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Tribunale di Venezia


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10 Gennaio 2023

Banca popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle cooperative

L’art 2358 c.c. è applicabile anche alle società cooperative per azioni. La disposizione normativa in esame prevede che l’operazione di assistenza finanziaria debba essere preventivamente autorizzata dall’assemblea straordinaria dovendo essa essere illustrata nella relazione accompagnatoria degli amministratori indicante le relative condizioni, quali il prezzo delle azioni, l’interesse praticato, la valutazione del merito creditizio dell’acquirente, nonché indicante la convenienza rispetto alle ragioni, agli obiettivi imprenditoriali, ai rischi che essa comporta per la solvibilità e la liquidità della società, dovendo il verbale dell’assemblea e la relazione degli amministratori essere iscritti nel registro delle imprese. Da detta disciplina emerge che l’interesse preminente tutelato dal legislatore è quello della società e dei creditori all’integrità del capitale sociale, interesse rilevante anche per le società cooperative per azioni.

La violazione dell’art. 2358 c.c., che prevede obblighi comportamentali aventi come destinatari gli organi sociali, produce effetti non solo in ambito endosocietario, ma determina anche la nullità negoziale nel rapporto tra banca e cliente solo laddove ricorra un collegamento tra negozi volto al perseguimento di quello specifico comune interesse costituito dall’acquisto finanziato dalla banca delle azioni proprie della stessa con ciò integrandosi sul piano negoziale la violazione della norma imperativa comportante nullità negoziale. È necessaria la prova che l’assetto di interessi perseguito dai contraenti con i negozi collegati sia quello di conseguire gli acquisti finanziati vietati dalla normativa imperativa, non essendo sufficiente che il cliente, una volta ottenuto un finanziamento, abbia deciso, in autonomia e senza averlo preventivamente concordato, l’impiego della somma per l’acquisto delle azioni.

Affinché ricorra il collegamento negoziale, sono necessari sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur manifestato in forma non espressa, di volere, non solo l’effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale.

9 Gennaio 2023

Doveri e responsabilità dell’amministratore unico di s.r.l.

L’amministratore di s.r.l. non solo può, ma deve amministrare la società secondo professionalità e diligenza e risponde delle conseguenze del suo eventuale disinteressamento, quale deve qualificarsi la delega totale della gestione a terzi.

5 Gennaio 2023

Responsabilità di amministratori e liquidatori per inadempimenti fiscali

Gli amministratori rispondono degli importi di sanzioni, aggi, spese e interessi sulle imposte non versate negli anni della loro carica qualora ne abbiano trascurato il pagamento a favore di fornitori ed altri creditori, ignorando la natura privilegiata del credito tributario e proseguendo l’attività sociale a spese dell’erario.

Quando la società è in liquidazione, un siffatto mancato pagamento di imposte non può essere ascritto a illecito dei liquidatori se, alla data della messa in liquidazione, il patrimonio era perduto e la società era in passivo, poiché, salva la allegazione di storno di risorse a pagamenti di creditori non privilegiati o di grado inferiore, deve presumersi la inesistenza di risorse necessarie a soddisfare il debito fiscale.

5 Gennaio 2023

La postergazione non si applica ai finanziamenti effettuati dall’amministratore di fatto

La postergazione dell’art. 2467 c.c., estendendosi per effetto dell’art. 2497 quinquies c.c., colpisce i finanziamenti fatti ad una società da altri soggetti anch’essi sottoposti alla medesima attività di direzione e coordinamento e, quindi, eseguiti da altre società del medesimo gruppo. Pertanto, premesso che l’art. 2497, co. 1, c.c. indica in generale i soggetti esercenti attività di direzione e coordinamento solo come “le società o gli enti”, non è possibile, attraverso l’art. 2497 quinquies c.c., fare entrare fra di essi gli amministratori, formali o di fatto, della medesima società.

L’applicazione del criterio dei netti patrimoniali richiede che, individuato il momento della perdita di patrimonio, si proceda a redigere un bilancio in ottica liquidatoria (criteri dell’OIC 5 o omologhi IAS se applicabili) riferito a tale momento e si confronti il netto patrimoniale di detto bilancio con l’altro, sempre redatto secondo i medesimi criteri, riferito alla data del fallimento o a quella precedente in cui l’organo gestorio abbia iniziato a condursi secondo il criterio della mera conservazione dei valori sociali.

L’esplorazione dei bilanci alla luce del criterio della differenza dei patrimoni netti, che tenga anche conto dei costi che la società avrebbe comunque dovuto sostenere durante la fase liquidazione, in cui avrebbe dovuto entrare alla data di perdita del capitale, è difficilmente compatibile con le caratteristiche del giudizio cautelare.

5 Gennaio 2023

Il corretto esercizio del diritto di controllo del singolo socio di s.r.l. e la cessazione della materia del contendere per avvenuta consegna dei documenti

Il diritto ex art. 2476, co. 2, c.c. alla consultazione/ispezione dei libri sociali e dei documenti relativi all’amministrazione configura un diritto incondizionato riservato al socio che non riveste la carica di amministratore, diritto diretto a consentire a detta tipologia di soci l’ispezione sociale e il controllo sulla gestione degli amministratori. Rispetto al diritto de quo, che spetta a qualsivoglia socio non amministratore a prescindere dalla entità della sua quota, opera il solo limite generale del divieto di abusare del medesimo non potendo, appunto, il suo esercizio esser connotato da abusività e/o malafede, sussistendo l’obbligo del socio di attenersi ai canoni generali di buona fede e correttezza.

Detto diritto può essere esercitato non solo in funzione degli interessi della società, ma anche in funzione dell’interesse individuale del socio, propedeutico alla tutela della vasta gamma dei diritti del socio medesimo. Non è necessario che il socio non amministratore esprima il motivo per cui le potestà ispettive e di controllo vengono esercitate, sempre che esse non siano connotate in termini di abusività o malafede.

Il diritto ex art 2476, co. 2, c.c. alla consultazione dei libri sociali e dei documenti relativi all’amministrazione comporta anche il diritto in capo al socio di estrarre copia, a sue spese.

Ciò che legittima il socio all’esercizio di detto diritto è che egli non rivesta, al momento della proposizione del ricorso, la carica di amministratore, non essendo ostativo all’esercizio del suddetto diritto il fatto che egli abbia esercitato in passato la suddetta carica.

Deve ritenersi infondata la richiesta avanzata dal socio di ottenere, ex art. 2476, co. 2, c.c., campionari dei prodotti realizzati dalla società, trattandosi di richiesta che non riguarda né i libri sociali, né i documenti relativi all’amministrazione.

La consegna della documentazione richiesta dal socio ex art. 2476, co. 2, c.c. a seguito dell’instaurazione del relativo giudizio determina il venir meno dell’interesse ad agire. Il giudice è comunque tenuto a pronunciarsi sulla fondatezza della richiesta avanzata dal socio al fine di regolare le spese di lite secondo il principio della c.d. soccombenza virtuale.

22 Dicembre 2022

L’azione di responsabilità contro gli amministratori di fatto esercitata dal socio o dal terzo

L’art. 2395 cc delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi che si fonda sul presupposto di un pregiudizio arrecato direttamente al patrimonio del singolo senza che da ciò derivi un danno per la società: infatti, l’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale (art. 2393 cc) ed a quella dei creditori sociali (art. 2394 cc) è rappresentato dall’incidenza diretta del danno sul patrimonio del socio o del terzo: mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide solo indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori, e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società, l’azione individuale in argomento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (nel caso di specie, la sottrazione non giustificata  da parte dell’amministratore alla società debitrice di risorse finanziarie necessarie per adempiere ad un mutuo della società aveva contribuito a porre la stessa in condizione di subire l’iniziativa espropriativa della banca mutuante e la conseguenza di tale azione è stata sopportata anche dal terzo assegnatario degli immobili costruiti dalla società, impendendosi la stipula degli atti di assegnazione entro il termine previsto contrattualmente).

L’interlocuzione sistematica con le banche e con gli altri soci, figurando nella veste di rappresentante della società, così come l’intervento continuo nella gestione dell’impresa, impartendo istruzioni rilevanti per il perseguimento dell’oggetto sociale, costituiscono prove sufficienti dello svolgimento dell’attività di amministratore di fatto il quale richiede lo svolgimento di funzioni gestorie con carattere di sistematicità e completezza tali da concretarsi nell’impartire direttive rilevati anche per le scelte operative della società.

 

21 Dicembre 2022

Effetto sanante della pubblicità della trasformazione e tutela cautelare

L’art. 2500 bis, co. 1,  c.c.  impedisce la pronuncia della invalidità della trasformazione societaria dopo che è intervenuta la pubblicità nel Registro delle Imprese. La norma, essendo volta a dare certezza al traffico giuridico, è applicabile alla trasformazione concernente una società di persone sorta ante riforma.

È ammissibile il ricorso cautelare avente ad oggetto l’inibitoria della pubblicazione dell’atto di trasformazione, in quanto servente una pronuncia di accertamento; infatti, tale inibitoria permettere la trattazione e decisione della domanda di merito e, pertanto, appare strettamente funzionale alla salvaguardia degli effetti della pronuncia. Diversamente, la sospensione dell’atto di trasformazione è un intervento giudiziale che, pure essendo, per la sua natura, latamente cautelare (al pari della sospensiva delle delibere assembleari), non è previsto dalla legge (a differenza di quanto accade appunto per la sospensiva delle delibere assembleari di società). In assenza di una disciplina che espressamente abiliti il giudice a sospendere ex post un qualunque atto, o, meglio, la sua produttività di effetti, non è ammissibile la domanda cautelare volta ad ottenere la sospensione dell’atto di trasformazione.

Nel caso in cui il divieto di pubblicazione sia accolto inaudita altera parte, il decreto cautelare non sia poi ottemperato, e la pubblicità quindi sia avvenuta, l’inibitoria perde la sua utilità e non è confermabile, essendo sopravvenuto l’effetto sanante di cui all’art. 2500 bis c.c. D’altro canto, un’ulteriore domanda cautelare di cancellazione della trascrizione, che si volesse ottenere quale effetto della illegittimità dell’atto di trasformazione, materia estranea all’esame del Conservatore e quindi del Giudice del Registro, non può comunque essere ordinata, anche se si potesse predicare la invalidità dell’atto iscritto: quali che siano i percorsi attraverso i quali si perviene alla pubblicità, essa produce infatti un effetto irredimibile delineato dall’art. 2500 bis c.c., nell’interesse della certezza delle situazioni giuridiche verso i terzi. La norma esprime una scelta legislativa incondizionata, non intaccabile da pronuncia giudiziale. Invero, anche nei casi nei quali un atto soggetto a pubblicità sia illegittimo, l’accertamento della sua illegittimità non comporta la possibilità di ottenere anche la cancellazione della sua pubblicazione, una volta che essa sia avvenuta; ma, semmai, nei casi previsti dalla legge, la iscrizione di atti o provvedimenti successivi che inficino o revochino l’atto già pubblicato.

16 Dicembre 2022

Il criterio di liquidazione del danno della differenza dei netti patrimoniali

Il criterio della c.d. differenza dei netti patrimoniali è stato codificato nella più recente riforma dell’art. 2486 c.c. quale regola presuntiva, ma esso era già conosciuto e ritenuto adeguato in giurisprudenza per misurare il danno derivante dalla mancata conversione dell’attività a mera gestione conservativa, pur a seguito di perdite rilevanti del capitale sociale, in quelle situazioni in cui la prosecuzione dell’attività non sia avvenuta mediante singoli e bene individuabili atti, ma nella miriade delle operazioni caratteristiche della continuità aziendale, eventualmente anche di effetto utile e magari anche recuperatorie di valori. Il criterio permette di percepire e paragonare l’effetto complessivo della gestione indebita, in quanto non meramente conservativa, alla fine del periodo di osservazione, quando tale gestione indebita cessa, rispetto al momento in cui essa avrebbe dovuto cessare, tenendo conto anche dei costi che sarebbero comunque gravati sulla società durante un congruo periodo di liquidazione.

Il termine prescrizionale dell’azione sociale non decorre se non dalla cessazione del rapporto di amministrazione, ai sensi degli artt. 2941, n. 7, e 2393 c.c. L’azione di cui all’art. 2394 c.c. vede, invece, decorrere la prescrizione dalla data in cui si rende palese al ceto creditorio la insufficienza patrimoniale della società.