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Art. 2479 ter c.c.
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10 Maggio 2022

Nullità della delibera per difetto di convocazione e onere probatorio

Incombe sulla società convenuta l’onere probatorio relativo all’effettività e legittimità della convocazione assembleare nei confronti del socio che deduce di non averla ricevuta e quindi l’inadempimento della società. Ne discende, in difetto della relativa prova da parte della società convenuta, la declaratoria di nullità della relativa delibera.

5 Maggio 2022

Sostituzione della delibera impugnata e cessazione della materia del contendere

Ai sensi dell’art. 2377, co. 8, c.c., l’annullamento della deliberazione assembleare non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra adottata in conformità della legge o dell’atto costitutivo. La norma, dettata con riferimento alle s.p.a., è applicabile anche alla s.r.l., in virtù dell’espresso rinvio contenuto nell’art. 2479 ter c.c. Dal relativo contenuto si deduce che, ove sopravvenga la sostituzione delle delibere invalide, il giudice può dichiarare la cessazione della materia del contendere soltanto ove accerti che: (i) la delibera adottata in sostituzione di quella impugnata sia conforme alla legge e allo statuto; (ii) le parti si diano reciprocamente atto dell’intervenuto mutamento della situazione e formulino conclusioni conformi. In altre parole, è necessario che non vi sia contrasto riguardo all’esistenza e alla validità della delibera sostitutiva, giacché siffatte condizioni evidenzierebbero la sopravvenuta carenza d’interesse all’impugnativa.

La cessazione della materia del contendere è un istituto giuridico, non regolamentato dal codice di proceduta civile, di stretta elaborazione giurisprudenziale, che porta alla definizione del giudizio, anche se ontologicamente differente rispetto alla rinuncia agli atti o all’azione, nonostante le medesime conseguenze in ordine alla impossibilità nella prosecuzione del processo. La stessa si fonda sul venir meno all’interesse delle parti a una decisione sulla domanda giudiziale come proposta o come venuta ad evolversi nel corso del giudizio, sulla scorta di circostanze poste in essere dalle medesime parti, per svariate ragioni. In sintesi, la cessazione della materia del contendere è una forma di definizione del processo conseguente al sopravvenuto mutamento della situazione dedotta in giudizio, di cui le parti si danno reciproco atto, che fa venir meno la ragion d’essere della lite.

In ogni caso, venuta meno la materia del contendere quanto al diritto sostanziale originariamente dedotto in giudizio, qualora persista contrasto sulla ripartizione delle spese processuali, esso deve essere risolto mediante il ricorso al principio della c.d. soccombenza virtuale.

27 Aprile 2022

Impugnazione della delibera assembleare di aumento di capitale per mancata convocazione dei soci

In tema di invalidità delle deliberazioni dell’assemblea delle società per azioni (richiamata dall’art. 2479-ter c.c. anche per le società a responsabilità limitata), la regola generale è quella della annullabilità (art. 2377 c.c.). La previsione della nullità è limitata ai soli casi, disciplinati dall’art. 2379 c.c., di impossibilità o illiceità dell’oggetto, che ricorrono quando il contenuto della deliberazione contrasta con norme dettate a tutela degli interessi generali, che trascendono l’interesse del singolo socio, risultando dirette ad impedire deviazioni dallo scopo economico-pratico del rapporto di società nonché quando sia stata omessa la convocazione dell’assemblea o nel caso di mancanza del verbale.

La ratio dell’art. 2379-ter c.c. per l’impugnazione delle delibere societarie aventi ad oggetto l’aumento di capitale, nei casi in cui è prevista la sanzione di nullità (art. 2379 c.c.), è posta a tutela dell’esigenza di stabilità delle decisioni societarie. [Nel caso di specie il Tribunale di Napoli ha dichiarato la tardività dell’impugnazione della delibera assembleare di aumento di capitale di s.r.l. per omessa convocazione dell’assemblea straordinaria, in quanto risulta decorso sia il termine di centottanta giorni per l’impugnazione della delibera nulla per illiceità dell’oggetto che il termine di novanta giorni previsto per l’ipotesi di mancata convocazione.]

L’interesse all’impugnazione della delibera da cui deriva la perdita dello status di socio

L’interesse di un socio ad impugnare una delibera assembleare, asseritamente illegittima, dalla cui esecuzione deriva, quale conseguenza, la cessazione della qualità di socio, risiede proprio nella pretesa al mantenimento di tale qualità. Di conseguenza, l’ex socio non è carente di interesse ad impugnare per aver perso tale status in conseguenza dell’esecuzione della delibera, ma la stessa perdita della qualità di socio costituisce il motivo di interesse. Infatti, l’azione di annullamento delle delibere di una società per azioni, disciplinata dall’art. 2377 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di socio dell’attore non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione della controversia, tranne nel caso in cui il venir meno della qualità di socio sia diretta conseguenza della deliberazione la cui legittimità egli contesta.

Le clausole statutarie che prevedono un quorum rafforzato per la deliberazione di un aumento di capitale non sono applicabili al caso del conferimento aggiuntivo richiesto al socio in caso di perdita totale del capitale sociale o sua riduzione al di sotto del minimo legale e successiva ricostituzione ex art. 2482-ter c.c., in quanto, in questo caso, la delibera non costituisce una libera scelta imprenditoriale, bensì l’unica alternativa per evitare lo scioglimento della società.

11 Aprile 2022

Nullità della delibera assembleare di s.r.l. per mancato invio dell’avviso di convocazione

Il vizio di mancato invio dell’avviso di convocazione di un’assemblea rileva come causa di nullità della delibera ai sensi dell’art. 2479 ter, co. 3, c.c., ben potendosi assimilare l’ipotesi di carenza assoluta di informazione a quella (anche più grave) di carenza assoluta di convocazione.

È pacifico che in caso di impugnazione di delibera da parte di un socio che abbia dimostrato la sua mancata partecipazione all’assemblea, incombe sulla società convenuta l’onere di provare di avere inviato l’avviso di convocazione. Il socio attore in un giudizio contumaciale è sollevato dall’onere di provare il mancato invio dell’avviso di convocazione poiché, in forza dei principi del riparto dell’onere della prova in materia di responsabilità contrattuale e della prossimità alla fonte di prova, si deve considerare che l’obbligo di comunicare la convocazione è in capo alla società (art. 2479 bis, co. 1, c.c.), sicché, in un rapporto di natura contrattuale, quale quello tra socio e società, è sufficiente che il socio-creditore alleghi l’inadempimento perché sia la società-debitore a dover provare l’esatto adempimento.

Nel caso di impugnazione di deliberazione assembleare, legittimata passiva è solo ed esclusivamente la società, quale soggetto da cui promana la manifestazione di volontà impugnata.

Il difetto di convocazione dell’assemblea nelle s.r.l.

La mancata convocazione dell’assemblea dei soci di s.r.l. determina l’invalidità della delibera ai sensi dell’art. 2479 ter c.c., in quanto assunta in assenza assoluta di informazione. Al riguardo, non assume alcun rilievo l’ipotesi in cui il socio impugnante abbia acquisito aliunde notizia dell’assemblea e del relativo ordine del giorno. Ai sensi dell’art. 2479 bis, co. 5, c.c., l’ambivalenza tra convocazione e informazione è riferita solo ed esclusivamente ad amministratori e sindaci per l’ipotesi in cui l’assemblea, che pure non sia stata convocata secondo le modalità prescritte, abbia deliberato con la partecipazione dell’intero capitale sociale.

30 Marzo 2022

Assemblea totalitaria e abuso di maggioranza

Nel caso di mancata convocazione dell’assemblea, l’art. 2379 bis c.c. preclude al socio che, pur non essendovi convocato, abbia partecipato e ne abbia consentito lo svolgimento, di impugnare la delibera esitata dall’assemblea. In altre parole, per quell’ipotesi di totale compromissione del diritto d’informazione del socio, cui la convocazione è preordinata, in omaggio al principio generale immanente nel sistema del diritto societario – di garantire, il più possibile, la stabilità delle decisioni assembleari – il legislatore ha inteso prevedere un’ipotesi di nullità sanabile.

Di fronte a un’assemblea totalitaria, l’accertamento della presenza dell’intero capitale sociale e della maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo esclude la rilevanza della mancanza delle formalità previste per la convocazione, il cui astratto rilievo officioso rimane neutralizzato. Tale assemblea ha competenza generale, senza che rilevi l’eventuale violazione delle norme che disciplinano la convocazione.

La disciplina dell’assemblea totalitaria contenuta al comma 4 dell’art. 2366 c.c. è da ritenersi applicabile anche alle assemblee di s.r.l.

L’esecuzione del contratto di società deve essere improntata ai ben noti canoni di correttezza e buona fede e l’abuso di maggioranza (c.d. abuso, o eccesso, di potere) può condurre all’annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando le stesse non trovino alcuna giustificazione nell’interesse sociale – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che identifichi espressamente la figura dell’abuso di potere nelle deliberazioni assembleari, anche se, da tempo, si ammette l’esistenza di tale fattispecie, riferendola alle ipotesi di applicazione non corretta del principio maggioritario; più precisamente, tale figura giuridica non tipizzata si estrinseca nell’esercizio del diritto di voto da parte del socio di maggioranza a danno degli altri soci, tramite l’adozione di una delibera assembleare lesiva degli interessi della minoranza, ovvero, in alternativa, in contrasto con l’interesse sociale.

Il cosiddetto abuso della regola di maggioranza costituisce una species del ben più ampio genus dell’abuso del diritto, al quale si riconducono tutte quelle ipotesi in cui un comportamento, che formalmente rappresenta l’esercizio di un diritto soggettivo, è sprovvisto di tutela giuridica o comunque illecito in quanto svolto in violazione delle regole generali di buona fede e correttezza, le quali sono di applicazione generale a tutti i rapporti giuridici obbligatori e, tra questi, anche a quelli derivanti dal contratto di società. Sussiste, infatti, la figura dell’abuso quando la decisione dell’assemblea risulta arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci di maggioranza allo scopo di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero per ledere i diritti del singolo partecipante.

8 Febbraio 2022

Invalidità delle decisioni dei soci di s.r.l.

L’illegittima formazione delle maggioranze ai fini delle decisioni dei soci nella s.r.l. non costituisce in ogni caso vizio di nullità, ma di mera annullabilità della delibera. La nullità è, infatti, prevista soltanto per il caso di decisioni aventi oggetto illecito o impossibile oppure prese in assenza assoluta di informazioni (art. 2479 ter, co. 3, c.c.) oppure che dispongono modifiche dell’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Per tutte le decisioni che non sono state prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo è, invece, dettato (art. 2479 ter, co. 1, c.c.) il regime della annullabilità.

2 Febbraio 2022

Nullità della delibera, omissione di una posta attiva dal bilancio

La mancanza totale di convocazione assembleare di una s.r.l. rientra nell’ipotesi di “assenza assoluta di informazione” di cui all’art. 2479-ter, co. 3 c.c., che comporta la sanzione della nullità della delibera, rilevabile dal giudice anche d’ufficio, pure in difetto di una previsione espressa, diversamente dai vizi che inficiano la convocazione effettivamente eseguita, determinanti l’annullabilità della decisione: e ciò in quanto la completa carenza di convocazione dell’assemblea riecheggia, in materia di s.r.l., l’analoga previsione di nullità contenuta, per le deliberazioni assembleari delle s.p.a., nell’art. 2379, co. 1 c.c.

L’oggetto di una delibera assembleare è illecito ex art. 2479-ter, co. 3 c.c. laddove il contenuto della stessa contrasti con norme dirette a tutelare interessi generali o ad impedire una deviazione dallo scopo economico-pratico del rapporto di società. Le norme inderogabili volte a presidiare la chiarezza e la precisione del bilancio contengono precetti dettati, oltre che nell’interesse dei singoli soci, anche a tutela dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente. Si tratta, dunque, di norme la cui osservanza è strumentale alla tutela di interessi generali. La loro violazione integra, quindi, un’ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto ex art. 2479-ter, co. 3 c.c.

In questo senso, la totale e ingiustificata omissione di una posta attiva confligge con il principio della c.d. continuità dei valori contabili di bilancio, sancito dall’art. 92 D.P.R. n. 917/1986 e dall’art. 2423-bis, n. 6 c.c., secondo cui il bilancio del nuovo esercizio di una società di capitali deve partire dai dati di chiusura di quello relativo all’anno precedente, non potendosi altrimenti ritenere che siano stati rispettati i principi di veridicità e correttezza di cui all’art. 2423, co. 2 c.c.

Agli effetti del tentativo di conciliazione prescritto dallo statuto, la nullità della delibera impugnata per illiceità dell’oggetto è da considerarsi diritto indisponibile, assorbente rispetto ai temi concernenti i vizi di invalidità della decisione eventualmente sanabili ex art. 2379-bis c.c. (come la mancata convocazione dell’assemblea).

31 Gennaio 2022

Abuso della maggioranza e aumento del capitale senza sovrapprezzo

L’abuso del diritto di voto da parte del socio maggioranza che determina l’annullabilità della deliberazione assembleare si configura allorché il socio eserciti consapevolmente il suo diritto di voto in modo tale da ledere le prerogative degli altri soci senza perseguire alcun interesse sociale, in violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nell’esecuzione del contratto sociale.

La previsione dell’aumento di capitale “alla pari” cioè senza la previsione del sovrapprezzo corrispondente al maggior valore del patrimonio sociale rispetto al capitale nominale non può costituire sintomo di abuso della maggioranza, in presenza della previsione del diritto di opzione a favore di tutti i soci