hai cercato articoli in

Tribunale di Torino


610 risultati
4 Ottobre 2019

Contraffazione e impedimenti alla registrazione del marchio di forma

La tesi che ritiene non registrabile come marchio (il quale non è sottoposto a limite temporali di tutela) una forma di prodotto già oggetto di brevetto quale modello o quale invenzione (soggetti ad una durata limitata della protezione) si basa sull’esigenza di non concedere la registrabilità di forme funzionali dettate da ragioni di utilità tecnica, non monopolizzabile se non nei limiti e secondo le regole proprie, appunto, dei brevetti per invenzione o per modello. Le forme idonee a realizzare un concetto innovativo brevettato, se sostituibili con altre forme in grado di realizzare il medesimo concetto, nel momento della scadenza del brevetto godranno di una tutela ristretta alla forma specifica registrata con piena libertà per chiunque di adottare forme alternative, ma non confondibili e che utilizzino lo stesso concetto innovativo. La circostanza, del resto, che in forza dell’art. 9 la preclusione riguardi il segno costituito “esclusivamente” dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, comporta che le forme non riconducibili in via esclusiva ad esigenze tecniche possono assolvere anche ad altre funzioni, vale a dire quella di marchio, per cui nel caso in cui una stessa forma veda la coesistenza di una funzione utilitaristica tecnica con quella propria del marchio, se questa è prevalente nell’uso non risulta applicabile il divieto di cui all’art. 9 CPI. Una forma puo’ essere registrata come marchio quando svolge prevalentemente una funzione distintiva, tipica del marchio, piuttosto che estetica o funzionale, tipica del modello. La forma, di conseguenza, dà un valore sostanziale al prodotto solo qualora il prodotto abbia un valore estetico di tale rilievo da poter essere ritenuto influente in sé sulla motivazione d’acquisto del consumatore.

Ai sensi dell’art. 121, 2°c., CPI, chi agisce in contraffazione deve dare la prova dell’esistenza di un danno ingiusto non essendo il prodursi del danno implicito nell’accertamento della contraffazione; la parte che formula tale domanda è, inoltre, onerata anche e specificamente della prova dell’entità materiale e dell’ammontare del danno, giacchè la valutazione equitativa del danno medesimo puo’ subentrare solo nel caso di difficoltà relative alla quantificazione del danno.

Non puo’ essere accolta la domanda di ordine di esibizione ai sensi dell’art.121, 2°c., CPI, in assenza “dei seri indizi” del danno e in assenza dell’allegazione di qualsivoglia elemento costitutivo del medesimo, nonché in presenza di generiche indicazioni sui documenti di cui si chiede l’esibizione e sulle informazioni che la controparte dovrebbe fornire. Non puo’ essere accolta la domanda di interrogatorio formale dedotto in assenza di capi di prova. Dev’essere respinta la domanda di distruzione “di tutto il materiale commerciale e pubblicitario” dato che nella parte motivata dell’atto introduttivo manca qualsivoglia allegazione anche solo relativamente alla sua esistenza.

27 Settembre 2019

La cessione di Veneto Banca a Intesa Sanpaolo: individuazione del perimetro della cessione e improcedibilità della domanda in sede ordinaria

Nell’ambito della cessione di Veneto Banca a Intesa Sanpaolo, quest’ultima non è succeduta in tutti i rapporti giuridici facenti capo alla prima secondo la disciplina della cessione volontaria d’azienda ex art. 2560 c.c., ma solamente in quelli indicati dal D.L. n. 99/2017, convertito in legge n. 121/2017 e nell’allegato del relativo contratto di cessione, la cui efficacia verso i terzi è statuita proprio citato Decreto Legge, il tutto in applicazione della normativa speciale dettata in materia di liquidazione coatta amministrativa (come dettagliata ed adeguata al caso di specie dalla predetta normativa). [ LEGGI TUTTO ]

31 Luglio 2019

Contratto di cessione di azienda e valutazione della clausola risolutiva espressa

La clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cod. civ., contenuta in un contratto di compravendita di azienda presuppone, per il suo esercizio, la valutazione dell’agire dei contraenti secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell’inadempimento sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione. Ai fini della risoluzione di diritto del contratto, dunque, non basta la sola verificazione dell’inadempimento previsto nella clausola risolutiva espressa, in quanto anch’essa deve essere interpretata (art. 1366 cod. civ.) ed eseguita (art. 1375 cod. civ.) secondo buona fede. Il principio di buona fede diventa pertanto, in quest’ottica, canone di valutazione dell’effettiva esistenza di un inadempimento di uno dei contraenti e del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto, dovendosi negare efficacia all’atto di esercizio del potere ex art. 1456 cod. civ. quando il mancato adempimento o ritardo nell’adempimento, pur previsto, sia oggettivamente di scarsa importanza.

26 Luglio 2019

Ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti nell’interpretazione del contratto, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole

Se dal preliminare di cessione di una quota societaria si evince inequivocabilmente la comune intenzione dei contraenti di stipulare un contratto di compravendita (con tanto di determinazione del prezzo) e non di donazione, si deve far riferimento al criterio del senso letterale delle parole. Infatti, in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate, e sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volontà diversa.

25 Luglio 2019

Inibitoria e penale: inapplicabilità della sanzione per mancata prova della violazione

Il mero reperimento di prodotti sul mercato, commercializzati successivamente alla sentenza che ha disposto l’inibitoria assistita da penale, non costituisce prova dell’avvenuta violazione dell’inibitoria stessa e non è, pertanto, di per sé sufficiente a fare ravvisare i presupposti per l’applicazione della sanzione stabilita. Laddove, infatti, la sentenza non abbia disposto anche il sequestro dei prodotti già in commercio, occorre la prova che i prodotti rinvenuti sul mercato siano stati oggetto di commercializzazione successivamente alla sentenza stessa.

25 Luglio 2019

Elementi di differenziazione in tema di marchio debole

Il marchio registrato composto da un termine linguistico generico e non descrittivo del prodotto interessato, se non aderente al settore di attinenza e anzi in esso molto diffuso, è considerabile un marchio debole.

L’art. 12, lett. e), c.p.i. dispone che non sono nuovi ai sensi dell’art. 7 i segni che alla data del deposito della domanda siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato in seguito a domanda depositata in data anteriore per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni o dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può verificarsi anche nel rischio di associazione fra i due segni.

23 Luglio 2019

L’uso nella denominazione sociale di parola caratterizzante un marchio costituisce contraffazione

Costituisce contraffazione del marchio registrato l’utilizzo nella denominazione sociale della parola richiamata nel marchio medesimo laddove tale parola costituisce elemento distintivo caratterizzante l’impresa nell’ambito dello stesso settore merceologico.

23 Luglio 2019

E’ legittima la delibera di esclusione del socio moroso da una cooperativa

La delibera del Consiglio di Amministrazione di una cooperativa di esclusione del socio che si è reso moroso del pagamento della rata mensile dovuta a titolo di fondo di mutualità è legittima in quanto adottata in conformità alle previsioni statutarie della cooperativa stessa e nel rispetto dei termini stabiliti. La delibera di esclusione comporta la decadenza dell’assegnazione in godimento dell’immobile sociale, poichè lo status di socio della cooperativa costituisce il presupposto per l’assegnazione. Quindi, a far data dalla delibera di esclusione, l’ex socio detiene l’immobile sine titulo.

12 Luglio 2019

Tutela cautelare suppletiva del tribunale nelle more della instaurazione del procedimento arbitrale

La sospensione cautelare dell’efficacia della deliberazione assembleare – rispetto alla quale il giudizio di merito in ordine alla illegittimità della stessa sia devoluto dallo statuto ad un organo arbitrale – può essere richiesta al tribunale secondo le norme ordinarie, con ruolo vicario e suppletivo, tutte le volte in cui, in concreto, gli arbitri non abbiano la possibilità di intervenire efficacemente con l’esercizio cautelare (ad esempio per la mancata instaurazione del procedimento arbitrale o a causa dei tempi tecnici di costituzione dell’organo), al fine di garantire agli interessati la piena e concreta fruizione del diritto di agire in giudizio ai sensi dell’art. 24 Cost. (norma di cui l’effettività della tutela cautelare costituisce componente essenziale ed immanente al fine di evitare che la durata del processo si risolva in un danno della parte che ha ragione).