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Michele Rossi

Michele Rossi

Dottore di ricerca (Università di Bologna) e Avvocato in Bologna - Studio Legale Associato Demuro Russo

26 Agosto 2024

Limiti di ammissibilità di pronunce sostitutive a contenuto positivo di delibere negative

Nelle s.r.l., sebbene l’art. 2479 ter c.c. attribuisca testualmente la legittimazione a impugnare le deliberazioni della società ai soci che non vi hanno consentito, senza distinguere tra i soci che hanno manifestato voto contrario e i soci assenti o astenuti, la legittimazione spetta, come nelle s.p.a., a tutti coloro che non hanno espresso voto adesivo rispetto alla deliberazione adottata e, quindi, non solo ai soci dissenzienti, ma anche agli assenti e agli astenuti. Nel caso delle deliberazioni negative, legittimati sono dunque non solo i soci che hanno espresso voto favorevole alla deliberazione non adottata, e che quindi sono risultati soccombenti rispetto alla decisione della società, ma anche gli assenti e gli astenuti, i quali, non avendo partecipato all’assemblea o comunque non avendo espresso un voto contrario alla sua approvazione, non hanno acconsentito alla delibera. La pronuncia sostitutiva di una deliberazione assembleare negativa è ammissibile solo in casi eccezionali, ove la deliberazione rappresenta un risultato necessariamente conseguente all’accertamento del vizio della deliberazione negativa, e quindi la deliberazione positiva è effetto della correzione dell’errore, come, ad esempio, nel caso in cui si ravvisa un vizio procedimentale dalla correzione obbligata, quale un errore di calcolo nella proclamazione dei risultati. In generale, invece, il giudice non può sostituire una deliberazione negativa con un’altra delibera, che comporti il conseguimento di un risultato positivo che non ha riscontrato il voto favorevole della maggioranza, quale il compimento di un’operazione societaria non condivisa dalla maggioranza dei soci, non potendo i soci di minoranza ottenere una sentenza che si sostituisca alla volontà dei soci di maggioranza e che produca un risultato diverso dal mero effetto ripristinatorio che consegue all’annullamento della deliberazione impugnata. La sussistenza di un interesse a impugnare una delibera negativa per evitare il suo consolidamento è ravvisabile solo nel caso in cui sussista una specifica clausola statutaria che vieti di sottoporre all'assemblea la stessa proposta prima del decorso di un certo lasso di tempo dalla decisione negativa. [ Continua ]
25 Agosto 2024

Azione di responsabilità: prescrizione, C.T.U. e riduzione del capitale sociale per perdite

In materia di azione di responsabilità dei creditori sociali ex artt. 2394 e 2476, co. 6, c.c. sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra la data di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di insolvenza che può essere vinta dall’amministratore convenuto dimostrando l’insorgenza e l’oggettiva percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i creditori in una data diversa, anteriore, a quella di dichiarazione di fallimento. Il bilancio d’esercizio, anche quando espone delle perdite, non necessariamente conduce alla diretta conoscibilità dell’insufficienza patrimoniale da parte dei creditori e ciò in quanto i valori espressi nelle voci di bilancio – per espressa previsione dell’art. 2426 c.c. in materia di criteri di redazione – possono non coincidere con quelli di mercato. In ogni consulenza tecnica, anche contabile, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio, il consulente può acquisire – anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti stesse – tutti i documenti che è necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare  e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio. La rinuncia al credito da parte dei soci che incrementi il patrimonio netto (in ossequio al principio contabile OCI 18) ovvero gli apporti di capitale da parte dei soci che intervengano prima dell’assemblea che l’organo amministrativo ha l’obbligo di convocare senza indugio ai sensi dell’art. 2482 ter c.c., consentono all’assemblea stessa di evitare la riduzione del capitale sociale per perdite e il contemporaneo aumento del capitale sociale, in ragione della sopravvenienza attiva posteriore alle perdite che incrementa il patrimonio netto, posto che detta sopravvenienza attiva utilizzata per assorbire le perdite anteriori sterilizza dette perdite e la necessità, dunque, di ricorrere alla ricostituzione mediante riduzione nominale e successivo aumento di capitale resi inutili dalla già intervenuta patrimonializzazione. Per poter far venir meno la necessità della convocata assemblea ex art. 2482 ter c.c. di procedere con riduzione e aumento del capitale, gli apporti di capitale dei soci devono essere effettuati con certezza, dovendo risultare eventi migliorativi della situazione patrimoniale della società, ancorché atipici, effettivamente intercorsi fra la data di convocazione e l’assemblea stessa. [ Continua ]
5 Gennaio 2024

Responsabilità dell’amministratore e criteri di quantificazione del danno 

Nell’ambito di un’azione per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c., il periculum in mora deve essere fondato – cioè supportato dalla presenza o da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, oppure da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio – nonché riferito alla perdita della garanzia del credito e quindi all’eventualità che detto patrimonio subisca alterazioni tali da compromettere, in caso di inadempimento, la realizzazione coattiva del credito. Nell’ambito di un’azione risarcitoria promossa contro un amministratore, in punto di quantificazione del danno, il criterio della differenza tra attivo e passivo fallimentare è applicabile quando la mancanza delle scritture contabili o l’insufficienza delle stesse sia addebitale al gerente. Qualora la mancanza delle scritture contabili sia invece imputabile al fallimento attore che ha mancato di produrle in giudizio, il danno è quantificabile secondo il criterio dei netti patrimoniali. [ Continua ]
7 Dicembre 2023

Danno da mancato disinvestimento di azioni non quotate e responsabilità della società di revisione

La responsabilità dei revisori legali e della società di revisione per mancato disinvestimento invocabile dai soci che lamentino di aver fatto affidamento sui giudizi rilasciati dai primi è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 15 d.lgs. 39/2020 che, ancorché solidale con quella degli amministratori, è una responsabilità per fatto proprio colposo o doloso commesso nell’esercizio dell’attività di controllo contabile loro demandato. La responsabilità dei revisori legali e della società di revisione ex art. 15 d.lgs. 39/2020 ha natura extracontrattuale ed è ricondotta nell’alveo della responsabilità da informazione non corretta resa al pubblico. Elementi strutturali della fattispecie di responsabilità sono: (i) la condotta di inadempienza ai principi di revisione da parte del revisore nell’esercizio della sua attività e quindi l’aver reso un giudizio senza rilievi in presenza di un bilancio non vero, redatto non in conformità ai criteri di legge e contabili; (ii) l’esistenza di un pregiudizio; (iii) il nesso causa-effetto tra il presunto comportamento inadempiente e il danno lamentato. Il soggetto che si ritiene danneggiato dalla condotta del revisore deve allegare di essersi determinato ad una certa scelta e, se si tratta di investimenti, ad effettuare l’investimento o a non effettuare il disinvestimento indotto da dati patrimoniali, economici esposti in bilancio e dalla relazione del revisore che ha espresso parere senza rilievi, creando un infondato affidamento sui dati non veri resi evidenti successivamente con il disvelamento della reale situazione. Inoltre, il danneggiato è tenuto a provare la specificità di tali circostanze, nonché l’idoneità di esse a trarlo in inganno. Sussiste una presunzione di nesso di causalità tra la scelta di investimento/disinvestimento e l’informazione data al pubblico dell’emittente; la presunzione è tuttavia suscettibile di prova contraria se si dimostra, anche alla luce delle condotte tenute dall’investitore successivamente al disvelamento della informazione decettiva, l’irrilevanza delle informazioni date al mercato in rapporto alla scelta concreta dell’investitore specifico. Quanto al danno derivante dal mancato e tempestivo disinvestimento, e meglio qualificabile come perdita di chance di disinvestire, non è concepibile in concreto a fronte di un’obiettiva difficoltà di smobilizzo di un titolo caratterizzato come “illiquido”. [ Continua ]
13 Ottobre 2023

Controllo individuale del socio s.r.l.: presupposti, oggetto e limiti

Il diritto di accesso alla documentazione sociale è riconosciuto all’art. 2476, comma 2, c.c. in capo ai soci s.r.l. che non partecipano all’amministrazione ed è manifestazione di un potere di controllo individuale non necessariamente a corredo della legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità bensì funzionale a garantire la trasparenza della gestione e il controllo del singolo socio. Il controllo del socio s.r.l. si esplica in due direzioni: diritto di informazione e diritto di consultazione con facoltà di estrarre copia. Il perimetro del potere di indagine del socio sui “documenti relativi all’amministrazione”, quanto all’oggetto, ricomprende tutta la documentazione ragionevolmente necessaria ovvero in concreto esaminata o utilizzata dall’organo amministrativo per il corretto esercizio delle proprie funzioni che si possa reputare nella materiale disponibilità giuridica dello stesso. In questo senso, detta prerogativa può dirsi coincidente con il potere di controllo esercitato dal collegio sindacale di s.p.a. sull’organo gestorio. Il potere di controllo del socio s.r.l., da leggere oggi anche alla luce del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, si estende anche all’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. Il limite al potere di controllo va individuato nell’esercizio in buona fede delle relative facoltà e nel bilanciamento degli interessi di volta in volta coinvolti da individuare sulla base dell'opportunità di tutelare specifici interessi sociali che si dispieghino eventualmente in conflitto con quelli del socio. [ Continua ]
5 Dicembre 2023

Diritto al compenso dell’amministratore e compromettibilità in arbitri

Il diritto dell’amministratore di società al compenso per la carica svolta è un diritto patrimoniale disponibile che spetta se riconosciuto dallo statuto o dall’assemblea dei soci. La contestazione circa l’esistenza del diritto sollevata dalla società non trasforma il diritto da disponibile in indisponibile; pertanto, esso resta assolutamente compromettibile. La clausola di uno statuto va interpretata secondo i principi ermeneutici previsti per l'interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. c.c.) e, quindi, avuto riguardo al senso letterale delle parole, attribuendo a ciascuna clausola il senso che risulta dal complesso dell'atto (art. 1363 c.c.). [ Continua ]
17 Gennaio 2024

Azione di responsabilità esperita dalla Curatela e assenza del parere del comitato dei creditori

Ai fini della proposizione dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., il parere del comitato dei creditori non costituisce un elemento indispensabile per l’integrazione dei poteri del curatore e assume valenza solo endofallimentare; da ciò consegue che la sua assenza non configura un vizio dell’azione ma implica una mera irregolarità tutta interna alla procedura concorsuale, reclamabile solo ex art. 26 l. fall. Data l’unitarietà dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall., la prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori è percepibile all’esterno e per presunzione iuris tantum la manifestazione di tale insufficienza coincide con la dichiarazione di fallimento, sicché incombe sull’amministratore convenuto che eccepisce la prescrizione provare che l’insufficienza preesisteva ed era conoscibile prima del fallimento. [ Continua ]

Conferimento dell’azienda in una NewCo e decisioni che “comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale”

In materia di s.r.l., sebbene l’art. 2479 c.c. contempli come ipotesi distinte, ai nn. 4) e 5), le decisioni in tema di “modificazioni dell'atto costitutivo” rispetto a quelle che implicano la “sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo”, va osservato che entrambe le tipologie di decisioni sono poi accumunate all’art. 2479-bis, comma 3, c.c. che riserva all’assemblea dei soci la loro adozione richiedendo il “voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale”, “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo”, in coerenza con la circostanza che sia l’una che l’altra decisione rivestono natura straordinaria per la vita della società, indipendentemente dalla natura “formale” di detta modifica, mediante una modifica delle previsioni statutarie, piuttosto che “sostanziale”, in forza di operazioni che pur non comportando una modifica testuale determinino comunque una trasformazione societaria. In altre parole, il fatto che il codice civile abbia trattato congiuntamente, all’art. 2479-bis, comma 3, c.c., le ipotesi richiamate rende evidente, da un lato, l’intenzione di demandare ai soci la possibilità di prevedere una maggior cautela nell’adozione di delibere che vertano su tali fattispecie, optando per maggioranze qualificate, dall’altro, l’assimilazione sostanziale delle due ipotesi. In quest’ottica, la “decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo” appare quindi, più che un’ipotesi a sé stante, una specificazione dell’ipotesi di “modificazioni dell'atto costitutivo” comprensiva di tutti i casi che non implicano una formale modifica del testo dello statuto ma sono riconducibili ad operazioni che impattano, modificandolo in concreto, sull’assetto societario. [ Continua ]
Codice RG 380 2021
26 Aprile 2023

Buona fede e correttezza nell’esercizio del diritto di consultazione del socio di s.r.l.

L’art. 2476 c.c. riconosce ai soci il diritto di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione. Segnatamente, in analogia con quanto previsto dall’art. 2261 c.c. in tema di controllo sulla gestione di società di persone da parte dei soci che non partecipano alla relativa amministrazione, anche nelle società a responsabilità limitata il diritto alla consultazione dei libri e documenti sociali è riconosciuto a qualunque socio non amministratore, indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso sia titolare. In particolare, il diritto di cui si discute – strumentale all’esercizio del potere di controllo accordato al socio – attiene alla consultazione di tutti i documenti afferenti all’amministrazione della società, dal momento della relativa costituzione, e comprende, quale necessario corollario, anche la facoltà di estrarre copia dei documenti esaminati (naturalmente a spese del socio interessato). Il diritto di controllo del socio non amministratore, non a caso disciplinato nell’ambito dell’art. 2476 c.c., soddisfa l’esigenza di acquisizione di informazioni utili in merito alle modalità di effettivo svolgimento della funzione gestoria da parte degli amministratori ed è funzionale, altresì, all’esperimento dell’azione sociale di responsabilità promuovibile in via surrogatoria da ciascun socio, nonché dell’azione di revoca dell’organo gestorio. Il diritto di consultazione ex art. 2476, co. 2, c.c. spettante al socio non amministratore di s.r.l., in quanto strumentale all’esercizio del fondamentale potere di controllo, non tollera limitazioni di sorta, se non quelle connesse alla generale operatività del principio di buona fede e correttezza. In omaggio al principio di buona fede e correttezza sono da considerare illegittimi i comportamenti che risultino rivolti a fini diversi da quelli strettamente informativi. Il socio è infatti tenuto ad astenersi da una ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni di cui il socio non ha effettivamente bisogno al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso l’esercizio del diritto non potrebbe ricevere tutela in quanto mosso da interessi ostruzionistici. Parimenti contraria a buona fede è la condotta del socio che eserciti il controllo in modo contrastante con l’interesse sociale. In siffatti casi, sussiste un vero e proprio obbligo degli amministratori di rifiutare informazioni sociali riservate, considerato anche che gli amministratori potrebbero rendersi responsabili verso la società per l’indebito uso delle informazioni da parte del socio ai danni della società. Sia che si invochi il limite generale derivante dai doveri di correttezza e buona fede, sia che si invochi la figura dell’abuso del diritto, è certo che i soci non possano esercitare i propri diritti di controllo con modalità tali da recare intralcio alla gestione societaria ovvero da svantaggiare la società nei rapporti con imprese concorrenti: una scelta puramente emulativa o vessatoria o antisociale di tempi e modi dei diritti di controllo farebbe, infatti, esorbitare questi ultimi dallo scopo per cui sono stati concessi dall’ordinamento ai soci stessi. Fra le esigenze che possono legittimare la società a richiedere il rispetto di determinate condizionalità e modalità di accesso e, financo, di precludere la visione di taluni documenti o informazioni in essi riportati, rientrano la salvaguardia dei dati e del know-how aziendale e la prevenzione di un uso strumentale del diritto di ispezione da parte del socio; segnatamente, non indirizzato a fini di controllo individuale, quanto piuttosto a scopi concorrenziali, avuto riguardo alla concreta posizione del socio richiedente che renda verosimili e seri i rischi di utilizzo abusivo della documentazione riservata. Qualora le circostanze facciano presagire un comportamento del socio contrario a buona fede nei rapporti sociali, è ammissibile che la società subordini l’esercizio del diritto di ispezione a specifiche proprie richieste. Tra queste, l’oscuramento dei dati sensibili, anche di natura commerciale, sulle copie dei documenti maggiormente rilevanti ovvero la firma di impegni di non disclosure da parte del socio. Tuttavia, tali prassi devono trovare giustificazione, in concreto, dal pregiudizio che potrebbe conseguire alla società dalla divulgazione a terzi delle informazioni oggetto di ostensione al socio ovvero dall’utilizzo delle stesse da parte del medesimo. Ciò a maggior ragione poiché l’assenso da parte degli amministratori della società ad una richiesta di ispezione pretestuosa potrebbe esporre gli amministratori a responsabilità verso la società per i danni ad essa arrecati dall’indebito uso delle informazioni da parte del socio. Al di là delle limitazioni derivanti dall’operatività del principio di buona fede e correttezza, l’ingiustificato procrastinarsi del rifiuto da parte degli amministratori all’accesso del socio alla documentazione sociale vale, di per sé, ad integrare il periculum in mora che giustifica l’emissione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., poiché il ritardo lede il diritto di controllo del socio medesimo sull’amministrazione della società e l’esercizio dei poteri connessi sia all’interno della società che mediante eventuali iniziative giudiziarie. Proprio in quanto fondamentale strumento per l’esercizio dei poteri di controllo spettanti al socio non amministratore, il diritto alla consultazione ed eventuale estrazione di copie deve intendersi riferito a tutti i libri sociali e documenti relativi alla gestione. Quindi, integra una seria e grave lesione di tale diritto anche la preclusione dell’esame di taluni soltanto dei documenti richiesti. [ Continua ]