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Maddalena Vaiano

Maddalena Vaiano

Avvocato in Bologna - Studio Legale Associato Demuro Russo

28 Maggio 2023

Nullità delle fideiussioni omnibus e non rilevanza dell’applicazione dello schema ABI alle fideiussioni specifiche

In materia di fideiussioni bancarie, il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia (ratione temporis Autorità competente) assurge alla funzione di prova privilegiata della incompatibilità con le norme a tutela della concorrenza e del mercato della uniforme applicazione, da parte degli istituti bancari, di modelli contrattuali standardizzati contenti l’obbligo per il fideiussore di rimborsare la banca per le somme incassate in adempimento di obbligazioni garantite, se restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi (clausola c.d. di “reviviscenza”), la rinuncia ai termini dell’art. 1957 c.c. e l’estensione della fideiussione a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide (clausola c.d. di “sopravvivenza”). Poiché tali clausole sono da considerarsi quale sbocco “a valle” e manifestazione sintomatica dell’intesa vietata “a monte”, producendo l’effetto di limitare la possibilità di scelta tra i prodotti concorrenti sul mercato, la parte che intenda invocare la tutela reale assolverebbe all’onere probatorio su di sé incombente allegando e producendo il contratto di fideiussione ed il provvedimento dell’Autorità, mentre il Collegio sarebbe chiamato a verificare la conformità delle clausole impugnate rispetto a quelle censurate dal decreto 55/2005, ritenendone accertata l’anticoncorrenzialità. Tali premesse e conseguenze sono tuttavia applicabili limitatamente alle fideiussioni omnibus ed entro i limiti temporali oggetto dell’istruttoria compiuta dalla Banca d’Italia (2002/2005). L’accertamento condotto dall’Autorità Garante ha avuto ad oggetto le condizioni generali della fideiussione omnibus, con ciò intendendosi quella particolare garanzia di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti presenti e futuri che il debitore ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1398 c.c. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus. [ Continua ]
19 Aprile 2023

Abuso di maggioranza ed esercizio dei diritti sociali relativi a una partecipazione conferita in trust

L’abuso del diritto della maggioranza dei soci si sostanzia in una lesione del diritto del socio di minoranza, in violazione del canone di correttezza e buona fede, che impone la salvaguardia nell’interesse comune della società. In particolare, l’abuso di potere è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari quando la deliberazione: (i) non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società; deve pertanto trattarsi di una deviazione dell’atto dallo scopo economico-pratico del contratto di società, per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico rispetto a quello sociale; (ii) sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli poiché è rivolta al conseguimento di interesse extrasociali. Della prova della sussistenza dell’eccesso di potere è onerata, ex art. 2697 c.c., la parte che, deducendo tale vizio, assume l’illegittimità della deliberazione. L’annullabilità della delibera assembleare per abuso di maggioranza costituisce l’unica ipotesi in cui il giudice può procedere ad un esame nel merito della deliberazione assembleare e non di mera legalità formale. L’invalidità della delega conferita da un socio a un proprio rappresentante per il voto in un’assemblea di s.r.l. si risolve in un motivo di annullamento della deliberazione qualora il voto espresso dal non legittimato sia stato determinante. Nell’eventualità di impugnazione di delibera assembleare, incombe sulla società l’onere di provare che tutti i soci siano stati tempestivamente avvisati della convocazione; tale prova può essere fornita anche tramite presunzioni. Il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, e formalmente intestati al trustee, il quale, pertanto, disponendo in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, è l’unico soggetto legittimato a farli valere nei rapporti con i terzi, anche in giudizio. Ne consegue che, nell’ipotesi di partecipazione sociale conferita in trust, il suo trustee è l’unico soggetto legittimato all’esercizio dei relativi diritti sociali. [ Continua ]
28 Maggio 2023

Non è necessario esperire il procedimento di mediazione per i contenziosi aventi ad oggetto fideiussioni stipulate dalla banca

La fideiussione non costituisce un contratto bancario strictu sensu, essendo invece un contratto di garanzia previsto e disciplinato dal codice civile, con la conseguenza che le controversie che alla medesima afferiscono sono escluse dall’ambito di obbligatorietà della mediazione ex art. 5, co. 1 bis, d.lgs. 28/2010, stante l’autonomia e l’estraneità del contratto di garanzia rispetto quello principale, garantito, cui inerisce. Inoltre, l’accertamento cui è chiamato il tribunale nelle controversie in materia antitrust, ossia la verifica dell’intesa illecita “a monte” da cui deriverebbe la nullità dei contratti “a valle”, per il sol fatto che contingentemente quello a valle sia un contratto bancario, finanziario o assicurativo, non determina la connotazione della controversia come relativa ad un contratto bancario, finanziario o assicurativo, rivolgendosi l’accertamento richiesto al contratto “a valle” non in sé considerato, ma in quanto strumento di ricezione dei contenuti dell’intesa illecita. In punto di domanda risarcitoria, formulata ex art. 2043 c.c., per violazione della normativa antitrust, oltre che dei principi di correttezza, trasparenza, buona fede e solidarietà, trattandosi di ordinaria azione aquiliana, spetta all’attore allegare e provare, in ossequio ai principi generali in materia di riparto dell’onere della prova, il danno causalmente riconducile all’illecito lamentato ex artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. Le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus non sono nulle. [ Continua ]
13 Aprile 2023

Legittimazione all’impugnativa di delibera assembleare in caso di contitolarità di una quota del capitale sociale

Va esclusa la legittimazione all’impugnativa di una delibera assembleare in capo al singolo socio in fattispecie di contitolarità, pro-indiviso, di quote di partecipazione al capitale sociale, in quanto la disposizione dettata dall’art. 2468, co. 5, c.c. contempla un’ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario – questo – del principio di indivisibilità delle quote e delle azioni di cui all’art. 2347 c.c., norma che, nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comunione, la unitarietà dell’esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento e l’amministrazione in forma individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall’altro, di garantire certezza e stabilità alle deliberazioni assunte, correttamente approvate. In ipotesi di contitolarità di una quota del capitale sociale, tanto l’intervento in assemblea e il relativo diritto di voto, quanto il potere di proporre l’impugnazione di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c., competono, in via esclusiva, al rappresentante comune (sia esso nominato dagli stessi soci ovvero, in difetto, dall’autorità giudiziaria), non residuando in capo al singolo socio la facoltà di invocare alcuna tutela giurisdizionale, né in via concorrente, né in via residuale. Appartenendo la legitimatio ad causam alla generale categoria delle condizioni dell’azione, ovvero operando quale indefettibile presupposto affinché possa rendersi una decisione sul merito, essa deve essere valutata al momento della decisione. Occorre distinguere i presupposti processuali – ossia i requisiti che devono sussistere ai fini della instaurazione del rapporto processuale –, che devono esistere sin dal momento della domanda, e le condizioni dell’azione – ossia i requisiti della domanda che condizionano la decidibilità della controversia nel merito –, che devono esistere al momento della decisione. L’intervenuta divisione, in corso di causa, della quota di capitale sociale originariamente in comunione può essere considerato evento idoneo a conferire la legittimazione ad agire (c.d. legitimatio superveniens) al socio attore che ne era inizialmente carente. [ Continua ]
23 Marzo 2023

La natura contrattuale della responsabilità del curatore fallimentare, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concodato preventivo

Le azioni esperibili nei confronti dei commissari e dei liquidatori giudiziali di una procedura di concordato preventivo sono le stesse previste per il curatore fallimentare. Infatti, ai sensi dell’art. 182 l.fall., qualora il concordato consista nella cessione dei beni e non sia diversamente disposto, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. La stessa norma rimanda alle norme applicabili al curatore fallimentare e, in particolare, richiama gli artt. 37 e 38 l.fall. in tema di revoca e responsabilità. L’azione volta al riconoscimento della responsabilità del curatore fallimentare ex art. 38 l.fall. ha natura contrattuale, in considerazione della natura del rapporto (equiparabile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico dell’organo concorsuale. Infatti, la responsabilità nella quale incorre il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. In altri termini, la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti. [ Continua ]
20 Aprile 2022

Esclusione della compensazione delle spese di lite in caso di adesione della parte opposta all’eccezione di compromesso della parte opponente

Ai fini della regolamentazione delle spese processuali, posto che il principio cardine che regola la materia è il criterio della soccombenza, al quale si può derogare solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 92 c.p.c., la condotta processuale della ingiungente opposta, che aderisce all’eccezione di compromesso di controparte, non rileva ai fini della compensazione delle spese del giudizio, non potendo integrare un’ipotesi di reciproca soccombenza o una delle altre ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c. [nella specie, il Tribunale di Bologna, dopo aver accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero, ha condannato il socio al pagamento delle spese di lite anche se nel corso del giudizio aveva aderito all’eccezione di compromesso della cooperativa controparte]. [ Continua ]
20 Aprile 2022

Clausola compromissoria e competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo

Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello per cui l’esistenza della clausola compromissoria non è rilevabile d’ufficio, ma solo su tempestiva eccezione di parte, con la conseguenza che non può escludersi la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, salvo i casi in cui la clausola contempli anche l’emissione dei provvedimenti inaudita altera parte. Tuttavia, qualora nel successivo giudizio di opposizione, la parte opponente eccepisca l’incompetenza del giudice adito in ragione della sussistenza della clausola compromissoria, il giudice deve dichiarare la nullità del decreto opposto e contestualmente rimettere la controversia al giudizio degli arbitri [nella specie, il Tribunale di Bologna ha accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente ha dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero]. [ Continua ]

Frazionamento giudiziale abusivo del credito

In tema di risarcimento del danno da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito non può frazionare la tutela giudiziaria agendo separatamente, neppure mediante riserva di far valere in altri procedimenti diverse voci di danno, in quanto si tratterebbe di una condotta che aggrava la posizione del debitore, ponendosi in contrasto con il generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi, quindi, in un abuso dello strumento processuale. Non costituisce, tuttavia, ipotesi di frazionamento abusivo del credito (e, quindi, violazione dell’art. 1175 c.c.) la formulazione di domande in autonomi giudizi solo se risulti, in capo al creditore, un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (qualora, ad esempio, uno dei crediti originati da un medesimo rapporto obbligatorio possa essere accertato mediante il ricorso ad uno strumento processuale di più veloce definizione rispetto a quello necessario per accertare la sussistenza degli altri crediti originati dallo stesso rapporto). In assenza di un interesse oggettivamente valutabile del creditore, la condotta frazionata deve ritenersi strumentale e, pertanto, non meritevole di protezione dall’ordinamento giuridico.   [ Continua ]