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Art. 671 c.p.c.
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24 Giugno 2020

Presupposti del sequestro conservativo

Il sequestro conservativo, com’è noto, è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale c.d. generica (vale a dire quella apprestata ai propri creditori, ex art. 2740 co. 1° c.c., da tutti i beni presenti e futuri del debitore) concesso al creditore che abbia fondato timore di perderla (art. 671 c.p.c.), o quantomeno -nella corrente interpretazione giurisprudenziale- di vederla assottigliarsi per atti dispositivi del patrimonio che il debitore abbia posto in essere o stia per compiere: [ LEGGI TUTTO ]

23 Giugno 2020

Autoattribuzione di uno specifico compenso per la carica di amministratore delegato

Vìola la disciplina dettata in materia di compensi degli amministratori, e integra quindi il fumus ai fini della concessione del sequestro conservativo intentato a cautela della futura azione di responsabilità, l’amministratore che, pur in assenza di deliberazione da parte del CdA relativa allo specifico compenso per la carica di Amministratore Delegato ricoperta, si attribuisce somme eccedenti quelle deliberate dall’assemblea, non rappresentando valido titolo per pretendere o per ricevere gli importi in discussione, né il budget triennale della società dal quale risulti un compenso del CdA superiore a quello deliberato dall’assemblea, né la delibera assembleare recante la semplice delega al CdA per l’individuazione del compenso dell’AD, né tantomeno la successiva inerzia del CdA in tema, che avrebbe al più potuto dar luogo a richiesta dell’amministratore di determinazione giudiziale del compenso e non certo alla percezione di somme in sostanza corrispondenti ad una autoliquidazione.

24 Aprile 2020

Unitarietà dell’azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: onere della prova e prescrizione

L’art. 146 L.F., secondo cui sono esercitate dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, le azioni di responsabilità contro amministratori, componenti dell’organo di controllo, direttori generali e liquidatori, compendia in sé le azioni di responsabilità degli amministratori verso la società (artt. 2392-2393 c.c.) e verso i creditori sociali (art. 2394 c.c.). Per quanto riguarda i liquidatori dall’art. 2489, co. 2 c.c. discende l’applicabilità agli stessi delle norme che disciplinano la responsabilità degli amministratori verso la società (artt. 2932-2393 c.c.) e verso i creditori sociali (art. 2934 c.c.).

In particolare, è stato rilevato che è nelle facoltà del curatore scegliere quale delle due azioni esercitare o scegliere di esercitarle entrambe. Alla luce del principio dell’unitarietà dell’azione ex art. 146 L.F. (e della natura contrattuale della responsabilità), infatti,  questo poco incide sul principio in base al quale grava sul curatore che promuove dette azioni l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, incombendo, per converso, su amministratori e sindaci (e nel caso di specie, sul liquidatore) l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, in riferimento agli addebiti contestati, del rispetto dei doveri e del corretto adempimento degli obblighi loro imposti.

Limitatamente alla prescrizione, ove l’azione esercitata dal curatore fallimentare dovesse essere ricondotta all’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c., il termine quinquennale è da considerarsi sospeso, a norma dell’art. 2941 n. 7 c.c., fino alla cessazione del liquidatore dall’incarico. Anche qualora, poi, l’azione esercitata dalla curatela fallimentare dovesse essere riconducibile all’azione dei creditori sociali ex 2394 c.c., essa si prescriverebbe nel termine di cinque anni decorrenti dal momento dell’oggettiva percepibilità da parte dei creditori dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti. L’onere di provare che l’insufficienza del patrimonio sociale si sia manifestata e sia divenuta conoscibile già prima della data di dichiarazione del fallimento – alla luce della predetta natura contrattuale della responsabilità – grava su colui che eccepisce la prescrizione e la mera contestazione dell’esposizione debitoria della società non assolve a ciò, non implicando, di per sé, né che la società sia insolvente, né che il patrimonio sia insufficiente a soddisfare i creditori sociali.

8 Aprile 2020

Cancellazione della società e sorte dei crediti litigiosi. Applicabilità della business judgement rule agli atti di organizzazione dell’attività di impresa

In caso di cancellazione di una società di capitali i soci subentrano nei rapporti attivi per i quali l’effetto rinunziativo, derivante dall’iscrizione della cancellazione da parte del liquidatore, è impedito da un’attività del liquidatore consistente in un’espressa gestione della posizione, ad esempio, attraverso la cessione del credito (ancorché litigioso) a terzi e l’inclusione del corrispettivo nel bilancio di liquidazione (e dunque nella distribuzione del ricavato) ovvero ancora nella attribuzione di un diritto già azionato ad un determinato socio (con menzione nella nota integrativa) (nella specie il Tribunale ha ritenuto che il giudizio introdotto dalla società poi cancellata potesse qualificarsi come rapporto giuridico “coltivato” da parte del liquidatore prima di procedere alla richiesta di cancellazione, essendo stato attivato dal liquidatore stesso, anche sulla scorta delle risultanze del bilancio finale di liquidazione).

Anche per gli amministratori di s.r.l. è richiesta una diligenza di carattere professionale, determinata dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo. Il socio di s.r.l. che agisce con l’azione sociale è onerato dell’allegazione e della prova, sia pure mediante presunzioni, dell’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale, di cui chiede in nome proprio ma nell’interesse della società, il ristoro, e della riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico.

All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità (cfr., Cass., 28 aprile 1997, n. 3652).

Tuttavia, il principio della insindacabilità delle scelte di gestione non è assoluto, avendo la giurisprudenza elaborato due ordini di limiti alla sua operatività. La scelta di gestione è insindacabile, in primo luogo, solo se essa è stata legittimamente compiuta (sindacato sul modo in cui la scelta è stata assunta) e, sotto altro aspetto, solo se non è irrazionale (sindacato sulle ragioni per cui la scelta compiuta è stata preferita ad altre). Quindi, se è vero che non sono sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali, anche se presentano profili di alea economica superiori alla norma, resta invece valutabile la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente – se necessario, con adeguata istruttoria – i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite, altrimenti prevenibili. Inoltre, non basta che l’amministratore abbia assunto le necessarie informazioni ed abbia eseguito (attraverso l’uso di risorse interne o di consulenze esterne) tutte le verifiche del caso, essendo pur sempre necessario che le informazioni e le verifiche così assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse.

Il significato e i limiti della business judgement rule trovano applicazione anche alle scelte organizzative degli amministratori. infatti, la funzione organizzativa rientra pur sempre nel più vasto ambito della gestione sociale e che essa deve necessariamente essere esercitata impiegando un insopprimibile margine di libertà, per cui le decisioni relative all’espletamento della stessa vengono incluse tra le decisioni strategiche. In altre parole, la predisposizione di un assetto organizzativo non costituisce l’oggetto di un obbligo a contenuto specifico, ma al contrario, di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene posta in essere. E va da sé che tale obbligo organizzativo può essere efficacemente assolto guardando non tanto a rigidi parametri normativi (non essendo enucleabile dal codice un modello di assetto utile per tutte le situazioni), quanto ai principi elaborati dalle scienze aziendalistiche ovvero da associazioni di categoria o dai codici di autodisciplina.

25 Febbraio 2020

Responsabilità degli amministratori dell’associazione non riconosciuta fallita e sequestro conservativo dei relativi beni

Ai fini dell’assoggettamento alla procedura fallimentare, lo status di imprenditore commerciale deve essere attribuito anche agli enti di tipo associativo che in concreto svolgano, esclusivamente o prevalentemente, attività di impresa commerciale. Dall’assoggettabilità delle associazioni alla procedura fallimentare discende, in applicazione analogica del dettato dell’art. 146 l. fall., la legittimazione del curatore ad esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori; azione che, allorquando l’ente è in bonis, può essere esercitata ai sensi dell’art. 22 c.c. dai nuovi amministratori o dai liquidatori, previa delibera dell’assemblea.

Per l’azione di responsabilità contro gli amministratori delle associazioni non opera il termine di prescrizione quinquennale previsto in materia di società dall’art. 2949 c.c., bensì quello decennale relativo al mandato, cui fa rinvio l’art. 18 c.c.

La violazione dei criteri di gestione e degli obblighi di cui all’art 2086 c.c., da parte degli amministratori dell’associazione riconosciuta e dichiarata fallita che abbia comportato un danno all’associazione medesima legittima l’emissione di un provvedimento di autorizzazione al sequestro conservativo dei beni (mobili e immobili) e dei crediti degli amministratori.

Il timore cui si riferisce la norma di cui all’art. 671 c.p.c. deve essere fondato – cioè supportato dalla presenza o di elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, oppure di elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio –, nonché riferito alla perdita della garanzia del credito e, quindi, alla eventualità che detto patrimonio subisca alterazioni tali da compromettere, in caso di inadempimento, la realizzazione coattiva del credito.

11 Febbraio 2020

Presupposti per la concessione di sequestro conservativo

Si ritiene rilevante, ai fini della concessione di un sequestro conservativo nei confronti di cessati componenti dell’organo gestorio di una S.r.l. (resistenti) e in favore del Fallimento della medesima società (ricorrente), in vista dell’azione risarcitoria ex art. 146 l.f., (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, l’indebita prosecuzione dell’attività di impresa dopo che il capitale di una S.r.l. sia stato integralmente eroso, nonché l’irragionevolezza di alcuni acquisti (e.g. una vettura, bene non indispensabile per la società), data la situazione negativa degli indici di bilancio; (ii) per quanto riguarda, invece, il periculum in mora, il rischio che nelle more del giudizio di merito i resistenti possano distrarre somme liquide che agli stessi resistenti vengano assegnate dal Fallimento in sede di riparto.

29 Gennaio 2020

Sulla sussistenza dei presupposti per la concessione di sequestro conservativo

Si ritiene rilevante, ai fini della concessione del sequestro conservativo nei confronti di un amministratore unico di una S.r.l. in vista di un’azione di responsabilità, (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, il fatto che l’amministratore abbia trasferito un progetto immobiliare (per la cui realizzazione era sorta la società stessa) ad un parente (nel caso di specie, alla madre), svuotando la S.r.l. di asset e, al contempo, violando i propri basilari obblighi gestori, continuando a gravarla di costi divenuti estranei all’oggetto sociale e provvedendo, nel frattempo, ad effettuare pagamenti preferenziali nei confronti di se stesso e della madre, con conseguente pregiudizio per la massa dei creditori; (ii) per quanto riguarda invece il periculum in mora, il timore in ordine alla dispersione della garanzia patrimoniale rappresentata dai beni immobili del convenuto, alla luce degli atti di disposizione patrimoniale già posti in essere nei mesi precedenti dal convenuto stesso sia rispetto a immobili di sua proprietà che di proprietà della S.n.c. di cui è socio unico.

28 Gennaio 2020

Presupposti per la concessione di sequestro conservativo

Si ritiene rilevante, ai fini della concessione di un sequestro conservativo, (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, la situazione quantomeno di allarmante tensione finanziaria dell’impresa sociale, come risultante dai verbali del collegio sindacale e del comitato per il controllo sulla gestione, in particolare nei periodi a cui si riferiscono omissioni fiscali e previdenziali che abbiano dato luogo a sicuro pregiudizio per l’ente corrispondente all’ammontare di interessi, aggi e sanzioni; (ii) per quanto riguarda, invece, il periculum in mora, (a) dal punto di vista soggettivo, la condotta addebitata agli amministratori, consistente nel finanziare, per anni e nonostante i rilievi del collegio sindacale, l’impresa, omettendo i versamenti fiscali e previdenziali obbligatori così mettendo a rischio la massa dei creditori, rappresentando un indice di noncuranza delle ragioni dei creditori, e (b) dal punto di vista oggettivo, il rischio che i beni immobili degli amministratori resistenti siano passibili di aggressioni ad opera di altri soggetti.

Si ritiene invece non rilevante ai fini della sussistenza del fumus boni iuris l’addebito relativo alla indebita prosecuzione di attività di impresa, in quanto bisognoso di ulteriori approfondimenti istruttori, di per sé incompatibili con la fase cautelare, in particolare quanto alla precisa individuazione della data di effettiva perdita della continuità aziendale e/o del capitale sociale in capo alla società e quanto alle connesse rettifiche dei dati di bilancio sui quali basare il calcolo della differenza dei netti patrimoniali a fini della quantificazione del danno.

 

8 Gennaio 2020

Note in tema di legittimità del provvedimento di sequestro conservativo di quote sociali

Non può trovare accoglimento la richiesta formulata dai titolari di quote sociali oggetto di sequestro conservativo volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità, inefficacia, nullità e/o annullamento dell’atto attuativo del sequestro e motivata in ragione della mancata menzione, nel provvedimento di sequestro, dei beni mobili su cui eseguire la misura cautelare nonché dell’avvenuta trascrizione del sequestro su beni conferiti in fondo patrimoniale, qualora nel provvedimento sia soltanto indicato l’importo massimo entro cui eseguire il sequestro e sia stato lo stesso creditore a fornire all’ufficio del registro le indicazioni relative ai beni su cui effettuare la trascrizione.

17 Dicembre 2019

Irrilevanza del patrimonio di partenza del preteso debitore nella richiesta di tutela conservativa

Nella richiesta di tutela conservativa in vista di un’azione di responsabilità nei confronti di un amministratore, sotto il profilo oggettivo del periculum, il dato della consistenza di partenza del patrimonio del preteso debitore (l’amministratore) – in difetto di atti di dismissione già avvenuti o fondatamente presumibili – è del tutto neutro, soprattutto laddove, venendo dedotta una responsabilità da inadempimento di obbligazioni preesistenti, il criterio della limitazione del risarcimento al danno risarcibile “che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”, ex art. 1225 c.c., impone di ritenere che il creditore abbia fatto affidamento sulle poste attive del patrimonio – e sulla correlativa garanzia – di cui il debitore era titolare in quel momento, quali esse fossero.