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31 Dicembre 2020

Il titolare del credito relativo alla liquidazione di azioni di Popolare di Vicenza, o Veneto Banca, non è legittimato ad agire nei confronti del cessionario dell’azienda

Ai sensi dell’art. 3 del d.l. 25.6.2017, n. 99 (conv. in legge 31.7.2017 n. 121), concernente l’avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A., non possono formare oggetto di cessione, neppure sull’accordo delle parti: “a) le passività indicate all’articolo 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180”, ossia il capitale e gli strumenti finanziari diversi dalle azioni computabili nel capitale, “con conseguente estinzione dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali”; “b) i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse; c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività” (art. 3 comma 1).

Dei debiti che, per accordo tra le parti o in virtù dell’art. 3 del d.l. 25.6.2017 n. 99, sono esclusi dalla cessione, il cessionario non è tenuto a rispondere, né quale obbligato in via principale, né quale accollatario ex lege del debito, salvo rivalsa nei confronti del cedente, poiché l’art. 3 comma 2 del d.l. 99/2017 prevede testualmente che “il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione ai sensi del comma 1“. Tale norma ribadisce la consolidata eccezione alla regola generale dell’art.2560 c.c., prevista in materia concorsuale, analogamente alle disposizioni di cui all’art. 105 l.fall. ed all’art. 90, comma 2, T.U.B..

La liquidazione della quota azionaria, in conseguenza dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio – in specie, per decesso del socio e mancato subentro dei suoi eredi – non soltanto non rientra ad alcun titolo tra le Passività Incluse, ma è anzi espressamente e tassativamente esclusa dal perimetro della cessione in quanto oggetto della pretesa è la liquidazione della quota azionaria, ossia la restituzione del capitale conferito incrementato della quota parte delle riserve. Infatti, ai sensi dell’art. 3 comma 1, lett. a) del d.l. 99/2017 che rinvia all’art. 52 comma 1, lettera a), punto i) del d.lgs. 16.11.2015 n. 180 che, nell’individuare le passività soggette al c.d. bail-in ai fini della risoluzione della crisi bancaria, pone al primo posto “i) le riserve e il capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare [..] con conseguente estinzione dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali”. Questi debiti sono espressamente classificati come “Passività Escluse” dall’art. 3.1.4. lett. b), punto iii) del contratto.

Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio, dipenda esso da recesso esclusione o morte del socio, comporta pur sempre il diritto del socio uscente (o dei suoi eredi e aventi causa) alla liquidazione della quota capitale (cfr. art. 2535 c.c.). Il mancato subentro degli eredi nella posizione del defunto costituisce quindi condizione (in senso ampio) di maturazione del diritto alla liquidazione, ma non ne snatura il fondamento, che pur sempre consiste nel rimborso del controvalore dell’investimento azionario del defunto.

 

26 Novembre 2020

Cessione d’azienda ed eccezione di arbitrato proposta sulla base della clausola compromissoria

La clausola compromissoria, presente nel contratto di cessione d’azienda, non può essere unilateralmente modificata (o rinunciata) da uno dei contraenti, in applicazione dei principi base disciplinanti il rapporto contrattuale inter partes, tra cui, innanzitutto, quello di cui all’articolo 1372 c.c. secondo cui il contratto ha forza di legge e non può essere sciolto se non con l’accordo delle parti o per cause ammesse dalla legge.

La sussistenza di una clausola compromissoria non impedisce la pronuncia di un decreto ingiuntivo, ma nel caso di proposizione della relativa eccezione con l’atto di opposizione, essa dà luogo alla nullità del provvedimento di ingiunzione con conseguente revoca dello stesso.

31 Luglio 2019

Contratto di cessione di azienda e valutazione della clausola risolutiva espressa

La clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cod. civ., contenuta in un contratto di compravendita di azienda presuppone, per il suo esercizio, la valutazione dell’agire dei contraenti secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell’inadempimento sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione. Ai fini della risoluzione di diritto del contratto, dunque, non basta la sola verificazione dell’inadempimento previsto nella clausola risolutiva espressa, in quanto anch’essa deve essere interpretata (art. 1366 cod. civ.) ed eseguita (art. 1375 cod. civ.) secondo buona fede. Il principio di buona fede diventa pertanto, in quest’ottica, canone di valutazione dell’effettiva esistenza di un inadempimento di uno dei contraenti e del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto, dovendosi negare efficacia all’atto di esercizio del potere ex art. 1456 cod. civ. quando il mancato adempimento o ritardo nell’adempimento, pur previsto, sia oggettivamente di scarsa importanza.

16 Luglio 2019

Risoluzione del contratto di cessione ad oggetto l’attività di bar, tavola calda e tavola fredda

L’omesso versamento del prezzo integrale di cessione integra gli estremi dell’inadempimento di non scarsa importanza, di cui al generale rimedio risolutorio previsto dall’art. 1455 c.c., non potendosi dubitare che lo stesso comprometta l’equilibrio contrattuale, trattandosi di mancata esecuzione dell’obbligo principale gravante sull’acquirente.

 

30 Gennaio 2019

La ripartizione degli oneri probatori in caso di risoluzione del contratto di cessione di azienda e di azione revocatoria

In forza della disciplina della ripartizione degli oneri probatori spetta al debitore convenuto per la risoluzione o l’adempimento del contratto provare il fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto una volta che il creditore agente abbia fornito la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, costituita, nella fattispecie dal contratto di cessione di azienda. [ LEGGI TUTTO ]

29 Marzo 2018

Rigetto della domanda di inadempimento contrattuale relativo alla cessione d’azienda

La domanda di inadempimento contrattuale relativa al mancato ottenimento, da parte del cessionario d’azienda, delle autorizzazioni amministrative necessarie per la rivendita di tabacchi e per la ricevitoria, è infondata, in quanto tale mancato adempimento, inter alia, è dipeso non già dalla condotta della società cedente, ma [ LEGGI TUTTO ]

27 Settembre 2017

Rilievo del comportamento delle parti posteriore alla conclusione di un contratto di cessione d’azienda

In tema di interpretazione del contratto, il giudice di merito, nel rispetto degli artt. 1362 e 1363 c.c., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, deve preliminarmente procedere all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonché delle une per mezzo delle altre, dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine. Solo qualora dimostri, con [ LEGGI TUTTO ]

14 Luglio 2017

Cancellazione di una società e successione dei rapporti attivi in favore dei soci

Se l’esistenza dell’ente collettivo e l’autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, “pendente societate”, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare [ LEGGI TUTTO ]