24 Novembre 2022

Sulla mancata appostazione di fondo rischi

La valutazione quanto al “rischio” di effettiva sussistenza di passività non ancora determinate al momento di chiusura dell’esercizio consiste (non nel rilievo di una vicenda gestoria oggettivamente già conclusa ma) nell’apprezzamento ex ante delle probabilità/possibilità di evoluzione di una situazione: la correttezza di tale apprezzamento – spettante in primis all’organo amministrativo quale redattore della bozza di bilancio e poi all’assemblea dei soci all’atto dell’approvazione del documento contabile – non è dunque ancorata a dati oggettivi, ma va rapportata ai canoni generali di prudenza e ragionevolezza che presiedono alla redazione del bilancio, la sola violazione dei quali può portare a far ritenere scorretta la valutazione e, conseguentemente, inficiato il bilancio da carenze quanto all’appostazione di fondo rischi e, quindi, contrastante anche con il principio di verità.

Legittimazione del terzo a impugnare il bilancio e responsabilità degli amministratori di s.r.l.

L’interesse del terzo creditore sociale all’impugnazione del bilancio per nullità non sussiste soltanto nel caso di stipulazione di un contratto per errore di fatto sulla situazione economica e finanziaria determinato da oscura o non veritiera rappresentazione della stessa nel bilancio. L’interesse ad agire in tal senso deve ravvisarsi ogniqualvolta dalla rettificazione del bilancio, conseguente all’accertamento della sua nullità, possano derivare conseguenze di rilievo sul piano giuridico. In particolare, ciò accade quando una corretta redazione del bilancio avrebbe generato la verificazione di una situazione di scioglimento della società, con conseguente applicazione della regola di cui al primo comma dell’art. 2486 c.c., in forza del quale gli amministratori conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale.

Non trova applicazione il disposto di cui all’art. 2434 bis, co. 1, c.c., a norma del quale le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio successivo, ove sia rilevabile d’ufficio da parte del giudice la nullità della deliberazione per illiceità dell’oggetto, tale dovendo ritenersi quella di approvazione di un bilancio non chiaro o non veritiero. Infatti, le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono inderogabili in quanto la loro violazione determina una reazione dell’ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti e rende illecita la delibera di approvazione e, quindi, nulla. Tali norme, infatti, non solo sono imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dall’interesse dei singoli soci ad essere informati dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente.

La norma di cui all’art. 2467 c.c. non si applica ai crediti dei soci nei confronti della società sorti per effetto di finanziamenti anteriori all’entrata in vigore di tale disposizione (1 gennaio 2004).

In tema di società di capitali, le dazioni di denaro dei soci in favore della società possono essere effettuate per finalità tra loro molto diverse, a cui risponde una diversità di disciplina (conferimenti, finanziamenti, versamenti a fondo perduto o in conto capitale, versamenti in conto futuro aumento di capitale), sicché l’organo amministrativo non è arbitro di appostare in bilancio tali dazioni, né di mutare la voce relativa, successivamente all’iscrizione originaria, dovendo quest’ultima rispecchiare l’effettiva natura e la causa concreta delle medesime, il cui accertamento, nell’interpretazione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento riservato al giudice del merito.

Gli amministratori della società sono liberi di decidere per la resistenza in giudizio pur a fronte di contestazioni della controparte, ma devono nel contempo prefigurarsi come possibile l’esito negativo della vertenza e mettere in conto i relativi maggiori costi, di ciò dando la dovuta evidenza in bilancio, e richiedere alla proprietà la ricapitalizzazione della società che ne garantisca la solvibilità anche a fronte dei rischi correlati al contenzioso in atto. Ciò vale anche nei confronti degli amministratori che non siano stati parte in giudizio.

In tema di azione di responsabilità per violazione del divieto di concorrenza ex art. 2390, co. 1, c.c. l’attività concorrenziale potrebbe risultare di rilievo per il terzo creditore della società soltanto nel caso in cui ne sia derivato un depauperamento della consistenza patrimoniale di quest’ultima.

3 Ottobre 2022

Non compromettibilità in arbitri delle delibere di impugnazione del bilancio e la ratio dell’art. 2434 bis c.c.

L’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 prevede la devolubilità ad arbitri di alcune, ovvero di tutte, le controversie insorgenti tra soci o tra i soci e la società, che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. Non è compromettibile in arbitri la delibera concernente la veridicità e la chiarezza del bilancio; tali norme, infatti, non sono solo imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dell’interesse dei singoli soci ad essere informati dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni anno, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto.

Con riferimento specifico alle delibere di approvazione del bilancio, sono annullabili quelle adottate in presenza di violazioni procedimentali nella formazione del bilancio; sono viceversa nulle le deliberazioni di approvazione del bilancio caratterizzate dalla violazione di precetti inderogabili, sia sotto il profilo formale (ad esempio, per l’omessa convocazione del socio alle assemblee e, dunque, in caso di assoluta assenza di informazione), sia sotto il profilo sostanziale (veridicità e correttezza del contenuto del bilancio).

L’art. 2434 bis c.c., applicabile alle s.r.l. in virtù del rinvio compiuto dall’art. 2479 ter c.c., stabilisce poi un ulteriore limite all’impugnabilità delle delibere che attengono all’approvazione del bilancio, per le quali le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che sia avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo. L’accertata invalidità di un bilancio non potrebbe ripercuotersi su quello successivo, tenendo conto dell’autonomia di ciascuno di questi e dell’esigenza di assicurare solo la continuità formale dei criteri utilizzati nella rispettiva redazione. In altre parole, la prescrizione in esame finisce per far diventare inutile l’impugnativa del bilancio precedente. Ed infatti, ove quello successivo contenga lo stesso vizio, occorrerà impugnarlo autonomamente; ove invece contenga emenda dei vizi originari, ancor di più potrebbe ritenersi cessato qualunque interesse all’impugnativa del primo bilancio. La ratio della previsione dell’art. 2434 bis c.c. è infatti quella di attuare, esprimendolo nella fattispecie concreta, il generale principio di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), poiché – secondo la valutazione della fattispecie stessa data dal legislatore, letta alla luce del principio di continuità dei bilanci –, approvato il bilancio successivo, la rappresentazione data, con il bilancio precedente, della situazione economico patrimoniale della società ai soci ed ai terzi ha esaurito le sue potenzialità informative (ed organizzative), e dunque anche le sue potenzialità decettive, dovendo invece i destinatari dell’informazione, per ogni valutazione e decisione organizzativa conseguente, far riferimento all’ultimo bilancio approvato. Tradotta questa visione ordinamentale in termini di interesse ad agire, ne emerge con evidenza il difetto con riguardo all’impugnativa di un bilancio superato dall’approvazione di quello successivo.

1 Ottobre 2022

Mancata impugnazione della delibera di approvazione del bilancio sostitutiva di quella invalida e carenza di interesse ad agire

L’interesse ad agire del socio dissenziente viene meno qualora quest’ultimo – dopo aver impugnato la delibera di approvazione del bilancio di esercizio – ometta di impugnare la delibera approvativa del bilancio sostitutivo. Infatti, l’accoglimento della domanda non produrrebbe alcuna utilità concreta all’attore rispetto alla lesione denunciata ed al sottostante interesse sostanziale. L’impugnante non potrebbe conseguire, cioè, alcun bene della vita dall’eventuale accoglimento della propria pretesa, giacché il documento contabile gravato è stato nel frattempo sostituito, in ambito endosocietario, da un altro dotato di autonoma efficacia.

Se il socio impugnante una delibera di approvazione del bilancio d’esercizio della società non ha impugnato anche la delibera sostitutiva, questa è di per sé destinata a rimanere efficace nell’ambito endo-societario nonostante l’impugnante ne abbia eccepito la invalidità in sede processuale, con il che viene meno (non già la materia del contendere ma) lo stesso interesse ad agire rispetto alla prima impugnazione, al cui accoglimento non potrebbe conseguire alcun effetto utile per l’attore, data la già avvenuta sostituzione in ambito endo-societario del deliberato censurato con altro comunque efficace.

Bilancio di esercizio redatto in violazione dei precetti di chiarezza e precisione

Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, co. 2, cod. civ., è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. È non può revocarsi in dubbio che tra i suddetti allegati un ruolo essenziale, ai fini della chiarezza delle informazioni desumibili dal bilancio, sia svolto proprio dalla relazione allegata al documento contabile. Allo scopo di realizzare il diritto di informazione, che è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, gli amministratori devono, invero, soddisfare l’interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, e sono, quindi, perfino obbligati a rispondere alla domanda d’informazione che sia pertinente e non trovi ostacolo in oggettive esigenze di riservatezza, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati di bilancio ed alla relativa relazione.

Principi di corretta redazione del bilancio per la rilevazione tempestiva della perdita del capitale sociale

L’art. 2424 c.c. e i principi contabili non consentono di patrimonializzare i costi amministrativi. I costi che concorrono alle immobilizzazioni immateriali, iscrivibili nell’attivo patrimoniale, non devono esaurire la propria utilità nell’esercizio di sostenimento, ma manifestare una capacità di produrre benefici economici futuri. Il presupposto fondamentale della loro iscrizione all’attivo patrimoniale sta nella possibilità di dimostrare la congruenza ed il rapporto causa-effetto tra tali costi e la futura utilità che dagli stessi l’impresa si attende di ottenere. Dunque, la capitalizzazione non è un’automatica conseguenza del fatto che i costi siano stati sostenuti.

Il compenso dell’amministratore e del consulente del lavoro non sono ricompresi tra i costi patrimonializzabili. Tali esborsi non rientrano, infatti, né nei costi di impianto o ampliamento (che invece possono comprendere i costi del personale operativo che avvia le nuove attività, i costi di pubblicità sostenuti in tale ambito, i costi di assunzione e di addestramento del nuovo personale, i costi di allacciamento di servizi generali, quelli sostenuti per riadattare uno stabilimento esistente), né nei costi di sviluppo (costi di ricerca o costi per la progettazione, la costruzione e la prova di materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi, ecc.) e neppure nei costi di avviamento (costi iniziali di acquisto dell’azienda).

Ai sensi dell’art. 2426, co. 1, c.c., possono essere patrimonializzati solo gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. Gli oneri finanziari costituiscono spese dell’esercizio da imputare a conto economico nell’esercizio in cui maturano e con riferimento al principio di competenza: solo nel caso in cui siano sostenuti per l’acquisto o la costruzione di immobilizzazioni materiali, tali oneri possono essere capitalizzati aumentando il valore delle immobilizzazioni cui si riferiscono. Il principio OIC 16 prevede che la capitalizzazione degli oneri finanziari possa essere effettuata quando riguarda oneri effettivamente sostenuti, oggettivamente determinabili, entro il limite del valore recuperabile del bene. Inoltre, sono capitalizzabili solo gli interessi maturati su beni che richiedono un periodo di costruzione significativo. In mancanza dei requisiti suddetti, gli oneri finanziari non possono accrescere l’attivo patrimoniale e dunque l’amministratore non può fare affidamento su tali oneri (o meglio sulla loro capitalizzazione) per escludere che vi sia stata perdita del capitale sociale.

L’art. 2485 c.c. impone all’amministratore di accertare senza indugio il verificarsi delle cause di scioglimento della società, il che significa – per l’accertamento del verificarsi della causa di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c. – che non deve attendersi la chiusura dell’esercizio e la redazione del bilancio. Qualora si verifichino perdite che comportino la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, deve essere subito convocata l’assemblea per deliberare l’azzeramento e la ricostituzione del capitale o la trasformazione della società, al fine di impedirne lo scioglimento, sicché la mancanza di sollecitudine nella convocazione dell’assemblea costituisce causa di responsabilità degli amministratori.

22 Luglio 2022

Nullità della delibera di approvazione del bilancio per scorretta valutazione delle immobilizzazioni finanziarie e per omessa indicazione del compenso degli amministratori

L’interesse a impugnare la delibera assembleare di approvazione del bilancio non richiede che sia dimostrata la lesione attuale e concreta di un diritto patrimoniale, perché la lesione del diritto del socio alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa ricorre in tutti i casi in cui dal bilancio e dai relativi allegati non possa desumersi l’intera gamma di informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

Ai sensi dell’art. 2426 c.c., la valutazione delle partecipazioni in società controllate o collegate può essere effettuata (i) con il metodo del costo, secondo i medesimi principi previsti per le altre immobilizzazioni, oppure (ii) per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle società medesime, una volta operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato e quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e 2423 bis c.c. Tuttavia, se il costo diventa significativamente superiore al patrimonio netto a causa di una durevole perdita di valore che colpisca la partecipata, in base a un canone di prudenza il criterio del costo storico dovrebbe essere abbandonato a favore del più realistico criterio del patrimonio netto. In caso di azzeramento del capitale sociale della controllata, deve richiedersi l’iscrizione nel bilancio della controllante di un “fondo copertura perdite controllate”, nel quale dev’essere appostata una somma pari all’ammontare dell’intero capitale di ricostituzione sul quale si eserciterà l’opzione, qualora la società non voglia rinunciare a partecipare alla ricapitalizzazione.

L’amministratore della controllante, nell’applicazione del metodo del patrimonio netto o della correzione del dato del costo storico, è tenuto a recepire nel bilancio il dato del patrimonio netto della controllata da lui conosciuto e riportato nel progetto di bilancio già formalmente redatto, anche se non ancora discusso e approvato.

Viola il principio di chiarezza il bilancio in forma semplificata che non contiene in calce allo stato patrimoniale l’informazione relativa al compenso dell’amministratore e nemmeno la nota integrativa, da cui la società deve intendersi dispensata solo a condizione che fornisca le informazioni richieste dalla legge, tra cui l’ammontare dei compensi concessi agli amministratori. La mancata indicazione dei compensi non integra un mero errore materiale, sanabile mediante il deposito presso il registro delle imprese di un progetto di bilancio differente da quello approvato e recante l’informativa, non sottoposto a nuova deliberazione ma fatto circolare tra i soci per posta elettronica. Essa costituisce, piuttosto, una vera e propria omissione, rilevante perché, da una parte, è condizione affinché gli amministratori siano dispensati dal redigere la nota integrativa, che è documento di bilancio indispensabile ai fini del rispetto del principio di chiarezza, e, dall’altra, l’informazione incide nel rapporto tra soci e amministratori, dando all’assemblea uno strumento di riscontro del rispetto dei limiti fissati alla remunerazione degli amministratori.

10 Maggio 2022

Sopravvenuta carenza di interesse ad agire nell’impugnativa di bilancio per l’approvazione medio tempore del bilancio successivo non impugnato

La ratio della previsione dell’art. 2434 bis c.c. consiste nella finalità di attuare, esprimendolo nella fattispecie concreta, il generale principio di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), poiché – secondo la valutazione della fattispecie stessa data dal legislatore, letta alla luce del principio di continuità dei bilanci –, approvato il bilancio successivo, la rappresentazione data, con il bilancio precedente, della situazione economico-patrimoniale della società ai soci e ai terzi ha esaurito le sue potenzialità informative (e organizzative), e dunque anche le sue potenzialità decettive, dovendo invece i destinatari dell’informazione, per ogni valutazione e decisione organizzativa conseguente, far riferimento all’ultimo bilancio approvato. Pertanto, non sussiste interesse ad agire rispetto all’impugnativa di un bilancio superato dall’approvazione di quello successivo.

2 Febbraio 2022

Nullità della delibera, omissione di una posta attiva dal bilancio

La mancanza totale di convocazione assembleare di una s.r.l. rientra nell’ipotesi di “assenza assoluta di informazione” di cui all’art. 2479-ter, co. 3 c.c., che comporta la sanzione della nullità della delibera, rilevabile dal giudice anche d’ufficio, pure in difetto di una previsione espressa, diversamente dai vizi che inficiano la convocazione effettivamente eseguita, determinanti l’annullabilità della decisione: e ciò in quanto la completa carenza di convocazione dell’assemblea riecheggia, in materia di s.r.l., l’analoga previsione di nullità contenuta, per le deliberazioni assembleari delle s.p.a., nell’art. 2379, co. 1 c.c.

L’oggetto di una delibera assembleare è illecito ex art. 2479-ter, co. 3 c.c. laddove il contenuto della stessa contrasti con norme dirette a tutelare interessi generali o ad impedire una deviazione dallo scopo economico-pratico del rapporto di società. Le norme inderogabili volte a presidiare la chiarezza e la precisione del bilancio contengono precetti dettati, oltre che nell’interesse dei singoli soci, anche a tutela dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente. Si tratta, dunque, di norme la cui osservanza è strumentale alla tutela di interessi generali. La loro violazione integra, quindi, un’ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto ex art. 2479-ter, co. 3 c.c.

In questo senso, la totale e ingiustificata omissione di una posta attiva confligge con il principio della c.d. continuità dei valori contabili di bilancio, sancito dall’art. 92 D.P.R. n. 917/1986 e dall’art. 2423-bis, n. 6 c.c., secondo cui il bilancio del nuovo esercizio di una società di capitali deve partire dai dati di chiusura di quello relativo all’anno precedente, non potendosi altrimenti ritenere che siano stati rispettati i principi di veridicità e correttezza di cui all’art. 2423, co. 2 c.c.

Agli effetti del tentativo di conciliazione prescritto dallo statuto, la nullità della delibera impugnata per illiceità dell’oggetto è da considerarsi diritto indisponibile, assorbente rispetto ai temi concernenti i vizi di invalidità della decisione eventualmente sanabili ex art. 2379-bis c.c. (come la mancata convocazione dell’assemblea).