27 Giugno 2023

Sulla competenza delle Sezioni Specializzate in materia d’Impresa

Ai sensi dell’art. 3, co. 3, d.l. n. 1 del 2012, alla Sezione Specializzata in materia di impresa territorialmente competente è attribuita la competenza anche sulle cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della stessa norma. Tale espressione fa riferimento alle cause e ai procedimenti che presentano un vincolo di connessione oggettiva propria con le cause e i procedimenti previsti dai primi due commi della norma sopra citata, con esclusione quindi della connessione impropria. In ragione di ciò, nel caso in cui la parte attrice richieda in via preliminare l’accertamento della legittimità della delibera di esclusione della parte convenuta da socio di una cooperativa e, dunque, abbia proposto una vera e propria domanda di accertamento su una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, deve rilevarsi non solo il fatto che detta domanda rientri nella competenza della Sezione Specializzata in materia di Impresa, ma anche, conseguentemente, che detta Sezione Specializzata sia anche competente in ordine alle domande di rilascio, di pagamento dei canoni e di pagamento dell’indennità per occupazione sine titulo di un immobile della cooperativa, trattandosi di domande connesse alla domanda di esclusione da socio con correlata decadenza dall’assegnazione dell’alloggio sociale.

27 Giugno 2023

Questioni processuali nell’azione di responsabilità: chiamata in causa di terzo e preclusioni

In materia di chiamata in causa ad istanza di parte, qualora sia stata proposta dal convenuto, a tale scopo, tempestiva richiesta di differimento della prima udienza di trattazione, l’eventuale provvedimento di rigetto può essere revocato (anche implicitamente) dallo stesso giudice, o da altro avanti al quale la causa sia stata riassunta a seguito di declinatoria di competenza ad opera del primo, sempreché ciò avvenga anteriormente all’esaurimento della fase della prima udienza di trattazione, dovendosi, per converso, ritenere precluso al giudicante un siffatto ripensamento successivamente alla consumazione di tale momento processuale.

22 Giugno 2023

Divieto di patto leonino e di patto commissorio e strumenti finanziari partecipativi

Affinché il limite all’autonomia statutaria dell’art. 2265 c.c. sussista, è necessario che l’esclusione dalle perdite o dagli utili costituisca una situazione assoluta e costante. Assoluta, perché il dettato normativo parla di esclusione “da ogni” partecipazione agli utili o alle perdite, per cui una partecipazione condizionata (ed alternativa rispetto all’esclusione in relazione al verificarsi, o non, della condizione) esulerebbe dalla fattispecie preclusiva. Costante, perché riflette la posizione, lo status del socio nella compagine sociale, quale delineata nel contratto di società.

Sia il divieto di patto commissorio (artt. 1963 e 2744 c.c.) sia il divieto di usura postulano l’esistenza di un rapporto negoziale di natura (quantomeno) prevalentemente creditizio-finanziaria, pena l’impossibilità giuridica di applicare detti divieti.

E’ lecito e meritevole di tutela l’accordo negoziale concluso tra i soci di società azionaria con il quale gli uni, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighino a manlevare un altro socio delle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l’attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato e il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell’acquisto, pur con l’aggiunta di interessi sull’importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società.

Il tenore letterale dell’art. 2346, co. 6, c.c. recita che lo strumento finanziario partecipativo possa essere emesso “a seguito dell’apporto da parte di soci o di terzi anche di opera o di servizi”: tale precisazione implica necessariamente che l’apporto del sottoscrittore non sia necessariamente limitato alla dazione di denaro o beni fungibili, ma si estenda anche allo svolgimento di una prestazione di facere, ipoteticamente contraddistinta da intuitus personae. Da ciò discende la possibilità di emettere strumenti partecipativi singoli e individualizzati e quindi non seriali.

E’ ammissibile una deroga statutaria del principio secondo il quale le cariche sociali sono nominate in modo collegiale da tutte le azioni riunite in assemblea ordinaria. Lo statuto può diversamente allocare il potere di assumere la decisione nell’ambito della compagine sociale, mediante la configurazione di “diritti diversi” attribuiti a una o più categorie di azioni ai sensi dell’art. 2348 c.c.

21 Giugno 2023

L’impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c. non può consistere in mere difficoltà economiche

In tema di inadempimento contrattuale, il contraente che non esegue esattamente la prestazione che si è obbligato ad eseguire, per liberarsi è tenuto a dimostrare una vera e propria sopravvenuta impossibilità della prestazione (oltre all’assenza di colpa).

Le difficoltà economiche o la mancanza di liquidità non sono cause che integrano, ai sensi dell’art. 1256 c.c., l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, posto che l’impossibilità di cui all’art. 1256 c.c. deve consistere in un impedimento obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso.

L’impossibilità assoluta della prestazione ex art. 1256 c.c. non è configurabile per le obbligazioni pecuniarie: ciò in quanto l’impossibilità che, ex art. 1256 c.c., estingue l’obbligazione è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento. Al contrario, alla stregua del principio secondo cui genus numquam perit, l’impossibilità può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto la consegna di una cosa determinata o di un genere limitato, e non già quando si tratta di una somma di denaro.

16 Giugno 2023

Emissione di decreto ingiuntivo in presenza di una clausola compromissoria statutaria

Atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla[va] l’emissione di provvedimenti cautelari, l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la sua contestuale revoca.

Quello cui lo statuto demanda una decisione da adottare in assenza di qualunque formalità e procedura costituisce arbitrato irrituale. La deferibilità ad arbitri irrituali di una determinata controversia è da considerare non già una questione di competenza, bensì di merito perché direttamente inerente alla validità o all’efficacia o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria.

14 Giugno 2023

Incompetenza delle sezioni imprese per l’accertamento di un inadempimento contrattuale

L’azione volta ad accertare l’inadempimento di un contratto, anche se riferito ad attività di consulenza societaria [nel caso di specie, un mandato di consulenza in merito alla costituzione e quotazione di una socità], non è soggetta alla competenza della sezione imprese, alla luce della previsione dell’art. 3 del d.lgs. 27 giungo 2003, n. 168, come modificato dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni nella l. 24 marzo 2012, n. 27.

14 Giugno 2023

Incompetenza della sezione specializzata imprese in materia di società di persone

Ai sensi dell’art. 3, co. 2, d.lgs. n. 168/2003, la competenza delle sezioni specializzate è limitata alle società di capitali. Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nel caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell’ufficio giudiziario; deve di contro ritenersi che rientri nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario, diverso da quello ove la prima sia istituita.

L’adesione all’eccezione di incompetenza territoriale espressa da parte attrice ai sensi dell’art. 38 c.p.c. comporta l’esclusione di ogni potere del tribunale ordinario adito di decidere sulla competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa.

14 Giugno 2023

Sequestro giudiziario e conservativo delle quote sociali

Nel procedimento cautelare proposto ante causam è necessario che il ricorso contenga la precisa indicazione non solo del provvedimento cautelare richiesto, ma anche della causa petendi e del petitum del giudizio di merito, cui è prodromica l’azione cautelare, onde consentire alla controparte di poter adeguatamente difendersi in merito alla cautela invocata ed al giudice di compiere un adeguato accertamento sulla propria competenza a provvedere e sulla strumentalità della misura rispetto al diritto da cautelare.

La concessione di una misura cautelare ante causam va valutata nell’ottica della sua accessorietà rispetto al merito e della sua finalità di garantire la conservazione dell’utilità pratica che la decisione definitiva attribuirà alla parte, previo riconoscimento dei relativi diritti. La futura decisione sul merito costituisce altresì il limite per il contenuto del provvedimento cautelare sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo, non potendo esso attribuire alle parti beni che le stesse non potrebbero conseguire per effetto della sentenza.

Il sequestro giudiziario può essere concesso nell’ambito di una controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, in quanto il termine “possesso”, usato dall’art. 670 c.p.c. unitamente a quello di “proprietà”, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione.

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 670 c.p.c., legittimati a chiedere il sequestro giudiziario sono non soltanto i titolari dei diritti reali, ma anche i titolari di diritti personali relativi a beni mobili o immobili, poiché la controversia sulla proprietà o il possesso può sussistere non solo quando siano esperite le tipiche azioni a presidio di tali diritti, ma anche quando si tratti di azioni personali ad effetto la restituzione della cosa da altri detenuta.

Può sussistere il nesso di strumentalità tra il sequestro giudiziario delle quote sociali e l’ azione di merito volta al trasferimento coattivo delle stesse. Infatti, si è in presenza di una controversia sulla proprietà o il possesso ex art. 670 c.p.c., non soltanto quando siano o saranno esperite le caratteristiche azioni di rivendica, di manutenzione o di reintegrazione, ma anche nel caso in cui sia stata proposta o debba proporsi un’azione contrattuale che, se accolta, importi condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta.

Per la concessione del sequestro giudiziario, non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra il pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo sufficiente, ai fini dell’estremo dell’opportunità richiesto dall’art. 670 n. 1 c.p.c., che lo stato di fatto in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l’attuazione del diritto controverso.

Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorchè riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori.