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5 Maggio 2022

Sostituzione della delibera impugnata e cessazione della materia del contendere

Ai sensi dell’art. 2377, co. 8, c.c., l’annullamento della deliberazione assembleare non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra adottata in conformità della legge o dell’atto costitutivo. La norma, dettata con riferimento alle s.p.a., è applicabile anche alla s.r.l., in virtù dell’espresso rinvio contenuto nell’art. 2479 ter c.c. Dal relativo contenuto si deduce che, ove sopravvenga la sostituzione delle delibere invalide, il giudice può dichiarare la cessazione della materia del contendere soltanto ove accerti che: (i) la delibera adottata in sostituzione di quella impugnata sia conforme alla legge e allo statuto; (ii) le parti si diano reciprocamente atto dell’intervenuto mutamento della situazione e formulino conclusioni conformi. In altre parole, è necessario che non vi sia contrasto riguardo all’esistenza e alla validità della delibera sostitutiva, giacché siffatte condizioni evidenzierebbero la sopravvenuta carenza d’interesse all’impugnativa.

La cessazione della materia del contendere è un istituto giuridico, non regolamentato dal codice di proceduta civile, di stretta elaborazione giurisprudenziale, che porta alla definizione del giudizio, anche se ontologicamente differente rispetto alla rinuncia agli atti o all’azione, nonostante le medesime conseguenze in ordine alla impossibilità nella prosecuzione del processo. La stessa si fonda sul venir meno all’interesse delle parti a una decisione sulla domanda giudiziale come proposta o come venuta ad evolversi nel corso del giudizio, sulla scorta di circostanze poste in essere dalle medesime parti, per svariate ragioni. In sintesi, la cessazione della materia del contendere è una forma di definizione del processo conseguente al sopravvenuto mutamento della situazione dedotta in giudizio, di cui le parti si danno reciproco atto, che fa venir meno la ragion d’essere della lite.

In ogni caso, venuta meno la materia del contendere quanto al diritto sostanziale originariamente dedotto in giudizio, qualora persista contrasto sulla ripartizione delle spese processuali, esso deve essere risolto mediante il ricorso al principio della c.d. soccombenza virtuale.

17 Gennaio 2022

Intestazione fiduciaria di quote e nullità delle delibere assunte dal fiduciario

L’esistenza di un pactum fiduciae contemplante l’apparente intestazione dell’intera partecipazione sociale in capo al fiduciario con impegno da parte di quest’ultimo a retrocedere al fiduciante le predette quote al mero valore nominale, assurge a motivo di nullità, rilevabile d’ufficio, delle delibere adottate dal fiduciario in assenza di una formale e rituale convocazione e costituzione dell’organo competente, e dal medesimo poi inserite nel libro dei verbali delle assemblee, anziché della loro più radicale inesistenza. Tale vizio, benché non dedotto attraverso un formale atto di impugnazione delle delibere nulle è suscettibile di rilievo d’ufficio da parte del giudice a norma dell’art. 2379, co. 2, c.c.

27 Luglio 2021

La giusta causa per la revoca degli amministratori

La «giusta causa» di revoca è nozione distinta sia dal mero «inadempimento», sia dalle «gravi irregolarità» di cui all’art. 2409 c.c.: essa riguarda circostanze sopravvenute, anche non integranti inadempimento, provocate o no dall’amministratore stesso, che però pregiudicano l’affidamento dei soci nelle sue attitudini e capacità. Il legame di fiducia con la società e, per essa, con i soci, fonda infatti il rapporto di amministrazione, donde la giusta causa è integrata da ogni fatto che sia idoneo a comprometterlo.

La mancata condivisione, da parte dell’assemblea, dei criteri di redazione del bilancio utilizzati dagli amministratori può integrare una giusta causa di revoca, qualora le contestazioni non si appalesino pretestuose e siano tali da incidere sulla corretta rappresentazione del bilancio.

Quando l’amministratore revocato agisce in giudizio contestando la sussistenza della giusta causa e facendo valere il diritto al risarcimento del danno, la posizione sostanziale di attore spetta alla società, onerata della prova della giusta causa di revoca, mentre l’amministratore è il convenuto sostanziale.

19 Novembre 2020

Necessità di comunicazione individuale al socio ai fini della regolarità della convocazione dell’assemblea

La comunicazione individuale al socio, da effettuarsi ai sensi dell’art. 2366 c.c., è l’unica forma idonea a garantire l’effettiva conoscenza della convocazione dell’assemblea. Altre modalità informali di convocazione, seppure riconosciute come prassi consolidate e previste dallo statuto, sono valide nella misura in cui rappresentano un’ulteriore modalità di convocazione, che si aggiunge e non si sostituisce alla necessaria comunicazione individualizzata. L’omissione della comunicazione individuale al socio – contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare – integra l’ipotesi di mancata convocazione dell’assemblea la quale, ex art. 2379 c.c., comporta la nullità della delibera assembleare.

La mancata accettazione di una proposta di finanziamento rivolta ai soci, non essendo sussumibile in una delle cause di esclusione legale di cui agli artt. 2531 e 2533 c.c., può determinare l’esclusione di un socio di cooperativa solo laddove esplicitamente prevista da una clausola statutaria.

20 Febbraio 2020

Luogo di convocazione dell’assemblea, pertinenza con l’ordine del giorno e nullità del bilancio

La circostanza che l’assemblea venga convocata presso il padiglione di una fiera ad orario notturno (22.45) non costituisce di per sé elemento idoneo a configurare una ragione di annullabilità delle deliberazioni per contrarietà alla legge o all’atto costitutivo. [ LEGGI TUTTO ]

27 Gennaio 2020

Nullità della convocazione dell’assemblea ordinaria formulata da un terzo e della conseguente delibera

La convocazione dell’assemblea dei soci, il relativo verbale e la deliberazione ivi contenuta non possono essere in alcun modo imputati alla società ove formati e provenienti da un terzo estraneo, non facente parte della compagine sociale, e sono pertanto assolutamente nulli, e la relativa iscrizione nel Registro delle Imprese del suddetto verbale non sana detta nullità. [ LEGGI TUTTO ]

24 Gennaio 2020

Nullità delle delibere assembleari prese in assenza assoluta di convocazione e di informazione del socio escludendo

La deliberazione assunta dall’assemblea non può in alcun modo essere ridotta ad una sorta di atipica “proposta di esclusione” emessa all’esito di una peculiare “riunione dei soci”, la cui formale approvazione in contradditorio con gli espellendi sarebbe stata poi rimessa ad una successiva assemblea, secondo una ricostruzione della fattispecie espulsiva come “a formazione assembleare progressiva”, che deve ritenersi errata – o comunque, ingiustificata – in diritto.
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21 Settembre 2019

Nullità della delibera assembleare per violazione del diritto di informazione dei soci e requisiti di validità della delibera di rinuncia preventiva all’azione di responsabilità

Il diritto di informazione è strumentale al corretto esercizio del diritto di voto. La sua violazione comporta la nullità della delibera di approvazione del bilancio tenuto conto che in tal modo non viene consentito ai soci di desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole che siano fornite in relazione a ciascuna posta di bilancio. In particolare il diritto di informazione è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, e ciò comporta per gli amministratori il dovere di soddisfare l’interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio.

 

In mancanza della relazione degli amministratori sulla situazione della società di cui agli art. 2446 e 2447 da depositare con le osservazioni del collegio sindacale, la delibera assembleare è nulla per totale difetto di informazione dei soci.

 

Affinchè la rinuncia preventiva all’azione di responsabilità verso gli amministratori della società sia espressa validamente dai soci, occorre che in sede di delibera vengano specificamente indicati i fatti gestionali imputati agli amministratori e che, esclusivamente in ragione di essi, i soci deliberino di rinunciare alla conseguente azione in modo consapevole. Una generica rinuncia a qualsiasi titolo e per qualsiasi causa sarebbe, dunque, inammissibile.

16 Agosto 2019

Nullità delle delibere assembleari che impongono obbligazioni patrimoniali aggiuntive

É affetta da nullità per impossibilità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 2379 c.c., la delibera assembleare che imponga ai soci delle obbligazioni patrimoniali aggiuntive non previste dallo statuto, in mancanza del consenso dei soci stessi. La struttura degli enti societari è caratterizzata da un rigoroso regime di tipicità, secondo cui vi è una separazione tra patrimonio sociale e patrimonio dei soci, che non può essere superata, per non vulnerare l’autonomia patrimoniale dei soci. L’unica deroga è prevista dall’art. 2345 c.c., il quale prevede che lo statuto possa essere “la sede in cui i soci promettono alla società prestazioni ulteriori”: tuttavia, anche in presenza di tale previsione, l’assemblea societaria non è titolata a determinare, secondo la propria volontà, il venir in essere di una nuova pretesa avverso i soci, ma delinea solamente la possibilità che emerga un rapporto contrattuale autonomo tra la società ed i soci, al verificarsi dei presupposti determinati dalla previsione statutaria specifica.

22 Giugno 2019

Impugnazione di una delibera assembleare in difetto del quorum (5% del capitale sociale) richiesto ex art. 2377, 3 co., c.c.

È inammissibile la domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove difetti – da parte attorea – il quorum del 5% del capitale sociale, di cui all’art. 2377, 3 co., c.c.. L’attore non può sempre superare il presupposto de quo sostenendo che ci si trovi dinnanzi ad un caso di nullità radicale della deliberazione ex art. 2379 c.c., non già di annullabilità. Invero, nel genus di cui all’art. 2379 c.c. la legge ha ascritto solo le ipotesi più gravi della impossibilità o illiceità dell’oggetto della decisione o dell’attività sociale, di talché ivi non è dato ricomprendere le decisioni assunte in violazione delle regole poste dallo statuto ovvero le scelte strategiche, beninteso laddove il legislatore non ponga limiti alla discrezionalità dell’ente.

Ove difetti il requisito del quorum del 5% del capitale sociale, di cui all’art. 2377, 3 co., c.c., rimane comunque la possibilità – per il socio o i soci – di avvalersi degli ordinari strumenti di tutela inerenti alla riparazione di un danno ingiusto, secondo i principi generali.