30 Novembre 2021

Principi sostanziali e processuali in materia di responsabilità di amministratori e sindaci

Il potere-dovere di controllo dei sindaci non è limitato alla sola verifica del rispetto della legge e dello statuto, ma si estende alla valutazione dei principi di corretta amministrazione, compresa la verifica che il procedimento decisionale che ha determinato l’organo amministrativo nella scelta di gestione sia completo e corredato di tutte le informazioni del caso concernenti i potenziali rischi nel contesto della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. Inoltre, il dovere di vigilanza e controllo dei sindaci, pur non potendo travalicare sulla opportunità e la convenienza delle scelte gestionali, il cui apprezzamento è riservato agli amministratori, si estende alla legittimità sostanziale dell’attività sociale.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.

Affinché si configuri la violazione del dovere di vigilanza da parte dell’organo di controllo, non è necessaria l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, eventualmente anche mediante la denuncia al tribunale di cui all’art. 2409 c.c.

Il vincolo solidale ex art. 2055 c.c. tra sindaci e amministratori trova il proprio presupposto nell’unicità dell’evento dannoso, ancorché determinato dall’azione/omissione di più soggetti e indipendentemente dalla colpa (intesa come apporto causale) di ciascun partecipe, la quale rileva unicamente nei rapporti interni per l’eventuale regresso. Infatti, il diverso rilievo causale di quanti (sindaci ed amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno, inteso come insufficienza patrimoniale della società, assume rilievo nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso) e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato.

Per dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto che abbia eterodiretto altre società, abusando del proprio potere direzionale e di controllo, non è sufficiente la prova della sussistenza di un operare concertato e finalizzato, né della circostanza che i componenti di una stessa famiglia si siano alternati nei ruoli gestori in più società, connotazioni di per sé non anomale in un contesto di gruppo societario di fatto.

È improduttiva di effetti giuridici, perché tardiva, la costituzione in giudizio del convenuto che, a seguito di interruzione del processo e successiva riassunzione, si sia costituito con il deposito della comparsa conclusionale: con la rimessione della causa al collegio ex art. 190 c.p.c. solo le parti già ritualmente costituite possono interloquire con gli scritti conclusivi e non sono ammissibili ulteriori attività processuali; ne consegue che, espletate le attività ex art. 190 c.p.c., la parte contumace non può più costituirsi in giudizio e l’eventuale costituzione nei termini assegnati per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche va dichiarata inammissibile, con conseguente preclusione dell’esame dell’atto eventualmente depositato.

25 Novembre 2021

Recesso del socio di s.r.l. ed effetti della successiva delibera di scioglimento

Per espressa previsione dell’art. 2473, co. 5, c.c., il recesso del socio è privo di efficacia se viene deliberato lo scioglimento della società. Pertanto, il socio è legittimato ad esercitare tutti i diritti connessi allo status soci, compreso quello alla consultazione, previa consegna, degli atti e della documentazione sociale. Il socio, infatti, conserva il pieno diritto di consultare i libri sociali e la documentazione relativa all’amministrazione, come riconosciuto dall’art. 2476, co. 2, c.c.

25 Novembre 2021

Responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali e concorso del terzo non amministratore

L’azione ex art. 2394 c.c. e l’azione ex art. 2476, co. 6 c.c. pongono in capo agli amministratori una specifica obbligazione anche verso i creditori sociali finalizzata alla conservazione della garanzia patrimoniale della società ex art. 2740 c.c. L’azione è diretta, autonoma e genera in capo all’amministratore una responsabilità assimilabile a quella contrattuale in quanto fondata sullo specifico rapporto stabilito dalla legge tra i doveri degli amministratori e il diritto dei creditori sociali.

L’art. 2394-bis c.c. stabilisce, esprimendo un principio generale che vale anche per la parallela azione ex art. 2476, co. 6 c.c., che in caso di fallimento della società debitrice l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore spetta al curatore. Si tratta di legittimazione del curatore attribuita ex lege, posto che l’azione non è di quelle di cui era titolare la società e nelle quali invece subentra ex art. 43 l.fall. il curatore, ed esclusiva, tanto da privarne i creditori sociali, fino a che pende la procedura concorsuale e ciò anche se la curatela resta inattiva. L’art. 2394-bis c.c. assegna all’azione una finalità recuperatoria del patrimonio della fallita nell’interesse indistinto di tutti i creditori che ne consente la qualificazione come azione della massa, a tutela della par condicio creditorum.

Nell’illecito proprio dell’amministratore descritto dall’art. 2394 c.c. può concorrere anche il terzo che amministratore non sia. Poiché il danno al creditore è derivativo del danno al patrimonio della società, il curatore è legittimato verso il terzo, concorrente nell’illecito con l’amministratore, ex art. 43 l.fall. come successore del fallito nell’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. In caso di intervenuto fallimento al terzo e al creditore sociale residua la legittimazione all’azione ex art. 2476, co. 7 c.c. ed ex art. 2043 c.c. verso il terzo per il risarcimento dei danni che devono però porsi come direttamente cagionati al loro patrimonio dalla condotta di mala gestio dell’amministratore ed eventualmente di terzi concorrenti.

18 Novembre 2021

Impugnazione di delibera di approvazione del bilancio ed interesse ad agire

Le disposizioni dirette a garantire la veridicità, la chiarezza e la precisione del bilancio sono inderogabili e la loro violazione determina una reazione dell’ordinamento che prescinde dalla condotta delle parti, sicché la delibera di approvazione di un bilancio non conforme alla legge è nulla (cfr. Cass., ord. 13031/2014).  

Sotto il profilo processuale, simmetricamente, l’interesse del socio ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio deve valutarsi alla stregua della prospettazione della parte, la quale ben può limitarsi a lamentare la mancanza di una corretta informazione – secondo le prescrizioni di legge – sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente (cfr. Cass., ord. 21238/2021).   

 

18 Novembre 2021

Azioni esercitate dal creditore ex art. 2394 e 2395 c.c. in pendenza di fallimento

E’ inammissibile la domanda proposta dal creditore sociale ai sensi dell’art. 2394 c.c. nei confronti dell’ex amministratore di una società a responsabilità limitata a seguito dell’intervenuto fallimento della stessa. Ciò in quanto l’art. 2394 bis c.c. trova applicazione anche in tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata. E’ infatti il curatore, ai sensi dell’art. 146 l. fall., ad essere legittimato ad esperire l’azione dei creditori sociali, pure in mancanza di un espresso richiamo all’art. 2394 c.c. previsto per le sole società per azioni ma applicabile in via analogica: accedendo ad una diversa tesi si creerebbe infatti una disparità di trattamento ingiustificata tra i creditori della società azionaria e quelli della s.r.l., tenuto conto che dopo la novella dell’art. 2476 c.c., introdotta dall’art. 378 del d.lgs. n. 14 del 2019, anche nella società a responsabilità limitata è ora espressamente ammessa l’azione dei creditori sociali (Cass. 23452/2019).

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non è sufficiente per predicare la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente attraverso il rimedio di cui all’art. 2395 c.c., presupponendo infatti l’azione in parola la lesione di un diritto patrimoniale del socio o del terzo che non sia mera conseguenza -indiretta- del depauperamento del patrimonio sociale. Tale ultima ipotesi è rinvenibile, ad esempio, laddove -in violazione dei principi di cui agli artt. 1337 e 1375 c.c.- vengano assunte obbligazioni che la società sin dall’inizio non avrebbe potuto assolvere (nella specie il Tribunale ha accolto la domanda del creditore di canoni locatizi, accertando che il debitore, poi fallito, aveva fin dal momento della conclusione del contratto sottaciuto la situazione di dissesto).

18 Novembre 2021

Legittimazione dell’amministratore a impugnare la delibera consiliare invalida e delegabilità del potere gestorio nel CdA

L’art. 2388 cc, che disciplina per le spa i casi di invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione, deve ritenersi applicabile in via analogica anche alle srl, in applicazione di un principio generale di sindacabilità -a iniziativa degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero dei soci i cui interessi siano stati direttamente incisi- delle decisioni dell’organo amministrativo di società di capitali contrarie alla legge o allo statuto.

E’ sussistente l’interesse all’impugnazione in capo all’amministratore assente o dissenziente per far valere l’invalidità di una delibera del CdA contraria alla legge o allo statuto anche solo per evitare che l’eventuale delibera, in difetto di suo annullamento, risulti comunque idonea a produrre effetti nell’ambito endo-societario quale precedente organizzativo passibile, ove non rimosso, di rappresentare un modello per future deliberazioni, con conseguente interesse del componente del Cda a richiederne l’accertamento di invalidità con forza di giudicato e il conseguente annullamento, onde evitare il riprodursi di vicende gestorie a suo dire in contrasto con le regole statutarie.

Nel quadro normativo di riferimento, la delegabilità dei poteri del CdA non è affatto la regola ma solo una delle possibili scelte statutarie o assembleari: secondo il disposto dell’art.2381 cc secondo comma, infatti, il CdA “può” delegare le proprie attribuzioni a un suo componente “se lo statuto o l’assemblea lo consentono”,
con la conseguenza che il funzionamento interamente collegiale dell’organo gestorio, lungi dall’essere di per sé assurdo e prodromico a una sicura paralisi dell’ente, rappresenta normativamente una modalità di organizzazione del tutto fisiologica la cui scelta è rimessa allo statuto o all’assemblea, in definitiva dunque ai soci. [Nel caso di specie il Tribunale di Milano ha annullato la delibera del CdA che conferiva poteri ad un consigliere senza la previa autorizzazione assembleare prevista statutariamente per tale delega].

16 Novembre 2021

Azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall.

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. – con conseguente possibilità per il curatore di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (artt. 2393 comma 4, 2941 n. 7, 2949 e 2394 comma 2 c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) – ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

15 Novembre 2021

Azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare ed eventuale concorso dell’amministratore di fatto

Nel contesto dell’azione di responsabilità promossa dal curatore ex art. 146 l.f., sussiste una presunzione iuris tantum di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale ex art. 2394 c.c. dalla dichiarazione di fallimento, spettando all’amministratore convenuto dare la prova contraria della diversa data anteriore d’insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale. La prova di tale insorgenza deve pur sempre avere ad oggetto fatti sintomatici di assoluta evidenza.

La figura dell’amministratore di fatto ricorre per la sola circostanza dello stabile esercizio di funzioni gestorie, non soltanto quando la nomina alla carica amministrativa risulti irregolare, ma anche in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società. Per essere rilevanti, le attività gestorie (svolte concretamente) devono presentare carattere sistematico e non si devono esaurire soltanto nel compimento di singoli atti di natura eterogenea ed occasionale.

Qualora una società di capitali subisca, per effetto dell’illecito commesso da un terzo, un danno, ancorché tale danno possa incidere negativamente sui diritti attribuiti al socio dalla partecipazione sociale, nonché sulla consistenza di questa, il diritto al risarcimento compete solo alla società e non già anche a ciascuno dei soci, in quanto l’illecito colpisce direttamente la società e il suo patrimonio e obbliga il responsabile a risarcirne il danno, costituendo l’incidenza negativa sui diritti del socio nascenti dalla partecipazione sociale un effetto indiretto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’illecito.

13 Novembre 2021

L’efficacia probatoria del documento contabile nell’azione di responsabilità contro gli amministratori

Il documento contabile non sottoscritto dagli amministratori e formato successivamente alla dichiarazione di fallimento non spiega alcuna efficacia probatoria nei confronti degli ex amministratori convenuti nel giudizio di responsabilità promosso dal curatore fallimentare.

10 Novembre 2021

Principi in tema di abbandono della domanda, responsabilità dell’amministratore, efficacia probatoria delle scritture contabili

Se, dalla valutazione complessiva del comportamento processuale di parte attrice, deve desumersi la rinuncia tacita alla domanda proposta nei confronti di parte convenuta, derivandosi la chiara – ancorché implicita – volontà di abbandonare la domanda stessa, si deve ritenere che l’abbandono della domanda equivale a rinuncia dell’azione che, diversamente dalla rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’accettazione della controparte né l’adozione di particolari formalità, se non (nell’ipotesi di rinuncia integrale alla pretesa azionata nei confronti del convenuto) il rilascio al difensore di un mandato che gli consenta anche di disporre del diritto sostanziale.

La responsabilità dell’amministratore nei confronti della società fallita ha natura indiscutibilmente contrattuale e, quindi, una volta delineata dal Curatore la violazione, da parte del convenuto, dell’obbligo fondamentale della destinazione all’impiego sociale delle risorse derivanti dall’attività di impresa mediante prelievi ingiustificati analiticamente indicati, è onere dell’amministratore dimostrare di aver esattamente adempiuto al suo mandato, provando la destinazione specifica di ciascun prelievo.

Le scritture contabili redatte dall’organo amministrativo, ivi compresi i c.d. “mastrini” che raccolgono le annotazioni dei singoli conti corrispondenti ai diversi rapporti intrattenuti dalla società, fanno prova contro l’amministratore per il semplice fatto che ne è l’autore e che è gravato dall’obbligo specifico della loro esatta e corretta tenuta; costituiscono efficaci elementi di prova, quindi, non solo le annotazioni contabili a lui sfavorevoli ma anche le eventuali “omissioni” o erronee appostazioni, che, comunque, si traducono nella violazione dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili.