Art. 1448 c.c.
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L’azione di rescissione e sproporzione delle condizioni di cessione delle quote di una srl
L’azione generale di rescissione per lesione presuppone necessariamente la simultanea ricorrenza di tre condizioni (sproporzione fra le prestazioni superiore alla metà, stato di bisogno determinante l’accettazione della sproporzione, approfittamento dello stato di bisogno da parte dall’altro contraente), tra le quali non intercorre alcun rapporto di subordinazione o alcun ordine di priorità o precedenza, tanto che accertata la mancanza anche di una sola di esse, l’azione risulta inammissibile. La lesione deve risultare dal confronto dei valori delle prestazioni al tempo della stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1448, comma 2° c.c. Lo stato di bisogno ricorre quando il soggetto che subisce il contratto si trovi, anche per cause transitorie, in obiettive difficoltà economiche o in uno stato di temporanea crisi di liquidità, ma queste situazioni debbono assumere una tale importanza da incidere sulla sua situazione psicologica e da condizionarne la libertà di negoziazione, così da determinarlo ad accettare un corrispettivo non proporzionato alla sua prestazione. Non è diretta al conseguimento di un vantaggio ingiusto la minaccia di ricorrere ad azioni giudiziarie per il soddisfacimento di un diritto di credito, se non vi è una radicale sproporzione o divergenza tra l’utilità ricevuta e il diritto esercitato, e il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei modi previsti dall’ordinamento. Anche la minaccia di una denuncia o querela penale non costituisce male ingiusto, se fatta al fine di ottenere la stipulazione di un negozio risarcitorio del danno subito con il reato. Il contratto di transazione non può essere oggetto di rescissione per lesione in ragione della previsione di cui all’art. 1970 c.c., in quanto la considerazione dei reciproci sacrifici e vantaggi derivanti dal contratto ha carattere soggettivo, essendo rimessa all’autonomia negoziale delle parti.
Contestazione della determinazione da parte dell’arbitratore del valore di rimborso della quota di partecipazione al capitale sociale
Non è annullabile la determinazione del valore di rimborso della quota sociale del socio receduto di una s.r.l. effettuata dal terzo arbitratore per manifesta iniquità e/o erroneità ai sensi dell’art. 1349 c.c. laddove il risultato finale della valutazione operata dal terzo arbitratore sia pressoché identico a quello cui è pervenuto il c.t.u. e lo scostamento metodologico non sia tale da rendere la determinazione impugnata in manifesto contrasto alle regole tecniche di settore e dalle conoscenze proprie di cui deve essere in possesso l’esperto del ramo. L’impugnabilità per manifesta erroneità prevista a norma dell’art. 1349, c. I, c.c. non deriva automaticamente dalla semplice presenza di un errore di valutazione nel procedimento di stima, ma dalla sussistenza di un errore, pure tecnico, che sia evidente, grave, concettualmente non condivisibile e, soprattutto, in materia non opinabile (nella specie è stata considerata non iniqua una valutazione della partecipazione inferiore del 25% rispetto al valore accertato dalla successiva ctu nel giudizio di merito).
Non sussiste responsabilità ex art. 2495 c.c. a titolo di colpa del liquidatore per mancato pagamento del credito da rimborso della quota di partecipazione sociale essendo legittima la condotta del liquidatore che, nel rispetto delle norme legali e statutarie sulla vincolatività per le parti della stima operata dall’arbitratore, chiuda senza indugio la procedura liquidativa della quota del socio receduto nonostante le riserve avanzate da quest’ultimo circa i criteri di valutazione adottati dall’arbitratore nella stima.
Il recesso del socio e il conseguente scioglimento del rapporto sociale con relativa liquidazione del valore della quota di partecipazione del socio receduto al capitale sociale, laddove comporti l’effettivo venir meno dell’unica garanzia volta al soddisfacimento del controcredito vantato dalla società a fronte del contratto di finanziamento erogato nei confronti del socio, è circostanza idonea ad integrare i presupposti che giustificano la dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine ai sensi dell’art. 1186 c.c. e la contestuale richiesta del mutuante dell’immediata restituzione dell’intero, trattandosi di fatti sopravvenuti idonei a determinare una profonda diminuzione dell’(unica) garanzia di realizzazione del controcredito.
L’accertamento della natura manifesta dell’errore nella determinazione del valore delle quote societarie ai sensi dell’art. 2473 terzo comma c.c.
L’accertamento della natura manifesta dell’errore segue criteri differenti a seconda che l’art. 1349 c.c. trovi applicazione nel suo ambito naturale, ovvero la determinazione dell’oggetto del contratto, o nel diverso caso previsto dall’art. 2473 c.c.. Mentre nella materia contrattuale, nella determinazione dell’oggetto del contratto l’arbitratore può procedere ad una valutazione discrezionale e fondare il suo apprezzamento sul criterio dell’equità mercantile, nel caso di cui all’art. 2473 terzo comma c.c. relativo alla stima del valore della quota , l’erroneità o meno della valutazione dell’esperto nominato dal Tribunale [ LEGGI TUTTO ]
Nullità, annullamento, risoluzione e rescissione di operazioni incrociate e collegate di acquisto di partecipazione sociale e di aumento di capitale
Soci paritetici, “minaccia” di liquidazione e abuso del diritto
La semplice “minaccia” da parte di un socio di addivenire alla liquidazione della società, partecipata paritariamente, non è sufficiente per esperire vittoriosamente l’azione di annullamento per violenza morale, [ LEGGI TUTTO ]