Annullamento del contratto per incapacità naturale

Ai fini della sussistenza dell’incapacità di intendere e di volere, costituente (ai sensi dell’art. 428 c.c.) causa di annullamento del negozio, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente la loro menomazione, tale comunque da impedire la formazione di una volontà cosciente: non risulta necessaria, infatti, la prova che il soggetto, nel momento del compimento dell’atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno in modo totale e assoluto le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che tali facoltà erano perturbate al punto
da impedire al soggetto una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio e quindi il formarsi di una volontà cosciente. Inoltre, non assume rilevanza decisiva, ai fini dell’azione ex art. 428 c.c., la sottoposizione del disponente all’amministrazione di sostegno, successivamente alla stipula dell’atto, che è istituto ben compatibile con il possesso di capacità di intendere e di volere dell’amministrato.

L’onere di provare l’incapacità naturale ex art. 428 c.c. ricade sulla parte che agisce per l’annullamento: peraltro, in ragione del disposto del richiamato art. 428 c.c., se l’atto impugnato è un
contratto, ai fini dell’annullamento, occorre provare, oltre allo stato di incapacità di uno dei contraenti al momento della stipula, anche la malafede dell’altro contraente, intesa come stato psicologico di conoscenza dell’altrui condizione di incapacità. Non è richiesto, invece, a differenza del caso di impugnazione di atto unilaterale, il grave pregiudizio per l’incapace che, tuttavia, ove in concreto verificatosi, ben può costituire un sintomo rivelatore della malafede dell’altro contraente.

13 Giugno 2023

Eccezione di incompetenza del territoriale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

L’adesione dell’opposto all’eccezione dell’opponente di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo comporta, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., l’impossibilità del giudice adito di decidere sulla competenza e, conseguentemente, di pronunciarsi anche sulle spese processuali relative alla fase svoltasi innanzi a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa.

Tuttavia, l’ordinanza con la quale il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, prendendo atto dell’adesione dell’opposto all’eccezione, dispone la cancellazione della causa dal ruolo, deve contenere la revoca dell’ingiunzione, essendo a tal fine necessario un provvedimento espresso che impedisca al decreto di produrre gli effetti provvisori di cui esso è capace in pendenza dell’opposizione.

9 Giugno 2023

Sugli elementi valutabili ai fini della compromettibilità in arbitri delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di delibere di aumento o riduzione del capitale sociale

L’aspetto determinante per decidere circa l’arbitrabilità delle controversie riguardanti le impugnazioni delle delibere societarie consiste nella prospettazione dei fatti concretamente fornita dalle parti e degli interessi specificamente convolti. In linea generale, al fine di negare o consentire un giudizio arbitrale su controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di delibere societarie incidenti sul capitale sociale (in termini di suo aumento e/o riduzione), occorre verificare se le stesse, rispettivamente, influiscano, o meno, su interessi superindividuali della società, dei soci e dei terzi la cui tutela sia assicurata, o non, mediante la predisposizione di norme inderogabili che, se violate, determinerebbero la reazione dell’ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte. Pertanto, laddove il coinvolgimento di tali interessi non sia direttamente inciso dall’oggetto del processo, deve escludersi che si sia al cospetto di diritti indisponibili, con conseguente possibilità, in presenza di una clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto della società, di sottoporre le controversie suddette alla cognizione arbitrale.

9 Giugno 2023

Valore probatorio della cambiale sottoscritta priva di data e luogo di emissione

La cambiale sottoscritta che riporta l’importo e la data di scadenza ma è priva dell’indicazione della data e del luogo di emissione, pur non avendo efficacia di titolo esecutivo, determina un effetto di presunzione di esistenza del rapporto obbligatorio tra le parti.

8 Giugno 2023

Principi in tema di querela di falso ex art. 221 comma 2 c.p.c.

La querela di falso, per sua natura imprescrittibile, è uno strumento processuale avente la finalità  di privare il documento munito di pubblica fede della sua efficacia probatoria privilegiata.
La cartella clinica, ricompresa nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 2699 ss. c.c. – in quanto documento che attesta le cure prestate al paziente – costituisce un atto pubblico ed il sanitario deputato alla sua compilazione riveste la qualità di pubblico ufficiale e, quindi, è soggetta a querela di falso. Infatti, l’operatore sanitario, così come il medico, nella propria qualità di pubblico ufficiale svolge una pubblica funzione certificativa e, conseguentemente, la cartella clinica riveste natura di atto pubblico.

Sequestro conservativo e azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali

Il presupposto per l’applicabilità della responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali è che i primi abbiano posto in essere delle condotte che siano state inosservanti degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e che quest’ultimo risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. [Nel caso di specie, il tribunale ha considerato costituire condotte contrarie all’obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale: (i) l’acquisto della totalità delle quote di una società già partecipata nella misura del cinquanta per cento, (ii) la cessione di rami aziendali in una condizione di crisi conclamata, operata poco prima dell’accesso a un concordato preventivo e (iii) il rinnovo di alcuni contratti di leasing].

Per ritenere integrato il requisito del periculum in mora richiesto per la concessione del sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. occorre, da un lato, che la garanzia del credito tutelato si sia assottigliata oppure sia in procinto di assottigliarsi quali-quantitativamente rispetto al momento in cui il credito è sorto, a causa di condotte dispositive del debitore o dell’aggressione che dei suoi beni abbiano fatto o stiano per fare altri creditori; dall’altro, che il timore di perdere la garanzia del proprio credito si basi su elementi oggettivi, rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito, oppure soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore che lasci fondatamente temere atti di depauperamento del patrimonio, non essendo comunque sufficiente a tal fine un mero giudizio di incapienza in sé del patrimonio del debitore né il mero sospetto circa la sua intenzione di sottrarre alla garanzia tutti o alcuni dei suoi beni. Infatti, ove si chieda la disposizione di sequestro conservativo, il ricorrente deve dimostrare che la garanzia del proprio credito si sia ridotta quantomeno a livello presuntivo, concetto che non può ridursi alla mera oggettiva sproporzione tra il credito ed il patrimonio del debitore già ab origine esistente, senza che sussistano ragioni specifiche per temere condotte di sottrazione o dispersione patrimoniale.

29 Maggio 2023

Sopravvenuta carenza di interesse a impugnare il bilancio a seguito del fallimento della società

Nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni assembleari di approvazione del bilancio della società, il sopravvenuto fallimento di quest’ultima comporta il venir meno dell’interesse ad agire quando l’istante non deduca argomentazioni idonee a comprovare il suo perdurante interesse, avuto riguardo alle utilità attese dopo la chiusura della procedura fallimentare. Non risulta, quindi, tutelabile il generico interesse del socio alla sola veridicità e correttezza dei dati di bilancio, ove dalla pronuncia resa la parte non possa comunque conseguire alcun utile risultato, come in ipotesi di sopravvenienza del fallimento. Laddove quindi intervenga il fallimento, con conseguente acquisizione del patrimonio sociale alla massa dei creditori, viene meno l’interesse alla correzione delle eventuali erronee appostazioni di bilancio, salvo la diversa allegazione del socio.

Il bilancio sociale se con riferimento alle appostazioni che si riferiscono ai rapporti societari spiega efficacia vincolante, a diversa soluzione deve invece giungersi in relazione ai crediti verso i soci eventualmente vantati dalla società non nella qualità di soci, bensì quali clienti. In relazione a tali rapporti, infatti, il bilancio non spiega alcuna efficacia vincolante, bensì può essere utilizzato eventualmente solo in danno della società ex art. 2709 c.c. in quanto l’imprenditore resta vincolato alle proprie annotazioni contabili, ma non può essere opposto quale valida prova o ancora quale atto negoziale confessorio e vincolante nei confronti dei soci debitori per altro titolo.

29 Maggio 2023

Banca Popolare di Vicenza: il divieto di promuovere o proseguire azioni previsto dall’art. 83 t.u.b.

La ratio dell’art. 83 t.u.b. è quella di devolvere al giudice della procedura, oltre alle domande cautelari ed esecutive, l’accertamento delle poste di credito vantate nei confronti della liquidazione nel rispetto della par condicio creditorum.

Qualsiasi credito nei confronti di un’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa dev’essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni od impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, sicchè la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della par condicio creditorum.

Il discrimen tra procedibilità o meno della domanda passa per l’esame del bene della vita che la parte intende ottenere: se le domande di accertamento o costitutive perseguono scopi diversi ed ultronei rispetto all’accertamento del passivo fallimentare e quindi esorbitanti rispetto ai poteri del giudice della procedura (in via esemplificativa, domande finalizzate a provocare la liberazione della parte in bonis rispetto agli obblighi contrattuali assunti, conservazione del posto di lavoro tramite impugnativa del licenziamento), esse sono procedibili se proposte avanti al giudice ordinario.

25 Maggio 2023

Compenso dell’amministratore; rapporti tra processo penale e civile

Nelle società per azioni il compenso per gli amministratori è cristallizzato, ai sensi dell’art. 2389 c.c., all’atto della loro nomina o dall’assemblea dei soci. Sul punto, la disciplina codicistica si limita a fornire le modalità con le quali fissare i compensi degli amministratori determinati dall’assemblea, ai sensi degli artt. 2364 e 2389 c.c., senza fare alcun riferimento ai parametri da seguire circa la determinazione del quantum. Da ciò consegue che la determinazione di compensi congrui o ragionevoli non costituisce oggetto di un espresso obbligo di legge, né l’assetto normativo individua i criteri in base ai quali tale adeguatezza può in concreto essere accertata, spettando al soggetto che allega l’irragionevolezza fornire una stringente prova delle proprie doglianze.

Le prove assunte in sede penale rispetto a fatti costitutivi identici, costituiscono elementi di prova liberamente valutabili dal giudice in sede civile.

Nell’ambito del giudizio civile per il risarcimento del danno, il condebitore solidale può opporre al creditore la sentenza penale di assoluzione pronunciata nei confronti di altro condebitore, a meno che essa non sia fondata su ragioni personali dell’altro condebitore.

23 Maggio 2023

Spese di lite e revoca della delibera impugnata

Qualora la delibera assembleare oggetto di impugnazione venga revocata prima della conclusione del giudizio, nel dichiarare cessata la materia del contendere il giudice è comunque chiamato a decidere sulle spese di lite ponendole di norma, ex art. 2377, co. 8, c.c., a carico della società.