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14 Giugno 2023

Sequestro giudiziario e conservativo delle quote sociali

Nel procedimento cautelare proposto ante causam è necessario che il ricorso contenga la precisa indicazione non solo del provvedimento cautelare richiesto, ma anche della causa petendi e del petitum del giudizio di merito, cui è prodromica l’azione cautelare, onde consentire alla controparte di poter adeguatamente difendersi in merito alla cautela invocata ed al giudice di compiere un adeguato accertamento sulla propria competenza a provvedere e sulla strumentalità della misura rispetto al diritto da cautelare.

La concessione di una misura cautelare ante causam va valutata nell’ottica della sua accessorietà rispetto al merito e della sua finalità di garantire la conservazione dell’utilità pratica che la decisione definitiva attribuirà alla parte, previo riconoscimento dei relativi diritti. La futura decisione sul merito costituisce altresì il limite per il contenuto del provvedimento cautelare sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo, non potendo esso attribuire alle parti beni che le stesse non potrebbero conseguire per effetto della sentenza.

Il sequestro giudiziario può essere concesso nell’ambito di una controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, in quanto il termine “possesso”, usato dall’art. 670 c.p.c. unitamente a quello di “proprietà”, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione.

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 670 c.p.c., legittimati a chiedere il sequestro giudiziario sono non soltanto i titolari dei diritti reali, ma anche i titolari di diritti personali relativi a beni mobili o immobili, poiché la controversia sulla proprietà o il possesso può sussistere non solo quando siano esperite le tipiche azioni a presidio di tali diritti, ma anche quando si tratti di azioni personali ad effetto la restituzione della cosa da altri detenuta.

Può sussistere il nesso di strumentalità tra il sequestro giudiziario delle quote sociali e l’ azione di merito volta al trasferimento coattivo delle stesse. Infatti, si è in presenza di una controversia sulla proprietà o il possesso ex art. 670 c.p.c., non soltanto quando siano o saranno esperite le caratteristiche azioni di rivendica, di manutenzione o di reintegrazione, ma anche nel caso in cui sia stata proposta o debba proporsi un’azione contrattuale che, se accolta, importi condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta.

Per la concessione del sequestro giudiziario, non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra il pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo sufficiente, ai fini dell’estremo dell’opportunità richiesto dall’art. 670 n. 1 c.p.c., che lo stato di fatto in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l’attuazione del diritto controverso.

Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorchè riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori.

Responsabilità dell’amministratore giudiziario

Il sequestro preventivo disciplinato dall’art. 321, comma 1, c.p.p. è una misura cautelare finalizzata ad evitare l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato ovvero l’agevolazione della commissione di altri reati, caratterizzata da ampia genericità cui si collega un’altrettanta ampia discrezionalità riconosciuta al pubblico ministero e al giudice penale nel disporne. Anche le misure cautelari reali debbono fondarsi sui principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, nel senso di assicurare il minor sacrificio possibile di diritti costituzionalmente tutelati quali il diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata. Il bilanciamento tra tali principi è demandato al giudice penale, il quale è tenuto a conformare la misura cautelare al caso concreto ed a garantire la minima compressione delle situazioni giuridiche colpite dal sequestro.

In tema di giudicato, la disposizione di cui all’art. 652 c.p.p. costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Pertanto, soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente.

In ogni caso, il giudice civile può tenere conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale, ripercorrendo lo stesso iter argomentativo del giudice penale decidente e può inoltre trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, sottoponendoli al proprio vaglio critico e valutandoli autonomamente

Le norme di cui all’art. 65 e 67 c.p.c. si applicano anche al custode nominato in sede penale ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e 104 bis disp. att. c.p.p. Pertanto, il custode deve provvedere alla conservazione e all’ amministrazione dei beni sequestrati secondo la diligenza del buon padre di famiglia, rispondendo altrimenti dei danni prodotti al proprietario dei beni stessi. I compiti del custode vanno individuati sia in tutte quelle attività conservative in senso stretto, finalizzate al mantenimento della piena integrità materiale del bene, sia in quelle attività in senso gestorio (come, ad esempio, l’esercizio del diritto di voto, l’impugnazione delle delibere assembleari) attività quest’ultima preclusa al proprietario e riservata al custode.

Il custode di cose sequestrate in sede penale opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliare; se da ciò deriva l’assenza di ogni rapporto di tipo privatistico con i titolari delle cose poste sotto sequestro, questo non esclude che, nei confronti degli stessi, il custode possa assumere una propria autonoma responsabilità di natura extracontrattuale ove cagioni loro un danno a causa dell’inosservanza dei suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose affidategli in custodia.

16 Maggio 2023

Il sequestro giudizio di una quota di società è compatibile con le azioni ex art. 2932 c.c.

Il sequestro giudiziario di una quota di società costituisce tipica misura cautelare prodromica ad una azione costituiva quale quella ex art. 2932 c.c., poiché la sua funzione è quella di garantire che il bene sequestrato non vada disperso, nel tempo occorrente per addivenire alla pronuncia definitiva. Infatti, una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c. determina ex se il trasferimento del diritto in contestazione, ma la sua esecuzione comporta comunque la consegna del bene controverso.

L’iscrizione della domanda giudiziale al Registro delle Imprese è un rimedio sufficiente (e perciò alternativo al sequestro) se il rischio che si vuole evitare è quello che le quote contese siano alienate ad un terzo in buona fede, al quale non è opponibile una eventuale sentenza iscritta successivamente al suo acquisto (mentre lo sarebbe la trascrizione anteriore della domanda giudiziale con effetto prenotativo della sentenza). Ma l’effetto di una sentenza di trasferimento di quote di partecipazione ad una società può essere azzerato anche in altro modo, ad esempio svuotando quelle quote di un valore apprezzabile, tramite operazioni diverse dalla loro alienazione – basti pensare ad un aumento di capitale che riduca la partecipazione controversa ad una quota irrisoria, o ad una messa in liquidazione rapidamente seguita dalla cancellazione della società – tali da rendere sostanzialmente inutile una vittoria in giudizio, lasciando l’acquirente che pure ottenesse una sentenza a sé favorevole con niente in mano. Questo rischio non sarebbe scongiurato dall’iscrizione della domanda giudiziale, il cui effetto “prenotativo” non toglierebbe all’intestatario formale della quota il diritto di farla valere in sede assembleare; mentre lo avrebbe il sequestro giudiziario, tramite una separazione della quota controversa dalle altre e l’attribuzione al custode dei diritti di voto, assoggettati giudizialmente ad un esercizio massimamente conservativo del valore da essa rappresentato.

In un giudizio cautelare, l’avvenuto disconoscimento, da parte del resistente, di tutte le scritture private sul quale il ricorrente fondava il suo diritto impedisce di considerare quegli atti tra gli elementi di prova valutabili. Pertanto, tali documenti non possono essere in alcun modo utilizzati per fondare una decisione, essendo necessario procedere alla loro verificazione (valutazione che esula dal giudizio cautelare avente ad oggetto l’istanza di sequestro giudiziario).

19 Gennaio 2023

Sequestro giudiziario di quote da parte del fiduciante

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario, rappresentando quest’ultima una fattispecie di interposizione reale di persona, occorre che il fiduciante dia prova, quanto al fumus boni iuris, dell’esistenza del patto fiduciario e, quanto al periculum in mora, dell’esercizio di diritti dispositivi e/o amministrativi legati alla quota che sterilizzino la tutela reale del fiduciante. In particolare, con riferimento all’esistenza del patto fiduciario, in mancanza di prova scritta del patto medesimo, l’onere probatorio può intendersi assolto anche tramite il ricorso ad una serie di indizi gravi e concordanti di natura preventiva, oltre che mediante testimoni e presunzioni, essendo il pactum fiduciae sussumibile allo schema del mandato senza rappresentanza. Con riferimento al periculum in mora occorre provare che il fiduciario stia ponendo in essere atti di gestione della quota che possano anche solo in astratto frustrare le aspettative del socio fiduciante.

28 Novembre 2022

Principio di libertà delle forme ed esercizio del diritto di prelazione nella cessione di quote di s.r.l.

Nei rapporti tra le parti, in forza del principio di libertà delle forme, la cessione di quota di s.r.l. è valida ed efficace in virtù del semplice consenso manifestato dalle stesse, non richiedendo la forma scritta né ad substantiam, né ad probationem. La forma di cui all’art. 2470 c.c. rileva solo ai fini dell’opponibilità nei confronti della società. Ne deriva che, in presenza di un contratto di opzione di acquisto di quote di una s.r.l., che conferisca ad una parte la facoltà di accettare la proposta di vendita formulata dalla controparte, il momento del definitivo effetto traslativo è segnato dall’accettazione dello stipulante, non essendo richiesta né l’adozione di una forma particolare né la stipulazione con un unico atto di cessione ed in un unico contesto temporale [nel caso di specie, due soci titolari dell’intero pacchetto societario avevano espresso chiaramente una volontà di dismissione della propria quota in contrasto con l’esercizio del diritto di prelazione sulla quota dell’altro].

Violazione del diritto di prelazione; presupposti e finalità del sequestro giudiziario di azioni

La violazione del diritto di prelazione previsto nello statuto non comporta la nullità del trasferimento né, tanto meno, l’assegnazione delle azioni oggetto di trasferimento al socio pretermesso. Con l’inserimento della clausola di prelazione nell’atto costitutivo si attribuisce alla medesima, al pari di qualsiasi altra pattuizione riguardante posizioni soggettive individuali dei soci che venga iscritta nello statuto dell’ente, anche un valore rilevante per la società. Induce a siffatta conclusione il rilievo che clausole, come quelle di prelazione o di gradimento, sono senza dubbio finalizzate dalla volontà dei soci, secondo quanto i medesimi valutino più adatto alle esigenze dell’ente, ad incidere sul rapporto tra l’elemento patrimoniale e quello personale della società, accrescendo il peso del secondo rispetto al primo. Ne discende che le clausole in questione, venendo ad assolvere anche ad una funzione specificamente sociale, atteso il loro inserimento nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente, cessano di esser regolate dai soli principi del diritto dei contratti, per rientrare, invece, nell’orbita più specifica della normativa societaria. Infatti, alla clausola statutaria di prelazione deve attribuirsi efficacia reale, i cui effetti sarebbero opponibili anche al terzo acquirente. Ad ogni modo, la realità della clausola non può condurre alla nullità del trasferimento operato in violazione del patto di prelazione, non versandosi in ipotesi di violazione di norma imperativa, né alla declaratoria di nullità per impossibilità dell’oggetto per indisponibilità della partecipazione ceduta; al contrario, può condurre unicamente ad una pronuncia d’inefficacia del trasferimento in favore del socio pretermesso e/o della società. Più in particolare, la violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l’inopponibilità, nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione, della cessione della partecipazione societaria (che resta, però, valida tra le parti stipulanti), nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, secondo i principi generali in tema di inadempimento delle obbligazioni. La violazione della clausola statutaria di prelazione non comporta in favore del socio pretermesso anche il diritto potestativo di riscattare la partecipazione nei confronti dell’acquirente, atteso che il c.d. retratto non integra un rimedio generale in caso di violazioni di obbligazioni contrattuali, ma solo una forma di tutela prevista dalla legge in specifici casi da reputarsi tassativi.

I presupposti per l’emanazione di un provvedimento di sequestro giudiziario sono il fumus boni juris e il periculum in mora, specificamente tipizzati dall’art. 670 c.p.c. In particolare, il sequestro giudiziario è ammissibile tutte le volte in cui ricorra la necessità di garantire l’attuazione di futuri provvedimenti di tutela giurisdizionale, tenuto conto della particolare correlazione esistente tra l’oggetto del sequestro e l’oggetto della pretesa che viene dedotta nel giudizio di merito.

In ordine al fumus boni juris della domanda di sequestro, si richiede l’esistenza di una controversia, intesa come esperimento attuale o potenziale di un’azione tipicamente prevista a difesa della proprietà o del possesso (c.d. jus in re), nonché di ogni altra azione, anche di natura personale, da cui possa scaturire una pronuncia di condanna alla restituzione o al rilascio della cosa da altri detenuta (c.d. jus ad rem). Il sequestro giudiziario, pertanto, è incompatibile con le azioni di accertamento o costitutive. Le finalità per cui l’ordinamento prevede l’autorizzazione al sequestro giudiziario di beni sono individuate, infatti, nell’assicurare la fruttuosità ed utilità pratica dell’esecuzione coattiva di un futuro provvedimento decisorio, mediante la consegna o il rilascio di quegli stessi beni sui quali è stato autorizzato e posto il vincolo.

Il secondo presupposto per la concessione del sequestro giudiziario è rappresentato dall’opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione dei beni di cui si chiede il sequestro. Ed invero, il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario ove sussista il timore che la durata del processo possa incidere sulla conservazione del bene, dovendosi, peraltro, precisare che la nozione di conservazione nel sequestro giudiziario, a differenza di quanto accade per il sequestro conservativo, non si sostanzia necessariamente nel pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo invece sufficiente, ai fini della opportunità della cautela, che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determini una situazione tale che, al termine della lite, la parte istante, ove risulti essere vittoriosa, non riuscirebbe a ottenere il vantaggio spettante, vedendo così pregiudicata l’attuazione del diritto controverso.

È inammissibile per difetto di strumentalità il sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. di azioni nel caso in cui nel giudizio di merito non sia stata proposta una domanda di restituzione delle azioni. La finalità del sequestro giudiziario è, infatti, quella di assicurare l’utilità pratica di un futuro provvedimento decisorio e la fruttuosità della sua esecuzione coattiva mediante la consegna o il rilascio forzati di quegli stessi beni su cui è stato autorizzato e posto il vincolo; un’azione di accertamento e/o costitutiva relativa alla illegittimità di una delibera e degli atti ad essa conseguenti non è compatibile con il sequestro giudiziario.

Sequestro giudiziario e prova della simulazione di cessione di quote sociali

Il sequestro giudiziario è ammissibile tutte le volte che ricorra la necessità di garantire l’attuazione di futuri provvedimenti di tutela giurisdizionale, tenuto conto della particolare correlazione esistente tra l’oggetto del sequestro e l’oggetto della pretesa che viene dedotta nel giudizio di merito. In ordine al fumus boni juris della domanda di sequestro, si richiede l’esistenza di una controversia, intesa come esperimento attuale o potenziale (e quindi anche mero contrasto di interessi, senza necessità della pendenza di una lite) di un’azione tipicamente prevista a difesa della proprietà o del possesso (cd. jus in re), nonché di ogni altra azione, anche di natura personale, da cui possa scaturire una pronuncia di condanna alla restituzione o al rilascio della cosa da altri detenuta (cd. jus ad rem). Dunque, il sequestro è ammissibile non solo per le azioni reali (così come sembrerebbe suggerire il tenore letterale dell’art. 670 c.p.c.) ma anche per quelle personali che comportino comunque una restituzione del bene, restando il sequestro giudiziario incompatibile soltanto con le azioni di accertamento o costitutive.

E’ ammissibile un sequestro giudiziario richiesto da una procedura concorsuale che intenda proporre domanda di restituzione delle quote in conseguenza della domanda principale di accertamento della nullità e/o simulazione e di quella subordinata di risoluzione dei contratti di cessione di quote.

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la relativa domanda sia proposta da terzi estranei al negozio, spetta al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che devono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, all’esito di un giudizio di sintesi di una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti (art. 2729 c.c.), nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre a fronte di un fatto ignoto, la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza. Costituiscono, invero, elementi presuntivi della simulazione: i1 dissesto del debitore; la causa simulandi, quale quella di volersi sottrarre alla improvvisa responsabilità di un obbligo; l’essersi con la vendita spogliato l’alienante di ogni suo avere; i1 mancato esborso di alcuna somma da parte del debitore o l’aver dato atto nel rogito di vendita che il prezzo era già stato versato; il prezzo di gran lunga inferiore al valore della cosa venduta; il patto di riscatto; la disponibilità ed il possesso della cosa rimasti nel venditore magari sotto forma di locazione; i rapporti di parentela, di affinità o di stretta amicizia tra alienante e acquirente; la clandestinità dell’atto; la coabitazione degli stipulanti.

Sequestro giudiziario di quote sociali e simulazione del contratto di cessione

Il sequestro giudiziario è ammissibile tutte le volte che ricorra la necessità di garantire l’attuazione di futuri provvedimenti di tutela giurisdizionale, tenuto conto della particolare correlazione esistente tra l’oggetto del sequestro e l’oggetto della pretesa che viene dedotta nel giudizio di merito. In ordine al fumus boni juris della domanda di sequestro, si richiede l’esistenza di una controversia, intesa come esperimento attuale o potenziale (e quindi anche mero contrasto di interessi, senza necessità della pendenza di una lite) di un’azione tipicamente prevista a difesa della proprietà o del possesso (cd. jus in re), nonché di ogni altra azione, anche di natura personale, da cui possa scaturire una pronuncia di condanna alla restituzione o al rilascio della cosa da altri detenuta. In merito al periculum, il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario ove sussista il timore che la durata del processo possa incidere sulla conservazione del bene, dovendosi, peraltro, precisare che la nozione di conservazione nel sequestro giudiziario, a differenza di quanto accade per il sequestro conservativo, non si sostanzia necessariamente nel pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo invece sufficiente, ai fini della opportunità della cautela, che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determini una situazione tale che, al termine della lite, la parte istante, ove risulti essere vittoriosa, non riuscirebbe ad ottenere il vantaggio spettante, vedendo così pregiudicata l’attuazione del diritto controverso.

Al fine di ritenere integrati gli estremi della simulazione assoluta di un negozio, non è sufficiente la prova della causa simulandi ma è necessario provare specificatamente la natura meramente apparente del contratto.

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta del contratto, spetta al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che devono essere valutati non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, all’esito di un giudizio di sintesi di una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti.

La curatela fallimentare assume una posizione di terzietà, ai sensi dell’art. 1417 c.c., in relazione al negozio simulato concluso dal fallito e che si intende inficiare : quindi essa può fornire prova dell’avvenuta simulazione con ogni mezzo ed anche mediante il ricorso a indizi e presunzioni.

Ai fini della prova della simulazione assoluta della cessione di quote di s.r.l., costituiscono indizi precisi e concordanti: a) i rapporti di parentela sussistenti fra le parti del contratto; b) il mancato versamento del corrispettivo al momento della stipula; c) l’irrisorietà del prezzo pattuito, rispetto al valore effettivo; d) la circostanza che l’amministrazione sia rimasta affidata ai cedenti; e) il forte indebitamento dei cedenti; f) la giovane età dei cessionari.

L’onere della prova dell’avvenuto pagamento del prezzo di acquisto incombe sul convenuto e non può ritenersi soddisfatto dalla semplice dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile.

27 Aprile 2022

Presupposti del sequestro giudiziario e la differenza dal sequestro conservativo nella procedura fallimentare

Con il sequestro giudiziario s’intende ottenere una misura conservativa, diretta ad assicurare l’utilità pratica di un futuro provvedimento decisorio e la fruttuosità della relativa esecuzione coattiva a mezzo della consegna o rilascio forzato degli stessi beni sui quali è stato autorizzato e posto il vincolo. Tale sua specifica finalità lo distingue dal sequestro conservativo previsto dall’art. 671 c.p.c., che tende invece a garantire l’operatività della generica garanzia patrimoniale del debitore, ex art. 2740, primo comma, c.c. Il sequestro giudiziario sovrintende, in altri termini, al limitato scopo di provvedere alla custodia e alla temporanea gestione dei beni controversi, sottraendoli ad atti di disposizione materiale da parte di chi li detiene, mediante l’affidamento degli stessi ad un custode. I presupposti che la legge richiede per la relativa concessione sono quindi: a) l’esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso del bene, nel cui ambito sussistano elementi sufficienti a provare che la domanda proposta sia di probabile fondatezza (cd. fumus boni iuris); b) l’opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea del bene (cd. periculum in mora). La finalità del sequestro giudiziario è, in definitiva, di assicurare l’utile esperimento dell’esecuzione coattiva, conseguente all’accertamento del diritto sul bene al termine del processo di cognizione e consistente nella consegna del bene.