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Art. 2260 c.c.
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4 Settembre 2023

Azione individuale del socio di società di persone nei confronti dell’amministratore per danni diretti

In tema di società di persone, accanto all’azione di responsabilità contro i propri amministratori promossa dalla società ex art. 2260 c.c., è ammissibile la proposizione di un’azione individuale di responsabilità nei confronti dell’organo gestorio da parte dei singoli soci per danni arrecati in via diretta e immediata al loro patrimonio: e ciò in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c. rispetto a condotte colpose o dolose degli amministratori. In particolare, è esperibile l’azione contro l’amministratore che si appropria degli utili.

17 Maggio 2023

La responsabilità dell’amministratore di s.a.s.

La disciplina della società di persone, richiamata per le società in accomandita attraverso il rinvio dell’art. 2315 c.c., prevede all’art. 2260 comma 2 c.c. solo l’azione di responsabilità sociale, esperibile dalla società nei confronti degli amministratori per ottenere il risarcimento del danno arrecato al patrimonio sociale dall’inadempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. In coerenza con la mancanza di autonomia patrimoniale perfetta delle società di persone e con il regime generale di responsabilità personale dei soci per i debiti sociali non è, invece, prevista l’azione dei creditori sociali nei confronti degli amministratori, che sono di norma anche soci illimitatamente responsabili, già esposti direttamente con il loro patrimonio nei confronti dei creditori sociali. Né è possibile l’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c., norma di carattere speciale che, in deroga ai principi generali della responsabilità aquiliana, consente ai creditori, nel contesto di limitazione al patrimonio sociale della responsabilità per i debiti sociali delle società di capitali, di ottenere il risarcimento del danno subito per effetto dell’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le loro pretese che solo indirettamente lambisce la loro sfera giuridica.

L’unica azione che può coesistere con l’azione di responsabilità sociale nelle società di persone è l’azione individuale del socio o del terzo direttamente danneggiati dal comportamento illegittimo del socio amministratore che, in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c. fondato sul principio generale del neminem laedere dell’art. 2043 c.c., esige, però, la deduzione e prova di un pregiudizio che non sia il mero riflesso del danno subito dal patrimonio sociale. L’esercizio dell’azione individuale del terzo danneggiato non è, quindi, esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.

Una volta che la società abbia analiticamente individuato i prelievi e pagamenti privi di giustificazione in relazione all’attività sociale grava sull’amministratore, equiparato nella società di persone al mandatario e quindi legato all’ente da rapporto contrattuale, l’onere di fornire la prova liberatoria dalla responsabilità per l’inadempimento degli obblighi derivanti dalla carica, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dimostrando attraverso le scritture contabili giustificative o con altra adeguata evidenza probatoria che il denaro sociale oggetto dei prelievi e pagamenti contestati era stato impiegato per saldare debiti della società o sostenere i costi dell’attività di impresa.

La configurabilità del ruolo dell’amministratore di fatto nella s.a.s. prescinde dalla soluzione della dibattuta questione della possibilità che un terzo estraneo alla compagine sociale assuma formalmente il ruolo di amministratore che l’art. 2318, co. 2, c.c. riserva esclusivamente ai soci accomandatari illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte nella gestione sociale, ma che l’art. 2323, co. 2, c.c. permette sia svolto da un amministratore provvisorio ove siano rimasti solo soci accomandanti, così slegando l’esercizio dei poteri gestori dalla responsabilità personale del socio.  Il soggetto estraneo alla compagine sociale che in via di fatto si arroghi i poteri gestori spettanti al socio accomandatario amministratore è, infatti, senza alcun dubbio tenuto a rispondere nei confronti della società, dei soci e degli eventuali terzi danneggiati della gestione del patrimonio altrui compiuta in assenza di investitura formale, indipendentemente dal fatto che gli si riconosca o meno la possibilità di rivestire formalmente la carica in relazione alla struttura specifica della società amministrata.

La figura dell’amministratore di fatto presuppone l’esercizio di attività di gestione dell’impresa continuativa e sistematica con autonomia decisionale e funzioni operative esterne di rappresentanza di cui sono indici sintomatici l’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nei rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti attraverso il conferimento di deleghe o di ampie procure generali ad negotia in settori nevralgici dell’attività di impresa e la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria nell’inerzia costante e nell’assenza abituale dell’amministratore di diritto.

2 Agosto 2022

Applicazione dell’art. 146 l. fall. alle società di persone e dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità

L’art. 146 l. fall. va interpretato nel senso che il curatore può esperire tutte le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di qualsiasi società, anche di persone, dovendosi così ritenere ammissibili le domande promosse dalla curatela nei confronti di amministratori di s.n.c., individuando quale norma di riferimento l’art. 2260 c.c. in tema di responsabilità degli amministratori di società di persone per i danni dai medesimi arrecati alla società, espressamente richiamato dall’art. 2293 c.c.

In tema di prescrizione dell’azione di responsabilità, il termine di prescrizione quinquennale non può che iniziare a decorrere dalla cessazione della carica in virtù di quanto disposto dall’art. 2941, n. 7, c.c., a nulla rilevando che gli illeciti denunciati possano risalire anche ad epoca antecedente. Circa la sicura applicazione di detta disposizione alle società di persone, giova ricordare che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del predetto articolo nella parte in cui non prevede l’equiparazione tra tutte le società commerciali ai fini della sospensione della prescrizione per le azioni di responsabilità da parte della società nei confronti degli amministratori finché sono in carica.

8 Febbraio 2022

Accordo transattivo e liti pregresse relativi ai rapporti sociali

In un giudizio avente ad oggetto l’azione di responsabilità per condotte distrattive nei confronti dell’ex socio-amministratore di società agricola semplice, il perimetro dell’accordo transattivo – intervenuto precedentemente tra le parti – non si estende  per tabulas alla facoltà delle parti di agire o proseguire eventuali liti già intraprese sorrette da altre causae petendi diverse, relative ai rapporti sociali intercorsi nell’ambito dell’omonima società di famiglia.

21 Giugno 2021

Responsabilità dell’amministratore di snc per prelievi ed ammanchi di cassa e per utilizzo personale di beni sociali

E’ responsabile nei confronti della società l’amministratore di società in nome collettivo che abbia:
i. effettuato prelievi ingiustificati dai conti correnti;
ii. distratto corrispettivi relativi alla attività caratteristica non registrati o regolarizzati (e non scontrinati o fatturati);
iii. utilizzato beni sociali per fini personali. Tale condotta illegittima costituisce una forma di inadempimento ai propri obblighi ed ingenera una responsabilità in capo all’amministratore, il quale è tenuto a risarcire il danno cagionato.

Grava sulla società l’onere di dimostrare la sussistenza delle condotte illegittime, il nesso causale ed il danno cagionato (nel caso di specie i prelievi e l’indebito utilizzo di risorse sociali e di proventi e corrispettivi della attività non fatturati e contabilizzati); tuttavia, una volta allegati e/o dimostrati e non specificamente contestati i prelievi e gli ammanchi di cassa, spetta all’ex amministratore fornire la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c., dimostrando con evidenza contabile (o con adeguata prova costituenda) che il denaro sociale oggetto di tali prelievi e pagamenti fosse stato reimpiegato per spesare costi o saldare debiti della società.
In assenza di contestazione e di prova di ciò, l’ex amministratore deve restituire alla società le somme non reimmesse nelle casse sociali.

La mancata impugnazione della decisione di rimozione delle funzioni gestorie da parte del socio-amministratore di snc rende la cessazione dalla carica definitiva e le eventuali irregolarità ed illegittimità inopponibili alla società.

In una società di persone l’utile di esercizio realizzato e risultante da rendiconto non opposto è automaticamente distribuibile tra i soci, vantando in tal caso il socio un vero e proprio diritto di credito liquido ed esigibile; diritto non conculcabile neppure (a differenza che nelle società di capitali) per delibera maggioritaria (salvo che non sia l’atto costitutivo a prendere una diversa disciplina).

E’ nulla la clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo di una società di persone che, in difformità rispetto al dettato normativo di cui all’art. 34, co. 2 del d.lgs. n. 5/2003 ed anche se anteriore allo stesso, non attribuisca il potere di nomina degli arbitri ad un soggetto terzo, demandandone l’individuazione alle parti stesse.

4 Giugno 2021

Sulla revoca (anche cautelare e d’urgenza) dell’amministratore di società di persone

In una società di persone ciascun socio è legittimato a chiedere giudizialmente ai sensi dell’art. 2259, co. 3 c.c. la revoca dell’amministratore per giusta causa.

Tale provvedimento può essere richiesto e disposto, oltre che con la instaurazione di un giudizio di merito e con relativa sentenza, anche in via anticipata mediante la tutela cautelare in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c. (non sussistendo un rimedio cautelare tipico come, invece, per le società a responsabilità limitata), attesi, da un lato, la compatibilità della tutela con la futura decisione di merito e, dall’altro, la residualità della misura.

La “giusta causa” di cui all’art. 2259 co. 3 c.c. ai fini della revoca dell’amministratore di società di persone viene integrata da qualsiasi evento che determini la violazione degli obblighi propri dell’amministratore e incida negativamente sul carattere fiduciario del rapporto o, comunque, renda impossibile il naturale svolgimento del rapporto di gestione. In particolare, nella casistica di condotte elaborate dalla giurisprudenza ed integranti giusta causa di revoca del socio amministratore vi rientrano: (i) l’avvenuta rinegoziazione a condizioni meno vantaggiose di contratti di utilizzo e godimento dei cespiti produttivi; (ii) l’avere consentito a terzi di ingerirsi nella gestione, divenendo socio di fatto della società; (iii) la mancata comunicazione ai soci non amministratori dei rendiconti e dei bilanci annuali; (iv) la creazione di situazioni tali da nuocere alla prosecuzione della attività di impresa; (v) il tentativo del socio amministratore di provocare lo scioglimento della società prima della scadenza con mezzi artificiosi, ovvero di distrarre risorse reimpiegandole in attività estranee e diverse; (vi) ripetuti comportamenti gravemente inadempienti ai propri obblighi, tra i quali la mancata comunicazione dei bilanci e dei rendiconti della società al socio non amministratore, e l’impedimento frapposto a quest’ultimo ad accedere ai documenti essenziali per l’esercizio dei diritti di controllo sulla gestione sociale; (vii) ogni fatto costituente violazione di obblighi di lealtà, correttezza, e di diligenza da parte dell’amministratore, tale da incidere negativamente sul carattere fiduciario del rapporto ovvero da rendere impossibile l’assolvimento del mandato, anche se in considerazione di circostanze obiettive ed estranee alla persona del revocato. Tuttavia, perché la revoca cautelare del socio amministratore dalle funzioni gestorie possa essere pronunziata è necessario che sussista anche il requisito del periculum in mora (cioè il rischio che nelle more del giudizio di merito siano poste in essere nuove condotte pregiudizievoli o che si aggravino il pregiudizio e/o gli effetti di quelle pregresse): in assenza di ciò la revoca non potrà essere disposta, non essendo sufficiente la sussistenza di condotte illegittime e/o irregolari pregresse e non attuali.

La revoca per giusta causa dell’amministratore di società di persone determina unicamente la cessazione delle funzioni gestorie ma non comporta in capo al soggetto revocato anche la perdita della qualità di socio (cfr, ex multis, Cass. n. 15197/2001 e Trib. Milano, 9.11.15).

Le disposizioni di cui all’art. 2409 c.c. si applicano solo alle società di capitali (ancorché ora, ex art. 379 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, anche prive di organo di controllo) e non alle società di persone.

La presunzione di onerosità del mandato ad amministrare nelle società di persone

Qualora il contratto sociale non preveda regole particolari con riferimento all’attribuzione di compenso per l’amministrazione, all’attività del socio amministratore di società di persone si applica la presunzione di onerosità posta dall’art. 1709 c.c. in tema di mandato e, salva la prova di una sua pattizia esclusione, compete all’amministratore un compenso. Tale presunzione di onerosità del mandato ad amministrare può comunque essere vinta dimostrando che la società, in assenza di un’espressa disciplina statutaria, non ha mai remunerato i soci per le attività di amministrazione svolte.

29 Giugno 2020

Diritto all’emolumento dell’amministratore

Il diritto all’emolumento riconosciuto dall’assemblea all’amministratore è un diritto individuale che non è ritrattabile in corso d’opera da parte dell’assemblea ma che può venir meno o esser modificato solo con il consenso dell’amministratore a cui è destinato.

31 Luglio 2019

Liquidazione della quota sociale agli eredi del socio defunto di S.n.c. e risarcimento del danno. Nullità della clausola arbitrale.

Nelle S.n.c. a seguito del decesso di un socio non si verifica di per sé il subentro degli eredi del socio scomparso nella società ma l’evoluzione del rapporto è affidata all’iniziativa dei soci superstiti, i quali possono, alternativamente, liquidare la quota del socio defunto agli eredi ovvero sciogliere la società ovvero continuare la società con gli eredi ove questi acconsentano. Pertanto, laddove il socio superstite nulla abbia comunicato agli eredi del socio defunto riguardo ad una prosecuzione della società con i medesimi, questi ultimi non diventano soci della S.n.c. [ LEGGI TUTTO ]

Il liquidatore di s.n.c. in concordato può promuovere azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori per violazione dell’art. 2303 c.c.

Vanno indiscutibilmente riconosciuti l’autonomia del patrimonio della società in nome collettivo da quello dei soci e, conseguentemente, un preciso obbligo dei soci-amministratori, quali gestori di un patrimonio autonomo, di dare conto della attività svolta nella amministrazione della società. Da ciò deriva un interesse della società all’integrità del proprio patrimonio e, pertanto, laddove la stessa successivamente sia messa in liquidazione ed acceda a concordato preventivo, sussiste l’interesse del liquidatore ad agire a tutela di tale integrità, promuovendo azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori che abbiano effettuato dei prelievi di cassa nonostante la società avesse perduto il proprio capitale sociale, così violando il divieto di distribuire utili di cui all’art. 2303 c.c. Per promuovere detta azione, il liquidatore non necessita della preventiva autorizzazione dell’assemblea – organo, peraltro, non contemplato dal legislatore per le s.n.c. – ma della preventiva autorizzazione del giudice delegato, che svolge funzione vicariante rispetto alla delibera assembleare.