hai cercato articoli in
Art. 2495 c.c.
86 risultati
4 Settembre 2021

Responsabilità del liquidatore per debiti tributari di una società estinta

Il liquidatore di una società estinta risponde ai sensi dell’art. 2495 co.3 c.c., se il mancato pagamento è dipeso da colpa dello stesso, direttamente nei confronti del singolo creditore sociale il cui diritto risulta compromesso. Tra i creditori sociali è da ricomprendere anche l’Amministrazione finanziaria. Venendo meno il soggetto debitore, al fine di far valere la responsabilità del liquidatore sono oggetto di onere della prova del fisco: la fondatezza del proprio credito, l’effettività del danno e la sussistenza del nesso causale tra le colpe del liquidatore e la sopravvenuta impossibilità di realizzazione del credito tributario. Condizioni che costituiscono i principi cardine per la ricostruzione della responsabilità del liquidatore sono:

1. L’effettività del debito tributario, in difetto non essendo possibile accordare una tutela risarcitoria ad una posizione debitoria provvisoria, ovvero al mero dovere di corretta apposizione contabile “prudenziale” di un fondo a copertura di un debito. In caso di tardività dell’opposizione all’accertamento da parte della società ormai estinta, il relativo debito tributario è liquido, esigibile e da registrarsi.

2. Il credito tributario deve esser stato riconoscibile come tale al momento della formazione del bilancio di liquidazione, o almeno essere incorporato in un titolo esecutivo. L’eventuale sussistenza di circostanze che giustifichino la “non iscrizione per carattere controverso” è un dato che attiene alla colpa del liquidatore e, di conseguenza, onere della prova è del liquidatore stesso. Non si può imputare al liquidatore di non aver proceduto all’iscrizione nel bilancio di liquidazione di un credito tributario accertato con riferimento esclusivo alle presunzioni. Si deve far eccezione solo per la quota di 1/3 dei soli tributi che l’Agenzia può escutere anche nella pendenza del giudizio di primo grado. Tale quota di debito tributario risulta pienamente fondata ed il liquidatore è tenuto ad appostare un debito tributario da accertamento per la suddetta quota nel contesto del bilancio di liquidazione.

3. Il credito tributario, rimasto insoddisfatto, corrisponde ad un danno risarcibile se è ipotizzabile una condizione delle operazioni di liquidazione diversa, nel contesto della quale – secondo la regola del giudizio controfattuale – il credito fondato, e da registrarsi, sarebbe stato soddisfatto. Nel vaglio di tale condizione occorre considerare l’ordine dei pagamenti fatti a terzi in fase di liquidazione, le residue esistenze ed infine gli eventuali attività sociali non menzionate in bilancio, di cui si deve presumere destinazione diversa dalla soddisfazione dei creditori.

L’eventuale riduzione, in sede di liquidazione, del debito tributario per compensazione con crediti fiscali della società cancellanda, non incide sulla responsabilità del liquidatore: egli è responsabile nel limite di quanto è provato il singolo creditore sociale potesse recuperare.

Responsabilità limitata del socio per i debiti della società cancellata: natura del credito e delimitazione dell’onere della prov

La cancellazione di una s.r.l. dal registro delle imprese implica che l’obbligazione sociale non si estingua ma si trasferisca ai soci (i quali ne rispondono nei limiti di cui all’art. 2495, 3° comma, c.c.).

 

Responsabilità solidale ed onere della prova del concorso in contraffazione di modello comunitario

Un illecito contraffattivo imputato a più a soggetti per aver asseritamente violato una precedente inibitoria proseguendo nella commercializzazione di un prodotto registrato come modello comunitario ha natura extracontrattuale e può dar luogo a responsabilità solidale tra i concorrenti nell’illecito.

A tal fine, l’attore è onerato sia della prova della contraffazione che della prova del concorso fattivo di più soggetti nella sua realizzazione in base ai principi di diritto comune.

Gli atti interruttivi della prescrizione compiuti nei riguardi di un condebitore solidale – nella specie un ricorso cautelare e un successivo atto di citazione – interrompono la prescrizione anche nei confronti degli altri condebitori, con effetti regolati, per tutti i condebitori, dall’art. 2945 comma 2 c.c..

Nel caso in cui venga allegato il concorso della società controllante nella contraffazione posta in essere dalle società controllate, in mancanza di prova di condotte o decisioni concrete e rilevanti ai fini dell’attuazione dell’illecito contraffattivo, non è possibile trasferire sic et simpliciter la responsabilità dell’illecito dalle controllate alla controllante. Del resto, il controllo societario e anche la stessa presunzione di direzione e coordinamento ex artt. 2359 e 2497 sexies c.c. non elidono la distinzione soggettiva fra i vari soggetti giuridici e le individualità delle rispettive responsabilità. Allo stesso modo, il legale rappresentante della controllante non può ritenersi responsabile dell’illecito ex art. 2395 c.c., in concorso con la sua società e le altre società del gruppo, in mancanza di prova di un suo fattivo contributo alla violazione dell’inibitoria.

Responsabilità del liquidatore per mala gestio ed eccezione di inadempimento

E’ responsabile per mala gestio il liquidatore che non abbia adempiuto al dovere di conservare il patrimonio sociale, per assicurare il soddisfacimento dei creditori sociali, avendo pagato debiti inesistenti e non avendo pagato, invece, debiti tributari, in violazione della par condicio creditorum, ex art. 2741 c.c., anteponendo interessi personali a quelli societari.

25L’eccezione di inadempimento – configurabile tra amministratore e società – può essere opposta per paralizzare il diritto al compenso dell’amministratore quando sia basata su fatti collegati al periodo di carica e produttivi di danno alla società.

28 Aprile 2021

Ordinata liquidazione del patrimonio sociale e responsabilità del liquidatore

Un creditore può dedurre una responsabilità ex artt. 2489 (e 2495 co. 2) c.c. dell’organo liquidatorio nel caso in cui sia stato soddisfatto in percentuale inferiore a quella di altri creditori di pari grado, con conseguente danno equivalente (non all’ammontare stesso del credito, bensì) all’importo che egli avrebbe avuto diritto di ricevere ove il liquidatore avesse correttamente applicato i principi ai quali è tenuto, per legge, ad attenersi.

A questo proposito, il liquidatore di una società di capitali ha infatti l’inderogabile dovere di procedere ad un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale (a) pagando i debiti secondo il principio della par condicio creditorum ma nel dovuto rispetto dei diritti di precedenza dei creditori aventi una causa di prelazione e, quindi, (b) graduando, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, l’insieme dei debiti sociali, il cui pagamento deve avvenire dando precedenza a quelli garantiti da cause di prelazione.

Responsabilità del liquidatore sociale e onere della prova del creditore pretermesso

Qualora un creditore di una società di capitali invochi la responsabilità illimitata del liquidatore sociale, affermando di essere stato pretermesso nella fase di liquidazione a vantaggio di altri creditori, lo stesso dovrà anzitutto dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, da provare come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione. Talché la mancata circoscrizione del credito e il suo grado di priorità rispetto ad altri, prima della summenzionata fase, da parte dello stesso creditore, comporta l’esonero del liquidatore da qualsivoglia tipo di responsabilità in merito all’eventuale mancata apposizione di quest’ultimo all’interno del piano di pagamento dei creditori sociali, non potendo, nel caso di specie, ritenersi violato il principio della par condicio creditorum, così come previsto dall’art. 2489 cod. civ.

Estinzione di società e trasferimento dei rapporti giuridici in capo ai soci

Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo” (rinvio a Cass. SS.UU. 12/3/2013 n. 6070 con cui è stato affermato il principio in questione, poi ribadito dalle stesse Sezioni Unite con le sentenze coeve n. 6071 e 6072 del 12/3/2013).

L’estinzione di una società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina il trasferimento della corrispondente azione in capo ai soci, atteso che dal fenomeno di tipo successorio… esulano le mere pretese, benchè azionate in giudizio, ed i diritti ancora incerti o illiquidi necessitanti dell’accertamento giudiziale non concluso, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente, quindi, di ritenere che la società vi abbia implicitamente rinunciato” (rinvio a Cass. 24/12/2015 n. 25974).

L’estinzione di una società di persone conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese determina un fenomeno di tipo successorio … con esclusione delle mere pretese, ancorché azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi necessitanti dell’accertamento giudiziale non concluso… con la conseguenza che gli ex soci non hanno legittimazione a farli valere in giudizio” (rinvio a Cass. 15/11/2016 n. 23269).

In caso di cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese, effettuata in pendenza di un giudizio risarcitorio introdotto dalla società medesima, si presume che quest’ultima abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, ancorché incerto e illiquido, per la cui determinazione il liquidatore non si sia attivato, preferendo concludere il procedimento estintivo della società; tale presunzione comporta che non si determini alcun fenomeno successorio nella pretesa “sub iudice”, sicchè i soci della società estinta non sono legittimati ad impugnare la sentenza d’appello che abbia rigettato questa pretesa” (rinvio a Cass. 29/7/2016 n. 15782).

Deve escludersi che il semplice inserimento di una posta controversa, oggetto di contenzioso, nel bilancio finale di liquidazione sia sufficiente per far conseguire alla pretesa creditoria, ad essa sottesa, la sua trasferibilità in capo ai soci e, ciò, in luogo dell’altrimenti necessario riconoscimento giudiziale a cui la società, titolare della pretesa stessa, ha mostrato di voler rinunciare, avendo proceduto alla propria cancellazione subito dopo essersi vista negare in giudizio il riconoscimento della pretesa a cui ambiva.

26 Novembre 2020

Cancellazione d’ufficio della società ed effetti successori. Azioni del creditore sociale

L’estinzione della società configura un fenomeno di tipo successorio in ordine ai rapporti facenti capo alla stessa, tale per cui i debiti sociali, non liquidati in tale sede o sopravvenuti, non si estinguono (in quanto ne deriverebbe un ingiustificato sacrificio del diritto del creditore sociale) ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione se, pendente societate, erano limitatamente responsabili o illimitatamente, nel caso contrario; si trasferiscono altresì ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore il cui mancato esperimento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato (Cass. civ., Sez. unite, n. 6071 del 2013).

Il fenomeno successorio si realizza anche in caso di cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese ex art. 2490 c.c., co. VI, disposizione che rinvia espressamente agli effetti sanciti dalla norma generale sulla cancellazione della società di capitali di cui al 2495 c.c.

Quanto all’azione esercitata dal creditore nei confronti della società – e, di riflesso, sul socio beneficiario di una illecita distribuzione degli utili –, incombe sul creditore che agisce in giudizio l’onere di provare l’effettiva distribuzione dell’attivo e la riscossione di una quota di esso da parte del socio, trattandosi di elementi della fattispecie costitutiva del diritto azionato.

In relazione all’azione del creditore nei confronti del liquidatore, quest’ultimo, secondo l’orientamento maggioritario, risponde in via aquiliana (lesione del diritto di credito del terzo); talché, l’onere probatorio relativo alla sussistenza di tali elementi grava sul creditore. Peraltro, il liquidatore di una società estinta può essere chiamato a rispondere nei confronti del creditore insoddisfatto solo a condizione che si dimostri l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sarebbe stata sufficiente a soddisfare il suo credito e che è stata, invece, distribuita ai soci, oppure di una condotta colposa o dolosa del liquidatore stesso cui sia imputabile la mancanza di tale massa attiva.

Scioglimento per il decorso del termine ed estinzione della società

La scadenza del termine di durata della società è causa di scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 2484, n. 1, c.c. e non determina la sua estinzione, imponendo piuttosto agli amministratori, ai sensi del successivo art. 2485 c.c., di procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2484 c.c. salva la loro personale e solidale responsabilità per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi. Solo dalla cancellazione dal registro delle imprese, che ha natura costitutiva, consegue l’estinzione a norma del successivo art. 2495 c.c.

10 Settembre 2020

Contestazione della determinazione da parte dell’arbitratore del valore di rimborso della quota di partecipazione al capitale sociale

Non è annullabile la determinazione del valore di rimborso della quota sociale del socio receduto di una s.r.l. effettuata dal terzo arbitratore per manifesta iniquità e/o erroneità ai sensi dell’art. 1349 c.c. laddove il risultato finale della valutazione operata dal terzo arbitratore sia pressoché identico a quello cui è pervenuto il c.t.u. e lo scostamento metodologico non sia tale da rendere la determinazione impugnata in manifesto contrasto alle regole tecniche di settore e dalle conoscenze proprie di cui deve essere in possesso l’esperto del ramo. L’impugnabilità per manifesta erroneità prevista a norma dell’art. 1349, c. I, c.c. non deriva automaticamente dalla semplice presenza di un errore di valutazione nel procedimento di stima, ma dalla sussistenza di un errore, pure tecnico, che sia evidente, grave, concettualmente non condivisibile e, soprattutto, in materia non opinabile (nella specie è stata considerata non iniqua una valutazione della partecipazione inferiore del 25% rispetto al valore accertato dalla successiva ctu nel giudizio di merito).

Non sussiste responsabilità ex art. 2495 c.c. a titolo di colpa del liquidatore per mancato pagamento del credito da rimborso della quota di partecipazione sociale essendo legittima la condotta del liquidatore che, nel rispetto delle norme legali e statutarie sulla vincolatività per le parti della stima operata dall’arbitratore, chiuda senza indugio la procedura liquidativa della quota del socio receduto nonostante le riserve avanzate da quest’ultimo circa i criteri di valutazione adottati dall’arbitratore nella stima.

Il recesso del socio e il conseguente scioglimento del rapporto sociale con relativa liquidazione del valore della quota di partecipazione del socio receduto al capitale sociale, laddove comporti l’effettivo venir meno dell’unica garanzia volta al soddisfacimento del controcredito vantato dalla società a fronte del contratto di finanziamento erogato nei confronti del socio, è circostanza idonea ad integrare i presupposti che giustificano la dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine ai sensi dell’art. 1186 c.c. e la contestuale richiesta del mutuante dell’immediata restituzione dell’intero, trattandosi di fatti sopravvenuti idonei a determinare una profonda diminuzione dell’(unica) garanzia di realizzazione del controcredito.