Sanabilità della procura inefficace e arbitrabilità delle questioni relative al compenso degli amministratori
Il vizio inficiante la procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio è suscettibile di ratifica e conseguente sanatoria, con effetto ex tunc, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali.
Anche le questioni relative al compenso degli amministratori possono essere sottoposte alla decisione arbitrale, se lo statuto prevede la clausola compromissoria per risolvere le controversie insorgenti tra amministratori e società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.
In tema di arbitrato, la clausola compromissoria è riferibile a tutte le controversie civili o commerciali attinenti a diritti disponibili nascenti dal contratto cui essa accede, sicché la rinunzia ad avvalersene in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non implica, di per sé, una definitiva e complessiva abdicazione alla stessa in relazione ad ogni altra controversia, a meno che le parti – con accordo la cui validità presuppone il rispetto delle condizioni di forma e di sostanza proprie di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio – non abbiano rinunziato definitivamente alla clausola compromissoria nel suo complesso (Cass., 20 febbraio 2015, n. 3464).
Se è vero che il giudice ordinario è sempre competente ad emettere decreto ingiuntivo nonostante l’esistenza di una clausola compromissoria prevista nel contratto dal quale abbia origine il rapporto creditorio dedotto in giudizio, tuttavia, quando sia stata proposta opposizione al decreto ingiuntivo si instaura il normale procedimento di cognizione e, se il debitore eccepisce la competenza arbitrale, si verificano, a seguito della contestazione, i presupposti fissati nel compromesso e, conseguentemente, viene a cessare la competenza del giudice precedentemente adito, il quale deve revocare il decreto ingiuntivo e rinviare le parti davanti al collegio arbitrale ovvero all’arbitro unico, secondo i casi (Cass., 24 settembre 2021, n. 25939).
Natura giuridica del rapporto tra amministratore e società e disciplina del compenso
Tra la società e l’amministratore si instaura un vero e proprio rapporto contrattuale, dovendosi considerare che, nei rapporti tra loro intercorrenti – i c.d. “rapporti interni” –, essi devono essere considerati, come d’altronde sono, due soggetti di diritto autonomi e distinti, dei quali l’uno svolge una prestazione in favore dell’altro, sicché la questione maggiormente problematica riguarda l’individuazione del tipo negoziale all’interno del quale il predetto rapporto va ricondotto: a riguardo, è senz’altro da condividere quanto affermato da Cass. civ., sez. un., 20 gennaio 2017, n. 1545 laddove (i) da un lato, ha escluso che la prestazione dell’amministratore possa essere assimilata a quella di un lavoratore subordinato o para-subordinato ovvero di un prestatore d’opera, non essendo essa soggetta ad alcun coordinamento o eterodirezione (neppure da parte dell’assemblea dei soci), (ii) dall’altro, ha ricondotto il rapporto tra la società e l’amministratore nell’ambito dei rapporti societari cui fa riferimento l’art. 3, co. 2, lett. a), D.Lgs. 168/2003. Da tale inquadramento giuridico del rapporto negoziale deriva l’inapplicabilità dell’articolo 36 Cost. e la conseguente natura derogabile del diritto al compenso spettante all’amministratore, e così (i) il rapporto societario di amministrazione può configurarsi anche come contratto a titolo gratuito; (ii) il diritto al compenso è rinunciabile da parte dell’amministratore, anche tacitamente, mediante un comportamento concludente che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà dismissiva del diritto.
Al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto contrattuale con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione. Sovviene, in primo luogo, lo statuto della società, cui l’amministratore, nell’accettare la nomina, aderisce. lo statuto – nel dettare le regole organizzatorie dell’ente – individua i diritti degli amministratori, le competenze e le facoltà attribuite all’assemblea riguardo a tale rapporto. In particolare, con riferimento al compenso degli amministratori, lo statuto può: (i) attribuire agli amministratori un diritto al compenso, (ii) subordinare il diritto al compenso all’assunzione di apposita delibera dell’assemblea, (iii) escludere il diritto al compenso e stabilire, dunque, la gratuità dell’incarico, ovvero (iv) non prevedere nulla al riguardo. In secondo luogo viene in considerazione la delibera assembleare di nomina degli amministratori, la quale, (i) laddove lo statuto attribuisca loro il diritto al compenso, può determinarne la misura; (ii) ove invece lo statuto preveda un diritto al compenso condizionato o non preveda alcunché, la stessa può deliberare l’attribuzione di emolumenti in favore degli amministratori, determinandone eventualmente l’ammontare, ovvero ancora (iii) può non prevedere nulla al riguardo. In ultima istanza devono essere considerate le eventuali deliberazioni assembleari successive, laddove i soci, in corso di svolgimento del rapporto, eventualmente sollecitati in tal senso dagli amministratori stessi, abbiano stabilito l’attribuzione del compenso loro dovuto o anche solo il suo eventuale ammontare.
Il disposto degli artt. 2364, co. 1, n. 3 e 2389, co. 1 c.c. – quest’ultimo dettato in materia di S.p.A., ma pacificamente ritenuto applicabile in via estensiva anche alle s.r.l. – devono essere letti e interpretati in relazione alla natura del rapporto di amministrazione ed alle fonti che lo disciplinano: ne deriva che il loro portato normativo va apprezzato sul piano funzionale, nel senso che tali norme individuano l’atto e l’organo cui spetta la determinazione del compenso eventualmente dovuto ai membri dell’organo gestorio sulla base e nei limiti previsti dalle disposizioni che lo statuto sociale prevede in proposito. Si tratta cioè di materia del tutto disponibile e subordinata alle disposizioni statutarie ed alla volontà assembleare (artt. 2377 co. 1, 2479-ter, u. co., c.c.). Dalle suddette previsioni non può quindi in alcun modo desumersi il carattere inderogabilmente oneroso della prestazione dell’amministratore, non costituendo l’onerosità un requisito indispensabile della stessa.
Lo statuto può disporre la gratuità dell’incarico di amministratore
Il compenso dell’amministratore costituisce materia del tutto disponibile e subordinata alle disposizioni statutarie (artt. 2377 comma 1, 2479 ter, ult. comma, c.c.). Ben si può dire, in linea molto generale, che, nel rapporto interno con l’amministratore e sul piano contrattuale, le scelte negoziali per conto della società sono assunte ed espresse dai soci, ai quali spetta ex lege il potere di nominare e revocare gli amministratori e di determinarne, eventualmente, il compenso. Da tali previsioni non può quindi in alcun modo desumersi il carattere inderogabilmente oneroso della prestazione dell’amministratore, non costituendo l’onerosità un requisito indispensabile della stessa.
Inoltre, il rapporto intercorrente tra la società di capitali ed il suo amministratore è di immedesimazione organica e ad esso non si applicano né l’art. 36 Cost. né l’art. 409, comma 1, n. 3) c.p.c.. Ne consegue che è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni.
Pertanto, al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione. Astrattamente, sono prospettabili quattro alternative, potendo lo statuto: (i) attribuire agli amministratori un diritto al compenso, (ii) subordinare il diritto al compenso all’assunzione di apposita delibera dell’assemblea, (iii) escludere il diritto al compenso e stabilire, dunque, la gratuità dell’incarico ovvero (iv) non prevedere nulla al riguardo.
Sicché, se lo statuto subordina il compenso dell’amministratore alla presenza di una specifica delibera assembleare, e tale delibera non vi è, nulla è dovuto a chi ricopra quella carica, in forza della vigenza di una regola statutaria di gratuità.
Resta fermo che, a fronte della gratuità dell’incarico, l’amministratore ben potrebbe non accettare la conclusione del contratto e, quindi, rifiutare la nomina oppure, ove l’abbia già accettata, estinguere anticipatamente il rapporto, rassegnando le proprie dimissioni.
La regolazione del compenso degli amministratori delle società di capitali e il termine di prescrizione del diritto
La regolazione del compenso degli amministratori delle società di capitali è rimessa in primo luogo allo statuto e, solo se il compenso non è stabilito in quella sede, vi può provvedere l’assemblea. Qualora lo statuto o l’assemblea non prevedano alcun compenso o lo stesso sia determinato in modo inadeguato, l’amministratore può domandarne al giudice la determinazione, anche in via equitativa, purché alleghi e provi la qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte, non essendo sufficiente da sola l’indicazione del compenso stabilito per esercizi sociali di anni diversi.
Il diritto al compenso dell’amministratore è soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2949 c.c., rispetto al quale non opera la decorrenza dalla cessazione del rapporto, trattandosi di regola che vale solo rispetto a prestazioni lavorative che rientrino nell’ambito di tutela di cui all’art. 36 Cost.
Legittimazione del curatore fallimentare nell’azione di responsabilità contro gli amministratori di Srl
Deve considerarsi infondata l’eccezione relativa alla carenza di legittimazione attiva, in capo alla curatela del fallimento, ad esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori di una s.r.l. esperibile dai creditori sociali.
La gestione in prospettiva liquidatoria: responsabilità e congruità del compenso degli amministratori
Gli amministratori rispondono dei danni che siano conseguenza immediata e diretta della loro condotta inadempiente alla stregua delle regole generali in materia di responsabilità contrattuale ( 1218, 1223, 1225, 1226 c.c.).
Il mancato accertamento doloso o colposo della totale erosione del capitale sociale per perdite e la conseguente omissione [ LEGGI TUTTO ]
Disponibilità del diritto al compenso degli amministratori
Il diritto degli amministratori al compenso è disponibile e può anche essere derogato da una clausola dello statuto della società, che condizioni lo stesso ad apposita deliberazione assembleare, al conseguimento di utili, ovvero [ LEGGI TUTTO ]
Diritto dell’amministratore al compenso e cognizione della sezione specializzata in materia di imrpesa
Va attribuita alla cognizione della sezione specializzata in materia di impresa la controversia introdotta da un amministratore nei confronti della società e riguardante le somme da quest’ultima dovute in relazione all’attività esercitata, poiché la formulazione [ LEGGI TUTTO ]
Esercizio dell’azione di responsabilità in s.r.l. in sede di opposizione a procedimento monitorio. Rappresentazione contabile dei rimborsi per le spese.
È da qualificarsi quale azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. la domanda riconvenzionale proposta in sede di opposizione nel procedimento monitorio ex art. 645 c.p.c. avente ad oggetto la condanna al risarcimento dei maggiori danni – o loro compensazione con l’asserito credito di cui al decreto ingiuntivo – derivanti dalla mala gestio dell’amministratore di società a responsabilità limitata (ricorrente, nel caso di specie, per la condanna della società al pagamento del proprio compenso).
I rimborsi delle spese di trasferta sopportate in ragione dell’ufficio di amministratore di s.r.l. – in thesi illegittimi [ LEGGI TUTTO ]
Determinazione dei compensi del cessato Presidente del CdA di S.p.a.
La sussistenza di una determinazione del CdA volta ad attribuire un compenso variabile al suo Presidente può essere dimostrata dalla presentazione di un progetto di bilancio recante in nota integrativa espressa indicazione del compenso in parola.