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Licenza di marchio, proroga tacita del contratto e principio di non contestazione

Non è revocabile in dubbio l’ammissibilità di una proroga tacita di un contratto, atteso che, secondo costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, il contratto, pur a fronte di una clausola di rinnovo espresso, può proseguire di fatto a condizione che tale volontà di prorogare tacitamente il contratto risulti inequivoca.

In ossequio all’art. 115 c.p.c., perché un fatto allegato in causa sia controverso e, quindi, bisognoso di prova, è necessario che controparte svolga una contestazione specifica e puntuale. Il requisito di specificità è da ritenersi soddisfatto esclusivamente laddove la contestazione sia circostanziata, ovvero introduca elementi fattuali idonei a contrastare nel merito quanto asserito da controparte, dovendosi equiparare la contestazione generica ad una mancata contestazione. Sul tema, la giurisprudenza ha costantemente affermato che il giudice, in materia di diritti disponibili, debba ritenere sussistente, senza alcun bisogno di prova, il fatto costitutivo non contestato; tale principio risulta ben sintetizzato dall’attribuzione al fatto non contestato del carattere di “fatto pacifico”, pur in mancanza di un’ammissione esplicita o implicita (sul punto, ex plurimis, Cass. SS.UU. n. 261/02).

La domanda per una somma dovuta a titolo di royalties maturate sulla base di un contratto di licenza è oggetto di debito di valuta, il cui importo soggiace al principio del valore nominale di cui all’art. 1277 c.c. e, per l’effetto, non può essere oggetto di rivalutazione monetaria. Un debito di valuta, come tale, non è suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta; pertanto, spetta al creditore di allegare e dimostrare il maggior danno derivato dalla mancata disponibilità della somma durante il periodo di mora e non compensato dalla corresponsione degli interessi legali ex art. 1224, comma 2, c.c.

Con la promessa del fatto del terzo, il promittente assume una prima obbligazione di facere, consistente nell’adoperarsi affinché il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l’interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di dare, cioè di corrispondere l’indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi. Ne consegue che, qualora l’obbligazione di facere non venga adempiuta e la mancata esecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l’inadempimento, quali la risoluzione del contratto, l’eccezione di inadempimento, l’azione di adempimento e, qualora sussista il nesso di causalità tra inadempimento ed evento dannoso, il risarcimento del danno; qualora, invece, il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di facere e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l’altra obbligazione di dare, in virtù della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l’indennizzo.

In tema di domanda ex art. 96 c.p.c.: come noto, la condanna per risarcimento dei danni per lite temeraria può essere pronunciata, a condizione che l’iniziativa giudiziaria avversaria, oltre che infondata, sia tale da dimostrare la consapevolezza della sua infondatezza da parte dei ricorrenti e, contemporaneamente, un’ignoranza, gravemente colpevole, della sua inammissibilità.

La condanna del soccombente per lite temeraria postula, cioè, che l’istante deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un pregiudizio in conseguenza del comportamento processuale della controparte. L’istante, peraltro, è tenuto, altresì, a dimostrare la ricorrenza in detto comportamento, del dolo o della colpa grave, cioè della consapevolezza o dell’ignoranza derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell’infondatezza delle proprie tesi, ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio.

Il presupposto per l’applicabilità della norma di cui all’art. 96 c.p.c. – nel rispetto del principio secondo cui la responsabilità processuale aggravata si sostanzia in una forma di danno punitivo teso a scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia con la censura di iniziative giudiziarie avventate o meramente dilatorie – è la presenza, in capo al destinatario della condanna, della mala fede o della colpa grave previsti per la lite temeraria di cui al c. 1 di detta norma.

27 Novembre 2018

Liquidazione del danno da lite temeraria

La pronuncia ex art. 96, co. 3, c.p.c. introduce nell’ordinamento una forma di danno punitivo per scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia deflazionando il contenzioso ingiustificato, ciò che esclude la necessità di un danno di controparte pur se la condanna è prevista a favore della parte e non dello Stato. L’aver subito un’azione manifestamente infondata per mala fede o colpa grave, ovvero per inosservanza della normale prudenza nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 96 c.p.c., può configurare di per sé e secondo le circostanze del caso un danno risarcibile. Si è in sostanza inserita nel sistema una fattispecie di responsabilità da abuso del diritto d’azione ex se causativa di danno non patrimoniale, consistente nell’aver subito una iniziativa del tutto ingiustificata dell’avversario. In merito alla liquidazione del danno ex art. 96, co. 3, c.p.c., si impone al giudice di osservare un criterio equitativo in applicazione del quale la responsabilità patrimoniale della parte in mala fede ben può essere (anche) calibrata sull’importo delle spese processuali o su un loro multiplo, sempre con il limite della ragionevolezza.

12 Dicembre 2017

Tutela del diritto d’autore avente ad oggetto la regia di opera lirica

Per verificare se la riproduzione o la citazione di un’opera sia lecita occorre valutare in particolare la quantità e l’importanza della parte utilizzata, in rapporto all’insieme dell’opera protetta, nonché l’effetto del suo impiego sul mercato.

E’ coperto dall’art. 21 della Carta costituzionale il diritto [ LEGGI TUTTO ]

24 Luglio 2017

Opera dell’ingegno creata dall’ex dipendente, responsabilità contrattuale per mancato pagamento del corrispettivo e preminenza del diritto di difesa sulle privative industriali

La norma speciale di cui all’art. 12 bis l.d.a. esprime il principio generale secondo il quale l’imprenditore acquista i risultati del lavoro del dipendente – nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite- senza alcun atto di trasferimento, quale effetto derogabile del contratto. I software rielaborati nel corso del rapporto di lavoro sono automaticamente trasferiti nella titolarità del datore di lavoro, senza [ LEGGI TUTTO ]

Sulla legittimità e sui criteri di quantificazione della condanna ex art. 96 c.p.c. anche in caso di rigetto delle eccezioni processuali opposte dalla parte risultata vittoriosa

Come rilevato da Cass. 27/08/2013 n. 19583, presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza, che va considerata in relazione all’esito del giudizio, come si desume dal fatto che la condanna al risarcimento si aggiunge, secondo la previsione dell’art. 96 c.p.c., alla condanna alle spese, la quale è correlata all’esito finale del giudizio; tale esito non muta per il fatto che sia stata ritenuta infondata un’eccezione processuale opposta dalla parte vittoriosa sul merito (vedi in senso conforme Cass. 2473/2009). [ LEGGI TUTTO ]

23 Maggio 2017

Invalidità per contrarietà alla legge e abuso di maggioranza della deliberazione assembleare di “ratifica” di precedenti decisioni assembleari già annullate dal tribunale

Nelle s.r.l., l’esclusione del socio può essere disposta solo nelle specifiche ipotesi previste dall’atto costitutivo, restando, in ogni caso, preclusa la possibilità di azionare il rimedio con l’obiettivo di “sanzionare” l’esercizio di diritti [ LEGGI TUTTO ]

15 Maggio 2017

La cessione d’azienda: nozione e obblighi delle parti

La cessione dell’azienda, a norma dell’art. 2559 c.c., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l’universitas e senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento, di tutti i beni organizzati all’interno dei locali di esercizio dell’azienda ceduta essendo la stessa compiutamente identificata. Ciascuna [ LEGGI TUTTO ]

9 Febbraio 2017

Nullità dell’atto di citazione

La nullità dell’ atto di citazione per “petitum” o “causa petendi” omessi od assolutamente incerti, ai sensi dell’art. 164 co. 4 c.p.c., postula una valutazione caso per caso, dovendosi tener conto, a tal fine, del contenuto complessivo dell’ atto di citazione, dei documenti [ LEGGI TUTTO ]