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Art. 2393 c.c.
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10 Aprile 2020

Principi in tema di azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare e di finanziamento soci

L’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L. fall., compendia in sé sia l’azione prevista dall’art. 2394 c.c. che quella ex art. 2393 c.c., e la stessa è certamente ammissibile anche nel caso di s.r.l.: la riforma societaria di cui al D.Lgs. 6/2003 non spiega alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore, ex art. 146 l. fall., della S.r.l. che sia fallita, in quanto per tale disposizione tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori della società.

La decorrenza del termine prescrizionale di 5 anni dell’azione di responsabilità è per pacifica giurisprudenza – salvo prova contraria gravante sul convenuto – ancorata alla data di dichiarazione del fallimento, ovvero inizia a decorrere dal momento in cui l’insufficienza patrimoniale diviene oggettivamente conoscibile dai creditori, vale a dire dalla data di deposito del bilancio che segnali la situazione di squilibrio patrimoniale.

Il risarcimento del danno cui è tenuto l’amministratore ai sensi dell’art. 2393 c.c. – sia che derivi da responsabilità per illecito contrattuale, sia che si ricolleghi a responsabilità extracontrattuale, sia che si configuri come effetto di responsabilità “ex lege”, e tanto se si tratti di danno emergente come di lucro cessante – riveste natura di debito di valore e non di debito di valuta, il quale è, pertanto, sensibile al fenomeno della svalutazione monetaria fino al momento della sua liquidazione, ancorché il danno consista nella perdita di una somma di denaro, costituendo questo solo un elemento per la commisurazione dell’ammontare dello stesso, privo di incidenza rispetto alla natura del vincolo.

Viene rimesso all’interpretazione della volontà negoziale delle parti lo stabilire se il versamento effettuato dal socio tragga origine da un rapporto di mutuo o se invece esso sia stato effettuato a titolo di apporto del socio al patrimonio di rischio dell’impresa, al fine di stabilire se sussista un diritto alla restituzione: della prova del diritto alla restituzione è onerato il socio che ha operato il versamento, e la prova va tratta non tanto dalla denominazione attribuita al versamento nelle scritture contabili della società, quanto piuttosto dalla concreta conformazione che le parti hanno dato al rapporto.

Il principio di postergazione del rimborso del finanziamento dei soci a favore della società rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, ai sensi dell’art. 2467 c.c., è applicabile, come reso evidente dal secondo comma della disposizione, non a ogni forma di finanziamento da parte dei soci, ma, esclusivamente, alla figura dei cosiddetti prestiti anomali o “sostitutivi del capitale” al fine di porre rimedio alle ipotesi di sottocapitalizzazione cosiddetta nominale.

Termine di prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare

Qualora sia stata promossa azione penale per bancarotta nei confronti degli amministratori di una società soggetta a procedura concorsuale e sia stata esperita azione di responsabilità contro tali organi per gli stessi fatti, si applica il termine di prescrizione più lungo previsto per l’azione di danno derivante da reato anche agli effetti delle azioni di responsabilità ai sensi degli artt. 2393 e 2394 c.c.

La prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società fallita decorre dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento , quando i fatti che costituiscono l’illecito civile siano gli stessi di quelli che integrano i reati fallimentari.

L’azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. compendia in sé sia l’azione sociale che quella dei creditori sociali, e la stessa è pacificamente ammissibile anche nel caso di S.r.l.

Il termine di prescrizione dell’azione spettante ai creditori sociali decorre dal momento in cui si manifesta lo stato di insolvenza della società (e non dal momento del compimento del singolo atto dannoso); pertanto,  ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, occorre  avere riguardo non alla data cui far risalire l’effettiva insolvenza, ma alla data in cui essa si è manifestata all’esterno. Nel caso in cui tale data non sia stata indicata e dimostrata dalla parte interessata, essa coincide con il deposito della sentenza di fallimento.

Intervenuta l’insolvenza della società,  la mancata tenuta delle scritture contabili non consente di stabilire in modo preciso quando la società si sia trovata in stato di scioglimento per perdita del capitale o per altri motivi; pertanto, in tale ipotesi, si determina una inversione dell’onere della prova, dovendo essere gli amministratori inadempienti a quell’obbligo a provare che il dissesto è derivato da cause loro non imputabili o non imputabili ad un loro comportamento negligente.

Prescrizione dell’azione di risarcimento derivante da illecito civile considerato come reato

In un giudizio riguardante l’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare nei confronti dall’amministratore unico di srl per il suo volontario aggravamento della situazione patrimoniale, nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato (ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela) trova applicazione l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori e i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto di reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto (cfr. Cass. Civ. sez. unite 27337/08).

 

Azione di responsabilità degli amministratori e chiamata in causa di terzi

In tema di responsabilità civile costituisce principio generale l’estensione della domanda svolta contro il convenuto nei confronti del terzo, che il convenuto abbia chiamato in corresponsabilità. 

Tale principio tuttavia non opera laddove l’attore abbia esplicitamente dichiarato che non intende estendere la domanda nonché qualora in sede di formazione dello stato passivo il credito sia stato ammesso dal giudice delegato. 

 

Azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare

L’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146, comma 2, l.fall., cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2392-2393 c.c. e dall’art. 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali tant’è che il curatore può, anche separatamente, formulare domande risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti dell’azione sociale, che ha natura contrattuale, quanto con riguardo a quelli della responsabilità verso i creditori, che ha natura extracontrattuale. Ai fini della responsabilità di amministratori e sindaci ex art. 146 l. fall. è necessario che la parte attrice alleghi in maniera puntuale la condotta lesiva, il nesso di causalità e la relativa voce di danno.

Effetti del giudicato penale di condanna generica sulla prescrizione del diritto al risarcimento del danno

Nel caso in cui la sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, sia passata in giudicato, la successiva azione volta alla quantificazione del danno non è soggetta al termine di prescrizione breve ex art. 2947 c.c., ma a quello decennale ex art. 2953 c.c., decorrente dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile, atteso che la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum; la conversione del termine di prescrizione, da breve a decennale, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo nel quale è stata pronunciata la stessa sentenza, a meno che non si tratti di diritti che non furono oggetto di valutazione o di decisione.

La responsabilità solidale dei danneggianti ex art. 2055 c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, anche se per condotte autonome e per titoli diversi, purché causalmente efficienti nella produzione del danno, in quanto l’unicità del fatto dannoso richiesto dalla norma riguarda il danneggiato e non l’identità delle azioni dei responsabili o delle norme violate, sicché, nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 2953 c.c., intervenga un giudicato di condanna, la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende anche ai coobbligati solidali che siano rimasti estranei al giudizio.

26 Febbraio 2020

Durata del termine di prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali e sussistenza di reati penali e fallimentari

La sussistenza di reati compiuti dagli amministratori di società determina (ai sensi dell’art. 2947, co. 1, c.c.) l’applicazione del maggior termine di durata della prescrizione all’azione civile di responsabilità, con la conseguenza che il termine non è più quello quinquennale ma il diverso e più lungo previsto dalla specifica fattispecie penale.

In caso di fallimento della società, il termine ordinario di prescrizione quinquennale per l’azione sociale di responsabilità (art. 2393, co. 4 c.c.) e per quella dei creditori sociali (artt. 2394 e 2949 c.c.) subisce – per effetto della sussistenza di reati fallimentari (quali ad esempio quello di bancarotta) – l’incremento del periodo di durata (6 o anche 10 anni) connesso e conseguente al reato compiuto, applicandosi in tal caso il maggior termine di prescrizione previsto per la fattispecie illecita compiuta.

In ipotesi di addebiti specifici di condotte lesive e pregiudizievoli nei confronti degli organi gestori, la Curatela non può ricorrere a criteri equitativi di liquidazione del danno come quello della differenza tra attivo e passivo del fallimento.

A prescindere dalla attendibilità, comunque, resta fermo che le dichiarazioni di circostanze sfavorevoli contenute nelle scritture contabili hanno un valore confessorio che conferisce una efficacia probatoria contra se rispetto all’amministratore che le ha redatte: conseguentemente è onere dello stesso convenuto dimostrare analiticamente le movimentazioni del denaro e delle vendite attraverso le relative pezze di appoggio; onere probatorio che deve essere assolto in modo ancora più rigoroso se si considera un quadro di sostanziale inadempimento di basilari obblighi gestori.

18 Febbraio 2020

Sull’azione di responsabilità esercitata dal fallimento nei confronti di amministratori e sindaci

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L.F. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., con conseguente possibilità per il curatore di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393 comma 4, 2941 n. 7, 2949 e 2394 comma 2 c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

La scissione (disciplinata dagli artt. 2506 e ss. cc) rappresenta un’operazione complessa che esige il concorso di più soggetti (progetto, delibera assembleare che lo approva, stipula dell’atto che manifesta all’esterno la volontà della società) ugualmente indispensabili e, anche se protagonisti della scissione sono i soci, l’operazione postula un contributo essenziale degli amministratori, i quali – essendo onerati della redazione del progetto che vede plurime possibili opzioni esecutive – svolgono un ruolo di promozione e determinazione decisivo che, come tale, si estrinseca in una condotta idonea ad integrare gli estremi di quella tipizzata dall’art. 223 L.F. Poiché l’effetto giuridico della scissione consiste in un trasferimento di porzioni di patrimonio da una società all’altra nel contesto di un rapporto di cambio derivante dal confronto dei patrimoni delle società interessate e l’art. 2506 quater co. 3 c.c. prevede comunque la responsabilità solidale della beneficiaria nei limiti del patrimonio netto assegnatole o rimasto, con riferimento ai debiti della società scissa non soddisfatti da quest’ultima; occorre verificare se in concreto tale manovra abbia causato una lesione della garanzia dei creditori, senza che assuma rilievo ostativo la mancata opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c. al progetto di scissione, in quanto l’art. 2504 quater c.c. fa comunque salvo il diritto al risarcimento del danno.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto. E’ dunque sufficiente, ai fini dell’affermazione della responsabilità degli organi di controllo, che non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità.

L’obbligo di vigilanza impone – prima ancora che la verifica sulla regolarità formale degli atti e delle relazioni degli amministratori – la ricerca di adeguate informazioni, in particolare da parte dei componenti dell’organo sindacale, la cui stessa ragion d’essere è il provvedere al controllo sulla gestione. Onde sussiste la colpa in capo al sindaco già per non avere rilevato i cd. segnali d’allarme, individuati dalla giurisprudenza anche nella stessa soggezione della società all’altrui gestione personalistica.

5 Febbraio 2020

Finanziamenti soci e rimborso preferenziale a danno dei creditori sociali

Allorché risulti provato che il ricorso da parte della società ad un finanziamento da parte di soci sia stato dovuto alla necessità di porre rimedio ad una situazione di perdurante crisi finanziaria, il danno di cui il curatore fallimentare, esercitando azione ai sensi dell’art. 146 L.F., chiede che la società sia reintegrata è direttamente ascrivibile al comportamento dell’amministratore che, avendo operato un rimborso (anche parziale) del finanziamento-soci, in spregio del divieto di cui all’art. 2467 c.c. e nella piena consapevolezza della crisi finanziaria in cui la società versava, sia contravvenuto ai doveri impostigli dagli artt. 2392 e 2394 c.c.

5 Febbraio 2020

I presupposti della postergazione ex art. 2467 c.c.

I presupposti di postergazione ex art. 2467 c.c. sono individuati dalla norma nell’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio e in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, in situazioni cioè di rischio di insolvenza che possono manifestarsi sia in fase di start up se la società è sottocapitalizzata (proprio perché i soci hanno preferito finanziarla anziché conferire capitale di rischio) e quindi v’è il pericolo che il rischio di impresa sia trasferito sui terzi creditori, sia in seguito, quando a fronte di perdite i soci, anziché conferire capitale come sarebbe ragionevole, effettuino finanziamenti, aumentando l’indebitamento e concorrendo, quindi, con i creditori terzi (su cui verrebbe trasferito il rischio di impresa in situazione di “crisi”).
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