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12 Giugno 2023

Azione di responsabilità della curatela, obblighi degli amministratori e prova delle distrazioni patrimoniali

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L.F. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. – con conseguente possibilità per il curatore medesimo di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393 comma 4, 2941 n. 7, 2949 e 2394 comma 2 c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

Se l’erogazione di somme da parte del socio a favore della società avviene a titolo di prestito, ne consegue l’obbligo per la seconda di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza; se, invece, l’apporto avviene come versamento destinato a confluire in apposita riserva “in conto capitale” e, dunque, non tra i debiti, il socio non diviene titolare di un credito esigibile se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione.

L’amministratore ha l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere  legittimamente desunta la prova della loro distrazione od occultamento.

Va considerato che, comunque, grava sull’organo gestorio in carica al momento del deposito l’obbligo di controllare la corretta predisposizione del bilancio da lui sottoscritto; l’amministratore
subentrante ha, infatti, l’onere di verificare l’effettiva consistenza patrimoniale della società, oltre che la sua reale situazione economico finanziaria, al fine di adottare gli eventuali necessari
aggiustamenti.

Il mancato rinvenimento dei beni da parte della curatela rappresenta la prova della loro dispersione, attesa l’impossibilità di risalire alle vicende sociali ante fallimento.

Efficacia probatoria delle scritture contabili

Nel caso di rapporti di debito/credito tra i soci e società che attengono al rapporto societario, qualora il tema dell’assenza di quietanze firmate dai soci destinatari dei rimborsi di somme erogate a titolo di finanziamento risulti espressamente affrontato in sede assembleare, prevale – sul principio della libera valutazione da parte del giudice di merito dei libri e delle scritture contabili, e quindi anche del bilancio, dell’impresa soggetta a registrazione ai sensi dell’art. 2709 c.c. – il principio di vincolatività delle delibere assembleari nei confronti di tutti i soggetti legati dal rapporto sociale, compresi i soci eventualmente dissenzienti che non abbiano proposto rituale impugnazione.

1 Febbraio 2021

Responsabilità dell’amministratore di fatto ex art. 146 l.fall.

Del danno derivato dalle distrazioni nei confronti del patrimonio sociale devono rispondere, sotto il profilo soggettivo, sia l’amministratore di diritto sia coloro che, sulla base della documentazione acquisita, abbiano assunto il ruolo di amministratori di fatto. Non costituiscono infatti circostanze di esonero dalla responsabilità civile dell’amministratore per il danno derivato alla società e ai creditori dalla violazione degli obblighi imposti dalla carica, né l’essersi prestato ad assumere solo formalmente la carica di amministratore fungendo da prestanome del soggetto a cui è demandata di fatto la gestione né lo svolgimento del mandato nella completa ignoranza dell’operato del terzo incaricato dell’esecuzione delle attività proprie dell’amministratore.
Il curatore fallimentare che, al fine di ottenere un risarcimento del danno per equivalente pecuniario, eserciti l’azione di responsabilità ex art. 146 l.f. nei confronti dell’amministratore di diritto di una società di capitali deve dedurre tutti i comportamenti tenuti da quest’ultimo in violazione di specifici obblighi derivanti dalla legge e dallo statuto nonché dimostrare il pregiudizio – causalmente e logicamente connesso all’illecito prospettato – che da tali comportamenti sia derivato nella sfera giuridica della società. La responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti della società è, infatti, una responsabilità civile che non è configurabile in termini semplicemente sanzionatori della condotta illecita prospettata attraverso la concezione di una sorta di punitive damage sganciato nella sua determinazione dall’effettiva dimostrazione della natura e consistenza del pregiudizio che dall’illecito sarebbe derivato alla società.
La semplice violazione dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili da parte dell’amministratore non è una condotta idonea a determinare un materiale pregiudizio nella sfera patrimoniale della società e, pertanto, non giustifica il riconoscimento del risarcimento del danno con natura e finalità sanzionatoria rispetto alla violazione formale. Discorso diverso vale invece per eventuali operazioni distrattive poste in essere dall’organo gestorio. In particolare, la responsabilità di quest’ultimo per la violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale compromessa da prelievi di cassa o pagamenti a favore di terzi ingiustificati per la mancanza di idoneo riscontro della loro causa nella contabilità e documentazione sociale deve ritenersi dimostrata per presunzioni ove l’amministratore convenuto non provi la riferibilità all’attività sociale delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali

1 Febbraio 2021

Responsabilità del socio: necessaria l’ingerenza nella gestione sociale

Il socio beneficiario del godimento di beni ottenuti mediante distrazioni a spese della società, non può essere considerato responsabile ai fini di un risarcimento del danno per equivalente pecuniario, senza che venga allegato alcun elemento che dimostri un’ingerenza nella gestione sociale che possa rendere tale socio corresponsabile delle distrazioni di cui ha goduto.

21 Maggio 2020

Responsabilità degli amministratori e quantificazione del danno in presenza della mancata rilevazione nella contabilità aziendale di pagamenti in contante effettuati nelle mani del Presidente del CdA

Sono co-responsabili per le condotte di mala gestio (distrazione di pagamenti in contanti per servizi prestati dalla società e omessa rilevazione nella contabilità aziendale) insieme con il Presidente del Consiglio di Amministrazione, cui i pagamenti erano destinati, anche gli altri amministratori che non abbiano espressamente contestato la pratica societaria consistita nel ricevere pagamenti in contante non registrati e abbiano anzi attivamente preso parte all’attività di gestione sociale mediante la concreta partecipazione alle decisioni finanziarie relative alla società (ad esempio, deliberando lo smobilizzo di somme a titolo di piani di accumulo, stipulando finanziamenti bancari o prestando le relative garanzie fideiussorie).

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16 Luglio 2019

L’onere probatorio in materia di condotte distrattive e la determinazione del danno risarcibile

Nella procedura di fallimento l’onere probatorio della curatela si arresta alla prova della esistenza della somma e del suo mancato ritrovamento o della mancata consegna al momento del fallimento. Pertanto, a fronte di uno specifico addebito di distrazione, l’onere di dimostrare che le somme siano state destinate al pagamento dei lavoratori non può che ricadere sul convenuto amministratore della società fallita.

Per quanto riguarda l’addebito di prosecuzione illegittima dell’impresa, in presenza di uno stato passivo che cristallizza l’esposizione debitoria della fallita ed in presenza di parte delle scritture contabili, il danno risarcibile non può essere desunto aprioristicamente da un criterio equitativo, come è la differenza tra l’attivo ed il passivo o la differenza dei patrimoni netti.

L’onere della prova nel giudizio di responsabilità contro l’amministratore per atti distrattivi del patrimonio sociale

Nell’ambito del giudizio per il risarcimento del danno instaurato dalla curatela fallimentare contro l’amministratore della società fallita per il compimento di atti di distrazione del patrimonio sociale, operano le regole in tema di riparto dell’onere probatorio secondo cui: “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento mentre, chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda (art 2697 cc)”, di talché è ormai consolidato principio giuridico per cui: “il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo/costituito dall’adempimento” (Cassazione civile, Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).”

A tal fine, l’amministratore convenuto che affermi che le somme distratte abbiano natura di rimborso per somme anticipate a favore della società da parte di un terzo, beneficiario delle attività distrattive, è tenuto a fornire la prova in giudizio del rapporto negoziale esistente tra la società e il terzo rimborsato. Pertanto, la mera produzione di assegni indirizzati a possibili fornitori della società fallita, nonché degli estratti conto del pagamento realizzato dall’amministratore per conto della società non possono essere ritenuti idonei a giustificare l’operato dell’amministratore.