Art. 2406 c.c.
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Responsabilità del sindaco e del revisore; corresponsabilità della banca in caso di atti distrattivi dell’amministratore
I doveri di vigilanza dei sindaci come tali non si estendono di per sé al controllo contabile; tuttavia, essi sono tenuti ad una sorveglianza generale dell’andamento gestorio. La responsabilità dei sindaci può certamente essere predicata anche solo in relazione alla mancata vigilanza, ma questo accade, in particolare, quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità; naturalmente, sul presupposto che tali fatti dovessero e potessero essere rilevati nell’esercizio dei compiti di legge.
Quando i sindaci rivestano anche la carica di revisori, deve escludersi la commistione fra gli obblighi e i regimi anche prescrizionali che regolano ciascuno dei due compiti, i quali sono invece disciplinati in modo diverso e da disposizioni normative distinte e specifiche. La netta distinzione di disciplina tra revisori e sindaci, che vale per compiti, requisiti e responsabilità, vale anche per il regime prescrizionale, chiaramente diverso. Quanto alla prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti del revisore, in particolare, ai sensi dell’art. 15 del d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 “l’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili ai sensi del presente articolo si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento”. Tale speciale regime di decorrenza della prescrizione si applica naturalmente solo per le annate relativamente alle quali i revisori sono giunti a chiudere il periodo con relazione; ma certamente non opera riguardo a quelle negligenze relative ai compiti di verifica, nel corso dell’esercizio, della regolare tenuta della contabilità sociale e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili (art 14, lett. b), d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 39) commesse in periodi che non si sono conclusi con relazione.
La banca risponde quale corresponsabile dell’illecito dell’amministratore che storni a sé sostanze sociali – condotta concretamente atto in conflitto di interessi – in base ai principi generali della responsabilità civile, sia sotto il profilo aquiliano, per lesione del credito, sia sotto quello contrattuale, dovendo la banca rifiutare di dare corso all’operazione a fronte di condotte ictu oculi anomale, che siano palesemente contrarie all’interesse del correntista. Ai fini di tale valutazione, è possibile fare ricorso, nella normativa antiriciclaggio, ai criteri di anomalia previsti nel provvedimento di Banca d’Italia del 24 agosto 2010; ed invero, seppure la disciplina antiriciclaggio non sia dettata a beneficio del correntista, l’esistenza di tale disciplina rileva in quanto impone comunque che la banca si doti di strumenti di rilevazione delle operazioni anomale.
Nell’ambito di un contratto di assicurazione della responsabilità civile professionale è valida la clausola mediante la quale viene limitata l’operatività della copertura alla sola quota di danno direttamente e personalmente imputabile all’assicurato, con esclusione di quella parte di responsabilità che possa derivare da un vincolo di solidarietà.
Ciò che mina il contraddittorio processuale e rende indispensabile l’intervento di nomina di un curatore speciale da parte del giudice ex art. 78 c.p.c. è un conflitto attinente all’interesse difensivo del rappresentante, che sia parte nel processo, rispetto alla parte rappresentata, che sia parte nel medesimo processo. Quando il rappresentante non sia litisconsorte, il giudice deve impiegare, nella valutazione della sussistenza del conflitto, la massima cautela, dal momento che la nomina di un curatore speciale quale rappresentante processuale di un ente (specie nel caso di una società) lo consegna alla difesa curata da soggetto estraneo; soggetto che, qui si può esplicitare, si fonda su una conoscenza dei fatti sociali necessariamente meno approfondita rispetto a quella dell’organo gestorio.
I doveri di controllo e la responsabilità dei sindaci
Il sistema dei controlli nelle società di capitali è un sistema composito che coinvolge una pluralità di soggetti e organi, quali gli amministratori non esecutivi e gli amministratori indipendenti, i sindaci, i revisori, il comitato per il controllo interno, l’organismo di vigilanza di cui al d.lgs. 231/01 e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nelle società quotate di cui all’art. 154 bis t.u.f., allo specifico fine di ottenere, grazie all’eterogeneità dei controlli, una garanzia rafforzata dell’osservanza delle regole di corretta amministrazione. La particolare conformazione della struttura societaria induce a doveri più intensi, come quando la società sia parte di un gruppo o si tratti di società a ristretta base familiare, soggetta perciò a influenze esterne anche pregiudizievoli.
La responsabilità omissiva del soggetto tenuto, per funzione, ad esercitare un controllo sull’agire di altri è per fatto proprio colpevole, purché si riscontrino la condotta almeno colposa e il nesso di causa con il danno, dovendosi ritenere ormai espunta anche dal diritto civile la responsabilità oggettiva, la responsabilità per fatto altrui o quella da mera posizione.
I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.
Ai fini dell’affermazione della responsabilità dei membri degli organi di controllo, è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità. Ricorre il nesso causale tra la condotta inerte antidoverosa dei sindaci di società e l’illecito perpetrato dagli amministratori, ai fini della responsabilità dei primi, secondo la probabilità e non necessariamente la certezza causale, se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione dei poteri sindacali avrebbe ragionevolmente evitato l’illecito, tenuto conto di tutte le possibili iniziative che il sindaco può assumere esercitando i poteri-doveri propri della carica, quali: la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403 bis c.c., la segnalazione all’assemblea delle irregolarità riscontrate, i solleciti alla revoca della deliberazione illegittima, l’impugnazione della deliberazione viziata ex artt. 2377 ss. c.c., la convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite ex artt. 2446 e 2447 c.c., il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ai sensi dell’art. 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. ed ogni altra attività possibile ed utile.
Non è sufficiente ad esonerare i sindaci della società da responsabilità, in presenza di una illecita condotta gestoria posta in essere dagli amministratori, la dedotta circostanza di esserne stati tenuti all’oscuro o di avere assunto la carica dopo l’effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi, qualora i sindaci abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori.
L’obbligo di vigilanza impone – prima ancora che la verifica sulla regolarità formale degli atti e delle relazioni degli amministratori – la ricerca di adeguate informazioni, in particolare da parte dei componenti dell’organo sindacale, la cui stessa ragion d’essere è il provvedere al controllo sulla gestione. Onde sussiste la colpa in capo al sindaco già per non avere rilevato i c.d. segnali d’allarme, individuati dalla giurisprudenza anche nella stessa soggezione della società all’altrui gestione personalistica.
Le dimissioni presentate non esonerano il sindaco di società di capitali da responsabilità, in quanto non integrano un’adeguata vigilanza sull’operato altrui e sullo svolgimento dell’attività sociale, per la pregnanza degli obblighi assunti proprio nell’ambito della vigilanza sull’operato altrui e perché la diligenza richiesta al sindaco impone, piuttosto, un comportamento alternativo; le dimissioni diventano anzi esemplari della condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità.
Neppure l’essere stato designato alla carica solo dopo la commissione dell’illecito è di per sé circostanza sufficiente ad esimere il sindaco da responsabilità, in quanto l’accettazione della carica comporta comunque l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo; né la responsabilità per il ritardo nell’adozione delle misure necessarie viene meno per il fatto imputabile al precedente amministratore, una volta che, assunto l’incarico, fosse esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio.
Ai fini dell’esonero dalla responsabilità è necessario invece che i componenti dell’organo di controllo – gravati dal relativo onere probatorio a fronte dell’allegazione dell’inerzia e della prova del fatto illecito gestorio da parte dell’attore – abbiano esercitato o tentato di esercitare l’intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge, fino alla denuncia all’autorità giudiziaria civile e penale, in mancanza delle quali concorrono nell’illecito civile commesso dagli amministratori della società per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti per legge. Anche la semplice minaccia di ricorrere ad un’autorità esterna può costituire deterrente, sotto il profilo psicologico, al proseguimento di attività antidoverose da parte dei delegati; la condotta impediente omessa va valutata nel contesto complessivo delle concrete circostanze, in quanto l’inerzia del singolo, nell’unirsi all’identico atteggiamento omissivo degli altri acquista efficacia causale, dato che, all’opposto, una condotta attiva giova a rompere il silenzio sollecitando, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge ed ai principi di corretta amministrazione un analogo atteggiamento degli altri.
La responsabilità dell’amministratore di società di capitali per il ritardo nell’adozione delle misure necessarie a contenere le perdite e per la mancata richiesta di fallimento nonostante la vistosità ed irreversibilità del dissesto non viene meno per effetto della responsabilità del precedente amministratore nell’aver occultato detto stato, una volta che di questo egli abbia avuto contezza.
Responsabilità di sindaci e amministratori per indebita prosecuzione dell’attività malgrado la sussistenza di una causa di scioglimento nelle s.r.l.
E’ esperibile l’azione di responsabilità ex art. 146 l.fall. da parte del curatore di s.r.l. fallita nei confronti degli amministratori che, violando l’applicazione dei principi di corretta redazione del bilancio, abbiano mancato di ravvisare una causa di scioglimento, la quale, fa sorgere l’obbligo di accertamento formale e convocazione dell’assemblea per la delibera delle conseguenti valutazioni (azzeramento e ricostruzione del capitale sociale mediante conferimenti o scioglimento e liquidazione) ex art. 2485 c.c. Sono obbligati in solido con agli amministratori i sindaci che, in virtù dei loro rilevanti poteri di ispezione e controllo e in seguito alla partecipazione delle assemblee dei soci e alle adunanze del consiglio di amministrazione, ai sensi degli art. 2405 e 2406 c.c., devono convocare l’assemblea in caso di omissioni degli amministratori e accertamento di fatti di rilevante gravità nella gestione societaria. La prosecuzione dell’attività in presenza di una causa di scioglimento comporta responsabilità risarcitoria, tanto per i primi, di fronte alla società per lo svolgimento di attività non meramente conservative e di fronte ai creditori sociali per l’incremento del passivo e l’aggravamento della situazione debitoria della società, quanto per i secondi, i quali, obbligati in solido con gli amministratori, devono provvedere a effettuare i dovuti controlli sulla gestione, nel rispetto della legge e dello statuto, e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società ai sensi dell’art. 2403 c.c.
La quantificazione del danno, per l’indebita prosecuzione dell’attività, è pari alla differenza tra il patrimonio netto stimato alla data del fallimento, con riferimento alla data dell’ultima situazione contabile, e quello stimato alla data del verificarsi della causa di scioglimento, dedotti quei costi che sarebbero stati sostenuti anche nella fase di liquidazione, e previa riclassificazione dei dati patrimoniali in prospettiva liquidatoria.
Azione di responsabilità verso gli amministratori e sindaci: il litisconsorzio è facoltativo
L’azione volta a far valere la responsabilità degli amministratori (e dei sindaci) non va proposta necessariamente contro tutti i sindaci e gli amministratori, ma può essere intrapresa contro uno solo o alcuni di essi, senza che insorga l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, in considerazione dell’autonomia e scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido.
Anche in caso di fallimento di una s.r.l., il curatore ha la legittimazione a esercitare l’azione di responsabilità dei creditori sociali.
L’eccezione di prescrizione opposta da alcuni dei condebitori solidali non opera automaticamente a favore degli altri, avendo costoro, al fine di potersene giovare, l’onere di farla esplicitamente propria e, quindi, di sollevarla tempestivamente.
L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c. c. promossa dal curatore fallimentare è soggetta a prescrizione che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione), che, a sua volta, dipendendo dall’insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.), non corrisponde allo stato d’insolvenza di cui all’art. 5 l. fall., derivante, “in primis“, dall’impossibilità di ottenere ulteriore credito. In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.
Il terzo che abbia partecipato alla realizzazione di una operazione dissennata e dissipatoria del patrimonio sociale risponde in solido con l’amministratore del danno derivato ex art. 2043 c.c..
Azione di responsabilità ex art. 146 L.F. contro amministratori e sindaci di s.r.l. per dolosa rappresentazione di un capitale fittizio con successiva assunzione di obbligazioni e per stipula di atto di cessione di quote a condizioni irragionevoli. Responsabilità degli amministratori non operativi.
E’ tenuto a risarcire il danno l’amministratore delegato di S.r.l. che in un’operazione di cessione di partecipazioni sociali di pertinenza della società amministrata abbia sottoscritto delle clausole palesemente valutabili ex ante come irragionevoli, in quanto contrarie al generale dovere di conservazione del patrimonio sociale, risolvendosi nell’attribuzione di un bene sociale a terzi senza alcuna ragionevole aspettativa di pagamento del corrispettivo. (Nella specie si trattava di clausole volte a riconoscere all’acquirente il pagamento differito e l’equiparazione a quietanza del mancato proponimento dell’azione di adempimento da parte della cedente entro un determinato termine ristretto, a fronte della immediata disponibilità delle quote cedute per la cessionaria, della mancata previsione di alcuna garanzia in ordine al pagamento del prezzo differito e delle condizioni patrimoniali della cessionaria).
responsabilità di amministratori e sindaci per condotte distrattive e per l’illecita prosecuzione dell’attività in presenza di una causa di scioglimento
Se l’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall., cumula in sè le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, il curatore può formulare istanze risarcitorie (nella specie, verso i sindaci) tanto con riferimento ai presupposti della loro responsabilità contrattuale verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale nei confronti dei creditori; una volta effettuata la scelta nell’ambito di ogni singola questione, egli soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell’azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l’onere della prova e l’ammontare dei danni risarcibili.
Il termine di prescrizione dell’azione sociale di responsabilità decorre, sia per gli amministratori che per i sindaci, dalla data di cessazione dalla carica.
Dimissioni del collegio sindacale: presupposti e limiti della responsabilità per omessa vigilanza
I sindaci sono responsabili ai sensi dell’art. 2407 co. 2 c.c. qualora, pur essendo consapevoli dello stato di grave tensione finanziaria della società, di alcune irregolarità gestionali e contabili imputabili all’organo amministrativo [ LEGGI TUTTO ]
Dipendenza dell’azione di responsabilità contro i sindaci rispetto all’accertamento della responsabilità degli amministratori
Qualora, unitamente all’azione di responsabilità contro gli amministratori di una società di capitali, venga proposta azione di responsabilità contro i componenti del collegio sindacale per non aver vigilato sui primi, le cause [ LEGGI TUTTO ]
Ricorso abusivo al credito bancario e azione di responsabilità esercitata dal curatore nei confronti di amministratori e sindaci
E’ da ritenersi negligente e fonte di responsabilità ex artt. 2392-2394 cc la condotta dell’amministratore che, mascherando la situazione di crisi o di insolvenza della società mediante alterazione dei documenti contabili, faccia ricorso al credito bancario e determini così un aggravamento del passivo patrimoniale, tale voce di danno risolvendosi [ LEGGI TUTTO ]
Cessazione dell’intero collegio sindacale per dimissioni e prorogatio
Onde non privare la società di un necessario organo previsto dalla legge, la rinunzia di un membro del collegio sindacale ha efficacia immediata solo nel caso in cui sia possibile integrare il collegio sindacale con la sostituzione ex lege del dimissionario con il sindaco supplente.
L’istituto della prorogatio costituisce il portato dell’interesse a garantire la continuità del collegio sindacale e, più in generale, dell’esigenza di garantire la continuità degli organi sociali impedendo l’interruzione nell’assolvimento delle loro funzioni: [ LEGGI TUTTO ]