gestio l’amministratore che sostenga di essere un mero prestanome di altro soggetto di riferimento della società. L’amministratore, infatti, che si adegui supinamente alle indicazioni del socio, di fatto trascura ogni controllo sulla correttezza della gestione sociale [ LEGGI TUTTO ]