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Art. 1439 c.c.
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6 Giugno 2023

Contratto di cessione di partecipazioni sociali e azione di rescissione per lesione

E’ ammessa la possibilità di introdurre una nuova domanda anche in sede della prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. purché la stessa sia fondata sui medesimi fatti costituitivi e si ponga in una situazione di incompatibilità rispetto all’originaria domanda ovvero sia conseguenza della domanda riconvenzionale proposta dalla parte convenuta.

L’azione generale di rescissione per lesione ex art. 1448 c.c. rappresenta un rimedio che la legge predispone a favore di un soggetto che abbia concluso a particolari condizioni un contratto in uno stato di “bisogno”, situazione in cui la persona può essere salvata con una prestazione che non sia di fare o in cui il pericolo riguardi non la sfera personale, ma i beni del contraente.

Secondo l’art. 1448 c.c., l’esperimento dell’azione di rescissione del contratto di acquisto di quote sociali è possibile solo in caso di simultanea concorrenza dei tre requisiti: a) della lesione, b) dello stato di bisogno e c) dell’approfittamento di chi si trova in una situazione di anomala e pregiudizievole alterazione della libertà negoziale, in violazione del principio di solidarietà sancito dalla Costituzione o dei doveri di buona fede e correttezza contrattuale.

Lo stato di bisogno, che deve costituire la spinta psicologica a contrarre, non coincide necessariamente con l’assoluta indigenza o condizione di povertà e nullatenenza, ma può essere rappresentato anche da una semplice, obiettiva difficoltà economica o da una contingente carenza di liquidità o momentanea indisponibilità di denaro che sia risultata determinante della volizione negoziale e della disponibilità ad accettare un corrispettivo non proporzionato alla propria prestazione.

La nullità del contratto può derivare esclusivamente (i) dalla violazione di norma imperativa (c.d. nullità virtuale) o (ii) dalla assenza, illiceità, impossibilità dell’oggetto o della causa (c.d. nullità strutturale) o, infine, (iii) dalla legge (c.d. nullità testuale). Al contrario, la mera iniquità di un contratto a prestazioni corrispettive non è causa di nullità del contratto, potendo la sproporzione tra prestazioni al più comportare l’annullamento del contratto (se effetto di dolo determinante ex art. 1439 c.c.) o la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.

La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri della violenza morale, invalidante il consenso prestato per la stipulazione del contratto ai sensi dell’art. 1438 c.c., soltanto se è diretta a conseguire un vantaggio ingiusto, situazione che si verifica quando il fine ultimo perseguito consiste nella realizzazione di un risultato che, oltre ad essere abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l’esercizio del diritto medesimo, sia iniquo ed esorbiti dall’oggetto di quest’ultimo, e non quando il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei
modi previsti dall’ordinamento.

Non costituisce ipotesi di minaccia di fare valere un diritto prevista dall’art.1438 c.c. la semplice minaccia di adire le vie giudiziarie per ottenere l’annullamento di un contratto di cessione di quote sociali su uno specifico presupposto previsto dalla legge.

23 Maggio 2023

Sul rapporto tra le domande di annullamento ex articoli 1440 e 1439 c.c.

E’ inammissibile una nuova domanda di annullamento di un accordo di investimento formulata ai sensi dell’art. 1439 c.c. dall’attrice in sede di prima udienza qualora la stessa si fondi su fatti costitutivi del tutto diversi – l’esistenza di artifici e raggiri che sono risultati determinanti ai fini del consenso – rispetto alle domande ex art. 1440 c.c. svolte in citazione, che presuppongono la validità del contratto e sono finalizzate ad ottenere esclusivamente il risarcimento del danno.

15 Febbraio 2023

Promessa di un beneficio ed invalidità del contratto per violenza e dolo

La promessa di un beneficio, quale quello di ritirare una denuncia già presentata in relazione a reati perseguibili d’ufficio, non integra né la fattispecie della violenza ex art. 1434 e ss. c.c., non potendo la stessa rappresentare la prospettazione di un male ingiusto, né del dolo ex art. 1439 c.c., non rappresentando una menzognera rappresentazione attuale di una realtà inesistente, ma consistendo al contrario in una rappresentazione di un possibile comportamento futuro [nel caso di specie, il Tribunale di Milano ha rigettato le pretese dell’attore, il quale aveva agito per l’annullamento per violenza o dolo di un contratto di cessione di quote societarie].

9 Febbraio 2023

Omissioni sulla situazione patrimoniale della società nel contratto di cessione di quote

Nel caso di contratto di cessione di quote, ancorché l’oggetto contrattuale presenti specifiche peculiarità, esso soggiace alla disciplina propria del contratto di compravendita (e tanto soprattutto in relazione alle garanzie per “i vizi della cosa venduta”, siccome enucleate dall’art. 1497 c.c.). Nello specifico, la cessione di una partecipazione sociale ha come oggetto immediato la partecipazione e come oggetto mediato la quota-parte del patrimonio sociale (quindi attività e passività) che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, la carenza o i vizi relativi alle caratteristiche o al valore dei beni ricompreso nel patrimonio sociale e di riverbero alla consistenza economica della partecipazione possono giustificare l’attivazione di diversi rimedi contrattuali (la risoluzione per difetto di qualità della cosa venduta ai sensi dell’art. 1497 c.c., o l’annullamento del contratto per error in obiecto, attinenti ai diritti e agli obblighi che la partecipazione sociale è idonea a trasferire e non il suo valore, solo se il cedente abbia prestato idonea garanzia) tra cui l’annullamento per dolo quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società sono accompagnate da malizie e astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee in concreto a sorprendere una persona di normale diligenza.

Non è sufficiente, perché possa ritenersi integrato il dolo contrattuale, una qualunque influenza psicologica sull’altro contraente, ma sono necessari artifici e raggiri o anche semplici menzogne, purché abbiano una efficacia causale sulla determinazione volitiva della controparte e quindi sul consenso di quest’ultima. Ne consegue che l’effetto invalidante dell’errore, frutto di dolo, è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza o in costanza di questa falsa rappresentazione.

17 Novembre 2022

Annullamento per dolo del contratto di compravendita di quote sociali

L’errore provocato dall’altrui azione ingannatrice costituisce causa di annullamento del contratto solo in quanto abbia inciso sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà, a causa della quale il contraente si sia determinato a stipulare.

20 Ottobre 2022

Ratio della risoluzione degli enti creditizi ed efficacia delle decisioni della Corte di Giustizia

In tema di risanamento e risoluzione degli enti creditizi, la ratio della disciplina del d.lgs. 180/2015, di derivazione europea, è quella di creare una netta distinzione tra l’ente in risoluzione e l’ente ponte al fine di garantire, nell’interesse pubblico generale, la stabilità del sistema finanziario con la prosecuzione dell’attività bancaria, a tutela anche dei rapporti di clientela in essere con la banca in crisi e al fine di scongiurare riflessi negativi sul tessuto economico delle aree interessate che deriverebbero dalla liquidazione della banca in crisi.

Le decisioni della Corte di Giustizia sull’interpretazione dei trattati sono vincolanti non solo per il giudice del rinvio, ma spiegano efficacia anche al di fuori del giudizio principale, data la loro portata generale ed astratta con efficacia vincolante erga omnes a garanzia dell’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione Europea in tutto l’ambito europeo. Inoltre, alle sentenze interpretative va attribuita efficacia retroattiva come conseguenza dell’effetto di incorporazione dell’interpretazione della Corte UE nel testo della disposizione interpretata.

Le norme della Direttiva 2014/59 devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che, successivamente alla svalutazione totale delle azioni del capitale sociale di un ente creditizio o di un’impresa di investimento sottoposti a una procedura di risoluzione, le persone che hanno acquistato delle azioni, nell’ambito di un’offerta pubblica di sottoscrizione emessa da tale ente prima dell’avvio di detta procedura di risoluzione, propongano, nei confronti dell’ente creditizio o dell’impresa in parola, ovvero contro l’entità succeduta a tali soggetti, un’azione di responsabilità a causa delle informazioni fornite nel prospetto oppure un’azione di nullità del contratto di sottoscrizione di tali azioni, la quale, in considerazione del suo effetto retroattivo, porti alla restituzione del controvalore dei titoli azionari suddetti, maggiorato di interessi a decorrere dalla data di conclusione di tale contratto.

Il d.lgs. 180/2015 non preclude in assoluto ogni facoltà di agire per il risarcimento del danno ex art 94 TUF, ma solo la facoltà di agire verso il nuovo soggetto, l’ente ponte, nelle sole ipotesi in cui l’iniziativa non è stata assunta prima della cessione ex d.lgs. 180/2015, restando immutata la facoltà di agire verso gli altri possibili co-responsabili (quali l’offerente, l’eventuale garante, le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto, l’intermediario finanziario).

14 Giugno 2022

Sull’annullabilità dell’accordo transattivo avente ad oggetto la cessione di quote sociali

Ai fini dell’annullamento per dolo dell’accordo transattivo avente ad oggetto una lite sulla cessione di quote sociali, rileva solo la condotta di natura omissiva del convenuto che abbia nascosto informazioni rilevanti per il promissario acquirente al fine di indurlo all’acquisto delle quote, e non anche una condotta commissiva consistente nella viziata rappresentazione della realtà preesistente all’accordo di cessione. Infatti, solo la condotta omissiva, collocandosi dopo la conclusione del contratto di cessione e prima della transazione, rileva in via immediata e diretta ai fini dell’annullamento dell’accordo transattivo. Tuttavia, la condotta omissiva, ove presente, non sarebbe tuttavia idonea ad essere qualificata come dolo qualora fosse circoscritta ad un affare di valore non determinante per la scelta di prestare il consenso alla transazione.

26 Aprile 2022

Sulla difformità del valore del patrimonio della società nella cessione di quote di s.r.l.

La cessione di una partecipazione sociale ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta; le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione, possono giustificare la risoluzione per difetto di “qualità” della cosa venduta ai sensi dell’art. 1497 cod. civ. o l’annullamento del contratto per error in obiecto (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali; ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza.

Il giuramento decisorio deferito all’altra parte non può vertere sull’esistenza o meno di rapporti o di situazioni giuridiche, né può deferirsi per provocare l’espressione di valutazioni giuridiche, dovendo la sua formula avere ad oggetto circostanze determinate che, quali fatti storici, siano stati percepiti dal giurante con i sensi o con l’intelligenza, sicché la sua formula deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resti al giudice che verificare l’ an iuratum sit per poi ‘geometricamente’ accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto.