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Davide Micella

Laureato con lode presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi, è praticante notaio e studente presso la Scuola Notarile Viggiani di Milano.

9 Maggio 2023

L’insussistenza della legittimazione all’esercizio del voto del promissario acquirente di quote di s.r.l. L’assemblea totalitaria

Quanto alla legittimazione all’esercizio del diritto di voto in assemblea da parte di colui che abbia sottoscritto un contratto preliminare di acquisto delle quote di una s.r.l., va considerato, da un lato, che l’art. 2479 c.c. dispone che il diritto di voto spetta esclusivamente ai soci e, dall’altro, che l’art. 2470 c.c. stabilisce che il trasferimento della quota è opponibile alla società, e conferisce, quindi, al nuovo socio il diritto di voto in assemblea, solo dopo che sia stato concluso, con la forma d’atto pubblico, il contratto definitivo di cessione della quota e l’atto sia stato depositato presso l’Ufficio del Registro delle Imprese. Solo in casi eccezionali, espressamente disciplinati dalla legge, il diritto di voto può essere esercitato da un soggetto diverso dal socio (ad es., le ipotesi di pegno, usufrutto o sequestro della quota, ex art. 2352 c.c., richiamato dall’art. 2471 bis c.c.). Ai sensi dell’art. 2373 c.c. il conflitto d’interessi è causa di annullamento solo quando il socio sia portatore di un interesse che si pone in conflitto con quello della società, e la delibera possa arrecarle un danno. Anche nel caso in cui si sia verificata un’ipotesi di irregolarità della convocazione assembleare, questa resta sanata – ai sensi dell’art. 2479 bis, co. 5, c.c. – dal fatto che all’assemblea abbia poi partecipato la totalità del capitale sociale, unitamente all’organo amministrativo e all’organo di controllo, e che nessuno dei presenti si sia opposto alla trattazione della questione.  La revoca dell’amministratore di società a responsabilità limitata, quand’anche adottata in assenza di giusta causa, è da ritenersi in ogni caso valida, fermo restando il diritto dell’amministratore ingiustamente revocato di ottenere il risarcimento dei danni eventualmente patiti.  [ Continua ]
9 Maggio 2023

Sulla validità degli atti posti in essere dall’amministratore invalidamente nominato in caso di annullamento della delibera di nomina

Gli atti compiuti dagli amministratori illegittimamente nominati sopravvivono anche all’eventuale annullamento della nomina stessa, dovendo la regola della retroattività giuridica della sentenza di annullamento di una delibera essere necessariamente temperata dalla limitata possibilità di ripristinazione della situazione giuridica preesistente in senso materiale. Dunque, la retroattività degli effetti delle sentenze di annullamento non è assoluta, ma incontra dei limiti, anche al fine di garantire la certezza dei rapporti medio tempore sorti. Con specifico riferimento al tema della legittimità degli atti posti in essere in esecuzione di delibera assembleare annullabile, cui attiene l’istituto della sospensione ai sensi dell’art. 2378 c.c., deve ritenersi che la sospensione dell’esecuzione della deliberazione, disposta dal giudice, rende illegittimi gli atti di esecuzione che vengano ciononostante posti in essere. Al contrario, la mancanza di un provvedimento di sospensione comporta la legittimità degli atti esecutivi, ancorché relativi a una delibera annullabile, e tale legittimità resiste al sopravvenire dell’annullamento, non travolgendo gli atti di gestione posti in essere medio tempore. Ciò non comporta che i singoli atti, aventi contenuto negoziale, non possano essere rimossi su iniziativa dalla società, ma ciò è possibile, atto per atto, se ricorrano i presupposti dell’art. 2475 ter c.c., ossia l’ipotesi della conclusione di contratti da parte di amministratore in conflitto di interessi con la società. L’annullabilità di una delibera di aumento del capitale sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 2378, co. 3, c.c., non incide – ancorché ne possa derivare una modifica della composizione della maggioranza allorquando non sia stata seguita dall’integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci – sulla validità delle successive deliberazioni adottate con la nuova maggioranza, poiché l’omessa adozione del provvedimento di sospensione rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione, resistendo, peraltro, tale legittimità anche al sopravvenire del suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio retroattiva, è pur sempre regolata dalla legge ed operante nei soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali. [ Continua ]
18 Aprile 2023

Simulazione e invalidità della scissione, azione revocatoria

Alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 2504-quater e 2506-ter, co. 5 c.c., deve ritenersi preclusa in radice qualsivoglia statuizione che implichi la caducazione degli effetti dell’operazione straordinaria di scissione, ivi compresa l’asserita simulazione del negozio, posto che l’eventuale esito vittorioso determinerebbe – diversamente dall’azione revocatoria, che in caso di accoglimento ne comporterebbe soltanto l’inefficacia – una profonda e irreversibile modificazione degli assetti societari, in spregio alle esigenze di certezza e stabilità cui tende il disposto dell’art. 2504-quater c.c., richiamato dall’art. 2506-ter c.c. Trattasi di disposizione che, in quanto posta a garanzia della certezza e della stabilità dell’operazione straordinaria, anche e soprattutto nell’interesse dei terzi, non è suscettibile di deroga pattizia. Di contro, l'azione revocatoria dell'atto di scissione societaria deve ritenersi sempre esperibile, in quanto mira a ottenere l'inefficacia relativa dell'atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali prevista dall'art. 2503 c.c., finalizzata, viceversa, a farne valere l'invalidità. [ Continua ]

Diritto di ispezione, informazione e controllo dei soci amministratori di s.r.l.

La circostanza che la norma di cui all'art. 2476, co. 2, c.c. attribuisca espressamente al socio non amministratore di s.r.l. il diritto di ispezione e di accesso alle informazioni sullo svolgimento degli affari sociali, funzionale al controllo sull'attività gestoria, non esclude che analogo diritto spetti anche al socio amministratore. Si tratta tuttavia di diritti e poteri che, in tale ultimo caso, trovano la loro ragion d'essere non tanto nell'assunzione della veste di socio, quanto piuttosto nella stessa titolarità della carica gestoria, in forza della quale al socio che sia amministratore competono diritti e doveri di informazione correlati al dovere di agire informato e di vigilare sull'operato degli altri amministratori. Al fine di ottenere la tutela giurisdizionale, il socio che sia anche amministratore non può limitarsi ad affermare di voler esercitare il proprio diritto di ispezione, ma deve anche allegare e provare che tale diritto, il quale gli viene attribuito direttamente dalla titolarità della carica e non dovrebbe nemmeno richiedere l'intermediazione della società per il suo esercizio, sia stato leso e gli sia concretamente precluso. [ Continua ]
16 Marzo 2023

Sull’invalidità della scissione

Il disposto dell’art. 2504-quater, comma 1, c.c., richiamato con riferimento alle operazioni di scissione dall’art. 2506-ter, comma 5 c.c. - a mente del quale: “eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione a norma del secondo comma dell’art. 2504, l’invalidità dell’atto di fusione non può più essere pronunciata”, restando salva unicamente la possibilità per i soci o i terzi danneggiati dall’operazione di ottenere una tutela risarcitoria - impone che, una volta adempiuta l’iscrizione dell’operazione straordinaria nel registro delle imprese, qualsivoglia rimedio diretto a invalidare l’operazione medesima è precluso. L’unico spazio di manovra per i soggetti che si ritengono lesi dall’operazione è compreso, dunque, tra l’assunzione della delibera con cui è stata approvata la fusione o la scissione e l’ultimo adempimento degli oneri di pubblicità; successivamente a tale momento, ai soci o ai terzi che si assumono danneggiati dall’operazione medesima non resta che il diritto al risarcimento dei danni. Tale meccanismo risponde a chiare esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi e di certezza dei traffici giuridici e non soggiace ad eccezioni di sorta. L’iscrizione nel registro delle imprese della scissione costituisce, dunque, una preclusione di carattere assoluto, rendendo inattaccabile l’operazione iscritta. [ Continua ]
15 Gennaio 2023

Compensi degli amministratori di s.p.a. investiti di particolari cariche e prescrizione del relativo diritto

La disposizione dell'art. 2389, primo comma, cod. civ., nella parte in cui dispone che il compenso dei componenti dell'organo di amministrazione di una S.p.a. è stabilito dallo statuto ovvero dall'assemblea, ha natura imperativa e inderogabile da parte dell'autonomia privata. Non ha, quindi, alcuna efficacia l'eventuale esistenza di accordi interni tra amministratori e soci che non siano stati sottoposti a una deliberazione assembleare, né  l'organo amministrativo ha facoltà di autodeterminare il proprio compenso. La deroga contenuta nel successivo terzo comma dell'art. 2389 cod. civ., a norma del quale la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale e, se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche, impone in ogni caso all'organo amministrativo la necessità di rispettare i limiti inderogabili dettati dalla legge e dallo statuto in materia, non potendosi per tale via eludere la disciplina che attribuisce inderogabilmente all'assemblea o allo statuto il potere di determinare il compenso degli amministratori. In particolare, qualora lo statuto preveda che l'assemblea determini un ammontare complessivo per la remunerazione dei compensi degli amministratori, compresi quelli che esercitano particolari cariche, l'organo amministrativo non potrà deliberare compensi ulteriori. La prescrizione quinquennale di cui all'art. 2949, primo comma, cod. civ. opera con riguardo ai diritti che scaturiscono dal rapporto societario, e cioè dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell'organizzazione sociale in dipendenza diretta del contratto di società o che derivano dalle situazioni determinate dallo svolgimento della vita in società. E', quindi,  assoggettato a tale termine breve anche il diritto dell'amministratore a percepire il compenso che scaturisce dal rapporto societario che costituisce la fonte del suo incarico.   [ Continua ]
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LIQUIDAZIONE E CANCELLAZIONE DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI

Biblioteca di Castel Capuano

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16 giugno 2023 – h.10.30/18:00