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Tribunale di Palermo


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26 Aprile 2021

Responsabilità degli amministratori per indebita prosecuzione dell’attività malgrado la sussistenza di una causa di scioglimento

Il danno oggi non viene più automaticamente identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, a meno che non si dimostri che il dissesto economico della società e il conseguente fallimento si siano verificati per fatto imputabile agli amministratori. Non è sufficiente, ai fini della configurabilità della responsabilità degli amministratori, addurre che l’evento dannoso è pari al disavanzo fallimentare, bensì occorre dimostrare non solo la specifica violazione dei doveri imposti dalla legge ma anche la correlazione tra tali violazioni e il pregiudizio arrecato alla società. In altri termini, il danno arrecato dagli amministratori responsabili di violazioni della legge e dello statuto va debitamente provato e quantificato in relazione al concreto pregiudizio arrecato da ciascun atto di mala gestio. Può essere individuato in via presuntiva (art. 1226 c.c.) nella differenza fra attivo e passivo solo in caso di radicale impossibilità di ricostruire le vicende societarie per mancanza o assoluta inattendibilità delle scritture contabili, a condizione che sia allegato e dimostrato uno specifico inadempimento, imputabile all’amministratore, tale da determinare specifici effetti pregiudizievoli – c.d. “inadempimento qualificato” – che non può consistere nell’omessa tenuta delle scritture contabili, se è vero che la contabilità registra gli accadimenti economici che interessano l’attività dell’impresa, non li determina.

Al fine di imputare all’amministratore colpevole il danno effettivamente derivato dall’illecita prosecuzione dell’attività, occorrerà confrontare i bilanci – vale a dire quello relativo al momento in cui si è realmente verificata la causa di scioglimento e quello della messa in liquidazione (ovvero in mancanza del fallimento) – dopo avere effettuato non solo le rettifiche volte a elidere le conseguenze della violazione dei criteri di redazione degli stessi ma pure, quelle derivanti dalla necessità di porsi nella prospettiva della liquidazione, visto che proprio alla liquidazione, se si fosse agito nel rispetto delle regole, si sarebbe dovuti giungere.

14 Aprile 2021

Diritti ed obblighi del socio di società cooperativa edilizia

In tema società cooperative edilizie, devono essere tenuti distinti due piani, ossia quello del rapporto sociale, connotato dalla mutualità, che intercorre tra i soci ed è destinato ad esaurirsi con la liquidazione della società, e quello sinallagmatico, che si instaura con il trasferimento ai soci degli immobili realizzati dalla cooperativa.

Qualora il socio di una società cooperativa edilizia intenda contestare l’importo richiesto a ciascun socio per il ripianamento dei debiti della cooperativa o i criteri adottati per la sua determinazione, così come oggetto di delibera dell’assemblea dei soci, deve obbligatoriamente procedere con l’impugnazione di tale delibera; in difetto, infatti, il socio non potrà contestare nè l’ammontare del quantum deliberato dall’assemblea nè i criteri adottati per la sua determinazione, ma potrà eccepire solamente errori materiali o fatti successivi a tale delibera (quali eventuali pagamenti già effettuati).

In materia di cooperative edilizie può ravvisarsi l’analogia tra l’atto di prenotazione dell’immobile ed il contratto preliminare di compravendita, anche ai fini dell’emissione di una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., purchè in esso siano individuati il socio prenotatario, l’immobile allo stesso destinato ed il corrispettivo.

Mancata legittimazione del socio a contraddire nel giudizio di impugnazione della delibera assembleare di società di capitali

Nel giudizio di impugnazione della delibera assembleare di una società di capitali, unico soggetto legittimato a contraddire è la società alla quale la delibera è imputabile, mentre il socio, parte del contratto di società, vincolato agli effetti della delibera, è titolare di un interesse giuridicamente protetto a evitare che l’impugnativa sia accolta, ma non ha un’autonoma posizione di diritto soggettivo alla conservazione dei suoi effetti, sicché egli può limitarsi a resistere all’impugnativa chiedendone il rigetto mediante un intervento meramente adesivo rispetto alla posizione della società.

Compenso dell’amministratore e scopo di lucro della società

La gratuità della carica dell’amministratore non può farsi discendere dall’assenza di finalità lucrative della società. Il compenso dell’amministratore – essendo un costo per la società – attiene piuttosto al profilo dell’economicità della gestione dell’impresa, ovverosia al criterio della copertura dei costi con i ricavi di esercizio.

17 Febbraio 2021

Sulla deroga statutaria alle soglie per agire in giudizio ai sensi dell’art. 2393-bis c.c.

In tema di legittimazione ad agire dei soci di minoranza, l’art. 2393-bis c.c. prevede un limite inderogabile statutariamente solo verso l’alto; pertanto, ipotizzare che la soglia prevista dal legislatore per agire in giudizio non possa essere abbassata, oltre ad essere contrario alla ratio della disposizione – dettata a tutela dell’interesse della minoranza alla corretta gestione della società – è smentito dal secondo comma della stessa norma che, per le società che fanno ricorso al capitale di rischio (che dunque hanno una base potenzialmente molto più ampia delle c.d. S.p.A. “chiuse”) prevede solo la possibilità di derogare verso il basso il diverso limite previsto dalla norma stessa.

17 Febbraio 2021

Patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. A differenza della clausola di prelazione di acquisto di quote sociali contenuta in un patto parasociale che ha effetti obbligatori tra le parti – con conseguente rilievo della sua violazione solo sul piano risarcitorio – quella contenuta nello statuto ha efficacia reale e, in caso di violazione è opponibile anche al terzo acquirente.

Il socio di una società di capitali che lamenti la violazione del suo diritto di prelazione nel caso di vendita di azioni sociali, statutariamente previsto, non può limitarsi a dimostrare in giudizio l’esistenza del suddetto patto, ma deve anche allegare e provare che dalla violazione è derivata una lesione del suo interesse a rendersi acquirente delle azioni trasferite a terzi, perché l’interesse del socio pretermesso non consiste nel mero rispetto del procedimento di cessione. L’interesse ad agire, in termini generali, costituisce, infatti, una condizione per far valere il diritto sotteso mediante l’azione, e s’identifica nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice. In particolare, nell’azione di mero accertamento, esso presuppone uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico, tale da arrecare all’interessato un pregiudizio concreto ed attuale, che si sostanzia in un’illegittima situazione di fatto continuativa e che, perciò, si caratterizza per la sua stessa permanenza.

16 Febbraio 2021

Sospensione della delibera assembleare di approvazione del bilancio

Anche le delibere tecnicamente prive di esecuzione, cioè idonee a produrre effetti giuridici anche in assenza di una specifica attività esecutiva (quali quelle di approvazione del bilancio, aventi mera efficacia dichiarativa), possono essere sospese ex art. 2378 co. 3^ c.c. Secondo la giurisprudenza, infatti, il termine “esecuzione” (utilizzato dall’art. 2378 co. 3^ c.c.) non intende fare riferimento soltanto ad una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, ma ad una più ampia condizione di efficacia della deliberazione, rispetto alla quale l’esecuzione è un momento puramente eventuale.

Là dove lo statuto preveda che la convocazione avvenga mediante pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale almeno quindici giorni prima dell’assemblea e mediante spedizione dello stesso ai soci a mezzo pec o raccomandata e si accerti che sia mancata solo la comunicazione ai soci (essendo invece intervenuta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), deve ritenersi che il mancato invio della raccomandata integra una violazione statutaria che si traduce in un vizio della delibera sussumibile nell’alveo dell’art. 2377 c.c., che però deve essere fatto valere nel termine di 90 giorni dalla data della deliberazione o da quella di deposito al registro delle imprese quando si tratti di delibere soggette all’iscrizione.

15 Febbraio 2021

Amministratore di fatto di una società di capitali

L’amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicché può concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione.

La natura contrattuale della responsabilità dell’amministratore sociale consente alla società che agisca per il risarcimento del danno, o al curatore in caso di sopravvenuto fallimento di quest’ultima, di allegare l’inadempimento dell’organo gestorio quanto alle giacenze di magazzino, restando a carico del convenuto l’onere di dimostrare l’utilizzazione delle merci nell’esercizio dell’attività di impresa.

2 Febbraio 2021

Carattere suppletivo delle norme sulla convocazione dell’assemblea dei soci di s.r.l.

La disciplina dettata dal codice civile sulla convocazione dell’assemblea, che valorizza il momento della spedizione in un’ottica di certezza e celerità del procedimento, è destinata a operare solo in mancanza di una diversa disciplina statutaria. L’art. 2479-bis, co. 1, c.c. fa riferimento alla “spedizione” e non alla “ricezione” dell’avviso di convocazione, ma nulla impedisce ai soci i quali vogliano meglio tutelare il loro diritto di partecipazione informata all’assemblea di convenire una disciplina diversa, che faccia decorrere il termine di convocazione dall’effettiva e documentata ricezione dell’avviso di convocazione.

A nulla rileva, ai fini della valutazione della validità della delibera impugnata, la circostanza che tutti i soci fossero stati “informati verbalmente” dell’assemblea, dal momento che tale prassi, anche qualora avesse trovato pieno riscontro probatorio in causa, non sarebbe stata comunque idonea ad assicurare ai soci una adeguata e tempestiva informazione sugli argomenti da trattare, in assenza di una espressa dichiarazione di assenso da parte del socio di minoranza che non ha preso parte all’assemblea.

18 Gennaio 2021

Impugnazione della delibera per mancata convocazione del socio

L’art. 2378, co. 3, c.c. disciplina il procedimento cautelare diretto a ottenere la sospensione dell’esecuzione delle delibere (o decisioni) ed è un procedimento a cognizione sommaria nel quale il giudice è tenuto a verificare la sussistenza del fumus boni juris e del periculum in mora, procedendo, con riferimento a tale ultimo profilo, a una comparazione tra il pregiudizio che deriverebbe al ricorrente dall’esecuzione e quello che deriverebbe alla società dalla sospensione della delibera.

Il termine “esecuzione”, utilizzato dall’art. 2378, co. 3, c.c., non intende fare riferimento soltanto ad una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, ma ad una più ampia condizione di efficacia della deliberazione, rispetto alla quale l’esecuzione è un momento puramente eventuale. Una diversa interpretazione – considerato che l’art. 35 d.lgs. 5/2003 attribuisce agli arbitri, ai quali secondo l’art. 34 è possibile devolvere solo le controversie aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, il potere di disporre la sospensione dell’efficacia della delibera – finirebbe infatti per restringere immotivatamente l’ambito della tutela cautelare proprio nelle controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili. Ne consegue che pure le delibere tecnicamente prive di esecuzione, cioè idonee a produrre effetti giuridici anche in assenza di una specifica attività esecutiva (quali sono ad esempio quelle di approvazione del bilancio, aventi mera efficacia dichiarativa), possono essere sospese ex art. 2378, co. 3, c.c.

L’omessa convocazione del socio, nelle s.r.l. che seguono il metodo assembleare, integra l’ipotesi di nullità dell’assoluta assenza di informazione prevista dall’art. 2479 ter, co. 3, c.c.

Ai fini della sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. non è sufficiente che, tra due controversie, sussista una mera pregiudizialità logica, ma è necessaria l’obiettiva esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica, il quale ricorre solo quando la definizione di una delle controversie costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico dell’altra, l’accertamento della quale debba avvenire con efficacia di cosa giudicata.