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Art. 2476 c.c.
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2 Agosto 2019

Azione di responsabilità dell’amministratore, presupposti per la liquidazione equitativa del danno

Nell’ ambito dell’azione di responsabilità dell’amministratore l’applicazione della liquidazione equitativa  ex art. 1226 cod. civ. presuppone l’impossibilità di quantificare un danno comunque provato nell’ an dall’ attrice; pertanto, il criterio equitativo del risarcimento del danno non può applicarsi qualora l’asserito danneggiato, in riferimento a danni puntualmente quantificabili, lo invochi per colmare la propria lacuna probatoria. [ LEGGI TUTTO ]

31 Luglio 2019

Azione di responsabilità dei creditori sociali e termine di prescrizione

La pretesa risarcitoria dei creditori sociali ex art. 2476 c.c., sesto comma, si prescrive nel termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c..

Tale termine decorre dal momento in cui il danno – vale a dire l’incapienza del patrimonio sociale rispetto alla soddisfazione del credito – è conoscibile dal creditore terzo; la conoscibilità del danno può pertanto coincidere con il deposito nel Registro delle Imprese del bilancio sociale dal quale risulta il valore negativo del patrimonio netto.

26 Luglio 2019

Il titolare del diritto di pegno sulle quote di una s.r.l. ha diritto in via cautelare alla consultazione della documentazione sociale

Il titolare di un diritto di pegno sulle quote di una s.r.l. ha diritto, in via cautelare, alla consultazione della documentazione sociale ex art. 2476, secondo comma, c.c. data la ricorrenza: (i) di fumus quanto alla facoltà di esercizio per il creditore pignoratizio del diritto amministrativo di controllo previsto da tale norma, posta la disciplina ex art. 2352, ultimo comma, c.c. [ LEGGI TUTTO ]

25 Luglio 2019

Sull’impugnazione del lodo irrituale

L’annullamento del lodo emanato all’esito di un arbitrato irrituale deve essere domandato in via espressa e principale, non potendo le doglianze formulate nella prospettiva di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo su di esso fondato provocare una decisione demolitoria del lodo medesimo.

Con l’introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., il legislatore ha inteso formalizzare i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, cristallizzandoli in un elenco tassativo e sottraendoli, quindi, all’individuazione ermeneutica della dottrina e della giurisprudenza. I motivi di impugnazione del lodo debbono, quindi, intendersi tassativamente indicati nella citata disposizione. Di conseguenza, non possono essere oggetto d’impugnazione né l’eventuale violazione del termine per il deposito del lodo, né le eventuali errate valutazioni nel merito da parte dell’arbitro.

Nel giudizio arbitrale inerente all’accertamento della responsabilità dell’amministratore per il danno subito dal socio non sussiste litisconsorzio necessario della società.

24 Luglio 2019

Sulla responsabilità degli amministratori per addebito di spese personali alla società

L’accordo tacito volto a far gravare sulla società gli oneri dei soci è illecito. Si deve infatti ritenere, a prescindere dalla condizione di reciprocità tra i soci, che le spese personali agli stessi riferibili non possano comunque essere poste a carico della società, cui non competono trattandosi di soggetto terzo, del quale24 gli amministratori hanno l’obbligo di preservare il patrimonio sociale.

La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché la società (o il curatore, nel caso in cui l’azione sia proposta ex art. 146 L. Fall.,) deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l’osservanza dei doveri di legge e statutari previsti dagli artt. 2392, 2476 c.c.

23 Luglio 2019

Aspetti processuali dell’azione di responsabilità contro gli amministratori ex art. 146 l. f. e la conseguente quantificazione del danno

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L. F. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali. Dal carattere unitario dell’azione ex art. 146 L. F. discende che il curatore, potendosi avvalere delle agevolazioni probatorie proprie della azioni contrattuali, ha esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombendo per converso sui convenuti l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

Il thema probandum, nell’ambito dell’azione in questione, si articola pertanto nell’accertamento di tre elementi: l’inadempimento di uno o più degli obblighi di cui sopra, il danno subito dalla società e il nesso causale, mentre il danno risarcibile sarà quello causalmente riconducibile, in via immediata e diretta, alla condotta (dolosa o colposa) dell’agente sotto il duplice profilo del danno emergente e del lucro cessante, dunque commisurato in concreto al pregiudizio che la società non avrebbe subito se un determinato comportamento illegittimo, positivo o omissivo, non fosse stato posto in essere.

All’esito di un lungo iter interpretativo giurisprudenziale, il danno oggi non viene più dunque automaticamente identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, a meno che non si dimostri che il dissesto economico della società e il conseguente fallimento si siano verificati per fatto imputabile agli amministratori. Non è sufficiente, quindi, ai fini della configurabilità della responsabilità degli amministratori addurre che l’evento dannoso è pari a disavanzo fallimentare, bensì occorre dimostrare non solo la specifica violazione dei doveri imposti dalla legge ma anche la correlazione tra tali violazioni e il pregiudizio arrecato alla società.  Tali principi giurisprudenziali, con specifico riferimento all’ipotesi del danno da illecita prosecuzione dell’attività nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento, sono stati inoltre recepiti dal legislatore che, approvando il cd codice della crisi e dell’insolvenza, ha modificato in tal senso l’art. 2486 c.c..

23 Luglio 2019

Revoca del decreto di nomina del curatore speciale per sopravvenuta carenza del conflitto di interessi

Nel procedimento cautelare di revoca degli amministratori di S.r.l. di cui all’art. 2476, co. 3 c.c., la sostituzione degli amministratori resistenti deliberata dall’assemblea dei soci nelle more del procedimento fa venir meno il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato e, per l’effetto, legittima la revoca del decreto di nomina del curatore speciale.

18 Luglio 2019

Il curatore fallimentare di s.r.l. è legittimato all’esercizio sia dell’azione sociale di responsabilità, che dell’azione prevista a favore dei creditori sociali

In materia di responsabilità degli amministratori di s.r.l., deve ribadirsi, in aderenza con la consolidata giurisprudenza di Cassazione formatasi sul punto, la legittimazione in capo al curatore fallimentare di esperire nei confronti dell’organo gestorio di società a responsabilità limitata, non soltanto l’azione sociale di responsabilità, ma anche l’azione dei creditori sociali, nonostante la specifica normativa in materia di s.r.l., diversamente da quella relativa alle s.p.a., a seguito dell’intervenuta riforma, non ne faccia puntuale menzione. Deve, infatti, [ LEGGI TUTTO ]

17 Luglio 2019

Azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare. In particolare, la prescrizione

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell’ente confluiscono nell’unica azione di responsabilità, esercitabile da parte del curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall., la quale, assumendo contenuto inscindibile e connotazione autonoma rispetto alle prime – attesa la ratio ad essa sottostante, identificabile nella destinazione, impressa all’azione, di strumento di reintegrazione del patrimonio sociale, unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali – implica una modifica della legittimazione attiva di quelle azioni, ma non ne muta i presupposti. Ne consegue che i fatti addotti a fondamento della domanda identificano l’azione in concreto esercitata dal curatore e, in particolare, la disciplina in materia di prova e di prescrizione, quest’ultima in ogni caso quinquennale, ma, se fondata sulle circostanze idonee ad attivare l’azione sociale, con decorrenza non dal momento in cui l’insufficienza patrimoniale si è manifestata come rilevante per l’azione esperibile dai creditori, bensì dalla data del fatto dannoso e con applicazione della sospensione prevista dall’art. 2941, n. 7, c.c., in ragione del rapporto fiduciario intercorrente tra l’ente ed il suo organo gestorio.

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall. cumula inscindibilmente i presupposti e gli scopi sia dell’azione sociale di responsabilità – la quale si ricollega ad una violazione da parte degli amministratori nell’esercizio delle loro attribuzioni di specifici obblighi di derivazione legale o pattizia che si sia tradotta in un pregiudizio per il patrimonio sociale –, sia dell’azione spettante ai creditori sociali ex art. 2394 c.c. – che integra una fattispecie di responsabilità extracontrattuale e tende alla reintegrazione del patrimonio sociale diminuito dall’inosservanza degli obblighi facenti capo all’amministratore.

L’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società, esperibile dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall., è soggetta alla prescrizione quinquennale, con decorso, in base alla norma generale di cui all’art. 2935 c.c., dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e, cioè, quanto all’azione sociale di responsabilità, dal giorno in cui sono percepiti i fatti dannosi posti in essere dagli amministratori e il danno conseguente e, quanto all’azione dei creditori sociali, dal giorno in cui si è manifestata, divenendo concretamente conoscibile, l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i loro crediti. In particolare, con riferimento all’azione dei creditori sociali, la prescrizione decorre non già dalla commissione dei fatti integrativi di tale responsabilità, ma dal successivo momento dell’oggettiva conoscibilità del dato di fatto costituito dall’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti sociali – anche se lo stesso sia stato in concreto ignorato – come si ricava con certezza dall’art. 2394 c.c., che subordina la proponibilità dell’azione al manifestarsi dell’evento dannoso, e cioè dal momento che, non coincidendo con il determinarsi dello stato di insolvenza, ben può risultare anteriore o posteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento nelle varietà delle fattispecie concrete.

L’insufficienza patrimoniale, che assume rilievo ai fini della decorrenza della prescrizione, è data dall’eccedenza delle passività sulle attività: tale situazione si distingue, quindi, dall’insolvenza, che costituisce il presupposto per la dichiarazione di fallimento ed è determinata dall’impossibilità per il debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni che, come tale, non implica necessariamente un’eccedenza delle passività sulle attività e può anche essere determinata da una situazione di semplice illiquidità. L’insufficienza patrimoniale può manifestarsi anche prima della dichiarazione di fallimento. In tali casi, l’onere della prova incombe su colui il quale eccepisca l’intervenuta prescrizione.

16 Luglio 2019

Azione di responsabilità contro gli amministratori: requisiti di prova e di allegazione del danno in giudizio

Nel caso in cui una S.r.l. promuova azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore lamentando la mancata rilevazione di ricavi da parte di quest’ultimo, essa è tenuta a produrre la documentazione attraverso cui ha determinato l’ammontare dei ricavi asseritamene non rilevati dall’amministratore (nel caso di specie, la società non aveva depositato i documenti sulla scorta dei quali il proprio consulente di parte aveva condotto le indagini, con conseguente impossibilità per il giudice di disporre eventuali accertamenti d’ufficio per difetto di materiale probatorio da analizzare).