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Mancata quantificazione del danno in un’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c.

Il danno all’immagine e alla reputazione, inteso come danno conseguenza, non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Sicché la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice in base non tanto a valutazioni astratte, bensì al concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato. Alla mancata prova del danno non può sopperire la valutazione equitativa dello stesso considerato che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili, ma che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, fermo restando dunque l’onere della parte di dimostrare l’an debeatur del diritto al risarcimento.

11 Maggio 2023

Danno da mancato disinvestimento di azioni non quotate e responsabilità della società di revisione

La responsabilità dei revisori legali e della società di revisione per mancato disinvestimento invocabile dai soci che lamentino di aver fatto affidamento sui giudizi rilasciati dai primi è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 15 d.lgs. 39/2020 che, ancorché solidale con quella degli amministratori, è una responsabilità per fatto proprio colposo o doloso commesso nell’esercizio dell’attività di controllo contabile loro demandato.

La responsabilità dei revisori legali e della società di revisione ex art. 15 d.lgs. 39/2020 ha natura extracontrattuale ed è ricondotta nell’alveo della responsabilità da informazione non corretta resa al pubblico. Elementi strutturali della fattispecie di responsabilità sono: (i) la condotta di inadempienza ai principi di revisione da parte del revisore nell’esercizio della sua attività e quindi l’aver reso un giudizio senza rilievi in presenza di un bilancio non vero, redatto non in conformità ai criteri di legge e contabili; (ii) l’esistenza di un pregiudizio; (iii) il nesso causa-effetto tra il presunto comportamento inadempiente e il danno lamentato.

Il soggetto che si ritiene danneggiato dalla condotta del revisore deve allegare di essersi determinato ad una certa scelta e, se si tratta di investimenti, ad effettuare l’investimento o a non effettuare il disinvestimento indotto da dati patrimoniali, economici esposti in bilancio e dalla relazione del revisore che ha espresso parere senza rilievi, creando un infondato affidamento sui dati non veri resi evidenti successivamente con il disvelamento della reale situazione. Inoltre, il danneggiato è tenuto a provare la specificità di tali circostanze, nonché l’idoneità di esse a trarlo in inganno.

Sussiste una presunzione di nesso di causalità tra la scelta di investimento/disinvestimento e l’informazione data al pubblico dell’emittente; la presunzione è tuttavia suscettibile di prova contraria se si dimostra, anche alla luce delle condotte tenute dall’investitore successivamente al disvelamento della informazione decettiva, l’irrilevanza delle informazioni date al mercato in rapporto alla scelta concreta dell’investitore specifico.

Quanto al danno derivante dal mancato e tempestivo disinvestimento, e meglio qualificabile come perdita di chance di disinvestire, non è concepibile in concreto a fronte di un’obiettiva difficoltà di smobilizzo di un titolo caratterizzato come “illiquido”.

23 Gennaio 2023

Principi in tema di responsabilità degli amministratori

L’azione ai sensi dell’art. 146 l.f. racchiude sia l’azione sociale (art. 2476, co. 1 e 3, c.c.), sia l’azione creditoria (odierno art. 2476, co. 6, c.c., che dal 16 marzo 2019 esplicita tale titolo di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali nelle s.r.l., titolo in giurisprudenza già considerato valevole per essi in ragione della ritenuta applicazione anche alle s.r.l. del disposto dell’art. 2394 c.c., quantomeno nell’azione unitaria fallimentare).

L’art. 2476, co. 8 (già co. 7), c.c. stabilisce la corresponsabilità solidale con gli amministratori dei soci che abbiano intenzionalmente deciso atti dannosi per la società, i soci o i terzi. Il tenore del richiamo normativo (“ai sensi dei precedenti commi”) fonda la corresponsabilità degli amministratori sia nell’illecito contrattuale (art. 2476, co. 1 e 3, c.c.) sia in quello extracontrattuale (attuale art. 2476, co. 7, c.c.). La norma richiede un’intenzionalità, che devesi ravvisare anche nel caso del dolo eventuale.

Le due azioni (l’azione sociale ex art. 2476, co. 1 e 3, c.c. e l’azione creditoria ex art. 2476, co. 7, c.c.) rimangono regolate distintamente sia quanto al regime prescrizionale, sia quanto al regime dell’onere probatorio. La prescrizione dell’azione sociale decorre da quando la società in persona dei suoi amministratori è in grado di percepire la dannosità dell’atto, quella dell’azione creditoria da quando ne sono posti in grado i creditori.

I soli amministratori vedono la sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 7, c.c., norma applicabile all’azione sociale; la ratio della causa di sospensione (in mancanza di essa la società rimarrebbe indifesa, dato che il soggetto che dovrebbe agire a tutela della società, essendo suo amministratore, certamente non eserciterebbe l’azione contro sé medesimo) e il disposto espresso dell’art. 1310, co. 2, c.c. comportano tale conseguenza. Anche la causa di sospensione di cui all’art. 2941, n. 8, c.c. opera con solo riguardo al responsabile dell’occultamento e al creditore.

L’art. 1310 c.c. prevede che l’atto interruttivo della prescrizione operante verso uno dei condebitori sia efficace anche contro gli altri.

 

16 Dicembre 2022

Il criterio di liquidazione del danno della differenza dei netti patrimoniali

Il criterio della c.d. differenza dei netti patrimoniali è stato codificato nella più recente riforma dell’art. 2486 c.c. quale regola presuntiva, ma esso era già conosciuto e ritenuto adeguato in giurisprudenza per misurare il danno derivante dalla mancata conversione dell’attività a mera gestione conservativa, pur a seguito di perdite rilevanti del capitale sociale, in quelle situazioni in cui la prosecuzione dell’attività non sia avvenuta mediante singoli e bene individuabili atti, ma nella miriade delle operazioni caratteristiche della continuità aziendale, eventualmente anche di effetto utile e magari anche recuperatorie di valori. Il criterio permette di percepire e paragonare l’effetto complessivo della gestione indebita, in quanto non meramente conservativa, alla fine del periodo di osservazione, quando tale gestione indebita cessa, rispetto al momento in cui essa avrebbe dovuto cessare, tenendo conto anche dei costi che sarebbero comunque gravati sulla società durante un congruo periodo di liquidazione.

Il termine prescrizionale dell’azione sociale non decorre se non dalla cessazione del rapporto di amministrazione, ai sensi degli artt. 2941, n. 7, e 2393 c.c. L’azione di cui all’art. 2394 c.c. vede, invece, decorrere la prescrizione dalla data in cui si rende palese al ceto creditorio la insufficienza patrimoniale della società.

2 Dicembre 2021

Responsabilità solidale tra amministratori e sindaci

Gli amministratori e i sindaci della società fallita sono solidalmente responsabili nei confronti del fallimento per atti di mala gestio consistiti essenzialmente in attività distrattive compiute dai componenti dell’organo gestorio, con l’inerzia compiacente del collegio sindacale, da cui è esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori.

I sindaci, i quali hanno il compito essenziale di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, a fronte di iniziative anomale da parte dell’organo amministrativo di società per azioni, sono tenuti a porre in essere, con tempestività, tutti gli atti necessari all’assolvimento dell’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, attivando ogni loro potere (se non di intervento sulla gestione, che non compete se non in casi eccezionali, certamente) di sollecitazione e denuncia doverosi per un organo di controllo. Solo un più penetrante controllo, fatto di attività informative e valutative, invero, può dare concreto contenuto all’obbligo del collegio sindacale, cui non è consentito di rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell’amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, al contrario dovendo il primo individuarle e segnalarle ad amministratori e soci, non potendo assistere inerte alle altrui condotte dannose; né, peraltro, può limitarsi alla richiesta di chiarimenti all’organo gestorio, dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cc.dd. azioni correttive necessarie. In mancanza, i sindaci concorrono nell’illecito civile commesso dagli amministratori della società per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti dalla legge.

In tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2407, co. 2, c.c. non richiede l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede. Né le loro dimissioni sono idonee ad esimere i sindaci da responsabilità quando non siano accompagnate da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti; in tal caso, infatti le dimissioni equivarrebbero ad una sostanziale inerzia, divenendo esemplari della condotta colposa del sindaco, del tutto indifferente ed inerte nel rilevare la situazione di illegalità reiterata.

Il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità (extracontrattuale) nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali che abbiano compromesso l’integrità del patrimonio sociale, spettante ai creditori sociali ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c. ed altresì esercitabile dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall., decorre dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti oggettivamente conoscibile all’esterno della società, dai creditori sociali. L’azione può in concreto essere proposta dai creditori quando il patrimonio risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, situazione che ricorre allorché la società presenta un attivo che, raffrontato ai debiti, non consente il loro integrale soddisfacimento, ovvero quando l’attivo si sia palesato in modo oggettivamente percepibile dai creditori come inidoneo a soddisfare i creditori sociali. In ragione dell’onerosità della prova gravante sull’attore, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore e sul sindaco la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.

L’azione di responsabilità promossa ai sensi dell’art. 146 l. fall. è unica e cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, senza però mutarne i presupposti e la relativa disciplina.

In tema di responsabilità civile, nell’ipotesi in cui la parte convenuta chiami in causa un terzo in qualità di corresponsabile dell’evento dannoso, la richiesta risarcitoria deve intendersi estesa al medesimo terzo anche in mancanza di un’espressa dichiarazione in tal senso dell’attore, poiché la diversità e pluralità delle condotte produttive dell’evento dannoso non dà luogo a distinte obbligazioni risarcitorie, non mutando l’oggetto del giudizio; un’esplicita domanda dell’attore è, invece, necessaria quando la chiamata del terzo si fondi sulla deduzione di un rapporto sostanziale differente da quello invocato dall’attore nei confronti del convenuto.

Secondo l’art. 1310, co. 1, c.c., in caso di responsabilità solidale, il creditore attore, consapevole a priori della possibile responsabilità del danneggiante pretermesso indipendentemente dalla chiamata in causa operata dall’altro convenuto, può giovarsi dell’atto interruttivo tempestivamente compiuto nei confronti dell’altro soggetto corresponsabile solidale. Tuttavia, tale norma non si applica allorchè l’atto interruttivo sia compiuto nei confronti di soggetto che appaia soltanto condebitore solidale senza esserlo.

In caso di fallimento di una società, la clausola compromissoria contenuta nello statuto della stessa non è applicabile all’azione di responsabilità proposta unitariamente dal curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall. diretta alla reintegrazione del patrimonio sociale a garanzia sia dei soci che dei creditori sociali e nella quale confluiscono sia l’azione prevista dall’art. 2393 c.c. che quella di cui all’art. 2394 c.c., in riferimento alla quale la clausola compromissoria non può operare poiché i creditori sono terzi rispetto alla società.

Responsabilità solidale ed onere della prova del concorso in contraffazione di modello comunitario

Un illecito contraffattivo imputato a più a soggetti per aver asseritamente violato una precedente inibitoria proseguendo nella commercializzazione di un prodotto registrato come modello comunitario ha natura extracontrattuale e può dar luogo a responsabilità solidale tra i concorrenti nell’illecito.

A tal fine, l’attore è onerato sia della prova della contraffazione che della prova del concorso fattivo di più soggetti nella sua realizzazione in base ai principi di diritto comune.

Gli atti interruttivi della prescrizione compiuti nei riguardi di un condebitore solidale – nella specie un ricorso cautelare e un successivo atto di citazione – interrompono la prescrizione anche nei confronti degli altri condebitori, con effetti regolati, per tutti i condebitori, dall’art. 2945 comma 2 c.c..

Nel caso in cui venga allegato il concorso della società controllante nella contraffazione posta in essere dalle società controllate, in mancanza di prova di condotte o decisioni concrete e rilevanti ai fini dell’attuazione dell’illecito contraffattivo, non è possibile trasferire sic et simpliciter la responsabilità dell’illecito dalle controllate alla controllante. Del resto, il controllo societario e anche la stessa presunzione di direzione e coordinamento ex artt. 2359 e 2497 sexies c.c. non elidono la distinzione soggettiva fra i vari soggetti giuridici e le individualità delle rispettive responsabilità. Allo stesso modo, il legale rappresentante della controllante non può ritenersi responsabile dell’illecito ex art. 2395 c.c., in concorso con la sua società e le altre società del gruppo, in mancanza di prova di un suo fattivo contributo alla violazione dell’inibitoria.

15 Maggio 2019

Responsabilità dei membri di un comitato endoconsiliare con funzioni solamente consultive. Natura del termine quinquennale ex art. 2393, c. 4, c.c. Competenza a deliberare elargizioni premiali per gli amministratori

Non è configurabile in capo ai membri di un comitato endoconsiliare avente funzioni solamente consultive un autonomo e specifico titolo di responsabilità allorché il plenum consiliare abbia adottato una deliberazione in thesi pregiudizievole per il patrimonio sociale su proposta di tale comitato, posto che il Consiglio di Amministrazione è sempre nella piena libertà di deliberare disattendendo il parere del comitato.

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1 Aprile 2019

Omessa consegna del certificato di abitabilità e conseguente azione risarcitoria e di responsabilità rispettivamente verso società e amministratori

Il certificato di abitabilità rientra nel novero dei documenti che, a norma dell’art.1477 c.c., il venditore deve rimettere al compratore al più tardi al momento della consegna del bene venduto. Pertanto, l’inadempimento del venditore sussiste già nel momento in cui, in sede di esecuzione del contratto di compravendita con l’immissione dell’acquirente nel possesso materiale e giuridico del bene, venga omessa la consegna allo stesso del certificato di abitabilità; ed è dunque da tale data che decorre il termine decennale di prescrizione dell’azione volta a far valere la responsabilità risarcitoria per inadempimento contrattuale. Non possono peraltro rilevare quali atti interruttivi del corso della prescrizione (ex art. 2943 c.c.), delle precedenti missive che non contengano, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione della pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora.

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’art. 2395 c.c. o dell’art. 2476, co. 6°, c.c., atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi.

Inoltre, ai fini dell’esperimento dell’azione di responsabilità verso gli amministratori, ex art. 2394 c.c., l’intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria azionata nei confronti della società venditrice, fa venir meno la qualifica di creditore in capo all’istante, escludendo quindi la sussistenza del presupposto fondamentale per l’utile accesso al rimedio previsto dalla norma. Infine, a fondare la responsabilità dell’amministratore ex art. 2394 c.c. non può valere la mera insufficienza del patrimonio sociale, occorrendo anche che la stessa sia conseguenza di atti di mala gestio, ovvero di omissioni e condotte illegittime poste in essere dall’amministratore in violazione degli obblighi correlati alla carica e, segnatamente, in contrasto con il generale dovere di preservare l’integrità del patrimonio sociale.

9 Novembre 2018

Approvazione del bilancio ed effetti interruttivi della prescrizione

Il riconoscimento del diritto, al fine della interruzione della prescrizione, ex art. 2944 cod. civ., è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità, della esternazione e della recettizietà, requisiti che devono coesistere nello stesso atto, restando escluso che questo possa essere ricomposto a posteriori attraverso l’integrazione a mezzo dei risultati di attività probatoria svolta nel processo. Ne consegue che la ricognizione interruttiva della prescrizione non può essere ricollegata alla correlazione tra una singola voce, complessiva e generica, di bilancio, ed un atto interno di contabilità specificativo, in quanto, in tale ipotesi, il bilancio non è fornito di quel carattere specificatorio necessario per integrare la manifestazione di consapevolezza idonea alla ricognizione del singolo debito, mentre l’atto interno, pur dotato di specificità, è, però, privo della esteriorizzazione implicante la manifestazione di consapevolezza.

All’approvazione del bilancio, non può attribuirsi il valore di una rinuncia tacita alla prescrizione. Poiché la funzione del bilancio è quella di informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione, la relativa delibera di approvazione integra gli estremi di una dichiarazione di scienza, che solo a certe condizioni può integrare gli estremi di un atto negoziale.

1 Giugno 2018

Cessione di ramo di azienda: simulazione parziale e prescrizione

L’accertamento della simulazione è imprescrittibile, tuttavia viene meno il relativo interesse ad agire se i diritti nascenti dal contratto dissimulato si siano nel frattempo prescritti. [ LEGGI TUTTO ]